IL PENSIERO DEL GIORNO
1 Settembre 2017
Oggi Gesù ci dice: «Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di comparire davanti al Figlio dell’uomo» (Lc 21,36; cfr. Canto al Vangelo).
Se la parabola è un’allegoria delle nozze di Cristo-Sposo con la Chiesa, sua diletta Sposa, è anche un pressante invito alla vigilanza. Stolti e saggi, tutti sono invitati a partecipare alle nozze, tutti vanno incontro al Signore, ma occorre l’olio della vigilanza per non essere colti dal sonno colpevole della infedeltà.
Poiché lo sposo tardava... - Presso gli Ebrei le nozze venivano celebrate di notte. Il buio della notte era rischiarato da torce e da lampade ad olio portate dagli invitati. La sposa, nella casa del padre, in compagnia di giovani non maritate, attendeva la venuta dello sposo. Nel racconto di Gesù lo sposo arrivò in ritardo, per cui l’olio delle lampade incominciò a scarseggiare. Solo coloro che avevano portato olio in abbondanza furono in grado di rifornire le lampade e di accogliere lo sposo.
Le dieci vergini sono presentate con un aggettivo, cinque sono dette stolte, insensate, moraì; e cinque sagge, accorte, frónimoi.
L’aggettivo moròs, nella terminologia biblica, non indica soltanto lo sciocco, ma anche l’empio che è così insensato da opporsi alla legge di Dio e giunge fino a negare l’esistenza di Dio. Ecco perché nella sacra Scrittura, il «concetto di stolto acquista il significato di empio, bestemmiatore [passi tipici sono: Sal 14,1 e 53,2; però anche Sal 74,18.22; Gb 2,10; Is 32,5s; cf. Sir 50,26]. Lo stolto si ribella a Dio, distrugge in pari tempo la comunità umana: fa mancare il necessario agli affamati [Is 32,6], accumula ricchezze ingiuste [Ger 17,11] e calunnia il suo prossimo [Sal 39,9]. Anche nella letteratura sapienziale posteriore, dove il concetto è meno duro, rimane il senso della colpevolezza» (J. Goetzmann). Se accettiamo anche questa sfumatura, allora le cinque vergini stolte della parabola non sono soltanto delle sempliciotte, o ragazzotte sprovvedute, ma veri e propri oppositori della legge divina; sono coloro che non entrano nel Regno di Dio a motivo della loro empietà e così l’accusa contro i farisei si fa più pesante: essi sono religiosi nelle parole, ma empi perché di fatto ribelli alla volontà divina, «dicono e non fanno» (Mt 23,3), e tanto stolti da respingere la proposta di salvezza che Dio fa loro nella persona del suo Figlio unigenito.
La parabola nel mettere in evidenza l’incertezza del tempo della venuta gloriosa del Cristo, vuole instillare nei cuori degli uomini la necessità della vigilanza, senza fidarsi di calcoli in base ai segni dei tempi: «Quanto a quel giorno e a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli del cielo e né il Figlio, ma solo il Padre» (Mt 24,36).
Questa venuta improvvisa deve indurre gli uomini ad assumere un serio atteggiamento di vigilanza e un comportamento saggio al quale nessuno può sottrarsi se non vuole essere escluso dal regno di Dio. Poi, alla vigilanza e al comportamento saggio va aggiunto il timore: «Comportatevi con timore nel tempo in cui vivete quaggiù come stranieri. Voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia» (1Pt 1,17-19). Se Cristo Gesù, «nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero» (Credo), per salvarci si è annichilito nel mistero dell’Incarnazione, se è morto su una croce come un volgare malfattore, «è segno che la nostra anima è assai preziosa e dobbiamo perciò affaticarci “con timore e tremore per la nostra salvezza”, per non distruggere in noi l’opera della grazia di Dio. Tutto infatti viene dalla “grazia”: la redenzione di Cristo è opera di grazia e anche l’accettazione della redenzione da parte nostra è opera di grazia, poiché è Dio stesso colui “che opera in noi il volere e l’agire” secondo i suoi disegni di benevolenza e di amore» (Settimio Cipriani).
Le vergini, le stolte e le sagge, non sopportando il tedio dell’attesa vengono colte dal sonno al quale cedono ben volentieri. Questo particolare suggerisce che il progetto di Dio, «ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra» (Ef 1,10), andrà a buon fine, lo voglia o non lo voglia l’uomo e sarà svelato all’intelligenza degli uomini quando Dio vorrà, anche senza il loro apporto. Gesù aveva suggerito la stessa cosa nella parabola del seme che spunta da solo anche mentre il contadino dorme (Mc 4,26): c’è, quindi, nella crescita e nella diffusione del Regno di Dio una componente che non dipende dall’uomo. Il regno di Dio porta in sé un principio di sviluppo, una forza segreta che lo condurrà al pieno compimento.
Le dieci vergini - Ilario di Poitiers (Commento al Vangelo di Matteo): “Allora il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini” (Mt 25,1)... questo brano... si riferisce interamente al gran giorno del Signore, in cui i segreti dei pensieri degli uomini saranno rivelati dall’indagine del giudizio divino... Lo sposo e la sposa sono Dio nostro Signore in un corpo, poiché la carne è per lo Spirito una sposa, come lo Spirito è uno sposo per la carne.
