2 Luglio 2025
 
Mercoledì XIII Settimana T. O.
 
Gen 21,5.8-20; Salmo Responsoriale Dal Salmo 33 (34); Mt
 
Colletta
O Dio, che ci hai reso figli della luce
con il tuo Spirito di adozione,
fa’ che non ricadiamo nelle tenebre dell’errore,
ma restiamo sempre luminosi
nello splendore della verità.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.  
 
Demòni - Catechismo degli Adulti - Azione diabolica [385]: Ordinariamente l’azione degli spiriti maligni nei confronti degli uomini consiste nella tentazione al peccato. Ciò che loro interessa è soprattutto il nostro traviamento spirituale. Oltre la tentazione, ad essi vengono attribuiti alcuni fenomeni prodigiosi di carattere negativo: l’ossessione, che è violenza interiore o esteriore per recare turbamento; la possessione, che è presa di possesso del corpo con crisi tempestose, alternate a periodi di calma; la infestazione, che riguarda i luoghi e provoca danni e timori.
Nell’interpretare questo genere di fenomeni, occorre essere estremamente cauti. È diffusa una credulità morbosa nei prodigi demoniaci, nei malefici, nella mala sorte. Si vede il diavolo dappertutto, meno dove sicuramente sta, cioè nel peccato. Per la gran parte dei casi si tratta di immaginazioni e dicerie senza fondamento o di malattie psichiche, spiegabili con i dinamismi dell’inconscio in personalità dissociate. Per un prudente discernimento, vanno consultati psicologi e psichiatri competenti e rispettosi della fede.
Qualche volta però la spiegazione psicologica non sembra adeguata. Si può supporre con buona probabilità l’azione demoniaca in presenza di alcuni segni concomitanti: forza fisica abnorme, comunicazione attraverso lingue ignote, conoscenza di cose lontane o segrete, atmosfera malsana, avversione alle realtà religiose.
 
I Lettura: Rita Torti Mazzi: 21,8-21. Agar. Il racconto dell’allontanamento di Agar presenta notevoli differenze rispetto a quello della sua fuga in Gen 16,1-15, ma la sostanza è la stessa; Ismaele non è l’erede promesso, tuttavia anche di lui Dio farà una grande nazione (cf Gen 16,10; 17,20; 21,13.18; 25,12-18). Ismaele in questo secondo racconto non è mai chiamato per nome; è «il figlio di Agar» o «il figlio della schiava» (vv.9-10.13). Se in Gen 16,1-15 Agar è ancora incinta ed è lei a prendere l’iniziativa di fuggire, lui il figlio è già un fanciullo ed è Abramo, benché dispiaciuto, a mandare via la donna. Questo secondo racconto non è quindi una versione parallela dell’episodio di Gen 16,1-15, ma non può neppure esserne considerato la continuazione. Infatti Ismaele, appare ancora un bambino, consegnato da Abramo alla madre, che lo tiene per mano e lo fa bere (cf 21,18-19). Invece, in base al primo racconto, dovrebbe avere 17 anni (in Gen 17,25 ne ha già 13), in quanto Abramo ne aveva 86 anni al momento della sua nascita (Gen 16,16), 100 alla nascita di lsacco (Gen 21,5) e tre di più in Gen 21,8 (un bambino veniva svezzato a tre anni).
 
Vangelo
Sei venuto qui a tormentarci prima del tempo?
 
Il racconto della liberazione dei due indemoniati di Gadara, con alcune varianti, è presente anche in Marco e in Luca. La narrazione “si articola in due scene: liberazione dei due ossessi (vv. 28-32), allontanamento di Gesù dal territorio pagano (vv. 33-34). Nel primo quadro emerge lo scontro tra Gesù e i demoni. L’accento cade sul riconoscimento da parte dei demoni che Gesù è «Figlio di Dio», venuto anzitempo a tormentarli. Nella seconda scena si ha la descrizione del rifiuto dei gadareni, che risulta davvero sorprendente: Gesù è riconosciuto dai demoni che scaccia vittoriosamente, ma è respinto dagli uomini, che ha beneficato con la liberazione da tanti ospiti poco graditi. Si osservi l’estrema concisione di Mt, che elimina tanti dettagli per rilevare il motivo cristologico, anche a scapito della valenza missionaria del racconto, più accentuata in Mc” (Angelico Poppi, I Quattro Vangeli).
 
