1 Marzo 2021
Lunedì II Settimana di Quaresima
Dn 9,4b-10; Sal 78 (79); Lc 6,36-38
Il Santo del Giorno - Martirologio Romano: Nella città di Xilinxian nella provincia del Guangxi in Cina, sant’Agnese Cao Kuiying, martire, che, già sposata con un marito violento, dopo la morte di questi si dedicò per mandato del vescovo all’insegnamento della dottrina cristiana e, messa per questo in carcere e patiti crudelissimi tormenti, confidando sempre in Dio migrò al banchetto eterno.
Colletta: O Dio, che hai ordinato la penitenza del corpo come medicina dell’anima, fa’ che ci asteniamo da ogni peccato per avere la forza di osservare i comandamenti del tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Dives in Misericordia 15: La Chiesa proclama la verità della misericordia di Dio rivelata in Cristo crocifisso e risorto, e la professa in vari modi. Inoltre, essa cerca di attuare la misericordia verso gli uomini attraverso gli uomini, vedendo in ciò un’indispensabile condizione della sollecitudine per un mondo migliore e «più umano», oggi e domani. Tuttavia, in nessun momento e in nessun periodo storico - specialmente in un’epoca così critica come la nostra - la Chiesa può dimenticare la preghiera che è grido alla misericordia di Dio dinanzi alle molteplici forme di male che gravano sull’umanità e la minacciano. Proprio questo è il fondamentale diritto-dovere della Chiesa, in Cristo Gesù: è il diritto dovere della Chiesa verso Dio e verso gli uomini. Quanto più la coscienza umana, soccombendo alla secolarizzazione, perde il senso del significato stesso della parola «misericordia», quanto più, allontanandosi da Dio, si distanzia dal mistero della misericordia, tanto più la Chiesa ha il diritto e il dovere di far appello al Dio della misericordia «con forti grida». Queste «forti grida» debbono essere proprie della Chiesa dei nostri tempi, rivolte a Dio per implorare la sua misericordia, la cui certa manifestazione essa professa e proclama come avvenuta in Gesù crocifisso e risorto, cioè nel mistero pasquale. È questo mistero che porta in sé la più completa rivelazione della misericordia, cioè di quell’amore che è più potente della morte, più potente del peccato e di ogni male, dell’amore che solleva l’uomo dalle abissali cadute e lo libera dalle più grandi minacce.
I Lettura: Israele, per bocca di Daniele, confessa il suo peccato. Una accorata e umile preghiera, sincera e appassionata, ma venata di certa speranza: Dio è misericordioso e largamente perdona. La gioia ritornerà a splendere sul volto degli esiliati, i passi di uomini liberi si muoveranno nuovamente verso Gerusalemme, la città santa. Un ritorno ritmato dalla danza e dal canto gioioso di chi ha ritrovato la libertà.
Vangelo: Sembra che Gesù voglia sovvertire le regole che noi riteniamo giuste, le uniche capaci di costruire la convivenza. Non è questa l’intenzione del Maestro divino, con il suo insegnamento Gesù vuol suggerire semplicemente che la legge dell’amore esce da ogni schema di reciprocità e tende alla gratuità, al dono. Il criterio della giustizia per Gesù è molto diverso dal nostro, per Gesù il metro per misurare è il comportamento del Padre, il cui amore per l’uomo è gratuito e universale, benevolo anche verso gli ingrati e i malvagi (Lc 6,35). Tutto il discorso sulla nuova giustizia viene riassunto con l’espressione: Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso (Lc 6,36). La misericordia è l’amore ostinato, che non conosce l’usura del tempo e rimane immutato e saldo anche se non corrisposto, addirittura anche se tradito. È quando si condividono gli stessi comportamenti del Padre che si dimostra - prima a se stessi che agli altri - di essere veramente figli di Dio.
Dal Vangelo secondo Luca 6,36-38: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».
Perché l’uomo possa affrancarsi dal giogo del peccato, Gesù indica esplicitamente due strade. Innanzi tutto, guardare al Padre, - Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre -; guardare a Lui, fissare gli occhi sul suo cuore: «Imparate da me, che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,29). Poi, offrire il proprio corpo marcio alla incisione del divino chirurgo perché il pietoso medico possa incidere la carne in putrefazione e fare sprizzare il pus che avvelena il cuore e la mente dell’uomo. Perché nulla resti nel campo della teoria, Gesù chiede praticamente che l’uomo, vincendo se stesso, ami i suoi nemici; domanda di fare del bene e prestare senza sperare nulla in contraccambio; di essere misericordioso, di non giudicare, di non condannare, di perdonare, di dare abbondantemente: proposte tutte terribilmente concrete, opere che attraversano il quotidiano dell’uomo: «Vicino a te è la parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore: cioè la parola della fede che noi predichiamo» (Rom 10,8). Cristo non chiede cose spirituali o straordinarie, come la penitenza o la mortificazione, ma atteggiamenti concreti: la capacità nobile di relazionarsi con il prossimo; una vittoria totale sull’io e, infine, aprire il cuore, la mente, l’anima alla potente, vivificante azione dello Spirito Santo. In tal modo, Luca, con questa impareggiabile pagina, educa i missionari di tutti i tempi: coloro che portano la Parola non stiano a fantasticare, ma annuncino la vera, Buona Notizia che vuole sanare globalmente l’uomo: il Vangelo che promette il Paradiso e la beatitudine della pace già in questa terra, pace con se stessi, pace con il mondo circostante, pace con Dio (Lc 1,79; 2,14).
