29 Agosto 2021
XXII Domenica T. O.
Dt 4,1-2.6-8; Sal 14 (15); Gc 1,17-18.21b-22.27; Mc 7,1-8.14-15.21-23
Il Santo del Giorno - 29 Agosto - Sant’Alberico Monaco Camaldolose: Vissuto nella prima metà del XI secolo, Alberico apparteneva a una nobile famiglia di Ravenna. Da giovane si votò a una vita eremitica fatta di rigorosa penitenza, preghiera e contemplazione, dimorando a Valle Sant’Anastasio presso San Marino. Poi visse nell’eremo di Ocri, in diocesi di Cesena-Sarsina, eretto da san Pier Damiani, e da qui passò a condurre una vita ascetica in una località detta Balze, situata in una gola sul Monte Fumaiolo. Appartenente all’Ordine camaldolese, morì intorno al 1050. L’eremo che prese il nome di «Celle di Sant’Alberico» fu abitato dagli eremiti camaldolesi. Il santo è invocato dai pellegrini che salgono all’eremo contro le malattie addominali e le ernie dei bambini. La prima memoria certa del suo culto risale al 1300 quando, nel timore che i fiorentini potessero impossessarsi del corpo, fu trasferito nella chiesa dell’abbazia benedettina di Valle Sant’Anastasio. Casualmente ritrovato nel 1640, fu collocato in un nuovo altare dedicato al santo dove si trova tuttora. (Avvenire)
Colletta: O Padre, che sei vicino al tuo popolo ogni volta che ti invoca, fa’ che la tua parola seminata in noi purifichi i nostri cuori e giovi alla salvezza del mondo. Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente: Veritatis splendor 44: L’uomo può riconoscere il bene e il male grazie a quel discernimento del bene dal male che egli stesso opera mediante la sua ragione, in particolare mediante la sua ragione illuminata dalla rivelazione divina e dalla fede, in forza della legge che Dio ha donato al popolo eletto, a cominciare dai comandamenti del Sinai. Israele è stato chiamato a ricevere e a vivere la legge di Dio come particolare dono e segno dell’elezione e dell’Alleanza divina, ed insieme come garanzia della benedizione di Dio. così Mosè poteva rivolgersi ai figli di Israele e chiedere loro: “Quale grande nazione ha la divinità così vicina a sé, come il Signore nostro Dio è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo? E quale grande nazione ha leggi e norme giuste, come è tutta questa legislazione che io oggi vi espongo?” (Dt 4,7-8). È nei Salmi che incontriamo i sentimenti di lode, gratitudine e venerazione che il popolo eletto è chiamato a nutrire verso la legge di Dio, insieme all’esortazione a conoscerla, meditarla e tradurla nella vita: “Beato l’uomo che non segue il consiglio degli empi, non indugia nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli stolti; ma si compiace della legge del Signore, la sua legge medita giorno e notte” (Sal 1,1-2); “La legge del Signore è perfetta, rinfranca l’anima; la testimonianza del Signore è verace, rende saggio il semplice. Gli ordini del Signore sono giusti, fanno gioire il cuore; i comandi del Signore sono limpidi, danno luce agli occhi” (Sal 19,8-9 [18],8-9).
I Lettura: Il testo contiene due raccomandazioni: quella di accogliere e di mettere in pratica «le leggi e le norme» che Dio dona per la vita del suo popolo e quella di non aggiungere e nulla togliere riguardo a quei comandi del Signore per non incorrere nella maledizione divina. Raccomandazione molto diffusa per quei tempi (cfr. Ap 22,18-19). L’autore esprime anche il sentimento di fierezza che gli Ebrei hanno sempre avvertito, per essere stati i depositari e i custodi della rivelazione mosaica. Mentre le altre tradizioni del Pentateuco «sottolineano la distanza che separa Dio dall’uomo [cfr. Es 33,20], il Deuteronomio insiste sulla condiscendenza che rende Dio vicino al suo popolo: egli abita in mezzo ad esso [Dt 12,5]. Il medesimo spirito deuteronomista si trova espresso nel racconto della dedicazione del tempio [1Re 8,10-29]. Si ritrova questo pensiero in Ez 48,35. L’ultima parola sarà detta dal NT [Gv 1,14]» (Bibbia di Gerusalemme).
