22 Aprile 2019

LUNEDÌ FRA L’OTTAVA DI PASQUA


Oggi Gesù ci dice:  Il Signore vi ha introdotto in una terra dove scorre latte e miele; la legge del Signore sia sempre sulla vostra bocca. Alleluia.” (Es 13,5.9 - Antifona).


Vangelo - Dal Vangelo secondo Matteo 28,8-15: Gesù risorge, è innalzato al massimo degli onori, al di sopra di tutte le cose, di tutta l’umanità, di tutto l’universo. Gesù risorto ottiene il dominio e la signoria su tutto e su tutti: “A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra” (Mt 28,18). Come totale e piena vittoria sulla morte, la risurrezione di Cristo Gesù è un inizio nuovo per l’umanità intera. Il mistero pasquale in questo senso assume un duplice significato salvifico: uno negativo di vittoria sul peccato e sulla morte, e uno positivo di inizio di una nuova vita: “Gesù nostro Signore, ... è stato messo a morte per i nostri peccati ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione” (Rom 4,24-25).

L’apparizione dell’angelo - Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): La redazione di Matteo si articola intorno a tre nuclei: la visita delle donne al sepolcro, che si conclude con l’apparizione di Gesù (vv. 1-10); l’inganno dei giudei, che corrompono le guardie (vv. 11-15); l’apparizione in Galilea agli Undici e l’incarico missionario universale affidato ad essi dal Risorto (vv. 16-20).
Il primo episodio comprende due articolazioni: angelofania, cioè l’apparizione di un angelo, connessa con un fenomeno sismico, e l’annuncio pasquale alle donne (vv. 1-8); cristofania, cioè l’apparizione di Gesù alle donne (vv. 9-10). La prima scena, nonostante le modifiche rilevanti, corrisponde sostanzialmente al racconto marciano; la seconda è propria di Matteo, ma presenta qualche analogia con l’aggiunta canonica di Marco (16,9-11) e con l’apparizione alla Maddalena in Gv 20,11ss.
Il primo evangelista conferisce al racconto un’intonazione teofanica e apocalittica. L’annuncio pasquale costituisce il fulcro dottrinale del racconto, perché la risurrezione del Cristo non rappresenta soltanto il criterio per eccellenza di veridicità della sua missione e la più grande prova della sua autenticità, ma il contenuto fondamentale della fede cristiana. Non fu certamente la scoperta della tomba vuota che fece scoccare la scintilla della fede pasquale, anche se ne costituiva un segno importante sotto il profilo apologetico. La certezza della risurrezione si basa e essenzialmente sulla rivelazione divina (espressa nell’annuncio dell’angelo) e sulle apparizioni del Risorto. [...].
L’inganno dei giudei - Questo episodio, esclusivo di Matteo, si riallaccia come sviluppo e parte integrativa al brano della concessione fatta da Pilato ai giudei di un corpo di guardia e della sigillatura del sepolcro (27,62-66). Il racconto ha lo scopo apologetico di confutare la diceria dei giudei, che accusavano i cristiani d’aver sottratto dalla tomba il corpo di Gesù, per poi proclamarne la risurrezione.

