1 Aprile 2022
 
Venerdì IV Settimana di Quaresima

Sap 2,1a.12-22; Sal 33 (34); Gv 7,1-2.10.25-30
 
Colletta:
O Dio, che per la nostra fragilità
hai preparato aiuti efficaci,
fa’ che, accogliendone con gioia la forza rinnovatrice,
la manifestiamo in una degna condotta di vita.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Catechismo della Chiesa Cattolica 574 Fin dagli inizi del ministero pubblico di Gesù, alcuni farisei e alcuni sostenitori di Erode, con alcuni sacerdoti e scribi, si sono accordati per farlo morire. Per certe sue azioni (per la cacciata dei demoni; il perdono dei peccati; le guarigioni in giorno di sabato; la propria interpretazione dei precetti di purità legale; la familiarità con i pubblicani e i pubblici peccatori ). Gesù è apparso ad alcuni malintenzionati sospetto di possessione demoniaca. Lo si è accusato di bestemmia e di falso profetismo, crimini religiosi che la Legge puniva con la pena di morte sotto forma di lapidazione.
575 Molte azioni e parole di Gesù sono dunque state un «segno di contraddizione» per le autorità religiose di Gerusalemme, quelle che il Vangelo di san Giovanni spesso chiama «i Giudei», ancor più che per il comune popolo di Dio. Certamente, i suoi rapporti con i farisei non furono esclusivamente polemici. Ci sono dei farisei che lo mettono in guardia in ordine al pericolo che corre. Gesù loda alcuni di loro, come lo scriba di Mc 12,34, e mangia più volte in casa di farisei. Gesù conferma dottrine condivise da questa élite religiosa del popolo di Dio: la risurrezione dei morti, le forme di pietà (elemosina, preghiera e digiuno), e l’abitudine di rivolgersi a Dio come Padre, la centralità del comandamento dell’amore di Dio e del prossimo. 
576 Agli occhi di molti in Israele, Gesù sembra agire contro le istituzioni fondamentali del popolo eletto:
- l’obbedienza alla Legge nell’integralità dei suoi precetti scritti e, per i farisei, nell’interpretazione della tradizione orale:
- la centralità del Tempio di Gerusalemme come luogo santo dove Dio abita in un modo privilegiato;
- la fede nell’unico Dio del quale nessun uomo può condividere la gloria.
 
I Lettura: Il brano rimprovera l’insipienza degli empi che con la loro vita malvagia pongono al centro del loro vivere se stessi, il successo, il piacere, la gloria umana. Ad essi si oppongono i sapienti che sanno riferire tutto a Dio e sanno leggere la storia, gli avvenimenti, anche quelli più minuti, alla luce della fede. Il sapiente è l’uomo giusto che sa accogliere ogni cosa come dono di Dio: «Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremo accettare il male?» (Gb 2,10). Gli empi tramano contro l’uomo giusto perché è contrario alle loro azioni e rimprovera loro le trasgressioni della legge. Questo brano è stato applicato alla Passione di Gesù. Gli evangelisti pongono sulle labbra degli aguzzini che assistono alla crocifissione del Cristo le ultime parole degli empi registrate nel testo sapienziale.
 
Vangelo
 
Dal Vangelo secondo Giovanni
Cercavano di arrestare Gesù, ma non era ancora giunta la sua ora.
 
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 7,1-2.10.25-30

Molti si stupiscono per la libertà che viene concessa a Gesù, quasi che fosse il Messia. Altri dubitano e altri, ancora, sono invece conquistati dai segni compiuti da Gesù. In questa altalena di opinioni si situa la reazione ostile del mondo ufficiale giudaico esasperato per la popolarità del giovane Rabbì di Nazaret. Vorrebbero arrestarlo, ma non possono perché ancora non è giunta l’ora: il destino di Gesù non può essere determinato dagli uomini, ma dalla volontà del Padre.

In quel tempo, Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più percorrere la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo.
Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, quella delle Capanne. Quando i suoi fratelli salirono per la festa, vi salì anche lui: non apertamente, ma quasi  di nascosto.
Alcuni abitanti di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, eppure non gli dicono nulla. I capi hanno forse riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia».
Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure non sono venuto da me stesso, ma chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. Io lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato».
Cercarono allora di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettere le mani su di lui, perché non era ancora giunta la sua ora.
 
Cercavano di arrestarlo …  dietro a queste manovre vi erano le autorità religiose di Gerusalemme, quelle che il Vangelo di san Giovanni spesso chiama “i Giudei” (cfr. Gv 1,19; Gv 2,18; 5,10; 7,13; 9,22; 18,12; 19,38; 20,19), e tra questi in prima linea i Farisei. I Vangeli sottopongono la mentalità e la vita dei Farisei ad una critica spietata: Gesù sferza la loro superbia (Lc 18,10-14), la loro avidità (Mc 12,40), la loro ambizione (Mt 23,5ss) e la loro ipocrisia (Mt 15,3-7).
Siccome i Farisei e gli scribi erano preoccupati della fedeltà alla Legge ed erano zelanti per ciò che già c’era, essi hanno respinto Gesù, poiché egli avanzava la pretesa di essere sopra la Legge e di annunziare un nuovo messaggio da parte di Dio. Da queste considerazioni nel cuore dei Farisei nacque il proposito di uccidere Gesù, un disegno delittuoso condiviso con i “sommi sacerdoti”, i Sadducei e gli Erodiani. Una congrega i cui membri si odiavano vicendevolmente, i Sadducei erano i nemici naturali dei Farisei, e gli Erodiani detestati da tutti perché partigiani dell’odiato monarca Erode, eppure pur di abbattere “il nemico comune” si alleano e con spavalderia, e calpestando ogni norma di legalità, portano a buon fine il loro disegno.
Quello dei Farisei fu un disegno criminale non dettato da preoccupazioni politiche, di fronte allo stato essi tenevano una posizione moderata, ma soltanto da motivazioni religiose: uno zelo esagerato che spesso annebbia le menti spingendo, anche i più moderati, a commettere orrendi crimini.
 
