26 Febbraio 2019

Martedì VII Settimana del Tempo Ordinario


Oggi Gesù ci dice: “Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti ” (Vangelo).

Dal Vangelo secondo Marco 9,30-37: Marco presenta la missione di Gesù alla luce del progetto di salvezza di Dio. Un progetto che necessariamente deve passare attraverso la croce e la morte del Figlio di Dio. Un discorso che risulta ostico agli stessi Apostoli. È da sottolineare il verbo consegnare. Esso indica il progetto che Dio ha pensato per gli uomini: «per la loro salvezza Dio “consegna” Gesù nelle loro mani. Gesù, infatti, non è stato tradito ... solo da Giuda o dagli Anziani, ma è stato “consegnato” a morte da Dio stesso. Gesù non è stato ucciso [nel senso teologico] dai contemporanei [anche se storicamente essi hanno preso parte al consumarsi di questa morte], ma dalle “mani” di ogni uomo [= dai suoi peccati] alle quali Dio ha consegnato Gesù» (Don Primo Gironi).

Il Figlio dell’uomo...: Durante il viaggio in Galilea, Gesù istruisce i discepoli sulla sua missione salvifica che si sarebbe conclusa a Gerusalemme, crocifisso su una croce. L’immagine richiama i discepoli di Aristotele che venivano chiamati peripatetici per la loro consuetudine di passeggiare nel giardino del Liceo durante le lezioni. Gesù non vuole che «alcuno lo sapesse»: questo ordine, anche se è da collocare nel contesto del cosiddetto «segreto messianico», deve essere visto come il desiderio, da parte del Maestro, di evitare l’assedio della folla che gli avrebbe impedito di stare un po’ con i suoi.
Ormai la sua vita pubblica volge al termine e la sua morte cruenta è a un passo: il diavolo (Lc 4,13) e i nemici del giovane Rabbi di Nazaret stanno affilando le armi per l’ultimo, decisivo assalto.
Gesù è consapevole di tutto questo, non è affatto turbato, ma si premura di istruire «tutti i suoi discepoli», coloro che avrebbero dovuto continuare la sua opera di salvezza nel mondo (2Ts 2,4).
Non vuole che la sua morte orrenda, maledetta dalla Legge (Gal 3,13; cf. Dt 21,23), colga gli Apostoli impreparati. Non vuole che la sua morte frantumi la loro debole fede. Non vuole che la sua morte, a motivo della loro estrema debolezza, possa gettarli tra gli artigli di satana (cf. Lc 22,31). Vuole che la sua morte sia invece un messaggio di speranza, una porta spalancata sulla vita. Ecco perché vuol stare solo con i suoi discepoli: li vuole istruire fin nei più minuti dettagli perché comprendano, perché accettino la volontà del Padre.
«Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini...», è un’espressione biblica «che indica una prova tremenda, in cui il malcapitato può aspettarsi qualunque crudeltà e non può neppure far appello alla pietà o alla misericordia come farebbe con Dio [cf. Mc 14,41; 2Sam 24,14; Sir 2,18]» (ADALBERTO SISTI, Marco).
Lo uccideranno, è il secondo annuncio che Gesù fa della sua imminente morte, ma i discepoli «non comprendevano» ancora. Capivano le parole, ma aggrappati com’erano a un messianismo rivoluzionario, non potevano comprendere il vero senso del discorso. Avevano paura di interrogarlo, di «chiedergli spiegazioni». Temevano che Gesù fugasse per sempre quelle esili certezze alle quali si erano abbarbicati nella speranza di aver capito male, di aver forse frainteso. In verità, non riuscivano ad entrare dentro gli ingranaggi del progetto salvifico: non riuscivano a capire perché la salvezza dell’uomo doveva passare necessariamente attraverso la morte del Verbo di Dio.

Il Figlio dell’uomo viene consegnato... - Catechismo della Chiesa Cattolica 557: “Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato tolto dal mondo, [Gesù] si diresse decisamente verso Gerusalemme” (Lc 9,5). Con questa decisione, indicava che saliva a Gerusalemme pronto a morire. A tre riprese aveva annunziato la sua passione e la sua Risurrezione. Dirigendosi verso Gerusalemme dice: “Non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme” (Lc 13,33).

