30 Settembre 2019

Lunedì XXVI Settimana T. O.

San Girolamo, sacerdote e dottore della Chiesa - Memoria

Zac 8,1-8; Sal 101 (102); Lc 9,46-50

Dal Martirologio: Memoria di san Girolamo, sacerdote e dottore della Chiesa: nato in Dalmazia, nell’odierna Croazia, uomo di grande cultura letteraria, compì a Roma tutti gli studi e qui fu battezzato; rapito poi dal fascino di una vita di contemplazione, abbracciò la vita ascetica e, recatosi in Oriente, fu ordinato sacerdote. Tornato a Roma, divenne segretario di papa Damaso e, stabilitosi poi a Betlemme di Giuda, si ritirò a vita monastica. Fu dottore insigne nel tradurre e spiegare le Sacre Scritture e fu partecipe in modo mirabile delle varie necessità della Chiesa. Giunto infine a un’età avanzata, riposò in pace.

Colletta: O Dio, che hai dato al sacerdote san Girolamo una conoscenza viva e penetrante della Sacra Scrittura, fa’ che il tuo popolo si nutra sempre più largamente della tua parola, e trovi in essa una sorgente di vita. Per il nostro Signore...

Non c’è da stupirsi per certi discorsi che animano le giornate degli Apostoli. Sono come ubriacati dal “successo” del Maestro, guarigioni, miracoli, prodigi, un coagulo di cose stupefacenti che esaltano l’orgoglio dei Dodici. Provano felicità, e si reputano veramente fortunati di essere stati scelti da Gesù, e sognano che un giorno, sedenti alla sua destra, giudicheranno popoli e nazioni. Ma è un sogno, e i sogni con le prime luci del giorno svaniscono, anche se rimangono immagini che vengono ruminate tutto il giorno con una certa avidità, sperando che tutto presto si realizzi. E Gesù per evitare che certi sogni trovino dimora permanente nei cuori dei suoi amici, li sveglia bruscamente, e lo fa in un modo tale che possa rimanere bene inciso nella loro memoria: “… , prese un bambino, se lo mise vicino e disse loro: «Chi accoglierà questo bambino nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. Chi infatti è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande”. Certo che con Gesù tutte le cose vanno a rovescio, chi ama la vita la perde, i primi saranno ultimi, e così il più piccolo è il più grande. Non è soltanto un rovesciamento di ragionamenti umani, ma si tratta di porsi alla sequela di Colui che ha perduto la vita perché gli uomini la ritrovassero, si stratta di seguire Colui che essendo Dio annichilì se stesso facendosi uomo, si tratta di correre dietro a Colui che nell’umiltà del servo e non nello splendore del re ha visitato il suo popolo.

Dal Vangelo secondo Luca 9,46-50: In quel tempo, nacque una discussione tra i discepoli, chi di loro fosse più grande. Allora Gesù, conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un bambino, se lo mise vicino e disse loro: «Chi accoglierà questo bambino nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. Chi infatti è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande». Giovanni prese la parola dicendo: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito, perché non ti segue insieme con noi». Ma Gesù gli rispose: «Non lo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi».

