1 FEBBRAIO 2022
MARTEDÌ DELLA IV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)
2Sam 18,9-10.14.24-25.30;19,1-4; Dal Sal 85 (86); Mc 5,21-43
Il Santo del Giorno 1 Febbraio 2022 - Sant’Orso d’Aosta - Sembra fosse un presbitero di Aosta, che aveva il compito di custodire e celebrare, nella chiesa cimiteriale di san Pietro. Sant’Orso, uomo semplice, pacifico e altruista, viveva da eremita trascorrendo il tempo nella preghiera continua, sia di giorno che di notte, dedito al lavoro manuale per procurarsi il cibo per vivere, accogliendo e consolando e aiutando tutti quelli che a lui accorrevano. Il tutto costellato da miracoli e prodigi, testimonianza della sua santità. Se incerto è il periodo in cui visse (fra il V e l’VIII secolo), più sicuro è il giorno della morte, che poi è diventato il giorno della sua festa: 1 febbraio. Il suo culto, oltre che ad Aosta dove l’antica chiesa di san Pietro è diventata la Collegiata di san Pietro e sant’Orso, si estese anche nella diocesi di Vercelli, Ivrea e altre zone dell’Italia Nord- Occidentale. È invocato contro le inondazioni, le malattie del bestiame. A lui è dedicata la fiera che si tiene nel giorno della vigilia della sua festa ad Aosta. (Avvenire)
Colletta: Signore Dio nostro, concedi a noi tuoi fedeli di adorarti con tutta l’anima e di amare tutti gli uomini con la carità di Cristo. Egli è Dio, e vive e regna con te.
Non temere, soltanto abbi fede! - Benedetto XVI (Udienza Generale 24 ottobre 2012): La fede è dono di Dio, ma è anche atto profondamente libero e umano. Il Catechismo della Chiesa Cattolica lo dice con chiarezza: «È impossibile credere senza la grazia e gli aiuti interiori dello Spirito Santo. Non è però meno vero che credere è un atto autenticamente umano. Non è contrario né alla libertà né all’intelligenza dell’uomo» (n. 154). Anzi, le implica e le esalta, in una scommessa di vita che è come un esodo, cioè un uscire da se stessi, dalle proprie sicurezze, dai propri schemi mentali, per affidarsi all’azione di Dio che ci indica la sua strada per conseguire la vera libertà, la nostra identità umana, la gioia vera del cuore, la pace con tutti. Credere è affidarsi in tutta libertà e con gioia al disegno provvidenziale di Dio sulla storia, come fece il patriarca Abramo, come fece Maria di Nazaret. La fede allora è un assenso con cui la nostra mente e il nostro cuore dicono il loro «sì» a Dio, confessando che Gesù è il Signore. E questo «sì» trasforma la vita, le apre la strada verso una pienezza di significato, la rende così nuova, ricca di gioia e di speranza affidabile.
Cari amici, il nostro tempo richiede cristiani che siano stati afferrati da Cristo, che crescano nella fede grazie alla familiarità con la Sacra Scrittura e i Sacramenti. Persone che siano quasi un libro aperto che narra l’esperienza della vita nuova nello Spirito, la presenza di quel Dio che ci sorregge nel cammino e ci apre alla vita che non avrà mai fine.
I Lettura: La guerra tra l’esercito di Assalonne e l’esercito di Davide era ormai così avanti che nulla poteva fermarla. Nonostante gli ordini precisi di Davide perché suo figlio venisse risparmiato in ogni caso, Assalonne viene ucciso da Ioab credendo di fare cosa gradita al re Davide. Di fronte alla morte, Assalonne non è più il ribelle, ma solamente il figlio, e così la vittoria in quel giorno si cambiò in lutto per tutto il popolo, perché il popolo sentì dire in quel giorno: «Il re è desolato a causa del figlio».
Vangelo: I due miracoli concatenati hanno una tematica comune: suscitare nei lettori la fede in Gesù. La donna, piena di fede tocca le vesti di Gesù e viene guarita dalla sua infermità, la figlia di Giàiro viene risuscitata da Gesù per la fede del padre: l’evangelista Marco vuol dire che Gesù è colui che dona la vita fisica e quella spirituale, la guarigione del corpo e la salvezza eterna.
Dal Vangelo secondo Marco 5,21-43: In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno. Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male. E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».
Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.
