2 Febbraio 2019

Presentazione del Signore


Oggi Gesù ci dice: «Alzate, o porte, la vostra fronte, alzatevi, soglie antiche, ed entri il re della gloria. » (Salmo Responsoriale).


Vangelo - Dal Vangelo secondo Lc 2,22-40: Lo Spirito Santo aveva promesso a Simeone, che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Il vegliardo, uomo giusto e pio, rappresenta «l’Israele fedele, che attendeva con fiducia illimitata la comparsa del Messia per l’attuazione del regno di Dio. In questo incontro la religiosità sincera dell’Antico Testamento si salda direttamente con quella del Nuovo Testamento, in una meravigliosa continuazione del progetto salvifico di Dio» (Angelico Poppi). La Luce entra nel mondo e riscalda i cuori degli uomini colmandoli di festose speranze, ma la gioia di Giuseppe e di Maria viene turbata dalle parole oscure di Simeone, il quale non fa che indicare agli ignari sposi la via della croce: Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione - e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori. Gesù apre la via della Croce, la percorre fino alla fine e la propone a noi, suoi discepoli. Maria, per prima, la seguirà in piena fedeltà e disponibilità

Presentazione del Signore: Messale Romano: Festa delle luci (cfr Lc 2,30-32), ebbe origine in Oriente con il nome di ‘Ipapante’, cioè ‘Incontro’. Nel sec. VI si estese all’Occidente con sviluppi originali: a Roma con carattere più penitenziale e in Gallia con la solenne benedizione e processione delle candele popolarmente nota come la ‘candelora’. La presentazione del Signore chiude le celebrazioni natalizie e con l’offerta della Vergine Madre e la profezia di Simeone apre il cammino verso la Pasqua.

Presentazione del Signore - Catechismo della Chiesa Cattolica 529: La Presentazione di Gesù al Tempio lo mostra come il Primogenito che appartiene al Signore. In Simeone e Anna è tutta l’attesa di Israele che viene all’incontro con il suo Salvatore (la tradizione bizantina chiama così questo avvenimento). Gesù è riconosciuto come il Messia tanto a lungo atteso, “luce delle genti” e “gloria di Israele”, ma anche come “segno di contraddizione”. La spada di dolore predetta a Maria annunzia l’altra offerta, perfetta e unica, quella della croce, la quale darà la salvezza “preparata da Dio davanti a tutti i popoli”.

... luce per rivelarti alle genti: Giovanni Paolo II (Omelia, 2 febbraio 1998): Lumen ad revelationem gentium! Oggi anche noi, con le candele accese, andiamo incontro a Colui che è “la Luce del mondo” e l’accogliamo nella sua Chiesa con tutto lo slancio della nostra fede battesimale. A quanti professano sinceramente questa fede è promesso l’“incontro” ultimo e definitivo con il Signore nel suo Regno. Nella tradizione polacca, come pure in quella di altre Nazioni, queste candele benedette hanno un significato speciale perché, portate a casa, vengono accese nei momenti di pericolo, durante i temporali e i cataclismi, in segno di affidamento di sé, della famiglia e di quanto si possiede alla protezione divina. Ecco perché, in polacco, questi ceri si chiamano “gromnice”, cioè candele che allontanano i fulmini e proteggono contro il male e questa festa prende il nome di Candelora (letteralmente: Santa Maria delle Candele [”gromnice”]). Ancor più eloquente è l’usanza di mettere la candela, benedetta in questo giorno, tra le mani del cristiano, sul letto di morte, perché illumini gli ultimi passi del suo cammino verso l’eternità. Con tale gesto si intende affermare che il morente, seguendo la luce della fede, attende d’entrare nelle eterne dimore, dove non si ha più “bisogno di luce di lampada né di luce di sole, perché il Signore Dio lo illuminerà” (cfr. Ap 22,5). A questo ingresso nel Regno della luce allude anche l’odierno Salmo responsoriale: “Sollevate, porte, i vostri frontali, / alzatevi, porte antiche, / ed entri il re della gloria” (Sal 23 [24],7). Sono parole che si riferiscono direttamente a Gesù Cristo, il quale entra nel tempio dell’Antica Alleanza, recato in braccio dai suoi genitori, ma per analogia le possiamo riferire ad ogni credente che varca la soglia dell’eternità, portato tra le braccia dalla Chiesa. I credenti ne accompagnano l’estremo passaggio pregando: “Risplenda a lui la luce eterna!”, perché gli angeli e i santi l’accolgano e Cristo, Redentore dell’uomo, lo circondi con la sua luce eterna.