I Capi Ebrei corrompono le guardie che erano state poste a vigilare il sepolcro di Gesù - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Alcuni dei soldati di guardia; versetto 11 alcune sentinelle si affrettarono più delle altre a raggiungere i gran sacerdoti per riferire l’accaduto. Matteo si limita a riportare il fatto senza indicare le modalità del rapporto compiuto dai soldati di guardia. La situazione era imbarazzante per gli uomini incaricati della vigilanza alla tomba. Non è necessario pensare che i soldati abbiano dato una spiegazione soprannaturale allo straordinario evento (questa spiegazione sarebbe stata derisa dai gran sacerdoti), ma è presumibile ritenere che le guardie, dal fatto che non sono accusate di diserzione, abbiano lasciato capire che gli avvenimenti di cui erano stati spettatori avevano una portata eccezionale.
versetti 12-14 Deliberarono di dare ai soldati molto denaro; la notizia di Matteo svela la bassezza morale dei nemici di Gesù. I gran sacerdoti e gli anziani, pur di nascondere l’evidenza dei fatti, non rifuggono dal corrompere i soldati con il denaro. Voi direte: i suoi discepolivenuti di nottelo rubarono mentre noi dormivamo; i sacerdoti con gli anziani istruiscono anche i soldati sul modo di spiegare il fatto; essi devono parlare di trafugamento della salma, non già di risurrezione. Indubbiamente la fragile diceria del trafugamento doveva essere detta alla gente, cioè a quella massa che, non riflettendo e non possedendo un potere discriminante, accoglie anche le notizie più impensabili; per l’autorità la diceria della rimozione notturna della salma non poteva costituire un argomento valevole. Noi lo convinceremo e non vi faremo aver noie; nel caso che il governatore venisse a conoscere la notizia ed aprisse un’inchiesta su la diserzione delle guardie, i sacerdoti assicurano alle sentinelle fuggite di evitare loro ogni noia. La sicurezza con la quale i sacerdoti parlano lascia intravedere che tra essi ed il procuratore vi erano mezzi d’intesa. Lo convinceremo (πείσομεν); alcuni esegeti ritengono che πείθω abbia qui il senso di: persuadere con denaro, cioè: corrompere con esso (cf. 2Maccabei, 4,45; 10,20).
versetto 15 I soldati accondiscendono ed accettano volentieri il denaro. Con quell’accomodamento e quell’assicurazione le sentinelle furono tranquillizzate; tirando le somme il loro servizio di vigilanza, fatta eccezione per la gran paura avuta, si chiudeva in attivo. Questa diceria si è sparsa tra i Giudei fino al giorno d’oggi; l’evangelista indica la fonte della sua informazione; egli ha appreso la notizia da circoli ebraici nei quali era corrente quella spiegazione dei fatti; anche S. Giustino (Contro Trifone, 108) attesta l’esistenza di questa diceria del trafugamento. Matteo, che probabilmente ha avuto un intento apologetico nel riportare l’episodio (28, 11-15), non nasconde una punta d’ironia nel suo racconto: i rappresentanti dell’ebraismo (i gran sacerdoti e gli anziani) ricorrono alla testimonianza di persone addormentate. S. Agostino rilevava la fragilità di questa diceria con una formula incisiva e mordacemente ironica: dormientes testes adhibes.

Rispettare la verità - Don Luigi Olgiati: Passano i secoli e l’annunzio di Gesù morto e risorto rimane sempre necessario e obbligatorio: immutabile nel contenuto ma sempre aggiornabile nei modi e nei metodi. In questo senso è accettabile proporre una «nuova evangelizzazione»; di essa gli «angeli» siamo noi, contemporanei alla gente che ha bisogno dell’immutabile annunzio per la salvezza. Quali doveri ci incombono?
a) La verità che noi dobbiamo annunziare è «obiettiva», che si identifica in Dio conoscibile dalla ragione umana a partire dal creato, più profondamente e ampiamente rivelata in Gesù di Nazareth, storico: «Io sono la verità» (Gv 14,6); proprio per garantire la permanente sua obiettività Gesù si premurò di moltiplicare le sue apparizioni da risorto. Esempio preclaro di questo «rispetto della verità» è l’apostolo Pietro: «Di Gesù di Nazareth uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni noi tutti siamo testimoni».
b) Per questo «dovere» e per questa responsabilità si esigono da noi: - una conoscenza della verità con serietà scientifica, la quale solamente può purificare il diamante della verità dalle incrostazioni e discernerlo dalle sofisticazioni per poterlo porgere nella sua limpidezza; lo studio della teologia, una seria catechesi, è indispensabile alla «nuova evangelizzazione»; - una gerarchia della verità, la quale non è uniformemente distribuita: ci sono i nuclei essenziali e le derivazioni, i princìpi assoluti e le applicazioni temporanee, evidenze immediate e conoscenze progressive...; la «nuova evangelizzazione» deve stare attenta a non imporre pesi che l’uomo d’ oggi non può sopportare né nella sua intelligenza né nella sua volontà; - una garanzia della verità che noi troviamo nel magistero della Chiesa, alla quale Dio, mediante il dono dello Spirito Santo, ha dato una partecipazione alla propria infallibilità; può darsi che questo riferimento rallenti la propulsione della «nuova evangelizzazione», ma - per dirla con S. Ambrogio - «è meglio zoppicare sulla via, che camminare a forte andatura fuori strada. Chi zoppica sulla via, anche se avanza poco, si avvicina tuttavia al termine; chi invece cammina fuori strada, quanto più veloce mente corre, tanto più si allontana dalla mèta», lui e quelli che gli vanno dietro.
c) Nel prossimo futuro, che tuttavia è già attuale, avremo a disposizione tanti e sofisticati mezzi di evangelizzazione (stampa, T.V..., ecc.): non ci venga mai meno il rispetto della integrità, della immacolatezza, della preziosità della verità; si potrebbe parlare perfino di «pudore»!