Due miracoli compongono questo lungo racconto. La donna affetta di emorragia guarisce per la sua fede. Gesù, «con la sua strana domanda: “Chi mi ha toccato”, enfatizza il fatto, mettendo pure in imbarazzo la donna, ma lo fa per esaltare pubblicamente la sua fede e indicarla come requisito necessario per la guarigione» (Bruno Barisan).
La bambina non è morta, ma dorme - Il caso si presentava ormai senza soluzioni: dalla casa del capo della sinagoga erano venuti alcuni a dire che la fanciulla era morta. Non aveva quindi più senso continuare a importunare il Maestro di Nazaret. Gesù, il figlio di Maria (Mc 6,3), come se non avesse inteso nulla, esorta Giàiro, il padre della fanciulla morta, a desistere dal suo timore e a continuare ad avere fede in lui. Poi, con Pietro, Giacomo e Giovanni, che saranno le «colonne della Chiesa» (Gal 2,9), si avvia verso la casa di Giàiro.
La scelta dei tre discepoli non è lasciata al caso: più avanti sempre Pietro, Giacomo e Giovanni, e soltanto loro, saranno chiamati ad essere gli unici testimoni privilegiati della trasfigurazione (Mc 9,2) e della preghiera nel giardino del Getsemani (Mc 14,33). Gesù, così come dettava la legge mosaica (Dt 19,15), vuole dei testimoni qualificati che in seguito avessero potuto testimoniare la realtà del miracolo che stava per operare.
La casa di Giàiro è sprofondata nel dolore: gli strepiti, i pianti dei parenti e delle prèfiche, accrescono la confusione e il chiasso. Forse per riportare un po’ di calma, Gesù entrando dice ai piagnoni: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». Le parole di Gesù non devono far credere che si tratta di morte apparente, la fanciulla è veramente morta. Gesù non è ancora entrato nella camera dove era stato composto il cadavere della fanciulla, ma per il fatto che aveva già deciso di restituire alla vita la figlia di Giàiro, il presente stato della fanciulla è soltanto temporaneo e paragonabile ad un sonno.
Per i brontoloni le parole di Gesù sembrano essere fuori posto: come se Egli avesse voluto irridere il dolore dei genitori, dei parenti e degli amici convenuti in quel luogo di dolore. La reazione però segnala anche un’ottusa ostilità nei confronti di Gesù e sopra tutto mette in evidenza la mancanza di fede nella sua potenza. È la sorte di tutti i profeti (Lc 4,24). Tanta cecità, pur addolorandolo intimamente, non lo ferma, per cui dopo aver messo alla porta gli increduli piagnoni, prende con sé il padre e la madre della fanciulla e quelli che erano con lui, ed entra dove era la bambina.
Gesù presa la mano della fanciulla, il gesto abituale delle guarigioni (Mc 1,13.41; 9,27), pronuncia le parole ‘Talità kum’. Sono parole aramaiche, la lingua che parlava Gesù, e Marco si affretta a dare la traduzione forse per evitare che venissero scambiate per qualche formula magica. La guarigione è immediata e istantanea.
La risurrezione della fanciulla è collocata all’apice di una sequenza di miracoli dall’impatto dirompente: la tempesta sedata (Mc 4,35-41), la liberazione dell’indemoniato geraseno (Mc 5,1-20). La vittoria di Gesù sugli elementi della natura impazziti (Sal 88,10), poi sul potere del maligno, e qui infine sulla morte stessa, mettono in luce la potenza del Figlio di Dio. La raccomandazione di dare da mangiare alla fanciulla svela la tenerezza di Gesù verso gli ammalati e i sofferenti. Allo stupore segue il perentorio ordine da parte di Gesù di non divulgare il miracolo. Il comando, che è in linea con tutti i testi relativi al segreto messianico (Mc 1,25.33-44; 3,12; ecc.), vuole rinviare alla Croce e alla Risurrezione perché soltanto questi eventi possono rivelare la vera identità del Cristo e i doni che Egli è venuto a portare agli uomini (Ef 4,7).
Non possiamo sfuggire a una domanda - (E. SCHWEIZER, Il Vangelo secondo Marco): Questo doppio racconto è tutto orientato verso l’attesa del sorgere della fede nel lettore. Il carattere concreto, fisico, dell’azione di Gesù è descritto in modo cosi realisticamente esplicito, che non possiamo sfuggire a questa domanda: siamo disposti a riconoscere che l’azione di Dio si estende anche al dominio della vita corporale, oppure lo neghiamo? ... Al tempo stesso, però, viene precisato che la fede è completa solo nell’incontro personale con Gesù, nel «dialogo» con lui, mentre persino l’esperienza di un miracolo che supera ogni possibilità di comprensione non serve ancora a nulla; può soltanto aiutare a comprendere correttamente l’evento.