Il cristocentrismo, in catechesi, significa “che mediante essa non si vuole che ciascuno trasmetta la propria dottrina o quella di un altro maestro, ma l’insegnamento di Gesù Cristo, la verità che egli comunica o, più esattamente, la verità che egli è. Bisogna dire dunque che nella catechesi è Cristo, Verbo incarnato e Figlio di Dio, che viene insegnato, e tutto il resto lo è in riferimento a lui; e che solo Cristo insegna, mentre ogni altro lo fa nella misura in cui è il suo portavoce, consentendo al Cristo di insegnare per bocca sua. La costante preoccupazione di ogni catechista - quale che sia il livello delle sue responsabilità nella chiesa - dev’essere quella di far passare, attraverso il proprio insegnamento ed il proprio comportamento, la dottrina e la vita di Gesù. Egli non cercherà di fermare su se stesso, sulle sue opinioni ed attitudini personali l’attenzione e l’adesione dell’intelligenza e del cuore di colui che sta catechizzando; e, soprattutto, non cercherà di inculcare le sue opinioni ed opzioni personali, come se queste esprimessero la dottrina e le lezioni di vita del Cristo. Ogni catechista dovrebbe poter applicare a se stesso la misteriosa parola di Gesù: «La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato». E’ questo che fa s. Paolo trattando una questione di primaria importanza: «Io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso». Quale frequentazione assidua della parola di Dio trasmessa dal magistero della chiesa, quale profonda familiarità col Cristo e col Padre, quale spirito di preghiera, quale distacco da sé deve avere un catechista per poter dire: «La mia dottrina non è mia»!
Questa non è un corpo di verità astratte: essa è comunicazione del mistero vivente di Dio. La qualità di colui che l’insegna nel vangelo e la natura del suo insegnamento sorpassano del tutto quelle dei «maestri» in Israele, grazie al legame unico che passa tra ciò che egli dice, ciò che fa e ciò che è. Resta il fatto, tuttavia, che i vangeli riferiscono chiaramente alcuni momenti in cui Gesù insegna. «Gesù fece e insegnò»: in questi due verbi che aprono il libro degli Atti, san Luca unisce ed insieme distingue due poli nella missione di Cristo.
Gesù ha insegnato: è, questa, la testimonianza che dà di se stesso: «Ogni giorno stavo seduto nel tempio ad insegnare». È l’osservazione ammirata degli evangelisti, sorpresi di vederlo sempre e in ogni luogo nell’atto di insegnare, in un modo e con un’autorità fino ad allora sconosciuti. «Di nuovo le folle si radunavano intorno a lui, ed egli, come era solito, di nuovo le ammaestrava»; «ed essi erano colpiti dal suo insegnamento, perché insegnava, come avendo autorità». È quanto rilevano anche i suoi nemici, per ricavarne un motivo di accusa, di condanna: «Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea, fino a qui»” (Catechesi Tradendae 6-7).
 
… chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete - Mario Galizzi (Vangelo secondo Giovanni): L’accusa è molto forte e spiega la violenta reazione dell’uditorio (7,30). Eppure con queste sue parole Gesù, come in 5,37-40, indica il cammino per entrare nel mistero della sua persona. L’evangelista non si ripete, ma il senso è lo stesso: solo chi accetta quella conoscenza di Dio che viene dalle Scritture e per mezzo di essa si lascia ammaestrare da Dio (6,45) e condurre da lui (6,44), riconoscerà chi è veramente Gesù; se non c’è questa docilità a a Dio, l’unica reazione possibile è di far tacere la sua voce: cercarono di catturarlo, ma la sua ora non era ancora venuta (7,30).
L’intenzione degli ostili interlocutori è di uccidere Gesù, ma lo sguardo dell’evangelista si fissa sull’ora di Gesù. Certamente l’ora implica la morte, ma è soprattutto vista come il momento dell’esaltazione, dell’innalzamento, della glorificazione, dell’ascendere di Gesù dov’era prima (6,62) o, come subito si dirà, del suo ritorno a colui che lo ha mandato (7,33).
I dirigenti giudei volevano catturarlo. Tra la folla, invece, molti credettero in lui e dicevano: «II Cristo quando verrà, compirà forse segni prodigiosi più grandi di quelli che costui compie?» (7,31). Sentiamo che il dubbio serpeggia in questo atto di fede e sentiamo pure che si tratta di una fede imperfetta, fondata sui segni prodigiosi, e perciò non molto significativa per Gesù (vedi 2,23-25; 3,2; 4,49). Comunque è una fede che dà fastidio ai dirigenti giudei.
 
… Tommaso d’Aquino (In Jo. e v. ex p ., VII): non in modo manifesto, ma in occulto: per insegnarci il dovere di tenere nascosto il bene che facciamo, senza cercare né il favore degli uomini, né l’applauso delle folle, secondo il detto evangelico (Mt. 6,1): Badate di non fare le vostre opere buone davanti agli uomini per essere ammirati da loro.
 
Il Santo del giorno: 1 Aprile 2022 -  Sant’Ugo di Grenoble: Venne alla luce nel 1053 a Châteauneuf-sur-Lers, nel Delfinato, e morì a Grenoble il 1° aprile 1132 dopo 52 anni di episcopato nella città francese. Nato da nobile famiglia, fu educato dalla madre a una vita di elemosina, preghiera e digiuno. A soli 27 anni era già vescovo di Grenoble. Da allora, per tutta la vita, conciliò con abnegazione l’attrazione fortissima verso la vita eremitica e il cenobio e la fedeltà al servizio episcopale, che svolse con grande ardore, secondo lo spirito di riforma della Chiesa che caratterizzò il pontificato di Gregorio VII. (Avvenire)
 
O Signore, questo sacramento,
che segna il passaggio dall’antica alla nuova alleanza,
ci spogli dell’uomo vecchio
e ci rinnovi nello spirito.
Per Cristo nostro Signore.
 
Orazione sul popolo ad libitum
Guarda con bontà, o Signore, i tuoi fedeli
e proteggi con il tuo benevolo aiuto
coloro che confidano nella tua misericordia.
Per Cristo nostro Signore.
 
