3 Aprile 2018

Martedì fra l’Ottava di Pasqua



Oggi Gesù ci dice: “Questo è il giorno fatto dal Signore: rallegriamoci ed esultiamo” (Sal 117,24)


Dal Vangelo secondo Giovanni 20,11-18: A motivo della risurrezione dai morti con Gesù si instaura una nuova relazione, fondata sull’ascolto della parola. Infatti, come la frazione del pane in Luca 24 apriva gli occhi dei discepoli di Emmaus, qui è il chiamare Maria per nome che provoca il riconoscimento, perché “le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori” (Gv 10,3). Chiamata per nome, Maria, risponde a colui che attraverso la voce identifica come suo Maestro. Non mi trattenere: ormai Gesù secondo la carne non è più accessibile come quando era in vita. A partire dalla risurrezione, gli occhi della carne sono impotenti a vederlo e a riconoscerlo: Maria simboleggia così la credente in ascolto del maestro. Non più la fatica, ma il riposo tra le braccia divine della Parola: Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta (Lc 10,41-42).


Catechismo della Chiesa Cattolica

Le apparizioni del Risorto

641 Maria di Magdala e le pie donne che andavano a completare l’imbalsamazione del Corpo di Gesù, sepolto in fretta la sera del Venerdì Santo a causa del sopraggiungere del Sabato, sono state le prime ad incontrare il Risorto. Le donne furono così le prime messaggere della Risurrezione di Cristo per gli stessi Apostoli. A loro Gesù appare in seguito: prima a Pietro, poi ai Dodici. Pietro, chiamato a confermare la fede dei suoi fratelli, vede dunque il Risorto prima di loro ed è sulla sua testimonianza che la comunità esclama: “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone” (Lc 24,34).

642 Tutto ciò che è accaduto in quelle giornate pasquali impegna ciascuno degli Apostoli - e Pietro in modo del tutto particolare - nella costruzione dell’era nuova che ha inizio con il mattino di Pasqua. Come testimoni del Risorto essi rimangono le pietre di fondazione della sua Chiesa. La fede della prima comunità dei credenti è fondata sulla testimonianza di uomini concreti, conosciuti dai cristiani e, nella maggior parte, ancora vivi in mezzo a loro. Questi testimoni della Risurrezione di Cristo sono prima di tutto Pietro e i Dodici, ma non solamente loro: Paolo parla chiaramente di più di cinquecento persone alle quali Gesù è apparso in una sola volta, oltre che a Giacomo e a tutti gli Apostoli.

643 Davanti a queste testimonianze è impossibile interpretare la Risurrezione di Cristo al di fuori dell’ordine fisico e non riconoscerla come un avvenimento storico. Risulta dai fatti che la fede dei discepoli è stata sottoposta alla prova radicale della passione e della morte in croce del loro Maestro da lui stesso preannunziata. Lo sbigottimento provocato dalla passione fu così grande che i discepoli (almeno alcuni di loro) non credettero subito alla notizia della Risurrezione. Lungi dal presentarci una comunità presa da una esaltazione mistica, i Vangeli ci presentano i discepoli smarriti e spaventati, perché non hanno creduto alle pie donne che tornavano dal sepolcro e “quelle parole parvero loro come un vaneggiamento” (Lc 24,11). Quando Gesù si manifesta agli Undici la sera di Pasqua, li rimprovera “per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato” (Mc 16,14).

644 Anche messi davanti alla realtà di Gesù risuscitato, i discepoli dubitano ancora, tanto la cosa appare loro impossibile: credono di vedere un fantasma. “Per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti” (Lc 24,41). Tommaso conobbe la medesima prova del dubbio e, quando vi fu l’ultima apparizione in Galilea riferita da Matteo, “alcuni... dubitavano” (Mt 28,17). Per questo l’ipotesi secondo cui la Risurrezione sarebbe stata un “prodotto” della fede (o della credulità) degli Apostoli, non ha fondamento. Al contrario, la loro fede nella Risurrezione è nata - sotto l’azione della grazia divina - dall’esperienza diretta della realtà di Gesù Risorto.


Bibbia di Navarra (I Quattro Vangeli): L’affetto e la debolezza di questa donna, preoccupata per la sorte del corpo morto di Gesù, sono commoventi. Fedele nella Passione, l’amore di colei che era stata posseduta da sette demòni (cfr Lc 8,2) continua ad essere grande e ardente. Il Signore l’aveva liberata dal maligno, e quella grazia diede frutti di corrispondenza umile e generosa.
Dopo aver consolato Maria di Màgdala, Gesù le dà un messaggio per gli apostoli, che chiama con tenerezza “fratelli”. Questo messaggio sottintende un Padre comune, sebbene i modi della paternità siano differenti: «Io salgo al Padre mio [tale per natura] e Padre vostro», a cagione dell’adozione che vi ho guadagnato con la mia morte. Grandi sono la misericordia e la comprensione di Gesù, che, da buon Pastore, si preoccupa di radunare i discepoli che l’avevano abbandonato durante la Passione e che se ne stavano nascosti per timore dei Giudei (Gv 20,19).
L ‘esempio di Maria Maddalena, che persevera nella fedeltà al Signore nei momenti della prova, ci insegna che chi cerca con sincerità e costanza Cristo Gesù finisce col trovarlo. L ‘atteggiamento familiare del Maestro, che chiama “fratelli” i discepoli” benché l’abbiano abbandonato, ci deve colmare di speranza quando commettiamo
atti d’infedeltà verso il Signore.


Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro - Salvatore Alberto Panimolle (Lettura Pastorale del Vangelo di Giovanni): La collocazione dell’ascensione di Gesù nel giorno della sua risurrezione è un elemento caratteristico della cristologia giovannea. Secondo Luca, il Risorto è salito al cielo quaranta giorni dopo (At 1,3ss). Gesù deve tornare al Padre prima dell’incontro con i discepoli, perché non può donare lo Spirito, prima della sua ascensione gloriosa, che corona la sua esaltazione; dal cielo egli manderà il Paraclito, perché sarà stato glorificato in modo perfetto (Gv 16,7); in effetti la sera di pasqua il Cristo glorioso apparirà ai discepoli per donare loro lo Spirito santo (Gv 20,22), che era già stato consegnato alla chiesa nell’istante della sua morte (Gv 19,30).
I discepoli sono i fratelli di Gesù, perciò il Dio e Padre del Cristo è Dio e Padre dei cristiani (Gv 20,17). Evidentemente il Verbo incarnato è il Figlio unigenito del Padre («huiòs monoghenès») (cf. Gv 1,14.18; 3,16.18 ecc.) in senso unico, mentre i credenti sono figli («tékna») di Dio (cf. Gv 1,12s; 11,52) per partecipazione, se così possiamo esprimerci. Ad ogni modo Dio è vero Padre dei cristiani, anche se solo per Gesù Dio è Padre per essenza o per natura, se è lecito adoperare termini metafisici (cf. Gv 5,17ss). Perciò la formula veterotestamentaria «il Signore, tuo Dio» e simili (cf. Es 20,2; Dt 26,5-11; Rut 1,16; Ger 24,7 con l’incarnazione del Verbo acquista un significato nuovo.
Maria Maddalena esegue l’ambasciata affidatale dal Risorto, annunziando ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e raccontando ciò che le aveva detto (Gv 20,18).
Questo lieto messaggio costituisce il vertice di tutto il dramma rappresentato in Gv 20,1-18. Esso è aperto dalla costatazione del sepolcro vuoto con l’esclamazione: «Hanno portato via il Signore!» (Gv 20,1s) ed è concluso dalla frase: «Ho visto il Signore!» (Gv 20,18). Le scene intermedie mostrano in modo vivo le varie peripezie che preparano l’incontro della Maddalena con Gesù. Nei vangeli sinottici troviamo un dato analogo: le pie donne eseguirono il comando del Risorto, annunciando ai discepoli il messaggio di Gesù (Lc 24,10s e par.).


Henri van den Bussche (Giovanni): A Maria viene affidato, per i discepoli, il messaggio pasquale di tutti i tempi: lo salgo al Padre mio (divenuto ormai) Padre vostro. Si è voluto vedere in questo messaggio una distinzione tra la filiazione divina di Gesù, il Figlio unico, e la filiazione dei fedeli. Né Giovanni, né altri nel Nuovo Testamento mettono in dubbio la differenza tra la filiazione di Gesù per natura e la nostra filiazione per grazia (1,13). Non è questo il contenuto essenziale del messaggio affidato a Maria di Magdala. Il suo scopo non è di far sapere ai discepoli che essi sono figli adottivi, ma di rivelare loro che sono ormai divenuti veramente figli, che il Padre di Gesù è divenuto veramente loro Padre. Gesù, partito, rende il Padre veramente presente (14, 21-23). Ecco perché il nome di «fratelli» è dato loro soltanto ora; ora essi sono, con lui, figli del Padre e vivono della vita divina, di cui Gesù è divenuto la prima sorgente (14, 9). Questa filiazione si realizza mediante la grazia, è vero, ma non per questo è meno reale. Occorre che gli uomini abbiano il potere di divenire figli di Dio (1,12) e che ricevano questo potere attraverso una vera nascita da Dio (1, 13; Gv. 3, 1-2). Il messaggio pasquale si basa su questa verità, sulla realizzazione escatologica della paternità divina: il Padre ama li uomini come ama il Figlio (16,27); insieme col Figlio essi sono assunti nell’amore paterno di Dio. La filiazione di Gesù rende possibile quella degli uomini. Perché il Padre ama nel Figlio colui che nel Figlio ama il Padre (16,27).
Così il messaggio pasquale riassume il discorso di addio e proclama il suo compimento. Esso annuncia, nello stesso tempo, che si compie la promessa dell’Antico Testamento contenuta nella formula di alleanza: Voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio. Poiché ormai Dio è Padre, l’alleanza ha raggiunto il suo più alto grado di realizzazione. La paternità di Dio secondo l’antica alleanza era la promessa di una presenza protettrice, di un’assistenza.
Ormai è una presenza interiore, permanente ed efficace nel più alto grado. Iahvé «Io Sono» della promessa è divenuto in Gesù l’«Io Sono» definitivo (8,24-28). Dio è veramente divenuto loro Dio, perché la sua paternità.


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** A partire dalla risurrezione, gli occhi della carne sono impotenti a vederlo e a riconoscerlo: Maria simboleggia così la credente in ascolto del maestro. Non più la fatica, ma il riposo tra le braccia divine della Parola: Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta (Lc 10,41-42).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che nei sacramenti pasquali hai dato al tuo popolo la salvezza, effondi su di noi l’abbondanza dei tuoi doni, perché raggiungiamo il bene della perfetta libertà e abbiamo in cielo quella gioia che ora pregustiamo sulla terra. Per il nostro Signore Gesù Cristo...