... lo uccideranno - Catechismo della Chiesa Cattolica 1825: Cristo è morto per amore verso di noi, quando eravamo ancora “nemici” (Rm 5,10). Il Signore ci chiede di amare come lui, perfino i nostri nemici, di farci il prossimo del più lontano, di amare i bambini e i poveri come lui stesso.

dopo tre giorni risorgerà… - Catechismo della Chiesa Cattolica 648-649: La Risurrezione di Cristo è oggetto di fede in quanto è un intervento trascendente di Dio stesso nella creazione e nella storia. In essa, le tre Persone divine agiscono insieme e al tempo stesso manifestano la loro propria originalità. Essa si è compiuta per la potenza del Padre che “ha risuscitato” (At 2,24) Cristo, suo Figlio, e in questo modo ha introdotto in maniera perfetta la sua umanità con il suo Corpo nella Trinità. Gesù viene definitivamente “costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la Risurrezione dai morti” (Rm 1,3-4). San Paolo insiste sulla manifestazione della potenza di Dio per l’opera dello Spirito che ha vivificato l’umanità morta di Gesù e l’ha chiamata allo stato glorioso di Signore. Quanto al Figlio, egli opera la sua propria Risurrezione in virtù della sua potenza divina. Gesù annunzia che il Figlio dell’uomo dovrà molto soffrire, morire ed in seguito risuscitare (senso attivo della parola). Altrove afferma esplicitamente: “Io offro la mia vita, per poi riprenderla... ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla” (Gv 10,17-18). “Noi crediamo... che Gesù è morto e risuscitato” (1Ts 4,14).

Giunsero a Cafàrnao: Quando fu in casa, Gesù chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?»: gli Apostoli, per via si infervorano a discutere «tra loro chi fosse il più grande». Forse pensavano ai seggi da occupare nel regno di Gesù, ma la loro non è rozzezza perché questi discorsi nei loro paesi da sempre animavano riunioni o convìvi.
Colti in fallo, arrivati a Cafarnao, forse in casa di Pietro, Gesù approfitta del fatto per dare loro una lezione di vita cristiana. Sedutosi, è la postura del maestro nell’atto di insegnare (cf. Mt 5,1), chiama i Dodici: Gesù restringe il cerchio ai soli Dodici perché sono loro che devono assimilare fin in fondo il suo insegnamento e viverlo integralmente poi nel loro ruolo di «colonne della Chiesa» (Gal 2,9).
Gesù ancora una volta rovescia i modelli sui quali tanti maestri avevano costruito l’identikit del vero figlio della Legge (cf. Lc 15,25-32).
Nella casa di Pietro la persona che veramente conta non è il mercenario o chi abusa del potere: «Esorto gli anziani... pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza ma volentieri secondo Dio; non per vile interesse, ma di buon animo; non spadroneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge» (1Pt 5,1-3). Nella casa di Pietro il primo è colui che si fa servo, non chi dà ordini a destra e a manca; chi sa piegare le ginocchia e, come l’ultimo sguattero della terra, mettersi a lavare i piedi dei suoi amici e dei suoi nemici: «Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi» (Gv 13,13-15).
Poi, la seconda manovra, il porre un bambino in mezzo a loro, spiazza del tutto gli Apostoli. I bambini sono i membri più deboli della comunità cristiana, i più bisognosi e i più dimenticati. Di essi deve farsi carico il discepolo di Gesù, come Lui si è fatto carico dell’umanità debole e fragile gemente sotto il dominio del peccato.