Maria e Giuseppe portarono il bambino Gesù a Gerusalemme - Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale: secondo la legge mosaica (Cf. Lev 12,2-8) la donna che dava «alla luce un maschio», a motivo della sua impurità, non doveva toccare «alcuna cosa santa» né doveva entrare nel santuario per quaranta giorni. Al termine di questo periodo doveva portare «al sacerdote all’ingresso della tenda del convegno un agnello di un anno come olocausto e un colombo o una tortora in sacrificio di espiazione» per essere purificata «dal flusso del suo sangue». Le donne povere che non avevano mezzi per offrire un agnello offrivano, come Maria qui, due colombi.
In quanto primogenito, Gesù viene portato al tempio per essere consacrato al Signore, come richiesto dalla legge di Mosé (Es 13,1-2). In tutte le lingue, presso tutti i popoli, il primo nato è sempre detto primogenito, seguano o no altri figli. Presso gli Ebrei il primo nato era sempre detto e rimaneva sempre primogenito perché al primo nato erano riservati particolari diritti di famiglia (Cf. Gen 27; Num 3,12-13; 18,15-16; Dt 21,15-17).
Lo Spirito Santo aveva promesso a Simeone, che «non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo Signore». Il vegliardo, «uomo giusto e pio», rappresenta «l’Israele fedele, che attendeva con fiducia illimitata la comparsa del Messia per l’attuazione del regno di Dio. In questo incontro la religiosità sincera dell’Antico Testamento si salda direttamente con quella del Nuovo Testamento, in una meravigliosa continuazione del progetto salvifico di Dio» (Angelico Poppi). L’attesa di Simeone si fonda su alcune profezie che predominano in tutto il Secondo o il Terzo Isaia (Is 40-55; 56-66).
Il Nunc Dimittis sembra un cantico proveniente dall’ambiente giudaico-cristiano, anche se, come suggerisce la Bibbia di Gerusalemme, a differenza del Magnificat e del Benedictus, potrebbe essere «stato composto dallo stesso Luca, con il particolare aiuto di testi di Isaia. Dopo i primi tre versi che riguardano Simeone e la sua morte vicina, gli altri tre descrivono la salvezza universale portata dal Messia Gesù: una illuminazione del mondo pagano che ha avuto inizio dal popolo eletto e ridonderà a sua gloria» (vedi nota a Lc 2,29-32). Gesù sarà «come segno di contraddizione»: la sua missione sarà accompagnata da ostilità e da persecuzioni da parte del suo popolo. Maria, sua Madre, parteciperà a questo destino di dolore.
Anche la profetessa Anna, «figlia di Fanuèle», riconosce nel bambino Gesù il Messia e per questo favore si mette «a lodare Dio e a parlare del bambino». Per molti, poiché il termine bambino non ricorre nel testo, la «traduzione l’aggiunge per evitare la strana ambiguità, che sembra identificare questo piccolo con Dio. Questa applicazione a Cristo di testi concernenti Jahve non è specifica di Luca, ma costante nel Nuovo Testamento per esprimere la divinità di Cristo» (René Laurentin).
Della tribù di Aser, l’ultima nel tradizionale elenco delle tribù d’Israele: in questo modo «tutte le tribù d’Israele, anche l’ultima, almeno nelle anime ben disposte e pie», riconoscono «in Gesù bambino il redentore di Israele» e ne divengono «apostole. Ecco il tocco finale di Luca in questo secondo trittico: è un monito a tutti gli israeliti ad aprirsi al Signore, e a noi cristiani a non stimarci sicuri della salvezza per il solo fatto che siamo nati nel nuovo Israele» (Giovanni Leonardi).

Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza - Giovanni Leonardi (L’Infanzia di Gesù): II profeta Simeone è noto solo da questo episodio. Non è detto che fosse sacerdote: dal testo (v. 29) traspare invece che era una persona anziana. Qualcuno recentemente ha voluto identificarlo con Simeone figlio di Hillel, di cui si parla nel Talmud e il cui ritratto corrisponde a quello del Simeone di Luca. Daniélou ricorda che anche alcune tradizioni giudeo-cristiane sono favorevoli a questa interpretazione.
Simeone è presentato «giusto e pio», al modo dei personaggi precedenti: giusto esternamente e pratica­mente, pio o timorato di Dio internamente. Egli attendeva «il conforto di Israele», cioè quel Messia (astratto per il concreto) il cui compito - secondo Isaia 61,2s - era «di confortare i piangenti di Sion», cioè di consolare e riportare alla gioia. Lo Spirito Santo, in premio di tali buone disposizioni e della intemerata condotta, gli aveva promesso (Luca non dice come) che avrebbe visto con i suoi occhi il Messia. Ed è appunto lo Spirito che, non solo lo fa salire al tempio in coincidenza con la venuta della sacra Famiglia, ma anche gli fa riconoscere nel Bambino il Messia.
Simeone non si accontenta di contemplarlo: lo prende nelle sue braccia venerande e, nonostante la commozione, trova la forza di benedire Dio, cioè di uscire, come già Zaccaria, in un inno di lode e ringraziamento a Dio. II cantico è, come il Magnificat e il Benedictus, un mosaico di testi tolti dall’Antico Testamento. Vi predominano però i riferimenti al Deutero-Isaia, il profeta della consolazione di Israele (40,1; 42,6; 46,13; 49,6; 52,10; Cf. 46,30); per cui Daniélou pensa che si tratti di un arcaico inno giudeo-cristiano della Chiesa post-pentecostale e da Luca messo in bocca a Simeone per esprimerne sentimenti simili.
Simeone si pone (vv. 29-32) nell’atteggiamento del servo verso il padrone ed esprime la sua soddisfazione al Signore per aver mantenuta la parola promessa: gli dice che lo lasci pur andare (lett. salpare) verso il porto dell’aldilà con la pace messianica ormai raggiunta; i suoi occhi infatti hanno visto la sua salvezza (astratto per il concreto): quella salvezza - continua a dire - che Dio ha preparato - quale mensa imbandita - davanti a tutti i popoli, perché sia luce alle genti pagane e gloria (cioè onore o vanto) del suo popolo Israele; oppure meglio perché sia la presenza specialissima e benefica di Dio in mezzo al suo popolo. Questo è l’unico accenno espressamente universalistico che troviamo nel Vangelo dell’infanzia di Luca: per giunta i pagani vengono messi al primo posto, anche se considerati avvolti dalle tenebre dell’idolatria e quindi bisognosi della luce della rivelazione cristiana.

Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Suo padre; questo termine ha chiaramente il senso di padre legale, poiché Luca ha già illuminato il lettore sulla maternità verginale di Maria. Lo scrittore dà qui la precedenza al padre legale, infatti lo nomina per primo («suo padre e sua madre»). Erano meravigliati per ciò che era stato detto di lui; nel padre e nella madre lo stupore fu un sentimento prolungato che si portava sulle varie ed importanti affermazioni contenute nel Nunc dimittis. La meraviglia suscitata in Maria e Giuseppe fa meglio comprendere il senso dell’atto compiuto da Simeone e delle parole da lui pronunziate; questo vecchio ebreo infatti, illuminato dallo Spirito e sotto l’impulso della sua pietà nutrita dalla viva ed inquieta attesa del Messia, prende dalle braccia della Vergine il tenero bambino e, senza informarsi dai «genitori», proclama la meravigliosa opera che quel fragile fanciullo è chiamato a compiere in Israele e tra i popoli. L’idea della missione universale di Gesù, salvezza di tutti i popoli e luce dei pagani, idea nuova che l’angelo non aveva manifestata esplicitamente nell’annunziazione ed il gesto di uno sconosciuto, dagli occhi ispirati e dal volto illuminato da una luce arcana, il quale prende in braccio quel bambino, furono le due cause principali del vivo stupore di Maria e di Giuseppe. L’atto e le parole di Simeone sono per i «genitori» di Gesù la manifestazione di un nuovo fatto soprannaturale per il quale sono presi da commossa meraviglia. Luca ama sottolineare nei suoi racconti il sentimento di stupore che suscitano negli astanti gli interventi divini (cf. 1,63; 2,18,33; 4,22; 8,25; 9,43; 24,12,41; Atti, 2,7; 3; 12; 4,13; 7,31); queste sue osservazioni ripetute frequentemente caratterizzano la sua concezione teologica e rivelano il suo stile

Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui - Carlo Ghidelli (Luca):  Il v. 40 richiama da un lato 1,80 e anticipa dall’altro 2,41-52: si delinea così quel grande ideale della vita na­scosta di Gesù a Nazaret, dove egli viveva sottomesso ai suoi, ma soprattutto dedito a quella formazione totale e globale che doveva fare di lui un uomo perfetto, un predicatore instancabile, un araldo intrepido, un testimone fedele, un martire invitto. Cresceva significa sviluppo fisico del fanciullo; sapienza indica la maturazione psicologica, essendo Gesù, come uomo, soggetto allo sviluppo psichico mediante l’acquisizione di nuove esperienze e mediante gli incontri con le persone; grazia sta ad indicare la compiacenza di Dio ed il favore degli uomini verso Gesù, che cresceva e si fortificava (v. 40): due espressioni equivalenti, queste, con cui si vuol sottolineare l’armonioso sviluppo fisico, psichico e spirituale di Gesù.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Sollevate, porte, i vostri frontali, / alzatevi, porte antiche, / ed entri il re della gloria” (Sal 23 [24],7).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Dio onnipotente ed eterno, guarda i tuoi fedeli riuniti nella festa della Presentazione al tempio del tuo unico Figlio fatto uomo, e concedi anche a noi di essere presentati a te pienamente rinnovati nello spirito. Per il nostro Signore Gesù Cristo...