1 MARZO 2022
MARTEDÌ DELLA VIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO
1Pt 1,10-16; Sal 97 (98); Mc 10,28-31
MARTEDÌ DELLA VIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO
1Pt 1,10-16; Sal 97 (98); Mc 10,28-31
Il Santo del Giorno - 1 Marzo 2022 - San Suitberto di Kaiserswerth Vescovo (1 marzo 647 c. - Dusseldorf, Germania, 1 marzo 713): L’evangelizzatore della Frisia (una Regione che si colloca tra Paesi Bassi e Germania), delle Fiandre e del Lussemburgo, il missionario san Villibrordo, nella sua opera fu sostenuto da undici compagni, tra i quali c’era anche Suitberto, monaco della Northumbria. Anch’egli, intorno al 690, andò in Frisia e predicò con successo nel Brabante, Gelderland e Kleve. Nel 693 fu inviato in Inghilterra per ricevere la consacrazione episcopale da san Vilfrido nella Mercia. Dalla Frisia, poi, spostò la sua attività nella Westfalia del Sud. Ma dopo l’invasione della regione da parte dei pagani sassoni, Suitberto si ritirò nel territorio dei Franchi. Il re Pipino e sua moglie Plectudre gli donarono l’isola di Kaiserswerth vicino Düsseldorf dove fondò un monastero, morendovi il 1 marzo dell’anno 713. (Avvenire)
Colletta
Concedi, o Signore,
che il corso degli eventi nel mondo
si svolga secondo la tua volontà di pace
e la Chiesa si dedichi con gioiosa fiducia al tuo servizio.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Perciò, cingendo i fianchi della vostra mente e restando sobri, ponete tutta la vostra speranza in quella grazia che vi sarà data quando Gesù Cristo si manifesterà - Papa Francesco: Gesù ha portato nel mondo una speranza nuova e lo ha fatto alla maniera del seme: si è fatto piccolo piccolo, come un chicco di grano; ha lasciato la sua gloria celeste per venire tra noi: è “caduto in terra”. Ma non bastava ancora. Per portare frutto Gesù ha vissuto l’amore fino in fondo, lasciandosi spezzare dalla morte come un seme si lascia spezzare sotto terra. Proprio lì, nel punto estremo del suo abbassamento - che è anche il punto più alto dell’amore - è germogliata la speranza. Se qualcuno di voi domanda: “Come nasce la speranza”? “Dalla croce. Guarda la croce, guarda il Cristo Crocifisso e da lì ti arriverà la speranza che non sparisce più, quella che dura fino alla vita eterna”. E questa speranza è germogliata proprio per la forza dell’amore: perché l’amore che «tutto spera, tutto sopporta» (1Cor 13,7), l’amore che è la vita di Dio ha rinnovato tutto ciò che ha raggiunto. Così, a Pasqua, Gesù ha trasformato, prendendolo su di sé, il nostro peccato in perdono. Ma sentite bene come è la trasformazione che fa la Pasqua: Gesù ha trasformato il nostro peccato in perdono, la nostra morte in risurrezione, la nostra paura in fiducia. Ecco perché lì, sulla croce, è nata e rinasce sempre la nostra speranza; ecco perché con Gesù ogni nostra oscurità può essere trasformata in luce, ogni sconfitta in vittoria, ogni delusione in speranza. Ogni: sì, ogni. La speranza supera tutto, perché nasce dall’amore di Gesù che si è fatto come il chicco di grano in terra ed è morto per dare vita e da quella vita piena di amore viene la speranza.
Quando scegliamo la speranza di Gesù, a poco a poco scopriamo che il modo di vivere vincente è quello del seme, quello dell’amore umile. Non c’è altra via per vincere il male e dare speranza al mondo.
I Lettura: Il brano della lettera petrina si può dividere in due parti, nella prima parte viene messa in evidenza la rivelazione profetica dello Spirito, nella seconda parte vengono indicate le esigenze della nuova vita.