 31 MARZO 2022
 
GIOVEDÌ DELLA IV SETTIMANA DI QUARESIMA
 
Es 32,7-14; Sal 105 (106); Gv 5,31-47
 
Colletta
Padre buono, supplichiamo la tua misericordia
perché, purificati dalla penitenza
e santificati dalle buone opere,
possiamo camminare fedelmente nella via dei tuoi precetti
e giungere rinnovati alle feste pasquali.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Voi scrutate le Scritture ... - Si raccomanda la lettura della sacra Scrittura Dei Verbum 25: Perciò è necessario che tutti i chierici, principalmente i sacerdoti e quanti, come i diaconi o i catechisti, attendono legittimamente al ministero della parola, conservino un contatto continuo con le Scritture mediante una lettura spirituale assidua e uno studio accurato, affinché non diventi «un vano predicatore della parola di Dio all’esterno colui che non l’ascolta dentro di sé», mentre deve partecipare ai fedeli a lui affidati le sovrabbondanti ricchezze della parola divina, specialmente nella sacra liturgia. Parimenti il santo Concilio esorta con ardore e insistenza tutti i fedeli, soprattutto i religiosi, ad apprendere «la sublime scienza di Gesù Cristo» (Fil 3,8) con la frequente lettura delle divine Scritture. «L’ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di Cristo». Si accostino essi volentieri al sacro testo, sia per mezzo della sacra liturgia, che è impregnata di parole divine, sia mediante la pia lettura, sia per mezzo delle iniziative adatte a tale scopo e di altri sussidi, che con l’approvazione e a cura dei pastori della Chiesa, lodevolmente oggi si diffondono ovunque. Si ricordino però che la lettura della sacra Scrittura dev’essere accompagnata dalla preghiera, affinché si stabilisca il dialogo tra Dio e l’uomo; poiché «quando preghiamo, parliamo con lui; lui ascoltiamo, quando leggiamo gli oracoli divini». Compete ai vescovi, «depositari della dottrina apostolica», ammaestrare opportunamente i fedeli loro affidati sul retto uso dei libri divini, in modo particolare del Nuovo Testamento e in primo luogo dei Vangeli, grazie a traduzioni dei sacri testi; queste devono essere corredate delle note necessarie e veramente sufficienti, affinché i figli della Chiesa si familiarizzino con sicurezza e profitto con le sacre Scritture e si imbevano del loro spirito. Inoltre, siano preparate edizioni della sacra Scrittura fornite di idonee annotazioni, ad uso anche dei non cristiani e adattate alla loro situazione; sia i pastori d’anime, sia i cristiani di qualsiasi stato avranno cura di diffonderle con zelo e prudenza.
 
I Lettura: È la cronaca del desolante peccato di apostasia da parte del popolo d’Israele, stanco di attendere il ritorno di Mosè. Forse fu il tentativo di una fazione rivale del gruppo di Mosè di rimpiazzare con la figura di un vitello l’arca della alleanza segno della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Il toro Apis nell’antico Egitto era la divinità della generazione e della forza fecondatrice. Forgiandosi un dio di metallo fuso il popolo veniva ad infrangere la Legge di Dio che ne vietava la fattura (cfr. Es 34,17). Nel brano Mosè è presentato come il grande intercessore, un ruolo che prefigura quello del Cristo, unico Mediatore tra Dio e gli uomini (cfr. 1Tm 2,5).
 
Vangelo
Vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza.
 
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 5,31-47
 
L’unità tra il Padre e il Figlio consiste nella assoluta armonia che esiste tra l’attività del Padre e quella del Figlio, il che ovviamente esige radicalmente un’identità di natura. Il mistero delle Persone divine e del loro operare viene esplicitato in relazione alla salvezza: il Figlio, vero Dio e vero Uomo, si trova nel mondo per compiere l’opera del Padre, che è  quella di portare agli uomini la salvezza. Il principio di questa comunanza di attività tra il Padre e il Figlio è l’amore: il credente che si fa raggiungere da questo amore riceve il dono immediato della vita e non incorre nel giudizio.

In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera. C’è un altro che dà testimonianza di me, e so che la testimonianza che egli dà di me è vera. Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce. Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato. Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita. Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio? Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».
 