II Lettura: Giacomo mirabilmente mette in luce la vera religiosità cristiana, quella che egli chiama «religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre». Tale religiosità pura e senza macchia consta di due elementi: l’apertura verso i deboli e gli indifesi (orfani e vedove, le categorie sociali più bistrattate); il distacco dal mondo ingannevole e passeggero, il che vuol dire «intestardirsi» a cercare «le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio»; a pensare «alle cose di lassù, non a quelle della terra» (Col 3,1-2).
Vangelo: Le norme di purità che gli Ebrei ritenevano di dover osservare prima di prestare il culto liturgico a Dio si differenziavano tra cose, persone, creature, azioni pure e impure. Chi veniva a contatto con ciò che era considerato impuro doveva purificarsi, prima di entrare in contatto con Dio. Per la Bibbia di Gerusalemme, «i rabbini facevano risalire la tradizione orale, attraverso gli “anziani”, a Mosè ... A proposito dell’impurità delle mani, obiettata dai Farisei, Gesù prende in considerazione la questione più generale dell’impurità attribuita dalla legge a certi alimenti [Lev 11] e insegna a posporre l’impurità legale a quella morale, la sola che importa veramente ([cf. At 10,9-16; 10,28 ...]».
Dal Vangelo secondo Marco 7,1-8.14-15.21-23: In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme.
Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?».
Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto:
“Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate
la tradizione degli uomini».
Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». E diceva [ai suoi discepoli]: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo».
Discussione sulle tradizioni farisaiche - Ai tempi di Gesù, i Farisei e gli scribi erano considerati i fedeli custodi della tradizione scritta ed orale per cui la loro autorità era indiscussa. Ma la tradizione orale, il cui scopo era quello di esplicitare quella scritta e così alleggerirla, in verità la rendeva insopportabile, a volte, anche per le stesse guide spirituali tanto che spesso, con mille sotterfugi, arrivavano intenzionalmente a trasgredirla: «Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno. Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito» (Mt 23,3).
Il tema della discussione è quello del «lavarsi le mani» che non era un norma igienica, ma una prescrizione rituale della purificazione secondo la «tradizione degli antichi».
I tutori della legge consideravano Gesù e i suoi discepoli, a motivo del loro atteggiamento insubordinato, sovvertitori della legge e questo per la nazione intera poteva avere conseguenze inimmaginabili (Gv 11,48). La loro disubbidienza, poi, era sotto gli occhi di tutti; quindi, era urgente fermarli prima che fosse troppo tardi. Così si capisce perché la «casa madre», Gerusalemme, si premura di inviare a Genèsaret alcuni esperti della legge.
Sotto il rimprovero capzioso rivolto a Gesù, si può cogliere quella mentalità dura a morire la quale nasceva dalla considerazione che la legge, e sopra tutto la sua osservanza, bastava a giustificare il Giudeo: chi non osservava la legge era gente dannata (Gv 7,49), tagliata fuori dal progetto salvifico. Gesù, agli occhi dei Farisei, non soltanto sovvertiva la tradizione degli antichi, ma fuorviava il popolo introducendolo in sentieri che lo avrebbe portato molto lontano dalla salvezza. Accuse quindi molto pesanti che andavano al di là della banalità di lavarsi le mani prima di prendere cibo.
Gesù innanzi tutto si rifà agli insegnamenti dei Profeti in eterno conflitto con il potere deviante dei governanti e con il posticcio culto che la nazione rendeva a Dio. I re, sovente idolatri, sguazzavano nella melma della sensualità (Sir 47,19) e non si facevano scrupolo di ammazzare pur di possedere la donna oggetto delle loro brame (2Sam 11,1-27).
Il popolo da par suo era abilissimo nell’emulare le sue guide: da una parte l’incenso e dall’altra una vita scellerata (Is 1,11-13); da una parte le preghiere nel tempio e dall’altra parte le mani lorde di sangue fraterno (Is 1,15); da una parte l’osservanza del Sabato e dall’altra la bramosia che tutto passasse in fretta perché si potesse riprendere a vendere rubando e truffando sul peso (Amos 8,5-6).