Da evidenziare i versetti 14-16: Come figli obbedienti, non conformatevi ai desideri di un tempo, quando eravate nell’ignoranza, ma, come il Santo che vi ha chiamati, diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta. L’uomo “deve imitare la santità di Dio (Lv 19,2). Amando gli altri (cf. Lv 19,15), precisa Gesù, il cristiano imita Dio, si distingue dai pagani e diventa figlio di Dio (Mt 5.43-48p). Ma dove attingere la forza necessaria? Invertendo i termini del problema, la tradizione apostolica afferma che proprio per il fatto di essere figli (Pt 1,23+) noi possiamo imitare Dio (lPt 1.14-16: 1Gv 3,2-10; Ef 5,1s), poiché il Dio-amore (lGv 4,8) diventa principio del nostro agire. Paolo vede in questa irritazione divina la restaurazione dell’opera creatrice (Col 3,10-13; Ef 4,24)” (Bibbia di Gerusalemme).
Vangelo: Pietro vuole essere assicurato sulla ricompensa. Lui ha lasciato tutto e adesso vuole sapere cosa gli toccherà come compenso.
Gesù rispondendo - in verità vi dico - si impegna solennemente nelle sue parole. La ricompensa, solo per coloro che lasciano tutto per il Vangelo, è già donata al presente. Quindi, il centuplo promesso non è solo per la vita futura. È già per adesso. La nuova famiglia è la Chiesa dove i discepoli del Cristo si trovano uniti da un mutuo aiuto e dalla carità. A questi beni si assommano le persecuzioni.
Non verranno mai meno i beni e non cesseranno le ostilità: «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15,20). Soltanto nel futuro sarà donata la vita eterna. È solo a questo punto che Gesù risponde al giovane ricco.
È il percorso tracciato per ogni discepolo che vuole avere la vita eterna. Altre strade, o peggio ancora scorciatoie, non esistono. Ancora una volta nel messaggio evangelico si impone la radicalità.
Dal Vangelo secondo Marco 10,28-31: In quel tempo, Pietro prese a dire a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi saranno primi».
Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): 28 L’episodio narrato da Marco in questo passo (verss. 28-31) è strettamente connesso con le due sezioni precedenti. Pietro prende la parola per dichiarare che l’atteggiamento degli apostoli è stato ben diverso da quello del ricco che si era poco prima allontanato da Gesù con l’animo amareggiato. Noi abbiamo abbandonato tutto e ti abbiamo seguito; le parole del primo apostolo non sono un autoelogio, ma la constatazione di un fatto; i Dodici avevano abbandonato tutto, averi e famiglia, per mettersi al seguito del Maestro. L’evangelista omette le parole di Matteo: «che avremo noi dunque?» (Mt. 19, 27).
29-30 Marco, seguito in ciò da Luca, ci ha conservato la risposta del Salvatore in una forma chiara e distinta. Per causa mia e per quella del vangelo; il Maestro pone in particolare rilievo la sua persona ed il vangelo. Luca ha invece: «per causa del regno di Dio», poiché dà all’espressione un senso più universale, che abbraccia tutti i seguaci di Cristo. Marco predilige la formula: «a causa del vangelo», che ricorre otto volte nel suo scritto, mentre Matteo l’usa soltanto quattro volte e Luca mai. L’evangelista distingue chiaramente tra: in questo tempo e nell’èra futura. La ricompensa consiste nel promettere ai discepoli il centuplo in questa vita; evidentemente l’espressione non va presa in senso quantitativo o matematico, ma in quello qualitativo e spirituale. Il Salvatore non fa una transazione commerciale tra ciò che si dà e ciò che si deve avere. Chi entra nella società di Cristo gode di tutto quello che hanno portato con sé coloro che già vi appartengono. Nel regno di Dio, cioè nella Chiesa, che è la società dei credenti vi è una comunicazione di beni e di aiuti. Il seguace di Cristo è sicuro di trovare nella Chiesa il regno della carità per cui quello che hanno gli altri può essere considerato come proprio. Nella Chiesa primitiva questo era un fatto assai frequente e visibile perché le comunità cristiane erano ristrette ed i suoi membri, vivendo in centri pagani o ebraici, si sentivano molto più vicini e solidali. Gli Atti (2, 44; 4, 22) ricordano che molti cristiani mettevano i propri beni in comune; testimonianze antiche elogiano la carità che regnava nei seguaci della nuova religione predicata da Cristo. Le parole del Maestro accentuano l’aspetto spirituale della ricompensa; esse quindi vanno considerate e spiegate in questa prospettiva. Si osservino due fatti: Cristo non promette come ricompensa delle mogli, eppure parla di fratelli, sorelle, madri e figli, né una vita umanamente tranquilla e beata. Il seguace di Cristo non avrà il centuplo in mogli, perché il termine non si presta per una prospettiva spirituale (Luca nel passo parallelo accenna alla moglie abbandonata a causa del regno di Dio, cf. Lc., 18, 29), né vivrà pacifico e beato perché dovrà sostenere delle persecuzioni. L’allusione alle persecuzioni (insieme con persecuzioni) indica chiaramente che il discepolo subirà nell’esistenza terrena delle prove nelle quali dovrà mostrare il suo spirito evangelico.