Voi scrutate le Scritture ...: Giovanni Paolo II (Omelia, 17 marzo 1983): Oggi le parole del Vangelo secondo Giovanni ci introducono in uno dei momenti di quella disputa, che Cristo condusse con i suoi contemporanei sulla autenticità della propria missione messianica. L’azione si svolge sullo sfondo della guarigione di uno zoppo nei pressi della piscina di Betzata. Questa guarigione, compiuta in giorno di sabato, suscitò una reazione da parte degli osservanti della Legge mosaica. Gesù difende la giustezza del suo operato, sostenendo che in ciò si manifesta la potenza di Dio stesso, la quale non può essere limitata dalla lettera della Legge. Proprio questa potenza di Dio stesso rende testimonianza a Cristo.
“Se fossi io a render testimonianza a me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera; ma c’è un altro che mi rende testimonianza, e so che la testimonianza che egli mi rende è verace” (Gv 5, 31-32).
Dio Padre dà testimonianza a Cristo. Una conferma dell’autenticità della sua missione messianica sono i segni, come questo appena fatto, che possono essere compiuti soltanto con la potenza di Dio.
Questo giudizio di Dio stesso su Cristo ha trovato un’eco fedele nella testimonianza data su di lui da Giovanni Battista nei pressi del Giordano: Cristo lo ricorda ai suoi ascoltatori, perché tutti ritenevano che Giovanni fosse un profeta. Tuttavia aggiunge: “Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. E anche il Padre, che mi ha mandato, ha reso testimonianza di me” (Gv 5, 36-37).
Ci troviamo nel centro stesso di quella disputa, che Gesù di Nazaret conduce con i suoi contemporanei, rappresentanti di Israele. Proprio essi, più di qualsiasi altro, potevano riconoscere in Cristo la testimonianza di Dio stesso. Infatti, erano a ciò particolarmente preparati. Cristo dice: “Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che mi rendono testimonianza. Ma voi non volete venire a me per avere la vita” (Gv 5, 39-40). Non volete... La controversia, che Cristo svolge con i suoi contemporanei in Israele, riguarda la promessa che quel popolo eletto aveva ricevuto nell’antica alleanza: Cristo viene come compimento di quella Promessa. Ed ecco, non vogliono accoglierlo. Quindi, egli disputa con essi, richiamandosi all’autorità che per essi era la più grande: Mosè. Dice: “Se credeste infatti a Mosè, credereste anche a me, perché di me egli ha scritto” (Gv 5, 46). E perciò aggiunge: “Non crediate che sia io ad accusarvi davanti al Padre; c’è già chi vi accusa, Mosè, nel quale avete riposto la vostra speranza” (Gv 5, 45). Così, dunque, si svolge una sorta di lite. Essa ha in un certo senso le caratteristiche di un processo giudiziario. Cristo si richiama ai testimoni. Testimone è Mosè e tutto il Vecchio Testamento fino a Giovanni Battista. Testimone è la Scrittura e testimone è tutta l’attesa del Popolo eletto. Ma, soprattutto, testimone sono le “opere” che Cristo compie per intervento del Padre. Dinanzi a questa testimonianza, i testimoni dell’antica alleanza, e soprattutto Mosè, assumono ancora un nuovo carattere: si prestano nel ruolo di accusatori. Sembrano dire: perché non accogliete Gesù di Nazaret, dato che tutto indica che proprio egli è Colui che Dio ha mandato conformemente alla Promessa? Con questa domanda, quei testimoni sembrano però non soltanto chiedere, ma addirittura accusare!
Su che cosa, tuttavia, si svolge questa lite? Soltanto sulla soggettiva autenticità della missione di Gesù di Nazaret come Messia promesso? Indubbiamente sì. Però la controversia va più in profondità e la liturgia odierna pure ce lo dimostra. La controversia giunge più a fondo, e riguarda lo stesso contenuto messianico della missione di Cristo. Si tratta qui di quel contenuto, in cui si manifesta la Verità sostanziale della Rivelazione. Infatti, la parola essenziale della Rivelazione è Dio nella sua stessa Verità Divina. “Rivelazione” vuol dire che Dio parla agli uomini di se stesso. Che comunica se stesso, in modo ovviamente accessibile agli uomini, adattandosi alle loro possibilità e facoltà conoscitive. Ma: comunica se stesso. E vuole che l’uomo lo accolga tale quale egli è. Che pensi a lui come a Colui che egli - Dio - è veramente!
 
Compostella (Messale per la Vita Cristiana - Vol. II): La lettura dell’Antico Testamento ci mette in guardia dalla tentazione di cercare il vitello d’oro, la divinità visibile e palpabile fatta su misura per noi. La lettura del Vangelo secondo Giovanni esige che noi crediamo in Gesù Cristo. Il fondamento della nostra fede è la testimonianza dell’Antico e del Nuovo Testamento. Testimonianza della verità che non si può apprendere né provare scientificamente, e neppure codificare in una legge. Gli Ebrei del tempo di Gesù avevano l’Antico Testamento, ma non capivano le parole di Mosè su Gesù. Avevano davanti ai loro occhi i miracoli compiuti dal profeta di Nazaret, ma i miracoli possono essere interpretati in molti modi. Bisogna credere per capire il loro contenuto. Gesù desiderava convincerli per dar loro la vita.
Molti credettero in lui, ma gli eruditi e gli anziani lo rifiutarono. E noi, come interpretiamo il Vangelo? Crediamo veramente alla testimonianza di Dio Padre in Gesù di Nazaret? Crediamo che egli è il Verbo di Dio, il Messia atteso? Non abbiamo mai visto Dio, ma abbiamo le parole di Gesù Cristo. Esiste il Verbo di Dio in noi? E noi, esistiamo in Gesù Cristo?
Forse ci si può rimproverare di non aver ricevuto Gesù e i suoi messaggeri, mentre riceviamo qualunque passante che arriva con la sua teoria (teoria a volte strana) perché è interessante, alla moda, esotica, a perché lo scetticismo che essa comporta si presta all’edificazione della nostra gloria ... ?
A volte semplicemente ci vergogniamo di credere e di cercare di incontrare Dio nell’antico cristianesimo.
Preghiamo per il dono della fede, della speranza e della carità, per vedere in Gesù il Figlio di Dio e per essere a nostra volta trasformati in figli di Dio, divinizzati nell’unione con il Figlio Unigenito.
 
Alberto Magno: In ev. Jo. ex p ., V.: Non pensate che sia Io ad accusarvi: non sono infatti venuto a giudicare, ma a salvare ... E gli accusatori nel giudizio sono molti: accusa infatti la coscienza attraverso la testimonianza del peccato; accusa il Legislatore per la trasgressione alla Legge o per l’omissione del precetto; accusa l’Angelo custode per la perdita di effetto della sua protezione; accusa il sacerdote amorevole per la perdita del risultato delle sue cure; accusa il prossimo male istruito per il cattivo esempio ricevuto; accusano tutte le creature per la perdita di obbedienza delle proprie forze.
 
Il Santo del Giorno 31 Marzo 2022 - Santa Balbina di Roma Martire: Di lei non si hanno molte notizie certe. Secondo la tradizione era figlia del tribuno romano e martire Quirino con cui venne uccisa introno al 130 per poi essere seppellita sulla via Appia. Tuttavia il cimitero che vi si trova nonché la chiesa sul piccolo Aventino non avrebbe alcun legame con lei. Balbina era stata battezzata da Papa Alessandro I insieme al padre convertitosi al cristianesimo. Ammalatasi gravemente fu portata dal Pontefice che allora era imprigionato e ne venne guarita. Di estrazione nobile venne chiesta più volte in sposa ma rimase sempre fedele al suo voto di verginità. Arrestata insieme col padre per ordine dell’imperatore Adriano venne decapitata dopo lunghe torture. L’iconografia la raffigura con croce e scettro di gigli; talvolta anche con un angelo che indica il cielo. Altre immagini la rappresentano mentre tiene in mano una catena. Sarebbe infatti guarita dal mal di gola sfiorando le catene che tenevano imprigionato Papa Alessandro I. (Avvenire)
 
Per la forza del sacramento che abbiamo ricevuto,
purificaci, o Padre, e concedi ai tuoi figli,
oppressi dalla coscienza del peccato,
di essere liberi da ogni colpa,
perché gioiscano in eterno della tua salvezza.
Per Cristo nostro Signore.
 
