14 Aprile 2019

Domenica delle Palme


Oggi Gesù ci dice: “Non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi, sapendo di non restare confuso.” (Terzo canto del Servo del Signore - I Lettura).

I Lettura - Is 50,4-7: Il Servo del Signore va incontro alla passione, fisica e spirituale, senza opporre resistenza perché ha la certezza che Dio lo assiste. Il Servo del Signore, proprio perché Dio è con lui, sa che non resterà deluso: «dopo il suo intimo tormento vedrà la luce» (Is 53,11 ).

Salmo responsoriale: Dal Salmo 21 (22): «Dio mio, Dio mio... La ripetizione esprime la tenerezza del Figlio unigenito. Non c’è alcuna domanda nel perché, come se la morte prossima turbasse il Cristo al punto che egli si sentisse completamente smarrito. Tutte queste parole esprimono semplicemente la sua condizione umana. Non dobbiamo credere che la divinità sia stata assente nella passione: l’Impassibile ha sofferto a motivo del corpo passibile che aveva assunto. Ha gustato la morte, abbandonando ad essa il suo corpo, lui che è la Vita stessa e la risurrezione dei morti. Egli stesso soffriva e non soffriva, moriva e non moriva... È per questo ch’egli usa la forma interrogativa quando dice di essere abbandonato» (Cassiodoro).

II Lettura - Fil 2,6-22: L’umiltà di Gesù Cristo è il metro a cui deve ispirarsi il credente per instaurare un giusto rapporto con se stesso, con i propri fratelli e con Dio. L’inno, che Paolo ha attinto forse da qualche repertorio liturgico, riassume il destino terrestre e celeste di Gesù, il suo abbassamento e la sua esaltazione.

Vangelo - Dal Vangelo secondo Luca 22,14-23,56: L’evangelista Luca nel raccontare la passione di Gesù lo fa con il suo stile teologico: Gesù, pur soffrendo ingiustamente, è misericordioso e dolce. La sua passione ha i tratti dell’amore misericordioso verso i peccatori e culmina nella promessa fatta al buon ladrone: «Oggi sarai con me in Paradiso».

Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua; l’espressione rivela gli intimi sentimenti con i quali il Maestro celebrava quella Pasqua che per lui non era soltanto l’ultima, ma assumeva un particolare significato religioso, poiché in essa egli avrebbe compiuto l’istituzione eucaristica. Nessun accento melanconico vela la sublime bellezza spirituale di questa solenne dichiarazione del Redentore; infatti Gesù non intende manifestare un’amara tristezza che lo turba nell’intimo, perché egli non consumerà più sulla terra un’altra Pasqua, né nel «secolo presente», né in quello futuro - i rabbini parlavano anche della Pasqua del secolo futuro - ma vuole richiamare il banchetto gioioso che avrà luogo in seno a Dio, quando il regno del cielo avrà raggiunto il suo compimento (per questa immagine di convito gioioso con la quale viene designata la fase definitiva o il compimento del regno di Dio, cf. Lc., 13,29; 22,30). Prima che io patissi; viene accentuata l’importanza della passione; non si tratta qui di una sofferenza qualsiasi, ma dell’intera passione che avrà un’efficacia determinante per la salvezza degli uomini, poiché con essa Gesù compirà il suo sacrificio redentivo.

