1 Agosto 2023
Sant’Alfonso Maria De Liguori, Vescovo e Dottore della Chiesa
Es 33,7-11; 34,5-9.28; Salmo responsoriale dal Salmo 102 (103); Mt 13,36-43
Colletta
O Dio, che fai sorgere nella tua Chiesa
forme sempre nuove di santità,
fa’ che imitiamo l’ardore apostolico
del santo vescovo Alfonso Maria [de’ Liguori],
per ricevere la sua stessa ricompensa nei cieli.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo - Noi tutti compariremo davanti al tribunale di Cristo: Lumen gentium 48: Congiunti ... con Cristo nella Chiesa e contrassegnati dallo Spirito Santo «che è il pegno della nostra eredità» (Ef 1,14), con verità siamo chiamati figli di Dio, e lo siamo veramente (cfr. 1Gv 3,1), ma non siamo ancora apparsi con Cristo nella gloria (cfr. Col 3,4), nella quale saremo simili a Dio, perché lo vedremo qual è (cfr. 1Gv 3,2). Pertanto, «finché abitiamo in questo corpo siamo esuli lontani dal Signore» (2Cor 5,6); avendo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente (cfr. Rm 8,23) e bramiamo di essere con Cristo (cfr. Fil 1,23). Dalla stessa carità siamo spronati a vivere più intensamente per lui, il quale per noi è morto e risuscitato (cfr. 2 Cor 5,15). E per questo ci sforziamo di essere in tutto graditi al Signore (cfr. 2 Cor 5,9) e indossiamo l’armatura di Dio per potere star saldi contro gli agguati del diavolo e resistergli nel giorno cattivo (cfr. Ef 6,11-13). Siccome poi non conosciamo il giorno né l’ora, bisogna che, seguendo l’avvertimento del Signore, vegliamo assiduamente, per meritare, finito il corso irrepetibile della nostra vita terrena (cfr. Eb 9,27), di entrare con lui al banchetto nuziale ed essere annoverati fra i beati (cfr. Mt 25,31-46), e non ci venga comandato, come a servi cattivi e pigri (cfr. Mt 25,26), di andare al fuoco eterno (cfr. Mt 25,41), nelle tenebre esteriori dove «ci sarà pianto e stridore dei denti» (Mt 22,13 e 25,30). Prima infatti di regnare con Cristo glorioso, noi tutti compariremo «davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno il salario della sua vita mortale, secondo quel che avrà fatto di bene o di male» (2Cor 5,10), e alla fine del mondo «usciranno dalla tomba, chi ha operato il bene a risurrezione di vita, e chi ha operato il male a risurrezione di condanna» (Gv 5,29; cfr. Mt 25,46).
Prima Lettura: La preghiera di Mosè, mediatore tra Israele e Dio, salva il popolo infedele: come “tutte le mediazioni, essa ha il potere di rivelare e di nascondere. Nel mondo, Dio non è accessibile all’uomo, se non attraverso le mediazioni; in esse egli si rende presente e, insieme, resta nel mistero, poiché nessuna mediazione è così trasparente da lasciarlo vedere faccia a faccia. Grazie però a queste mediazioni, Dio viene incontro all’uomo attraverso quello stesso mondo in cui egli vive” (Angel Gonzales).
Vangelo
Come si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo.
Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): Dopo la prima conclusione, ha inizio una nuova sezione del discorso, riservata ai discepoli. Infatti Gesù rientrò nella casa (probabilmente di Pietro), nella sua dimora abituale a Cafarnao, dalla quale era uscito (cf. 13,1). Mt con il termine casa forse intende alludere al luogo ordinario della catechesi cristiana. Dietro richiesta dei discepoli, Gesù spiega loro la parabola della zizzania. La pericope si articola in due parti: dapprima per bocca di Gesù viene illustrato il significato simbolico d’ogni termine della parabola, che in tale maniera risulta trasformata in allegoresi (vv. 37-39); poi con un linguaggio impressionante dalle forti tinte apocalittiche si fa riferimento al giudizio finale, nel quale avrà luogo la condanna degli iniqui e la glorificazione dei giusti (vv. 40-43). Nella spiegazione della parabola il ruolo del seminatore e del giudice non viene attribuito a Dio, bensì al «Figlio dell’uomo».
La parabola, oltre che giustificare l’atteggiamento tollerante di Gesù verso i peccatori, aveva lo scopo di illustrare come la sua attività corrispondesse al tempo della semina, al quale sarebbe seguito con certezza quello discriminatorio della mietitura. La spiegazione fa convergere l’attenzione del lettore sulla separazione dei buoni dai cattivi nel giorno del giudizio finale. Nel tempo postpasquale la parabola venne riletta in senso cristologico e ecclesiale.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 13,36-43
In quel tempo, Gesù congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo».
Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!».
Parola del Signore.
La spiegazione della parabola della zizzania è data dallo stesso evangelista: l’uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo è il Cristo, il campo è il mondo e il buon seme i figli del regno, la mietitura è il tempo del giudizio (cfr. Ger 51,33; Gl 4,13; Os 6,11). Il nemico è il diavolo, il quale, a differenza dei servi che dormono, è l’irrequieto, l’insonne, colui che «come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare» (1Pt 5,8). Il Figlio dell’uomo semina di giorno, il nemico di notte. Da qui si deduce che lì dove semina Dio, semina anche Satana: così è, bisogna arrendersi «alla Parola di Dio e alle prove che la storia e la cronaca offrono ad ogni istante attraverso le edicole dei giornali, le vetrine delle librerie, il piccolo e il grande schermo. I “fiori del male” sono visibili in tutte queste aiuole; se ci sono gli effetti, ci sarà una causa, ci sarà un seminatore di zizzania e un coltivatore di malerba» (Rosario F. Esposito). Conoscere ciò è un ottimo antidoto a un falso ottimismo. La parabola, al di là del suo vero intento, dà diversi spunti di riflessione. È un invito alla vigilanza, una buona virtù che può limitare efficacemente l’azione nefanda del «nemico» nel mondo e nella Chiesa. Ma è anche vero che i «figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce» (Lc 16,8), da qui il monito evangelico sempre attuale: noi «non apparteniamo alla notte, né alle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri» (1Ts 5,5-6). Il regno, finché dura questo mondo, è composto da grano e zizzania.
In questa luce, nell’insegnamento evangelico della parabola del grano e della zizzania è nascosta «una lezione di pazienza perché non sta a noi decidere chi è il buono e chi è il cattivo, anche perché la parabola ci sottolinea l’aspetto escatologico della crescita, quando si realizzerà il vero discernimento; ma vi è anche la consapevolezza del valore del “seme”, da parte del padrone, perché sa bene che alla “fine” la zizzania sarà estirpata e bruciata» (G. Carata). A conclusione, il discepolo deve imparare ad avere e ad usare pazienza, predicare il pentimento e il perdono, imitando il buon Dio, il quale non gode «della morte dell’empio, ma che l’empio desista dalla sua condotta e viva» (Ez 33,11).
Jean Corbon e Pierre Grelot (Giudizio in Dizionario di Teologia Biblica): Nel giudaismo contemporaneo a Gesù, l’attesa del giudizio di Dio, nel senso escatologico del termine, era un fatto generale, quantunque la sua rappresentazione concreta non fosse uniforme e coerente. Alle soglie del vangelo, Giovanni Battista vi fa appello quando minaccia i suoi uditori dell’*ira ventura e fa loro pressione affinché ricevano il suo battesimo in segno di penitenza (Mt 3, 7-12 par.). Pur ricollegandovisi strettamente, la predicazione di Gesù, e poi quella degli apostoli, ne modificano seriamente i dati, perché, a partire dal momento in cui Gesù appare nel mondo, gli ultimi tempi sono inaugurati: il giudizio escatologico è già in atto, quantunque occorra attendere il ritorno glorioso di Cristo per vederlo compiersi pienamente.