In quel tempo, nacque una discussione tra i discepoli… - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): versetto 46 Si sollevò tra di essi una discussione; l’evangelista introduce direttamente l’episodio senza indicare il luogo (Cafarnao), né l’ambiente («quando fu in casa», Mc., 9, 33) menzionati nel racconto parallelo di Marco. Chi di loro fosse il più grande; non si discute sul fatto della precedenza tra i discepoli, ma sul posto che essi occuperanno nel regno, come questo è immaginato dalle loro menti.
versetto 47 Conoscendo quello su cui discutevano nel loro cuore; cf. Lc., 6, 8; l’evangelista omette alcuni particolari interessanti ricordati da Marco (la domanda di Gesù ai discepoli: «Di che discorrevate lungo la via?» ed il gesto di abbracciare un fanciullo; Mc., 9, 33, 36). Piccolo fanciullo rende il diminutivo greco παιδίον.
versetto 48 Chi accoglierà questo piccolo fanciullo per il nome mio...; «per il mio nome», cioè: «per me»; questa espressione è più efficace di quella comunemente indicata nelle versioni («nel mio nome»). Luca si sforza di rendere più chiaro il pensiero esposto nel testo parallelo di Marco e di precisare il senso del gesto compiuto dal Maestro prendendo un fanciullo accanto a sé. Nel presente contesto il fanciullo non è indicato come esempio di semplicità o di docilità, ma come tipo di chi è piccolo ed «ultimo». Nel vers. sono esposti due pensieri: chi accoglie un fanciullo per il nome di Gesù accoglie Gesù stesso e chi si fa piccolo prestando i suoi servizi agli ultimi ed ai più piccoli è il più grande (chi è il più piccolo tra tutti voi, quegli è grande). Evidentemente l’espressione «chi accoglie questo piccolo fanciullo» è molto sintetica ed indica tutto quello che si fa verso i più piccoli e gli ultimi; con queste parole, illustrate e rese più efficaci dalla presenza di un fanciullo, Gesù risponde al quesito intorno al quale discutevano i discepoli, illuminandoli sul vero spirito che essi devono avere e Con il quale dovranno evitare ogni discussione del tipo di quella già verificatasi.
versetti 49-50 Nel passo che riguarda l’uso del nome di Gesù negli esorcismi Luca è più laconico di Marco e compie alcuni ritocchi sul racconto di questo evangelista ... Noi glielo abbiamo impedito; l’imperfetto greco (imperfetto di conato) può anche esser tradotto: «noi abbiamo voluto (oppure: abbiamo cercato) impedirglielo», come preferiscono altri; in questo caso l’espressione indicherebbe soltanto un tentativo dei discepoli di interdire all’esorcista l’uso del nome di Gesù. Non (ti) segue con noi..., contro di voi..., per voi; in Marco invece si legge «non ci segue..., contro di noi...; per noi»; Luca ha corretto l’espressione parallela della sua fonte per meglio rilevare la distinzione tra Gesù ed i suoi discepoli; Marco indica il motivo che illustra la risposta data da Gesù, risposta riferita da Luca al vers. 50 («Non lo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi».).

Allora Gesù, conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un bambino... - Javer Pikaza: Seguendo la logica di questo mondo pare evidente che i più importanti, nella comunità, siano quelli che si distinguono per le loro doti o per la responsabilità delle funzioni che sono loro affidate. Per questo gli apostoli discutevano sul posto e sul nome del più grande fra loro, come fan sempre molti. Orbene, la risposta “di Gesù continua a essere tagliente ora come allora: il più grande e il più importante è semplicemente il più bisognoso, il bambino, l’indifeso. Il bambino non è più grande per i suoi valori, la sua innocenza o la sua tenerezza: è importante solo perché è povero, perché ha bisogno degli altri e non può provvedere a se stesso. Sotto questo aspetto sono importanti, con il bambino, tutti quelli che sono più dimenticati, abbandonati, indifesi, poveri. Costoro furono al centro dell’attenzione di Cristo e continueranno a essere al centro delle cure della Chiesa. Perciò costoro sono i più importanti. Questo vuol dire che la Chiesa non è una società fondata sul valore delle persone che la compongono, ma sulle necessità e sulla miseria di coloro che hanno bisogno d’aiuto. Il suo movimento fondamentale è quella forza d’espansione per la quale esce da se stessa e offre il suo aiuto a coloro che ne hanno bisogno (dentro e fuori delle sue file). Nella prospettiva del testo che commentiamo è necessario completare questa verità da un altro piano: a) abbiamo detto che è importante il bambino o il bisognoso che manca di tutto ed è semplicemente l’oggetto dell’aiuto degli altri nella Chiesa; b) poi aggiungiamo che è grande colui che «si è fatto piccolo»; e questo vuol dire che aveva la capacità di agire e di decidere per cercare il suo bene e mirare al suo vantaggio. E tuttavia egli ha lasciato tutto e si è fatto piccolo per servire gli altri. Con questo abbiamo ottenuto di scoprire le due caratteristiche native di coloro che ascoltano Gesù: a) discepolo o seguace è colui che ascolta la parola sul regno e riceve l’aiuto che Cristo gli offre (i primi che entrano nel regno sono i poveri, i piccoli e i bambini; chi li aiuta o li accoglie, accoglie o aiuta lo stesso Cristo); b) allo stesso tempo, è discepolo colui che aiuta i piccoli, colui che vive con la preoccupazione degli altri e si fa piccolo per servirli.

Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome - I Vangeli, in molte occasioni, non temono di mettere in evidenza i limiti caratteriali e le povertà intellettuali e spirituali degli Apostoli. Così, la richiesta da parte del discepolo che «Gesù amava» di mettere a regime lo Spirito Santo denuncia apertamente una mentalità gretta, tribale, non plasmata ancora dallo Spirito.
Giovanni è l’apostolo che aveva chiesto a Gesù, per sé e per suo fratello Giacomo, i primi posti nel Regno celeste (Mc 10,35-40). E sempre loro due chiederanno a Gesù di incenerire i Samaritani il cui unico torto era stato quello di non aver voluto accogliere il Maestro (Lc 9,54). Tutto questo, oltre a far capire con quale pasta Gesù costruì la sua Chiesa, al dire di molti autori, è un’ulteriore prova della veridicità dei racconti evangelici.
Quella di Giovanni, in pratica, è la richiesta di ottenere il monopolio della potenza del nome di Gesù. La risposta del Maestro sgombra il campo da ogni dubbio: di questa potenza i discepoli non sono i padroni; essa è data da Dio e solo Dio ne dispone i tempi e i modi e l’avvenuto miracolo attesta che chi l’ha operato ha agito con corretta intenzione: «non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me». Gli esorcisti occupavano un posto molto importante anche in Israele in quanto a satana veniva addebitata ogni sorta di sciagure: l’uomo sedotto da satana scivolando nel peccato andava incontro ad ogni tipo di sofferenze, disgrazie e anche malattie fisiche, che palesavano in questo modo il giusto castigo di Dio. Gesù generalmente non contraddice questo modo di pensare, ma in qualche caso esclude una relazione diretta e precisa tra colpa e malattia (cf. Lc 13,2; Gv 5,14; 9,3).
La replica di Gesù - Chi non è contro di noi, è per noi - è una lezione di alto tono magistrale: dinanzi a Dio e di fronte al bene assoluto della salvezza, non vi sono distinzioni tra uomo e uomo, tra «tu sei dei nostri» e «tu non lo sei». L’unica distinzione che il Vangelo fa è riportata nel capitolo 25 di Matteo (vv. 31-45): avevo fame, avevo sete, ero ammalato, forestiero, nudo, malato e mi avete dato accoglienza e assistenza (oppure non me l’avete data). Solo su questa distinzione verterà il giudizio di Dio.

I bambini e il regno dei cieli - Christifideles laici 47: I bambini sono certamente il termine dell’amore delicato e generoso del Signore Gesù: ad essi riserva la sua benedizione e ancor più assicura il regno dei cieli (cf. Mt 19,13-15; Mc 10,14). In particolare Gesù esalta il ruolo attivo che i piccoli hanno nel Regno di Dio: sono il simbolo eloquente e la splendida immagine di quelle condizioni morali e spirituali che sono essenziali per entrare nel Regno di Dio e per viverne la logica di totale affidamento al Signore: «In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perché chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio accoglie me» (Mt 18,3-5; cf. Lc 9,48).
I bambini ci ricordano che la fecondità missionaria della Chiesa ha la sua radice vivificante non nei mezzi e nei meriti umani, ma nel dono assolutamente gratuito di Dio. La vita di innocenza e di grazia dei bambini, come pure le sofferenze loro ingiustamente inflitte, ottengono, in virtù della Croce di Cristo, uno spirituale arricchimento per loro e per l’intera Chiesa: di questo tutti dobbiamo prendere più viva e grata coscienza.
Si deve riconoscere, inoltre, che anche nell’età dell’infanzia e della fanciullezza sono aperte preziose possibilità operative sia per l’edificazione della Chiesa che per l’umanizzazione della società. Quanto il Concilio dice della presenza benefica e costruttiva dei figli all’interno della famiglia «chiesa domestica»: «I figli, come membra vive della famiglia, contribuiscono pure a loro modo alla santificazione dei genitori» dev’essere ripetuto dei bambini in rapporto alla Chiesa particolare e universale. Lo rilevava già Jean Gerson, teologo ed educatore del xv secolo, per il quale «i fanciulli e gli adolescenti non sono certo una parte trascurabile della Chiesa».

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** I bambini sono certamente il termine dell’amore delicato e generoso del Signore Gesù: ad essi riserva la sua benedizione e ancor più assicura il regno dei cieli.
nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Il sacrificio, che abbiamo celebrato nella festa di san Girolamo,
risvegli, Signore, il nostro spirito, perché nella meditazione
della Sacra Scrittura vediamo il cammino da seguire e,
seguendolo fedelmente, raggiungiamo la vita eterna.
Per Cristo nostro Signore.