L’istituzione dell’Eucaristia - Catechismo della Chiesa Cattolica 1337: Il Signore, avendo amato i suoi, li amò sino alla fine. Sapendo che era giunta la sua Ora di passare da questo mondo al Padre, mentre cenavano, lavò loro i piedi e diede loro il comandamento dell’amore. Per lasciare loro un pegno di questo amore, per non allontanarsi mai dai suoi e renderli partecipi della sua Pasqua, istituì l’Eucaristia come memoriale della sua morte e della sua risurrezione, e comandò ai suoi apostoli di celebrarla fino al suo ritorno, costituendoli “in quel momento sacerdoti della Nuova Alleanza”.
1338 I tre vangeli sinottici e san Paolo ci hanno trasmesso il racconto dell’istituzione dell’Eucaristia; da parte sua, san Giovanni riferisce le parole di Gesù nella sinagoga di Cafarnao, parole che preparano l’istituzione dell’Eucaristia: Cristo si definisce come il pane di vita, disceso dal cielo.
1339 Gesù ha scelto il tempo della Pasqua per compiere ciò che aveva annunziato a Cafarnao: dare ai suoi discepoli il suo Corpo e il suo Sangue. Venne il giorno degli Azzimi, nel quale si doveva immolare la vittima di Pasqua. Gesù mandò Pietro e Giovanni dicendo: “Andate a preparare per noi la Pasqua, perché possiamo mangiare”... Essi andarono ... e prepararono la Pasqua. Quando fu l’ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse: “Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, poiché vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel Regno di Dio” ... Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: “Questo è il mio Corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me”. Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: “Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio Sangue, che viene versato per voi” (Lc 22,7-20).
1340 Celebrando l’ultima Cena con i suoi Apostoli durante un banchetto pasquale, Gesù ha dato alla pasqua ebraica il suo significato definitivo. Infatti, la nuova Pasqua, il passaggio di Gesù al Padre attraverso la sua Morte e la sua Risurrezione, è anticipata nella Cena e celebrata nell’Eucaristia, che porta a compimento la pasqua ebraica e anticipa la pasqua finale della Chiesa nella gloria del Regno.
“Fate questo in memoria di me”: 1341 Quando Gesù comanda di ripetere i suoi gesti e le sue parole “finché egli venga” (1Cor 11,26 ), non chiede soltanto che ci si ricordi di lui e di ciò che ha fatto. Egli ha di mira la celebrazione liturgica, per mezzo degli Apostoli e dei loro successori, del memoriale di Cristo, della sua vita, della sua Morte, della sua Risurrezione e della sua intercessione presso il Padre.

Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito - Contemplando la Passione del Signore, sovvengono alla mente del credente alcune considerazioni che sono parti integranti della sua fede. Innanzi tutto, la «morte violenta di Gesù non è stata frutto del caso di un concorso sfavorevole di circostanze. Essa appartiene al mistero del disegno di Dio, come spiega san Pietro agli Ebrei di Gerusalemme fin dal suo primo discorso di Pentecoste: “Egli fu consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio” [At 2,23]» (CCC 599). Questa «morte violenta» è al centro della fede cristiana: il «Mistero pasquale di Gesù, che comprende la sua passione, morte, risurrezione e glorificazione, è al centro della fede cristiana, perché il disegno salvifico di Dio si è compiuto una volta per tutte con la morte redentrice del suo Figlio, Gesù Cristo» (Compendio del CCC 112). Una «morte violenta» che incontrovertibilmente fa parte del disegno di Dio: «Per riconciliare con sé tutti gli uomini votati alla morte a causa del peccato, Dio ha preso l’iniziativa amorevole di mandare suo Figlio perché si consegnasse alla morte per i peccatori. Annunciata nell’Antico Testamento, in particolare come sacrificio del Servo sofferente, la morte di Gesù avvenne secondo le Scritture» (ibidem 118). Affermazioni che fanno intendere la morte di Cristo come una necessità e così si dichiara la Parola di Dio: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo» (Gv 3,14; cfr Lc 24,25). Il Crocifisso, dunque, rivela «l’iniziativa amorevole» del Padre di consegnare il Figlio «alla morte per i peccatori». Da queste affermazioni nasce una domanda: Perché questo agire di Dio? Soltanto l’amore è una risposta soddisfacente: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16; cfr 1Gv 4,9). Il vero motivo della morte del Figlio e la sorgente prima della nostra salvezza è dunque l’amore di Dio. Il Crocifisso manifesta agli uomini come il Padre ama: un amore più forte dell’amore di una madre per i suoi bambini; un amore che ha vinto le più gravi difficoltà; un amore che è arrivato al dono più prezioso: il dono del Figlio (cfr. CCC 219). La Chiesa apostolica sentì l’urgenza di svelare agli uomini l’Amore (1Gv 4,8.16) e lo fece invitando gli uomini a tenere «fisso lo sguardo su Gesù» crocifisso (Eb 12,5), su Colui che era morto per amore. Oggi molti cristiani sembrano vergognarsi di questo segno d’amore inconsapevoli, forse, che velare il Crocifisso equivale a una violenta operazione chirurgica che raschia dal cuore dell’uomo la conoscenza della fonte dell’amore riducendolo a un grumo di passioni e di istinti. Diceva il poeta latino Ovidio Nasone: “Ognuno difende l’opera ch’egli ha fatto”; il Padre celeste l’ha fatto: per salvare noi, opera sua, trattò da peccato Colui che non aveva conosciuto peccato (cfr. 2Cor 5,25). Puro amore!