Bambino - Léon Roy (Bambino, Dizionario di Teologia Biblica): Dio e i bambini - Già nel VT il bambino, a motivo stesso della sua debolezza e della sua imperfezione native, appare come un privilegiato di Dio. Il Signore stesso è il protettore dell’orfano ed il vindice dei suoi diritti (Es 22,21ss; Sal 68,6); egli ha manifestato la sua tenerezza paterna e la sua preoccupazione pedagogica nei confronti di Israele « quando era bambino », al tempo dell’uscita dall’Egitto e del soggiorno nel deserto (Os 11, 14). I bambini non sono esclusi dal culto di Jahve, partecipano anche alle suppliche penitenziali (Gioe 2, 16; Giudit 4,10s), e Dio si prepara una lode dalla bocca dei bambini e dei piccolissimi (Sal 8,2s = Mt 21,16).
Lo stesso avverrà nella Gerusalemme celeste, dove gli eletti faranno l’esperienza dell’amore «materno» di Dio (Is 66,10-13). Già un salmista, per esprimere il suo abbandono fiducioso nel Signore, non aveva trovato di meglio che l’immagine del piccino che si addormenta sul seno della madre (Sal 131,2).
Più ancora, Dio non esita a scegliere taluni bambini come primi beneficiari e messaggeri della sua rivelazione e della sua salvezza: il piccolo Samuele accoglie la parola di Jahve e la trasmette fedelmente (1Sam 1-3); David è scelto a preferenza dei suoi fratelli maggiori (1Sam 16,1-13); il giovane Daniele si dimostra più sapiente degli anziani di Israele salvando Susanna (Dan 13,44-50).
Infine, un vertice della profezia messianica è la nascita di Emmanuel, segno di liberazione (Is 7,14 ss); ed Isaia saluta il bambino regale che, assieme al regno di David, ristabilirà il diritto e la giustizia (9,1-6).
Gesù e i bambini - Non era perciò conveniente che, per inaugurare la nuova alleanza, il Figlio di Dio si facesse bambino? Luca ha notato con cura le tappe dell’infanzia così percorse: neonato del presepio (Lc 2,12), piccino presentare al tempio (2,27), bambino sottomesso ai genitori, e tuttavia misteriosamente indipendente da essi nella sua dipendenza dal Padre suo (2,43-51).
Fatto adulto, Gesù nei confronti dei bambini adotta lo stesso comportamento di Dio.
Come aveva dichiarato beati i poveri, così benedice i bambini (Mc 10,16), rivelando in tal modo che essi sono, gli uni e gli altri, atti ad entrare nel regno; i bambini simboleggiano i discepoli autentici, «il regno dei cieli appartiene a quelli che sono come loro» (Mt 19,14 par.). Di fatto si tratta di «accogliere il regno come bambini» (Mc 10,15), di riceverlo con tutta semplicità come un dono del Padre, invece di esigerlo come qualcosa di dovuto; bisogna «diventare come bambini» (Mt 18,3) ed acconsentire a «rinascere» (Gv 3,5) per accedere a questo regno. Il segreto della vera grandezza è «di farsi piccoli» come i bambini (Mt 18,4): questa è la vera umiltà, senza la quale non si può diventare figli del Padre celeste.
I veri discepoli sono precisamente i «piccolissimi», a cui il Padre ha voluto rivelare, come un tempo a Daniele, i suoi segreti nascosti ai sapienti (Mt 11,25 s). D’altronde, nel linguaggio del vangelo, «piccolo» e «discepolo» sembrano talvolta termini equivalenti (cfr. Mt 10,42 e Mc 9,41). Beati coloro che accolgono uno di questi piccoli (Mt 18,5; cfr. 25,40), ma guai a chi li scandalizza o li disprezza (18,6.10).

La misura dell’importanza personale - Basilio Caballero: «Se uno vuoi essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti». È l’insegnamento fondamentale che Cristo vuole inculcare nei discepoli. Una simile misura dell’importanza di una persona è sconcertante come predire le sofferenze del messia. Ma Gesù afferma con chiarezza che i suoi seguaci devono convertire l’ambizione di potere in atteggiamento di servizio. La coesistenza di questi due estremi è impossibile, perché l’ambizione è un cancro per l’amore servizievole.
Siamo tutti affetti da una tentazione quasi irresistibile di potere e di dominio, e non solo i politici. Dall’ambiente familiare al contesto delle superpotenze, passando per il luogo di lavoro e per qualsiasi spazio sociale, la questione imperante è far vedere chi è che comanda. Ebbene, per essere il primo nel gruppo dei credenti, dice Gesù, bisogna farsi ultimo e servitore di tutti. Questo richiede molta abnegazione, rinuncia ai propri interessi e grande maturità personale.
La psicosi della preminenza redentrice crea i «salvatori» del popolo e delle comunità: ideologi, rivoluzionari, liberatori che si presentano come guaritori di tutti i mali sociali, anche dei mali del popolo di Dio, Ma, nell’intimo, molti di loro non sono diversi dai banditi, i ladri e i mercenari della parabola del buon pastore, che non vengono per servire, ma per servirsi, per impoverire e per sfruttare.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** “E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato»” (Vangelo). 
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Il tuo aiuto, Padre misericordioso, ci renda sempre attenti alla voce dello Spirito, perché possiamo conoscere ciò che è conforme alla tua volontà e attuarlo nelle parole e nelle opere. Per il nostro Signore Gesù Cristo...