La risurrezione di Gesù: un avvenimento diverso: Catechismo degli Adulti 269: La risurrezione di Gesù può essere considerata un fatto storico? È questa una domanda importante per la fede. La risurrezione di Gesù si riflette nella storia con dei segni: il sepolcro vuoto, le apparizioni del Risorto, la conversione e la testimonianza dei discepoli, i miracoli e altre manifestazioni dello Spirito. Tuttavia si tratta di un avvenimento non osservabile direttamente come i normali fatti storici: un avvenimento reale senza dubbio, ma di ordine diverso. I Vangeli narrano le sue manifestazioni, ma non lo raccontano in se stesso, perché non può essere raccontato. Le sue modalità rimangono ignote. Con la risurrezione, Gesù non è tornato alla vita mortale di prima, come Lazzaro, la figlia di Giàiro o il figlio della vedova di Nain; è entrato in una dimensione superiore, ha raggiunto in Dio la condizione perfetta e definitiva di esistenza. Non è tornato indietro, ma è andato avanti e adesso non muore più. Il nostro linguaggio non può descriverlo come veramente è: i risorti sono «come angeli nei cieli» (Mc 12,25) e il loro corpo è un «corpo spirituale» (1Cor 15,44), trasfigurato secondo lo Spirito, vero ma diverso da quello terrestre, come la pianta è diversa dal seme

Giovanni Paolo II (Udienza Generale 8 Marzo 1989): La Risurrezione costituisce prima di tutto la conferma di tutto ciò che Cristo stesso aveva “fatto e insegnato”. Era il sigillo divino posto sulle sue parole e sulla sua vita. Egli stesso aveva indicato ai discepoli e agli avversari questo segno definitivo della sua verità. L’angelo del sepolcro lo ricordò alle donne la mattina del “primo giorno dopo il sabato”: “È risorto come aveva detto” (Mt 28,6). Se questa sua parola e promessa si è rivelata come verità, dunque anche tutte le altre sue parole e promesse possiedono la potenza della verità che non passa, come egli stesso aveva proclamato: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” (Mt 24,35; Mc 13,31; Lc 21,33). Una prova più autorevole, più forte, più decisiva della Risurrezione da morte, nessuno avrebbe potuto immaginarla e pretenderla. Tutte le verità, anche le più impervie alla mente umana, trovano invece la loro giustificazione, anche al foro della ragione, se Cristo risorto ha dato la prova definitiva, da lui promessa, della sua autorità divina.
Così la verità della sua stessa divinità è confermata dalla Risurrezione. Gesù aveva detto: “Quando avrete innalzato (sulla Croce) il Figlio dell’uomo, allora saprete che Io Sono” (Gv 8,28). Coloro che ascoltarono queste parole volevano lapidare Gesù, poiché “Io Sono” era per gli Ebrei l’equivalente del nome ineffabile di Dio. Difatti, chiedendo a Pilato la sua condanna a morte, presentarono come principale accusa quella di essersi “fatto figlio di Dio” (Gv 19,7). Per questa stessa ragione lo avevano condannato nel sinedrio come reo di bestemmia dopo che alla richiesta del sommo sacerdote aveva dichiarato di essere il Cristo, il Figlio di Dio (Mt 26,63-65; Mc 14,62; Lc 22,70): ossia non solo il Messia terreno com’era concepito e atteso dalla tradizione giudaica, ma il Messia-Signore annunciato dal Salmo 110 [109] (cf. Mt 22,41ss.), il personaggio misterioso intravisto da Daniele (Dn 7,13-14). Questa era la grande bestemmia, l’imputazione per la condanna a morte: l’essersi proclamato Figlio di Dio! E ora la sua Risurrezione confermava la veridicità della sua identità divina, e legittimava l’attribuzione fatta a se stesso, prima della Pasqua, del “nome” di Dio: “In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono” (Gv 8,58). Per i Giudei questa era una pretesa passibile di lapidazione (cf. Lv 24,16), e infatti essi “raccolsero pietre per scagliarle contro di lui, ma Gesù si nascose e uscì dal tempio” (Gv 8,59). Ma se allora non avevano potuto lapidarlo, in seguito riuscirono a farlo “innalzare” sulla Croce: la Risurrezione del Crocifisso dimostrava però che egli veramente era Io Sono, il Figlio di Dio.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Il Signore vi ha introdotto in una terra dove scorre latte e miele; la legge del Signore sia sempre sulla vostra bocca. Alleluia.” (Es 13,5.9 - Antifona).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Padre, che fai crescere la tua Chiesa, donandole sempre nuovi figli, concedi ai tuoi fedeli di esprimere nella vita il sacramento che hanno ricevuto nella fede. Per il nostro Signore Gesù Cristo...