La Passione di Gesù - Giuseppe Tosatto (Passione in Schede Bibliche Pastorali): Il ciclo doloroso e trionfante della passione, morte e risurrezione di Cristo, che oggi troviamo come epilogo delle narrazioni evangeliche, in realtà fu l’elemento che attirò maggiormente l’attenzione e costituì la base del primitivo insegnamento apostolico. La buona novella era infatti essenzialmente l’annuncio della salvezza apportata al mondo mediante la morte e risurrezione di Gesù; per questo tutto ciò che riguardava tali eventi veniva a prendere un rilievo particolare.
Dagli scritti paolini (1Tess. 1,9-10; 4,14; 1Cor. 15,3ss.; 2Cor. 5,15; 13,4; Gal. 1,4; Rom. 4,24-25; 10,9; Fil. 2,6-11; 1Tim. 3,16), come pure dai discorsi di Pietro e Paolo nel libro degli Atti (2,14b-39; 3,12b-26; 4,8b-12; 5,29b-32; 10,34b-4: 13,16b-41; ecc.), è facile rendersi conto come kerygma primitivo fosse tutto incentrato sul mistero redentivo di Cristo. Del resto l’ampiezza stessa del racconto della passione nei quattro vangeli, ove le vicende ultime della vita del Redentore sono seguite passo passe conferma la somma importanza che ad esso, fin dagli inizi, vi si annetteva.
Tutto ciò ci porta a concludere che gli eventi storici della passione e risurrezione di Cristo costituirono, sia cronologicamente che dottrinalmente, il fondamento della primitiva predicazione. Abbiamo cioè avuto una specie di capovolgimento: quello che attualmente è posto nei vangeli come conclusione dell’attività di Cristo, in realtà fu l’inizio dell’annuncio della buona novella.
Passione e risurrezione, pur umanamente in contrasto tra loro, l’una in quanto umiliazione e l’altra in quanto glorificazione, appaiono quindi fin dall’inizio come un’unità indissolubile e inseparabile, poiché senza la risurrezione la passione di Cristo perderebbe il suo valore, e senza la passione e morte, nell’attuale piano salvifico divino, non ci sarebbe la redenzione; il che spiega pure come questo evento capitale per la storia dell’umanità sia divenuto, fin dall’inizio, l’insegnamento e la norma di vita dei singoli fedeli.

Domenica delle Palme - Paolo VI (Omelia, 3 Aprile 1977): Quale significato aveva questa accoglienza fatta a Gesù dal popolo di Gerusalemme e dalla gente del Paese affluita nella città? Aveva un significato specialissimo, quello di riconoscere in Gesù il Messia [...] L’episodio delle palme segna perciò nel Vangelo un momento risolutivo, d’una importanza straordinaria: Gesù è riconosciuto, è proclamato Messia; è acclamato come il Cristo, tanto atteso, tanto amato. Ormai la vita, la storia, la sorte d’Israele non avrà più senso che in Lui. Gesù di Nazareth (cfr. G. RICCIOTTI, Vita di Gesù Cristo, p. 606, n. 505). Ecco allora il senso, il valore di questa nostra solennità liturgica. Noi riconosciamo in Gesù di Nazareth il Messia, cioè il Cristo. Questa celebrazione significa per noi un grande atto di fede. Noi accettiamo, anzi noi esaltiamo il Messia, il Messia! Il Cristo salvatore, nell’umile Gesù, che nacque a Betlemme, che fino ai trenta anni visse a Nazareth come modesto artigiano, e che poi fu presentato e battezzato da Giovanni al Giordano, e cominciò a predicare il Regno di Dio, a fare miracoli strepitosi (come la moltiplicazione dei pani), a diffondere messaggi straordinari (pensate al discorso delle beatitudini), a risuscitare perfino i morti (pensate alla risurrezione di Lazzaro). Gesù è il Messia, è il Cristo, è il Re inviato da Dio, è il Figlio dell’uomo ed è il Figlio di Dio. La sua definizione è raggiunta! Quale sarà il seguito di questa certezza vedremo successivamente; il dramma messianico, nel suo aspetto pubblico universale e drammatico comincia qui: Gesù è il Cristo.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Cristo si è fatto obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome.” (Fil 2,8-9).  
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Dio onnipotente ed eterno, che hai dato come modello agli uomini il Cristo tuo Figlio, nostro Salvatore, fatto uomo e umiliato fino alla morte di croce, fa’ che abbiamo sempre presente il grande insegnamento della sua passione, per partecipare alla gloria della risurrezione. Egli è Dio e vive e regna con te...