La risposta di Gesù è molto aspra, la sua è infatti una controaccusa: i toni sono forti perché Egli sta rimproverando gente molto abile nell’eludere i comandamenti di Dio contrapponendovi la tradizione umana (Mc 7,9) e molto brava da apparire «giusti all’esterno davanti agli uomini» (Mt 23,28).
Per cui Gesù senza mezzi termini li taccia di ipocrisia: il termine hipokrites descrive gli attori con il volto nascosto da una maschera.
In questa prima discussione Gesù non coinvolge il popolo, si rivolge solo ai Farisei e agli scribi perché tecnicamente capaci di comprendere il suo linguaggio. Poi chiama la folla e qui il discorso ha la forma di didascalia, cioè di insegnamento; un insegnamento rivolto a tutti, discepoli e no, e che da tutti doveva essere ritenuto. Gesù non è un rivoluzionario: la legge va osservata anche nei più piccoli particolari perché lui non è venuto per abolirla, ma per renderla perfetta (Mt 5,17-19).
È un invito a guardarsi dentro: la creazione di per sé è buona e c’è un solo tipo di impurità che allontana l’uomo da Dio ed è quella che scaturisce dal suo cuore, cioè dai pensieri e dalle intenzioni. È l’uomo, se non ha un cuore puro, a rendere impure anche le cose buone. E poi, ora, nella pienezza del tempo, non è la legge e la sua osservanza a giustificare l’uomo, ma la fede in Cristo (Rom 5,1s).
L’obbedienza della fede al volere di Dio - P. Angelico Poppi o.f.m.conv.: La Legge di Dio non si oppone alla libertà ma consente all’uomo di realizzare le aspirazioni più profonde del suo spirito. Gli uomini del nostro tempo sono consapevoli della dignità della persona umana, fondata su una «percezione particolarmente viva della libertà» (Veritatis splendor, n. 31). Ora, «la vera libertà è nell’uomo segno altissimo dell’immagine divina», che permette all’uomo di cercare spontaneamente il suo Creatore e giungere «liberamente, con l’adesione a lui, alla piena e beata perfezione» (Gaudium et spes 17). Dio è nostro Padre vuole soltanto il nostro bene. Quindi l’accoglienza e l’osservanza fedele della sua Parola rappresentano un atto di intelligenza, perché garantiscono il conseguimento dei beni promessi, che consistono essenzialmente nella salvezza eterna con la partecipazione futura della vita divina. Come suggerisce Paolo (Rm 1,5), si tratta dell’apertura dell’uomo al progetto salvifico di Dio attuato in Cristo (= «obbedienza alla fede»). Come ha rivelato Gesù con il suo insegnamento e la sua vita, la vera libertà «si realizza nell’ amore , cioè nel dono di sé ... Gesù è la sintesi viva e personale della perfetta libertà nell’obbedienza totale alla volontà di Dio: la sua carne crocifissa è la piena rivelazione del vincolo indissolubile tra libertà e verità» (Veritatis splendor, n. 87). Il tratto evangelico deve premunirci da una falsa religiosità nell’osservanza dei comandamenti di Dio. Gesù rimprovera ai farisei la pratica esteriore della legge, che si riduceva a vuoto formalismo. Con il pretesto d’una scrupolosa osservanza dei precetti divini calpestavano i diritti del prossimo, trascurando il comandamento essenziale dell’amore.
Alberto Magno (In ev. Marc. VII): Non c’è niente che possa contaminare l’uomo entrando in lui dall’esterno...: qui si parla della contaminazione dell’anima... che non avviene a causa del cibo, ma dell’inosservanza degli insegnamenti divini, come anche Adamo fu reso impuro non dal cibo, ma dalla disobbedienza, e rese noi tutti impuri.
O Signore, che ci hai saziati con il pane del cielo,
fa’ che questo nutrimento del tuo amore
rafforzi i nostri cuori
e ci spinga a servirti nei nostri fratelli.
Per Cristo nostro Signore.