30 Ottobre 2025
Giovedì XXX Settimana T. O.
Rm 8,31b-39; Salmo Responsoriale dal Salmo 108 (109); Lc 13,31-35
Colletta
Dio onnipotente ed eterno,
accresci in noi la fede, la speranza e la carità,
e perché possiamo ottenere ciò che prometti,
fa’ che amiamo ciò che comandi.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Nella celebrazione del Triduo Pasquale, vertice di tutto l’Anno liturgico, celebriamo “il Mistero centrale della fede: la passione, morte e risurrezione di Cristo. Nel Vangelo di san Giovanni, questo momento culminante della missione di Gesù viene chiamato la sua «ora», che si apre con l’Ultima Cena. L’Evangelista lo introduce così: «Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine» (Gv 13,1).
Tutta la vita di Gesù è orientata a questa ora, caratterizzata da due aspetti che si illuminano reciprocamente: è l’ora del «passaggio» (metabasis) ed è l’ora dell’«amore (agape) fino alla fine». In effetti, è proprio l’amore divino, lo Spirito di cui Gesù è ricolmo, che fa «passare» Gesù stesso attraverso l’abisso del male e della morte e lo fa uscire nello «spazio» nuovo della risurrezione. È l’agape, l’amore, che opera questa trasformazione, così che Gesù oltrepassa i limiti della condizione umana segnata dal peccato e supera la barriera che tiene l’uomo prigioniero, separato da Dio e dalla vita eterna. Partecipando con fede alle celebrazioni liturgiche del Triduo Pasquale, siamo invitati a vivere questa trasformazione attuata dall’agape. Ognuno di noi è stato amato da Gesù «fino alla fine», cioè fino al dono totale di Sé sulla croce, quando gridò: «È compiuto!» (Gv 19,30).
Lasciamoci raggiungere da questo amore, lasciamoci trasformare, perché veramente si realizzi in noi la risurrezione.” (Benedetto XVI, Udienza Generale 4 Aprile 2012).
Prima Lettura - Giuliano Vigini (Il Nuovo Testamento): 8,31 Il primo (“Chi sarà contro di noi?”) dei sei interrogativi presenti nei vv. 31-35 esprime l’assoluta convinzione che non ci sono minacce e ostacoli che possano separare i cristiani dal piano di salvezza di Dio e dal potere invincibile dell’amore che egli ha donato in Cristo, suo Figlio (32).
8,33 Paolo usa l’aggettivo ekletos (eletto) altre cinque volte (16,13; Col 3,12; 1 Tm 5,21; 2 Tm 2,10; Tt 1,1), riferendolo a chi è stato scelto poi una particolare missione.
Chi è stato chiamato non può essere messo sul banco degli imputati, purché Dio stesso prende le sue difese, dichiarandolo giusto. Ogni accusa si scioglie per effetto dell’azione giustificante di Dio.
8,35 L’amore che Cristo ha manifestato all’uomo donando se stesso è il vincolo che nessuno potrà spezzare o da cui nulla lo potrà separare (39).
8,36 Citando il Sal 44,23, Paolo prepara in questo versetto la dichiarazione successiva (37). Le tribolazioni fanno sì parte della condizione cristiana, ma non costituiscono una prova che Dio non ami coloro che soffrono.
Anzi, è proprio grazie al dono di Gesù (“colui che ci ha amati”, 37) che anche noi conseguiamo la vittoria sul male, sul dolore e sulla morte.
Vangelo
Non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme.
Erode Antipa (cf. Lc 3,1), molto probabilmente non palesemente ma con manovre astute cercava di sbarazzarsi di Gesù; a questa manovra scaltra farebbe allusione l’epiteto di «volpe».
“Questa notizia non manca di sorprendere il lettore; infatti sembra poco probabile che il tetrarca, il quale si era mostrato incerto e titubante nel far decapitare Giovanni Battista (cf. Mc., 6, 17-29; si veda anche Lc., 9, 7-9; 23, 8), voglia ora uccidere Gesù; inoltre appare ancora più improbabile che proprio i Farisei, dichiarati avversari del Maestro, lo avvertano di mettersi al sicuro; essi in verità dovevano essere molto contenti che Erode facesse morire una persona tanto indesiderata. È tuttavia verosimile che il tetrarca avesse fatto ricorso a questa abile manovra, mettendo in giro tale minaccia, per non aver a che fare con Gesù; così si spiega anche l’appellativo «volpe» (vers. seguente), con il quale il Salvatore designa l’astuto monarca, svelando così il vero scopo di quel sottile ed abile raggiro” (Benedetto Prete).
Il terzo giorno è una espressione che indica un lasso di tempo molto breve. La passione è a una passo, e allora tutto sarà compiuto (Gv 19,28.30), un compimento che include insieme la fine e il compimento di Gesù, reso «perfetto» dai patimenti e dalla morte (Eb 2,10; 5,9; cf. Gv 19,30).