Anche per Marco questa risurrezione è un’eccezione unica che mostra si l’autorità di Gesù, ma non vuol risolvere il problema della morte. Gesù non ha vinto la morte perché ha rimandato alcune persone, morte in circostanze particolarmente tragiche, a rivivere per pochi anni in seno alle loro famiglie.
La comprensione di questo racconto, richiede che vediamo una sorta di progressione: si giunge, attraverso tutte le possibili esperienze, alla fede, ad una fede che, partendo dallo « sguardo» di Gesù che cerca e crea la comunione con l’uomo, porta al dialogo con lui e alla sua parola che lascia andare liberi nella pace di Dio.
Allora il credente si rende conto che questo « si » di Dio a lui, la comunione in cui Dio lo ha accolto, non si interromperà con la morte.
In questa prospettiva può anche ritenere Dio capace di quella quanto mai concreta potenza creatrice che risuscita i morti, di cui l’episodio narrato nel nostro testo è segno visibile, e imparare a prendere, come fa Gesù, la realtà del Dio che risuscita i morti più seriamente della apparente realtà della morte.
Vicino a una bara o sul letto di morte crederà alla Vita che è più concreta e reale di tutto ciò che noi, sulla terra, chiamiamo esistenza e vita
La fede dono di Dio - Catechismo degli Adulti - Dono di Dio [90]: La fede è un dono o una scelta? Quando Paolo venne a portare il vangelo in Europa, nella città di Filippi «c’era ad ascoltare anche una donna di nome Lidia... e il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo» (At 16,14). Non basta l’annuncio esteriore a suscitare la fede; occorre anche una illuminazione interiore. Già l’Antico Testamento aveva chiara consapevolezza che la fede è frutto di una iniziativa di Dio: «Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti... Riconoscete dunque che il Signore vostro Dio è Dio, il Dio fedele» (Dt 7,79). Gesù stesso ha dichiarato pubblicamente: «Nessuno può venire a me se non lo attira il Padre che mi ha mandato» (Gv 6,44). La fede è dono dello Spirito Santo, che la previene, la suscita, la sostiene, l’aiuta a crescere. È lui che illumina l’intelligenza, attrae la volontà, rivolge il cuore a Dio, facendo accettare con gioia e comprendere sempre meglio la rivelazione storica di Cristo, senza aggiungere ad essa nulla di estraneo.
[91] Qualcuno potrebbe pensare: se la fede è un dono, forse io non l’ho ricevuto ed è per questo che non credo. C’è da dire, anzitutto, che i confini tra fede e incredulità nel cuore delle persone non sono ben marcati, un po’ come in quell’uomo che diceva a Gesù: «Credo, aiutami nella mia incredulità» (Mc 9,24). I credenti sono tentati di non credere e i non credenti sono tentati di credere. Qualcuno pensa di non credere e invece crede, almeno a livello di disponibilità e adesione implicita; altri pensano di credere e invece danno soltanto un’adesione teorica, senza vita.
Le sofferenze dei genitori - Pietro Crisologo, Sermoni 33, 2: Prima che il discorso riveli il mistero del senso evangelico, ci piace a questo punto illustrare brevemente le sofferenze dei genitori, da loro affrontate e sopportate per l’affetto e l’ amore dei loro figli. Circondata dalla famiglia, tra le tenere e delicate attenzioni dei parenti, la figlia giace nel soffice lettuccio, il padre giace ed è steso, prostrato sull’arida terra: quella è sofferente nel corpo, questi si strugge nella mente e nell’animo; quella sopporta le segrete sofferenze del suo male, questo, alterato nell’aspetto e immerso nel lutto, è oggetto dei discorsi e dei commenti di tutto il popolo; quella muore in vista del riposo, questo vive in vista del dolore ... Ahimè! Perché i figli ignorano un sì grande amore, perché non lo comprendono, perché non si sforzano di ricambiarlo ai genitori? E tuttavia l’affetto dei genitori insiste, perché Dio, padre di tutti, ripagherà ai genitori tutto quello che i genitori spenderanno per i figli.
O Signore, che ci hai nutriti con il dono della redenzione,
fa’ che per la forza di questo sacramento di eterna salvezza
cresca sempre più la vera fede.
Per Cristo nostro Signore.