Quando, alla fine, la tromba suona la sveglia, si va incontro allo sposo soltanto, perché i due erano ormai uno, per il fatto che l’umiltà della carne aveva attinto una gloria spirituale. Ma dopo una prima tappa, noi, adempiendo i doveri di questa vita, ci prepariamo ad andare incontro alla risurrezione dai morti. Le lampade sono la luce delle anime risplendenti che il sacramento del Battesimo ha fatto brillare. L’olio (Cf. Mt 25,3) è il frutto delle opere buone. I piccoli vasi (Cf. Mt 25,4) sono i corpi umani, nelle cui viscere dev’essere riposto il tesoro di una coscienza retta. I venditori (Cf. Mt 25,9) sono coloro che, avendo bisogno della pietà dei credenti, danno in cambio la mercanzia che è loro richiesta, cioè che stanchi della loro miseria, ci vendono la coscienza di una buona azione.
È essa che alimenta a profusione una luce inestinguibile e che occorre comprare e riporre mediante i frutti della misericordia. Le nozze (Cf. Mt 25,10) sono l’assunzione dell’immortalità e l’unione della corruzione e dell’incorruttibilità secondo un’alleanza inaudita. Il ritardo dello sposo (Cf. Mt 25,5) è il tempo della penitenza. Il sonno di quelle che attendono è il riposo dei credenti e la morte temporale di tutto il mondo al tempo della penitenza. Il grido in mezzo alla notte (Cf. Mt 25,6) è, in mezzo all’ignoranza generale, il suono della tromba che precede la venuta del Signore (Cf. 1Ts 4,16) e che sveglia tutti perché si esca incontro allo sposo. Le lampade che vengono prese (Cf. Mt 25,7) sono il ritorno delle anime nei corpi e la loro luce è la coscienza risplendente di una buona azione, coscienza che è racchiusa nei piccoli vasi dei corpi.
La verginità dei cristiani - IGNACE DE LA POTTERIE: È stato Gesù, rimasto vergine come Giovanni Battista e Maria, a rivelare il vero senso ed il carattere soprannaturale della verginità. Essa non è un precetto (1Cor 7,25), ma una chiamata personale di Dio, un carisma (7,7). «Oltre agli eunuchi che sono nati tali dal seno materno ed a quelli che sono diventati tali per opera degli uomini, ce ne sono pure di quelli che si sono resi tali per il regno dei Cieli» (Mt 19,12). Soltanto il regno dei cieli giustifica la verginità cristiana; comprendono questo linguaggio soltanto coloro ai quali è dato (19,11). Secondo Paolo, la verginità è superiore al matrimonio, perché consente una consacrazione integrale al Signore (1Cor 7,32-35): l’uomo sposato è diviso; coloro che restano vergini non hanno il cuore diviso, possono consacrarsi interamente a Cristo, avere come preoccupazione le cose del Signore e non lasciarsi distrarre da questa attenzione costante. La frase di Cristo in Mt 19,12 («per il regno dei cieli») conferisce alla verginità la sua vera dimensione escatologica. Paolo ritiene che lo stato di verginità convenga «a motivo delle angustie presenti» (1Cor 7,26) e del tempo che diventa breve (7,29). La condizione del matrimonio è legata al tempo presente, ma la figura di questo mondo passa (7,31). Coloro che rimangono vergini sono distaccati da questo secolo. Come nella parabola (Mt 25,l-13), essi attendono lo sposo ed il regno dei cieli. Rivelazione costante della verginità della Chiesa, la loro vita è anche una testimonianza della non appartenenza dei Cristiani a questo mondo, un «segno» permanente della tensione escatologica della Chiesa, un’anticipazione dello stato di risurrezione in cui coloro che saranno stati giudicati degni di partecipare al mondo futuro saranno simili agli angeli, ai figli di Dio (Lc 20,34ss par.). Lo stato di verginità fa quindi conoscere in modo eccellente il vero volto della Chiesa. Come le vergini prudenti, i cristiani vanno incontro a Cristo, loro sposo, per partecipare con lui al banchetto delle nozze (Mt 25,1-13). Nella Gerusalemme celeste, tutti gli eletti sono chiamati vergini (Ap 14,4), perché hanno rifiutato la prostituzione dell’idolatria, ma soprattutto perché ora sono interamente dediti a Cristo: con una docilità totale, «seguono l’agnello dovunque vada » (cfr. Gv 10, 4. 27). Appartengono ormai alla città celeste, la sposa dell’agnello (Ap 19,7.9; 21,9).
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Stolti e saggi, tutti sono invitati a partecipare alle nozze, tutti vanno incontro al Signore, ma occorre l’olio della vigilanza per non essere colti dal sonno colpevole della infedeltà.
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli, concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi e desiderare ciò che prometti, perché fra le vicende del mondo là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia. Per il nostro Signore Gesù Cristo...