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 8,28-34
In quel tempo, giunto Gesù all’altra riva, nel paese dei Gadarèni, due indemoniati, uscendo dai sepolcri, gli andarono incontro; erano tanto furiosi che nessuno poteva passare per quella strada. Ed ecco, si misero a gridare: «Che vuoi da noi, Figlio di Dio? Sei venuto qui a tormentarci prima del tempo? ».
A qualche distanza da loro c’era una numerosa mandria di porci al pascolo; e i demòni lo scongiuravano dicendo: «Se ci scacci, mandaci nella mandria dei porci». Egli disse loro: «Andate!». Ed essi uscirono, ed entrarono nei porci: ed ecco, tutta la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare e morirono nelle acque.
I mandriani allora fuggirono e, entrati in città, raccontarono ogni cosa e anche il fatto degli indemoniati. Tutta la città allora uscì incontro a Gesù: quando lo videro, lo pregarono di allontanarsi dal loro territorio.
 
Parola del Signore.
 
Claude Tassin (Vangelo di Matteo): Per quest’episodio, assai complesso in Marco, i manoscritti dei sinottici propongono località diverse: Gerasa e Gadara sono troppo distanti dal lago, indispensabile alla storia, e Gergesa è una località sconosciuta. Marco e Luca parlano di un posseduto; Matteo, testimone del fatto, ne presenta due; per il resto, il suo racconto è lineare.
I posseduti gli vanno incontro: letteralmente, «escono dai sepolcri»: si in tende con questa parola le grotte destinate alle sepolture. Questo contatto con i morti li rende ancor più impuri agli occhi della legge giudaica; negli antichi racconti del genere, i demoni parlano attraverso la bocca dei posseduti. Qui (v. 29), essi hanno riconosciuto prima degli uomini «il Figlio di Dio». Secondo le convinzioni dell’epoca verrà un giorno il «momento stabilito quello del giudizio per mezzo del quale questi spiriti cesseranno di nuocere e subiranno i tormenti «del fuoco eterno, preparato per il diavolo e i suoi seguaci» (Mt 25,41). Ma fin d’ora, là dove passa Gesù, è già la loro sconfitta.
Il motivo popolare dei greggi scompigliati illustra qui la disfatta del Male (vv. 30-32). Per un giudeo il porco rappresenta l’impurità e il paganesimo (cfr. 2Mac 7,1), e le mandrie di porci non esistono che nelle terre pagane. Nella logica del simbolo, è normale che i demoni si ritrovino dentro queste bestie e che si precipitino nel mare. Gesù avrà quindi riportato una duplice vittoria sulle acque temute, sedando il mare e facendovi perire gli spiriti malvagi.
Aneddoto faceto per un ascoltatore giudeo, l’avventura è meno apprezzata dagli abitanti di Gadara: anch’essi vanno incontro a Gesù, ma per pregarlo di andarsene.
Egli ha quindi avuto un doppio incontro: nel primo, ha sconfitto le potenze malvagie che abitano il mondo pagano, nel secondo, si lascia vincere dal rifiuto dei pagani che non hanno sfruttato la loro occasione. Se la vittoria sulla tempesta suscitava l’ ammirazione degli «uomini», qui si ha un insuccesso: la battaglia non è ancora vinta. Ma i discepoli avranno almeno potuto constatare la potenza di Gesù, il missionario del regno.
 