Orazione sul popolo ad libitum
O Dio, che proteggi chi spera in te,
benedici, salva e difendi il tuo popolo,
perché, libero dai peccati e sicuro dalle suggestioni del maligno,
cammini sempre nel tuo amore.
Per Cristo nostro Signore.
 
 30 MARZO 2022
 
MERCOLEDÌ DELLA IV SETTIMANA DI QUARESIMA
 
Is 49,8-15 ; Sal 144 (145); Gv 5,17-30
Colletta
O Dio, che doni la ricompensa ai giusti
e non rifiuti il perdono
ai peccatori purificati dalla penitenza,
abbi misericordia di noi,
perché l’umile confessione delle nostre colpe
ci ottenga la remissione dei peccati.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Cristo Gesù primizia dei risuscitati Catechismo degli Adulti [276]  La risurrezione di Gesù fonda la nostra fede nella risurrezione generale al termine della storia. I discepoli, come gran parte degli ebrei del tempo, aspettavano certamente la risurrezione dei morti. Ma Gesù risorto fu per loro un avvenimento imprevisto, carico di misteriosa novità, in quanto anticipazione di un evento atteso solo per gli ultimi giorni: «Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti. Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo» (1Cor 15,20-22).L’offerta delle primizie, nel culto ebraico, significava la consacrazione a Dio di tutto il raccolto. Gesù di Nàzaret è risuscitato non come individuo isolato, ma come capo e rappresentante dell’umanità; è la primizia dei risorti e include virtualmente la liberazione di tutti dal peccato e dalla morte; contiene in sé la risurrezione universale, attesa per la fine dei tempi. Tutto comincia a compiersi.
Speranza certa [277] Per noi quest’uomo storico, che ha raggiunto la perfezione oltre la storia, è non solo la guida morale, ma il Signore vivente, che attraverso la morte ci apre un futuro definitivo di vita e di pace. La vittoria sul male è sicura; la storia va verso la salvezza; l’ultima parola appartiene alla grazia di Dio. Dobbiamo scrollarci di dosso la tristezza e la rassegnazione, per aprirci al coraggio della speranza.
[278] Gesù è risorto come capo dell’umanità: «Come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo» (1Cor 15,22).
 
I Lettura: Un oracolo colmo di gioia, finalmente si ritorna  casa. Liberi gli Israeliti ritorneranno nella loro terra, sarà il Signore Dio a guidare il popolo d’Israele come un pastore guida le sue pecore, con tenerezza e immenso amore. Il popolo che farà ritorno nella terra promessa sarà “molto più numeroso di prima, ingrandito anche da tutti coloro che gli si uniscono [vv. 22-23]” (Bibbia di Gerusalemme).
 
Vangelo
Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole.
 
Il Padre ha rimesso al Figlio il potere di dare la vita e ogni giudizio, perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Gesù sarà il giudice supremo all’ultimo giorno. Gli uomini saranno giudicati secondo la fede accordata o rifiutata a Gesù e sulla carità: «In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me» (Mt 25,45). Il discorso di Gesù è abbastanza eloquente e chiaro, per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo, perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio.
 
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 5,17-30
 
In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «Il Padre mio agisce anche ora e anch’io agisco». Per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo, perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio.
Gesù riprese a parlare e disse loro: «In verità, in verità io vi dico: il Figlio da se stesso non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo. Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, perché voi ne siate meravigliati.
Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole. Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha dato ogni giudizio al Figlio, perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato.
In verità, in verità io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. In verità, in verità io vi dico: viene l’ora - ed è questa - in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno.
Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso, e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo. Non meravigliatevi di questo: viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e usciranno, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna.
Da me, io non posso far nulla. Giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato».
 