Questa promessa quindi non prospetta una felicità terrena, né l’instaurazione di un regno beato, quasi nuovo paradiso terrestre, come pensavano i Millenaristi.
31 Non sembra che il versetto contenga un monito rivolto ai discepoli, come se Gesù avesse detto loro: ora voi siete ai primi posti, ma state attenti a non perdere questa posizione privilegiata presumendo di voi stessi o decadendo dal vostro spirito di distacco. Le parole del versetto vanno riferite agli Ebrei del tempo e possono essere così parafrasate: le guide spirituali del popolo ebraico (scribi, farisei sacerdoti), che sono chiamati «primi», perché occupano gli alti ranghi della società, diverranno ultimi; gli apostoli invece, che sono considerati ultimi, perché si trovano in una posizione umile e comune, diverranno primi.
Dio non accetta la nostra pianificazione morale - (J. M. GONZALES, Evangelo secondo Marco): L’uomo ricco, pur onesto e sincero, parte da una morale a livello d’uomo; egli pensa possibile far combaciare il possesso dei beni con l’adempimento dei comandamenti divini. Quando invece Gesù, che qui agisce chiaramente come Dio, gli chiede qualcosa che non rientra in una già prestabilita pianificazione morale, al ricco sfugge come i comandamenti derivino da una iniziativa divina e non rientrino in una codificazione umana.
L’uomo ricco, abituato a garantire e garantirsi tutto con la sua ricchezza, in buona fede credeva che anche l’eredità della vita eterna gli sarebbe stata garantita soltanto attraverso l’adempimento scrupoloso delle regole del patto.
Ma ecco che Dio rovescia di colpo il preciso ragionamento dell’uomo e stabilisce nuove regole, oppure introduce una inattesa eccezione. La salvezza dipenderà dunque soltanto dal suo arbitrio.
In certi casi Dio vorrà che un uomo ricco possa combinare la sua ricchezza con la salvezza; ma sarà un «miracolo», un’iniziativa divina. Di solito la ricchezza inclina l’uomo a credere nella propria autosufficienza anche nei confronti della vita eterna. Ecco perché è così difficile Che un ricco entri nel regno di Dio
Saziati dal dono di salvezza, invochiamo la tua misericordia, o Signore: questo sacramento, che ci nutre nel tempo, ci renda partecipi della vita eterna.
Che non riceva già al presente cento volte tanto - Le benedizioni nella nuova famiglia di Dio - Giovanni Cassiano, Conferenze ai monaci 24, 26: Riceverà una quantità maggiore cento volte quanto a fratelli e genitori chiunque, avendo superato l’amore del padre, della madre e del figlio per il nome di Cristo, passa all’amore sincerissimo di tutti coloro che servono Cristo, in quanto, al posto di uno, egli ha cominciato ad avere tanti padri e fratelli, a lui legati con affetto anche più caldo e più elevato (cf. Mt 19, 29; Mc 10, 29-30; Lc 18, 29-30). In più sarà arricchito del possesso moltiplicato di case e di campi chiunque, dopo aver rinunciato al possesso di una sola casa, per amore di Cristo, avrà come proprietà personale una sua dimora in monasteri senza numero, potendo entrare, come in casa propria, in qualunque parte del mondo egli venga a trovarsi.
Saziati dal dono di salvezza,
invochiamo la tua misericordia, o Signore:
questo sacramento, che ci nutre nel tempo,
ci renda partecipi della vita eterna.
Per Cristo nostro Signore.