Vi sono ancora delle opere da compiere: “Ecco, io scaccio demòni e compio guarigioni oggi e domani”, e nessuno può ostacolare o mettere a termine il “cammino” di Gesù sulla strada di Gerusalemme, dove deve compiersi il suo destino (cf. Lc 2,38). Come in Gv 7,30; 8,20 (cf. Gv 8,59; 10,39; 11,54), i nemici di Gesù non possono attentare alla sua vita, finché «la sua ora non è giunta».
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 13,31-35
In quel momento si avvicinarono a Gesù alcuni farisei a dirgli: «Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere».
Egli rispose loro: «Andate a dire a quella volpe: “Ecco, io scaccio demòni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno la mia opera è compiuta. Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io prosegua nel cammino, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme”.
Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te: quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa è abbandonata a voi! Vi dico infatti che non mi vedrete, finché verrà il tempo in cui direte: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”».
Parola del Signore.
Alcuni farisei di buona pasta avvisano Gesù che Erode vuole ucciderlo, e le minacce di questo uomo non vanno prese alla leggera. Erode Antipa, tetrarca della Galilea e della Perea, è un uomo dissoluto e sanguinario. Figlio di Erode il grande, al pari del padre, è un uomo lussurioso, scaltro, pronto a tutto. Di tal uomo si ricorderà una triste e perversa vicenda: accalappiato da una ballerina non esiterà a far decapitare Giovanni il Battista.
Il perché Erode voglia uccidere Gesù non viene detto, ma la notizia, conoscendo il personaggio, è da ritenere veritiera.
Invece di fuggire, Gesù manda un messaggio molte eloquente ad Erode: Andate a dire a quella volpe. Il lemma alopex (volpe) sia nella letteratura ellenistica che in quella rabbinica era sinonimo di astuzia e di malizia.
Ecco, io scaccio demòni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno la mia opera è compiuta, questa espressione molto comune in aramaico, esprime un breve lasso di tempo, e ricorda Os 6,2. La risposta ai farisei fa intendere che il destino di Gesù non appeso ai sotterfugi di Erode, la libertà di Gesù è piena.
Però è necessario, sarà Gesù, quando sul quadrante della volontà di Dio scoccherà l’ora, a consegnasi nelle mani dei carnefici per portare a compimento il progetto di salvezza tracciato ab aeterno a favore di tutti gli uomini. Naturalmente i tre giorni stanno ad indicare anche i giorni della passione-morte di Gesù, della sepoltura, e, al terzo giorno, della risurrezione.
Gerusalemme, Gerusalemme, Gesù ancora una volta denuncia la perfidia degli israeliti, sempre pronti ad armarsi di pietre per scagliare contro chi ragiona diversamente, è la sorte che è toccata ai profeti scomodi, la stessa sorte toccherà a Gesù. Il lamento su Gerusalemme è composto da un riferimento veterotestamentario, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto, un’immagine che ricorda l’affetto paterno di Dio verso il suo popolo (cfr. Sal 90 [91],4; Dt 32,11) e da una profezia la vostra casa è abbandonata a voi: una profezia oscura, indeterminabile, ma che si possono approntare due soluzioni. La prima, se l’affermazione allude a Ger 22,1-9, la casa non si riferirebbe al tempio di Gerusalemme, né “deserta” alla sua distruzione, avvenuta nel 70, ma alla casa del re di Giuda. La seconda ipotesi protenderebbe, molto probabilmente, al tempio, la casa di Dio, che sarà abbandonata dalla Gloria di Dio e abbandonato nelle mani dei pagani che lo distruggeranno, non lasciando pietra su pietra (cfr. Lc 21,5).
Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere - Don Silvio Longobardi: È solo un frammento del ministero di Gesù ma permette di capire in quali condizioni egli realizza l’opera che il Padre gli ha affidato. Le folle lo cercano, il potere lo osserva. I discepoli lo ascoltano con fiducia perché lo considerano un profeta; i farisei, invece, lo ritengono un impostore. Sono proprio i farisei che lo invitano a partire per sfuggire all’ira di Erode. In apparenza è un gesto di amicizia, in realtà cercano pretesti per liberarsi di Gesù. Lo considerano un pericolo, un rabbi che stravolge la tradizione dei padri. La minaccia ha un suo nucleo di verità. È vero, Gesù non si presenta come un agitatore politico, ma è vero anche che l’entusiasmo popolare viene visto con diffidenza, anzi con un certo fastidio, una possibile causa di sommosse popolari. Meglio allontanare un uomo come Gesù, abbiamo meno problemi. Gesù si trova ancora in Galilea ma è in cammino verso Gerusalemme (Lc 9,51). Non può rinunciare ad andare nella città santa dove troverà compimento la sua missione. Gesù considera i farisei come gli ambasciatori di Erode e chiede loro di rispondere al re con queste parole: “è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io prosegua nel cammino, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme” (13,32-33). Gesù non si lascia intimidire dalle minacce, non si nasconde, non ha intenzione di rinunciare al compito che gli è stato affidato, anzi ribadisce che andrà fino in fondo.