Henri van den Bussche (Giovanni): Raccolto il dossier contro Gesù, i pionieri dell’ortodossia giudaica possono cominciare il processo. In realtà, la difesa di Gesù è un’accusa. Certi commentatori ritengono che Gesù abbia presentato ai giudei le sue scuse per aver violato il sabato. Egli, dicono, getta la responsabilità sul Padre. Tutto il contrario! Lungi dal mettersi al riparo dietro questa scusa: un ordine è un ordine, egli inizia la discussione con la formula solenne di rivelazione: in verità, in verità vi dico ... Questa introduzione nasconde una ritirata a è un’accusa contro il nemico? Gesù vuol sostenere la sua dichiarazione. L’unità col Padre, anziché essere una giustificazione della trasgressione del sabato, è invece da questa trasgressione rivelata (cfr. Mr. 2,10. 28).
Enunciata in prima persona (anche io opero), la proposizione prosegue in terza persona (il Figlio), il che corrisponde meglio alla solennità del discorso di rivelazione. La prima persona apparirà di nuovo nel parallelo tra la parola (chi ascolta la mia parola, v. 24) al momento della ripresa del discorso sulle opere e la conclusione (io non posso fare nessuna cosa da me stesso, v. 30). Questa interferenza fra la prima e la terza persona indica con molta chiarezza che Gesù è il Figlio di Dio Padre, tuttavia egli vuole conservare a questa rivelazione un carattere velato. Tutta la sezione (5, 19-30) è un esempio tipico della «spirale giovannea», Gesù incomincia col confermare con solennità la sua unità di azione col Padre (In verità, in verità, v. 19), la sviluppa poi su tre temi (amore, risurrezione, giudizio) cominciando ogni volta con perché (vv. 20. 21. 22) per concludere infine (affinché: v. 23): per gli stessi motivi di santità, il Figlio deve essere onorato come il Padre. Un nuovo in verità, in verità vi dico introduce un’affermazione parallela: come nelle opere il Figlio è uno col Padre, così è uno con lui anche nelle parole (v. 24). Un terzo in verità, in verità vi dico (v. 25) riprende l’idea dell’unità nelle opere, ma passa dall’unità presente all’unità futura nel giudizio finale: viene l’ora, ed è questa. Il v. 30 è un’inclusione che ripete, ampliandolo, il v. 19.
Quello che Gesù ha fatto, quello che fa, egli lo ha veduto e lo vede presso il Padre. Gesù riconosce la sua dipendenza totale nei riguardi del Padre. Non per impotenza o per umiltà! È invece la rivelazione indiscutibile della sua missione. Il non può fare nulla che ... non implica nessuna limitazione (per es. Mr. 6, 5), ma sottolinea l’accordo totale col Padre: quello che fa Lui, anche il Figlio lo fa (5, 19b).
Nessuno può arrogarsi alcunché, se non gli viene dato dal cielo. Gesù non fa nulla da se stesso, non parla da se stesso perché non è «venuto» da se stesso (7, 28; 8, 42).
La missione che gli è stata data dal Padre per compiere la sua opera o le sue opere, dà valore alle sue parole e ai suoi atti. Come la missione «per compiere tutte le sue opere» dà alla sentenza di Mosè autorità e forza divina (Nm. 16, 28; 24, 13), allo stesso modo e ancora meglio, la parola e l’opera di Gesù sono parole e atti di potenza divina; infatti Gesù è non soltanto l’ultimo inviato di Dio, ma soprattutto parla e agisce in quanto Figlio del Padre; il Padre che è in lui (14, 10) parla e agisce per mezzo di lui.
 
Gesù eguale al Padre secondo la divinità, e inferiore al Padre secondo l’umanità: Paolo VI (Il Credo del popolo di Dio): Noi crediamo in Nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio. Egli è il Verbo eterno, nato dal Padre prima di tutti i secoli, e al Padre consustanziale, homoousios to Patri, e per mezzo di Lui tutto è stato fatto. Egli si è incarnato per opera dello Spirito nel seno della Vergine Maria, e si è fatto uomo: eguale, pertanto al Padre secondo la divinità, e inferiore al Padre secondo l’umanità, ed Egli stesso uno, non per una qualche impossibile confusione delle nature, ma per l’unità della persona. Egli ha dimorato in mezzo a noi, pieno di grazia e di verità. Egli ha annunciato e instaurato il Regno di Dio, e in Se ci ha fatto conoscere il Padre. Egli ci ha dato il suo Comandamento nuovo, di amarci gli altri com’Egli ci ha amato. Ci ha insegnato la via delle Beatitudini del Vangelo: povertà in spirito, mitezza, dolore sopportato nella pazienza, sete della giustizia, misericordia, purezza di cuore, volontà di pace, persecuzione sofferta per la giustizia. Egli ha patito sotto Ponzio Pilato, Agnello di Dio che porta sopra di sé i peccati del mondo, ed è morto per noi sulla Croce, salvandoci col suo Sangue redentore. Egli è stato sepolto e, per suo proprio potere, è risorto nel terzo giorno, elevandoci con la sua Resurrezione alla partecipazione della vita divina, che è la vita della grazia. Egli è salito al Cielo, e verrà nuovamente, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, ciascuno secondo i propri meriti; sicché andranno alla vita eterna coloro che hanno risposto all’Amore e alla Misericordia di Dio, e andranno nel fuoco inestinguibile coloro che fino all’ultimo vi hanno opposto il loro rifiuto. E il suo Regno non avrà fine.
 
Io non posso fare nulla da Me stesso. ..- Ugo di S. Caro (Postillae super ev. Jo., V): secondo Agostino questo versetto è riferito a Gesù Cristo in quanto uomo, perché è in quanto tale che è inferiore al Padre e giudica secondo quello che gli è comunicato, mentre in quanto Verbo di Dio ha ogni facoltà di giudizio (Gv. 5,22). Questo è contro i presuntuosi che vogliono fare tutto da se stessi, cioè di testa propria e secondo il proprio proposito ... Egli invece dice: Non cerco di fare la mia volontà, ma la volontà di Colui che mi ha inviato, e questo è contro coloro che non obbediscono alle Leggi divine e seguono solo la propria volontà. Dice infatti Bernardo che solo la propria volontà arde all’Inferno: toglila e non vi è già più Inferno.
 
Il Santo del Giorno: 30 Marzo 2016: San Giovanni Climaco, Abate: Climaco in greco significa «quello della scala». Giovanni è così soprannominato perché ha scritto in greco un’opera spirituale la «Scala del Paradiso» («Klimax tou Paradeisou»), che trattasi di una guida spirituale per i monaci. Incerte le date di nascita, sconosciuta la famiglia. Fu monaco prima nel monastero di Raithu, nel sud-ovest della regione, poi abate in un grande e famoso cenobio: quello del Monte Sinai. Sarebbe morto nel 649.
 
O Signore, fa’ che non diventino per noi motivo di condanna
i doni del cielo ricevuti come medicina di salvezza.
Per Cristo nostro Signore.
 
Orazione sul popolo ad libitum
I tuoi fedeli, o Signore,
siano protetti dalla tua benevolenza,
perché, facendo il bene in questa vita,
possano giungere a te, sorgente di ogni bontà.
Per Cristo nostro Signore.
 