Satana - L’avversario dei cristiani - Stanislas Lyonnet: Se la risurrezione di Cristo consacra la sconfitta di Satana, la lotta non terminerà, secondo Paolo, se non con l’ultimo atto della «storia della salvezza», nel «giorno del Signore», quando «il Figlio, dopo aver ridotto all’impotenza ogni principato ed ogni potestà e la morte stessa, consegnerà il regno al Padre suo, affinché Dio sia tutto in tutti» (1Cor 15,24-28). Al pari di Cristo, il cristiano si scontrerà quindi con l’avversario. È lui che impedisce a Paolo di andare a Tessalonica (lTess 2,18), e «la spina conficcata nella sua carne», ostacolo al suo apostolato, è «un messaggero di Satana» (2Cor 12,7-10).
Già il vangelo lo aveva identificato con il nemico che semina la zizzania nel campo del padre di famiglia (Mt 13,39), o che strappa dal cuore degli uomini il seme della parola di Dio, «per tema che credano e siano salvati» (Mc 4,15 par.). A sua volta Pietro lo rappresenta come un leone affamato che gira continuamente attorno ai fedeli, cercando qualcuno da divorare (1Piet 5,8). come nel paradiso, egli fa essenzialmente la parte di tentatore, sforzandosi di indurre gli uomini al peccato (1Tess 3,5; 1Cor 7,5) e di opporli in tal modo a Dio stesso (Atti 5,3). Più ancora, dietro questa potenza personificata che egli chiama il peccato, Paolo sembra supporre ordinariamente l’azione di Satana, padre del peccato (cfr. Rom 5,12 e Sap 2,24; Rom 7,7 e Gen 3,13).
Infine, se è vero che l’anticristo è già all’opera in terra, dietro la sua azione malefica si nasconde la potenza di Satana (2Tess 2,7ss). Così il cristiano - e questo è il lato tragico del suo destino - deve scegliere tra Dio e Satana, tra Cristo e Belial (2Cor 6,14), tra il «maligno» ed il «vero» (1Gv 5,18s).
Nell’ultimo giorno egli sarà per sempre con l’uno o con l’altro. Spirito temibile per le sue «astuzie», le sue «insidie», i suoi «inganni», le sue «manovre» (2Cor 2,11; Ef 6,11; 1Tim 3,7; 6,9 ...), che ama «camuffarsi da angelo di luce» (2Cor 11,14), Satana è nondimeno un nemico già vinto.
Unito a Cristo mediante la fede (Ef 6,10) e la preghiera (Mt 6,13; 26,41 par.), il cristiano - la cui preghiera d’altronde è sostenuta dalla preghiera di Gesù (Lc 22,32; cfr. Rom 8,34; Ebr 7,25) - è certo di trionfare: sarà vinto soltanto chi avrà acconsentito ad esserlo (Giac 4,7; Ef 4,27).
Al termine della rivelazione, l’Apocalisse, specialmente a partire dal cap. 12, offre come una sintesi dell’insegnamento biblico su questo avversario, contro il quale, dall’origine (Apoc 12,9) fino al termine della storia della salvezza, l’umanità deve combattere. Impotente dinanzi alla donna ed a colui che essa partorisce (12,5s), Satana si è rivolto contro «il resto della sua discendenza» (12,17); ma l’apparente trionfo che gli procurano i portenti dell’anticristo (13-17) terminerà con la vittoria definitiva dell’agnello e della Chiesa, sua sposa (18-22): assieme alla bestia ed al falso profeta, assieme alla morte ed all’Ade, assieme a tutti gli uomini che saranno stati vittime delle sue astuzie, Satana sarà «gettato nel lago di zolfo ardente», il che è la «seconda» morte (Apoc 20,10.14s).