IL GIUDIZIO NEI VANGELI - Nei sinottici, la predicazione di Gesù si riferisce frequentemente al giudizio dell’ultimo giorno. Allora tutti gli uomini dovranno rendere conti (cfr. Mt 25, 14-30). Una condanna rigorosa attende gli scribi ipocriti (Mc 12, 40 par.), le città del lago che non hanno ascoltato la predicazione di Gesù (Mt 11, 20-24), la generazione incredula che non si è convertita alla sua voce (12, 39-42), le città che non accoglieranno i suoi inviati (10, 14 s). Il giudizio di Sodoma e Gomorra non sarà nulla in confronto al loro (10, 23 s); essi subiranno il giudizio della Geenna (23, 33). Questi insegnamenti pieni di minacce mettono in rilievo la motivazione principale del giudizio divino: l’atteggiamento assunto dagli uomini di fronte al vangelo. L’atteggiamento verso il prossimo conterà altrettanto: secondo la legge mosaica, ogni omicida era passibile di tribunale umano; secondo la legge evangelica, occorrerà molto meno per essere passibili della Geenna (Mt 5, 21 s)! Bisognerà rendere conto di ogni calunnia (12, 36). Si sarà giudicati con la stessa misura che si sarà applicata al prossimo (7, 1-5). Ed il quadro di queste assise solenni, in cui il figlio dell’uomo funzionerà da giustiziere (25, 31-46), mostra gli uomini accolti nel regno o consegnati alla pena eterna, secondo l’amore o l’indifferenza che avranno dimostrato verso il prossimo. C’è tuttavia un delitto che, più di qualunque altro, chiama il giudizio divino. È quello con cui l’incredulità umana ha raggiunto il colmo della malizia in un simulacro di giudizio legale: il processo e la condanna a morte di Gesù (Mc 14, 63 par.; cfr. Lc 24, 20; Atti 13, 28). Durante questo giudizio iniquo, Gesù si è rimesso a colui che giudica con giustizia (1 Piet 2, 23); quindi Dio, risuscitandolo, lo ha ristabilito nei suoi diritti. Ma l’esecuzione di questa sentenza ingiusta ha richiesto, in cambio, una sentenza di Dio contro l’umanità colpevole. È sintomatico il fatto che la cornice, in cui il vangelo di Matteo colloca la morte di Gesù, coincide con lo scenario tradizionale del giudizio nell’escatologia del VT (Mt 27, 45. 51 ss). La morte di Gesù è quindi il momento in cui il mondo è giudicato; la storia successiva, fino all’ultimo giorno, non farà che esplicitare questa sentenza. Essa, secondo la testimonianza di Gesù stesso, colpirà dapprima «coloro che sono in Giudea», i primi colpevoli (24, 15 ss par.); ma questo non sarà che un preludio ed un segno, che annunzierà l’avvento finale del figlio dell’uomo, giudice del grande giorno (24, 29 ss).
Il condannato della passione, vittima del peccato del mondo, pronunzierà allora contro il mondo peccatore una condanna clamorosa.
La continua vigilanza: «Anche questo è proprio del sistema diabolico, che consiste nel mescolare l’errore e la menzogna alla verità, in modo che, sotto la maschera ben colorata della verosimiglianza, l’errore possa apparire verità e possa facilmente sorprendere e ingannare coloro che non sanno resistere alla seduzione, o non comprendono l’insidia. Ecco perché Gesù chiama il seme del demonio «zizzania» e non con altro nome, poiché quest’erba è assai simile, in apparenza, al frumento. E subito dopo ci indica il modo in cui il diavolo attua i suoi tranelli e coglie le anime di sorpresa. “Or mentre gli uomini dormivano” [Mt 13,25]: queste parole mostrano il pericolo cui sono esposti coloro che hanno la responsabilità delle anime, ai quali in particolare è affidata la difesa del campo; non solo però costoro, ma anche i fedeli. Cristo precisa inoltre che l’errore appare dopo lo stabilirsi della verità, come anche l’esperienza dei fatti può testimoniare. Dopo i profeti sono apparsi gli pseudoprofeti, dopo gli apostoli i falsi apostoli, e dopo Cristo l’anticristo. Se il demonio non vede che cosa deve imitare, o a chi deve tendere le sue insidie, non saprebbe in qual modo nuocerci. Ma ora che ha visto la divina seminagione di Gesù fruttificare nelle anime il cento, il sessanta e il trenta per uno intraprende un’altra strada; poiché si è reso conto che non può strappare ciò che ha radici ben profonde, né può soffocarlo e neppure bruciarlo, allora tende un altro insidioso inganno, spargendo la sua semente» (Giovanni Crisostomo, In Matth., 46,1).
Il Santo del giorno - 1 Agosto 2023 - Martirologio Romano: Memoria di sant’Alfonso Maria de’ Liguori, vescovo e dottore della Chiesa, che rifulse per la sua premura per le anime, i suoi scritti, la sua parola e il suo esempio. Al fine di promuovere la vita cristiana nel popolo, si impegnò nella predicazione e scrisse libri, specialmente di morale, disciplina in cui è ritenuto un maestro, e, sia pure tra molti ostacoli, istituì la Congregazione del Santissimo Redentore per l’evangelizzazione dei semplici. Eletto vescovo di Sant’Agata dei Goti, si impegnò oltremodo in questo ministero, che dovette lasciare quindici anni più tardi per il sopraggiungere di gravi malattie. Passò, quindi, il resto della sua vita a Nocera dei Pagani in Campania, tra grandi sacrifici e difficoltà.
O Dio, che hai fatto del santo vescovo Alfonso Maria
un fedele ministro e apostolo dell’Eucaristia,
concedi ai tuoi fedeli di parteciparvi assiduamente
per cantare in eterno la tua lode.
Per Cristo nostro Signore.