 29 MARZO 2022
 
MARTEDÌ DELLA IV SETTIMANA DI QUARESIMA
 
Ez 47,1-9.12; Sal 45 (46); Gv 5,1-16
 
Colletta
Dio fedele e misericordioso,
questo tempo di penitenza e di preghiera
disponga i cuori dei tuoi fedeli
ad accogliere degnamente il mistero pasquale
e a proclamare il lieto annuncio della tua salvezza.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Peccato e malattia: Catechismo della Chiesa Cattolica Compendio 313: Nell’Antico Testamento l’uomo durante la malattia sperimenta il proprio limite, e nello stesso tempo percepisce che la malattia è legata, in modo misterioso, al peccato. I profeti hanno intuito che essa poteva avere anche un valore redentivo per i peccati propri e altrui. Così la malattia era vissuta di fronte a Dio, dal quale l’uomo implorava la guarigione.
La compassione di Gesù verso gli ammalati e il comportamento della Chiesa verso i malati: Catechismo della Chiesa Cattolica Compendio 314: La compassione di Gesù verso gli ammalati e le sue numerose guarigioni di infermi sono un chiaro segno che con lui è venuto il Regno di Dio e quindi la vittoria sul peccato, sulla sofferenza e sulla morte. Con la sua passione e morte, egli dà nuovo senso alla sofferenza, la quale, se unita alla sua, può diventare mezzo di purificazione e di salvezza per noi e per gli altri.
315: La Chiesa, avendo ricevuto dal Signore l’imperativo di guarire gli infermi, si impegna ad attuarlo con le cure verso i malati, accompagnate da preghiere di intercessione. Essa soprattutto possiede un Sacramento specifico in favore degli infermi, istituito da Cristo stesso e attestato da san Giacomo: «Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio nel nome del Signore» (Gc 5,14-15).
 
I Lettura: Il torrente descritto nel brano del profeta Ezechiele rivela la benedizione che reca al paese la rinnovata dimora di Dio in mezzo al suo popolo, una presenza che apporterà vita e renderà assai feconda la terra. L’immagine sarà ripresa dal libro dell’Apocalisse: “E mi mostrò poi un fiume d’acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello. In mezzo alla piazza della città, e da una parte e dall’altra del fiume, si trova un albero di vita che dà frutti dodici volte all’anno, portando frutto ogni mese; le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni” (22,1-2).
 
Vangelo
All’istante quell’uomo guarì.
 
La guarigione del paralitico alla piscina, posta nei pressi della porta delle Pecore che conduceva al tempio, avviene di sabato, una vera iattura per i Giudei che vedono male e peccato in ogni angolo del mondo. L’uomo infermo, in verità, è afflitto da due malanni: da una parte, è malato da tanto tempo, 38 anni, e ciò lascia supporre che la sua malattia è inguaribile, dall’altra parte, non può approfittare dell’efficacia miracolosa dell’acqua, riservata al primo che vi entra, poiché non ha nessuno che lo immerge nella piscina. Un caso veramente disperato. Gesù prende l’iniziativa e guarisce l’uomo intimandogli di non peccare più: Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio. Gesù “non dice che l’infermità sia stata una conseguenza del peccato [cfr. Gv 9,2s]. Avverte l’infermo che la grazia della sua guarigione lo impegna a convertirsi [cfr. Mt 9,2-8]; dimenticandolo, rischierebbe peggio della infermità passata. Il miracolo è dunque il «segno» di una resurrezione spirituale” (Bibbia di Gerusalemme). La guarigione mette in risalto l’onnipotenza di Gesù capace di rimettere in piedi un uomo malato e rassegnato, ma mette anche in evidenza la cecità dei Giudei, impotenti di accogliere il Dono di Dio.
 
Dal Vangelo secondo Giovanni 5,1-16: Ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici.
Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina». E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare.
Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all’uomo che era stato guarito: «È sabato e non ti è lecito portare la tua barella». Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: “Prendi la tua barella e cammina”». Gli domandarono allora: «Chi è l’uomo che ti ha detto: “Prendi e cammina?”». Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato perché vi era folla in quel luogo.
Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio». Quell’uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato.
 
Salvatore Alberto Panimolle (Lettura Pastorale del Vangelo di Giovanni - II Vol): L’evangelista, in Gv 5,4, narra che la guarigione degli infermi avveniva con l’immersione nella piscina, dopo che l’angelo aveva agitato l’acqua e, per di più, che la virtù terapeutica dell’acqua si esauriva, curando un solo malato. Invece, il comportamento di Gesù in questa circostanza (Gv 5,8) mette in risalto che il suo potere sulle malattie è illimitato. Il Maestro comanda e l’infermo guarisce. Egli non ordina di immergersi nella piscina, ma solo di prendere il giaciglio e di camminare! Quindi non è l’acqua che risana, ma la parola di Gesù. In tal modo Il Verbo incarnato si presenta come l’unico guaritore. «Con il miracolo, Cristo mostra di essere il vero guaritore; egli infatti ristabilisce completamente il malato in salute , corpo e anima , con una parola.
Duprez sostiene che il richiamo implicito al culto degli dèi guaritori, nella piscina di Betzatà, viene fatto, dall’evangelista, per sottolineare che solo Gesù è il guaritore dell’anima e del corpo e, quindi, per allontanare il pericolo del culto pagano: «Questo studio... ha il grande merito di mostrare il pericolo che presentava, per il cristianesimo nascente, il culto degli dèi guaritori. La chiesa combattendolo non faceva che prolungare l’opera del Cristo che si era manifestato come il solo salvatore capace di portare agli uomini la salute integrale, quella del corpo e dell’anima». [...]
Inoltre il miracolo descritto in Gv 5 mostra che Gesù ha gli stessi poteri di Jahvè, il quale nell’Esodo e nel libro della Sapienza è descritto come liberatore dai nemici, dalle malattie e dalla morte.
«I temi sono molto simili: Dio apporta la salvezza, guarisce con la sua parola. Egli comanda alla vita e alla morte. Si può dire che Gv 5 è un’illustrazione e un compimento, fatto da Cristo, di Sap 16 e un’applicazione a Gesù dei miracoli attribuiti a Dio nell’AT. Cristo, che negli altri miracoli si rivela come colui che libera dalla sete (Gv 2,1-11 e Sap 11,4-14), dalla fame (Gv 6,1-13 e Sap 16,20-22), dalle tenebre (Gv 9,1-41 e Sap 18,1), in questi testi si manifesta come liberatore dalla malattia e dalla morte. Cristo è padrone della vita e della morte, perché il Padre glielo ha dato».
In particolare il miracolo di Betzatà mette in luce che il Cristo è il Salvatore dei più deboli, di coloro che sono abbandonati e trascurati da tutti. Con la sua domanda «vuoi guarire?» (Gv 5,6), «forse Gesù vuole in qualche modo mettere alla prova la fede dell’uomo, a forse mettere a nudo la sua situazione di impotenza. Ma è certo che soprattutto vuoi sottolineare la crudeltà e l’egoismo che si nascondono dietro la pia leggenda dell’acqua miracolosa. Chi veniva guarito? Il più veloce, il più sano o, comunque, il più assistito, cioè il più ricco. La religione popolare copiava lo schema della salvezza degli uomini attribuendo a Dio la stessa ingiustizia. Gesù invece non soltanto salva senza l’acqua, ma salva il più ebole , colui che non poteva salvarsi!
 