Queste parole invitano anche noi ad evitare ogni forma di mediocrità. Lungo il cammino incontriamo spesso ostacoli, piccoli e grandi. A volte all’esterno ma tante altre volte all’interno. Il Signore ci chiede di rimanere fedeli al compito che ci è stato affidato. C’è una storia da costruire, ci sono ancora tante pagine da scrivere, nessuno deve fermarsi a metà. Un santo eremita diceva: “Non riposarci, dopo aver incominciato, non venir meno alle fatiche, non dire abbiamo coltivato a lungo l’ascesi; accresciamo invece la prontezza della nostra volontà, come se incominciassimo ogni giorno” (Sant’Antonio Abate).
«Chi ci separerà dall’amore di Cristo?» - Settimio Cipriani (Le Lettere di Paolo): 31-34 Gioia, serenità e sicurezza sprizzano dal pensiero dell’immenso «amore» di Dio verso gli uomini, perché tutto il piano della salvezza in Cristo non è altro che frutto dell’amore. E allora perché temere? «Se Dio è per noi, chi (sarà) contro di noi» (v. 31)? Egli, che ha dato per noi alla morte il «proprio Figlio» (v. 32), non ci concederà la salvezza e tutto quanto è necessario per raggiungerla? Chi ci potrà «accusare», se proprio lui ci assolve «giustificandoci» (v. 33)? Ci potrà forse condannare Cristo, che non solo è «morto e risorto», ma è addirittura nostro «intercessore» «alla destra» (v. 34) del Padre (cfr. Ebr. 1, 3; 12, 2; 1Giov. 2, 1)? Chi ci ha dato il più, non potrà negarci il meno! È un inno davvero commosso e sublime, pur nella sua stringatezza e concisione, all’amore di Dio verso i redenti, che niente varrà a spezzare: «Chi ci separerà mai dall’amore di Cristo» (v. 35)? Né i pericoli esterni e visibili (v. 35), derivanti dalla rischiosa attività apostolica («tribolazione, persecuzione, fame, spada, morte» ecc.); né quelli invisibili, derivanti dalle oscure e misteriose forze del cosmo («altezza, profondità»: v. 39) o dagli spiriti del male («angeli, principati, potenze»: v. 38), potranno giammai «separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù, Signore nostro» (v. 39). «L’amore di Dio» verso di noi (v. 39), che raggiunge il suo apice nel dono che egli ci ha fatto di Cristo (v. 39), è una forza così travolgente, una catena così attanagliante che nessuna potenza creata potrà mai infrangerla, salvo l’uomo stesso in un gesto di follia! «Solo chi vince Dio, ci può fare del male. Ma chi può vincere l’Onnipotente?» (S. Agostino).
Per quanto dipende dall’«amore di Dio», abbiamo il potere non solo di vincere ma di «stravincere» (v. 37) contro tutte le difficoltà e tentazioni che ci vorrebbero staccare dall’Autore della nostra salvezza. Quale incrollabile base di fiducia per ogni cristiano, degno di questo nome!
Giovanni Crisostomo (Exp . in Matth., LXXIV, 3): … non mi vedrete più sino a quando non direte: Benedetto Colui che viene nel nome del Signore!: queste sono parole di un amante ardente, che vigorosamente vuole attrarli a Sé con le predizioni dell’avvenire e non solo confondendo col ricordo del passato. È chiaro infatti, in queste parole, l ‘accenno al giorno del suo secondo avvento.
Il Santo del Giorno - 30 Ottobre 2025 - San Marciano da Siracusa. Le radici apostoliche della fede in Sicilia: Un sottile filo rosso lungo le pieghe dei secoli collega la nostra storia a quella degli Apostoli e quindi a quella del Figlio di Dio, incarnato, morto e risorto. Siracusa in san Marciano ritrova proprio le radici apostoliche e quindi il legame profondo con Cristo. Le fonti sulla vita di questo santo martire in realtà sono tardive, ma questo non sminuisce la portata storica e di fede della figura di Marciano, che, secondo la tradizione, ad Antiochia era divenuto discepolo di san Pietro. Quest’ultimo lo inviò poi in Sicilia a portare il Vangelo. A Siracusa l’impegno di Marciano ebbe un notevole successo, portando a numerose conversioni, ma attirandosi l’inimicizia e l’odio di «coloro che in quel tempo avevano indegnamente lo scettro del comando». Per questo il protovescovo di Siracusa venne catturato e martirizzato. Alcune sue reliquie, poi, giunsero fino in Lazio, forse per mare, e sono conservate nella cripta della Cattedrale di Gaeta, che lo celebra come compatrono. (Matteo Liut)
Si compia in noi, o Signore,
la realtà significata dai tuoi sacramenti,
perché otteniamo in pienezza
ciò che ora celebriamo nel mistero.
Per Cristo nostro Signore.