Perché Dio permette che esistano i posseduti - José Antonio Fortea (Summa Daemoniaca, q. 100): Dio lo permette perché si mostra la verità della religione cattolica, è un castigo per i peccatori, è vantaggio spirituale per i buoni, produce insegnamenti salutari per l’uomo. Se Dio permette la malattia, a maggior ragione permette qualcosa la cui esistenza è una vera e propria ragione per credere. Un fenomeno nel quale si può comprovare il potere di Dio, il potere di Cristo e quello della Chiesa. La possessione è come una finestra aperta dalla quale possiamo affacciarci sul mondo dell’odio e della sofferenza demoniaca. Una finestra aperta dalla quale possiamo scorgere qualcosa dell’invisibile potere delle nature angeliche. E il bene prodotto da tale visione, si riflette di norma sui presenti e sui familiari per il resto della loro vita. Di norma perché presenziare a un esorcismo non significa che necessariamente tutti i presenti, a partire da quel momento acquisiscano la fede. C’è infatti chi dopo essere stato testimone di un esorcismo, attribuisce la colpa a cause naturali o quanto meno sconosciute. Né ciò deve sembrarci strano se consideriamo che ci fu chi non credette in Gesù pur essendo stato testimone delle guarigioni e degli altri miracoli da lui compiuti. Dobbiamo capire che qualunque cosa vediamo (un miracolo, un esorcismo, qualsiasi cosa sia) ciò che ci fa credere è la grazia. Se liberamente decidiamo di resistere a questo invito interiore e invisibile, non importa assistere alla moltiplicazione dei pani e dei pesci. Anche se il cielo si aprisse, e Dio ci parlasse dall’alto, tra le nuvole, penseremmo che si tratta di un’allucinazione. Non è ciò che vediamo, ma la grazia, ciò che accende all’interno della nostra anima immortale la fiamma della fede.
 
Perché i demoni uccidono i porci - Giovanni Crisostomo (Commento al Vangelo di Matteo 28, 2): Resta da chiederci perché i demoni uccidono i porci. La ragione sta nel fatto che essi cercano sempre di affliggere gli uomini e si rallegrano esclusivamente della loro rovina. Così si comportò il demonio nei confronti di Giobbe; e anche in quel caso col permesso di Dio, il quale acconsentì non certo per condiscendenza verso il diavolo, ma volendo rendere più glorioso il suo servo, togliere allo spirito del male ogni possibilità di sfrontatezza e far ricadere infine sulla sua testa tutte le macchinazioni contro quel giusto. Anche ora accade proprio il contrario di quanto i demoni vogliono. Mentre la potenza di Cristo viene proclamata e risplende con maggior luce, ancor più evidente appare la malvagità dei demoni, dalla quale Dio libera coloro che ne sono posseduti. Non solo, ma appare evidente che i demoni non possono accostare neppure i porci, se Dio, creatore di tutte le cose, non lo permette loro.
 
Il Santo del Giorno - 2 Luglio 2025 - San Bernardino Realino. Quel lascito spirituale che sostiene una città intera: E noi? A chi lasceremo la nostra eredità? Chi raccoglierà il senso di ciò che abbiamo costruito in vita? La domanda è naturale per chi vive nel segno del Vangelo, guidato dalla luce di un Dio che è entrato nella storia, ha cambiato la storia e ha affidato questo tesoro alla comunità dei credenti. A raccogliere il lascito di san Bernardino Realino fu un’intera città: Lecce. Poco prima della sua morte nel 1616, infatti, i leccesi gli chiesero di continuare a proteggere la città anche dopo la morte. Realino sapeva che in questo modo avrebbe consegnato la sua eredità spirituale agli stessi abitanti della città, che l’avrebbero coltivata nel tempo, facendola crescere. D’altra parte il sacerdote gesuita, che aveva abbandonato la carriera pubblica per consacrarsi a Dio, per 42 anni si era fatto amico e compagno dei leccesi, diventando padre, maestro, testimone concreto del Vangelo in mezzo a loro. Nato a Carpi nel 1530, Realino era stato avviato agli studi in diritto civile e canonico, ricoprendo poi diversi “pubblici uffici”, approdando infine a Napoli, dove incontrò i Gesuiti. Decise così di lasciare tutto per entrare nella Compagnia di Gesù: nel 1567 fu ordinato prete, diventando maestro dei novizi, e nel 1574 arrivò a Lecce, dove creò e guidò un collegio, dedicandosi anche ai bisognosi. Morì a 86 anni ed è santo dal 1947. 
 
Il santo sacrificio che abbiamo offerto e ricevuto, o Signore,
sia per noi principio di vita nuova,
perché, uniti a te nell’amore,
portiamo frutti che rimangano per sempre.
Per Cristo nostro Signore.