Giuseppe Barbaglio (Malattia in Schede Bibliche Pastorali - Vol. V): Le infermità fisiche dei poveretti che supplicano Gesù “ne provocano la compassione (Mt 9,27; 15,22; 17,15; 20,30-31; Mc 10,47-48; Le 18,38-39). In altre parole, egli se ne fa carico efficacemente. La malattia è un male da cui liberare: le forze nuove, che hanno cominciato a esplodere con l’annuncio del regno di Dio e sono presenti in Gesù, sono creatrici di vita e di salute.
L’accentuazione di Marco sulle guarigioni degli indemoniati poi evidenzia come Gesù sia intervenuto con gesto liberatore a favore anche di malati psichici. In breve, la salute del corpo e della psiche non è estranea alla salvezza promessa dalla venuta del regno di Dio.
In Gv 5,1ss (guarigione del malato alla piscina di Betesda) appare come la cultura del tempo, che legava strettamente malattia e peccato, non sia estranea alle parole di Gesù che, dopo aver risanato il poveretto, così lo esorta: «Ecco che sei guarito; non peccare più, perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio» (v. 14). In Gv 9,1ss (guarigione del cieco-nato) invece Gesù si oppone alla diffusa mentalità dell’ambiente che attribuiva la cecità del malato ai peccati suoi o a quelli dei suoi genitori, dicendo che questa malattia costituiva un’ottima occasione per l’autorivelazione del Figlio di Dio: « ... i suoi discepoli lo interrogarono: Rabbi, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco? Rispose Gesù: Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio» ( v. 2-3). Dalla ricerca delle cause egli sposta l’accento sulla finalità della malattia, da cui libera come rivelatore dei tempi ultimi.
 
Lo sguardo non si fermava alla sola salute del corpo: mirava anche alla guarigione dell’anima, alla salvezza spirituale - Giovanni Paolo II (Udienza Generale 29 Aprile 1992): Gli evangelisti ci dicono che fin dall’inizio della sua vita pubblica egli trattava con grande amore e sincera compassione gli infermi e tutti gli altri bisognosi e tribolati che chiedevano il suo intervento. San Matteo attesta che “curava ogni malattia e infermità” (Mt 9, 35). Per Gesù le innumerevoli guarigioni miracolose erano il segno della salvezza che voleva procurare agli uomini. Non di rado egli stabilisce chiaramente questa relazione di significanza, come quando rimette i peccati al paralitico, e solo dopo opera il miracolo, per dimostrare che “il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati” (Mc 2, 10). Il suo sguardo dunque non si fermava alla sola salute del corpo: mirava anche alla guarigione dell’anima, alla salvezza spirituale.
Questo comportamento di Gesù apparteneva all’economia della missione messianica, che la profezia del libro di Isaia aveva descritto in termini di risanamento dei malati e di soccorso dei poveri (cf. Is 61, 1-2; Lc 4, 18-19). È una missione che già durante la sua vita terrena Gesù volle affidare ai suoi discepoli, perché portassero il soccorso ai bisognosi, e particolarmente la guarigione ai malati. Ci attesta infatti l’evangelista Matteo che Gesù, “chiamati a sé i dodici discepoli, diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e infermità” (Mt 10, 1). E Marco dice di essi che “scacciavano molti demoni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano” (Mc 6, 13). È significativo che già nella Chiesa primitiva venisse sottolineato non solo questo aspetto della missione messianica di Gesù, al quale sono dedicate molte pagine dei Vangeli, ma anche l’opera da lui affidata ai suoi discepoli e apostoli, in connessione con la sua missione.
 
Tommaso d’Aquino (In Jo. ev. exp., V): Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina! il Signore comanda alla natura e alla volontà umane: entrambe sono in suo potere. Comanda alla natura umana dicendo: Alzati; infatti non lo comanda alla volontà, perché essa da sola non poteva farlo; bensì alla natura, che il Signore mutò col suo comando, donandole la forza di potersi alzare. Alla volontà poi comanda: prendi il tuo lettuccio; infatti il giaciglio nel quale l’uomo riposa sta ad indicare il peccato. Ora l’uomo prende il proprio lettuccio quando accetta il peso della penitenza per i peccati commessi ... e cammina per avvicinarsi a Dio.
 
Il Santo del Giorno: 29 Marzo 2022: San Marco, Vescovo: Fu vescovo di Aretusa in Siria, al tempo dell’eresia ariana. Vescovo dottissimo mai si allontanò dalla vera fede. Sotto l’imperatore Giuliano l’Apostata subì atroci torture, ma morì poi per cause naturali nel 364. San Gregorio Nazianzeno lo definì “uomo straordinario ed anziano santissimo”.
 
Purifica, o Signore, il nostro spirito
e rinnovalo con questo sacramento di salvezza,
perché anche il nostro corpo mortale
riceva un germe di risurrezione e di vita nuova.
Per Cristo nostro Signore.
 
Orazione sul popolo ad libitum
Concedi, Dio misericordioso, che il tuo popolo
viva sempre nell’adesione piena alla tua volontà
e ottenga incessantemente il sostegno della tua clemenza.
Per Cristo nostro Signore.