J. Cambier e X. Léon-Dufour: I. LA SOVRABBONDANZA DELLA MISERICORDIA - Dio è il «padre delle misericordie» (2Cor 1,3; Giac 5,11), che accordò la sua misericordia a Paolo (1Cor 7,25; 2Cor 4,1; 1Tim 1,13) e la promette a tutti i credenti (Mt 5,7; 1Tim 1,2; 2Tim 1,2; Tito 1,4; 2Gv 3). Del compimento del disegno di misericordia nella salvezza e nella pace, quale era annunziato dai Cantici all’aurora del vangelo (Lc 1,50.54.72.78), Paolo manifesta chiaramente l’ampiezza e la sovrabbondanza. Il culmine della lettera ai Romani sta in questa rivelazione. Mentre i Giudei finivano per disconoscere la misericordia divina, in quanto pensavano di procurarsi la giustizia con le loro opere, con la loro pratica della legge, Paolo dichiara che anch’essi sono peccatori, e quindi anch’essi hanno bisogno della misericordia mediante la giustizia della fede. Di fronte ad essi i pagani, ai quali Dio non aveva promesso nulla, sono a loro volta attratti nell’orbita immensa della misericordia. Tutti devono quindi riconoscersi peccatori per beneficiare tutti della misericordia: «Dio ha racchiuso tutti gli uomini nella disobbedienza per fare a tutti misericordia» (Rom 11,32).
II. «SIATE MISERICORDIOSI...»: La «perfezione» che, secondo Mt 5, 48, Gesù esige dai suoi discepoli, secondo Lc 6,36 consiste nel dovere di essere misericordiosi «com’è misericordioso il Padre vostro». È una condizione essenziale per entrare nel regno dei cieli (Mt 5,7), che Gesù riprende sull’esempio del profeta Osea (Mt 9,13; 12,7). Questa tenerezza deve rendermi prossimo al misero che incontro sulla mia strada, come il buon Samaritano (Lc 10,30-37), pieno di pietà nei confronti di colui che mi ha offeso (Mt 18,23-35), perché Dio ha avuto pietà di me (18,32s). Saremo quindi giudicati in base alla misericordia che avremo esercitata, forse inconsciamente, nei confronti di Gesù in persona (Mt 25,31-46). Mentre la mancanza di misericordia nei pagani scatena l’ira divina (Rom 1,31), il cristiano deve amare e «simpatizzare» (Fil 2,1), avere in cuore una buona compassione (Ef 4,32; 1Piet 3,8); non può «chiudere le sue viscere» dinanzi ad un fratello che si trova nella necessità: l’amore di Dio non rimane che in coloro che esercitano la misericordia (1Gv 3,17).
Con la misura… - Evangelii gaudium 179: La Parola di Dio insegna che nel fratello si trova il permanente prolungamento dell’Incarnazione per ognuno di noi: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40). Quanto facciamo per gli altri ha una dimensione trascendente: «Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi» (Mt 7,2); e risponde alla misericordia divina verso di noi: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato […] Con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio» (Lc 6,36-38). Ciò che esprimono questi testi è l’assoluta priorità dell’«uscita da sé verso il fratello» come uno dei due comandamenti principali che fondano ogni norma morale e come il segno più chiaro per fare discernimento sul cammino di crescita spirituale in risposta alla donazione assolutamente gratuita di Dio.
Abbiamo peccato e abbiamo operato da malvagi e da empi - L’Antico Testamento e il Nuovo Testamento non hanno elaborato una dottrina sistematica sul peccato, ma ne parlano in vari modi. Secondo Gn 2-3, il peccato si presenta come la disobbedienza ad un comando divino. Esso produce la divisione tra Dio e la sua creazione come pure la morte, ed impedisce la perfezione della creazione. Il peccato diventa un potere. Il male nel mondo non è l’opera di una divinità, ma è prodotto dall’uomo stesso. La storia delle origini dell’uomo si ripete nella vita di ognuno. Questa esperienza viene riferita nell’Antico Testamento in certo modo in Is 59,2 (il peccato come muro che separa l’uomo da Dio); 2Sam 12,7.9.10 (il peccato come ingratitudine e disprezzo di Dio). I vangeli sinottici mantengono la concezione dell’Antico Testamento; essi parlano del peccato solo in vista della conversione dell’uomo a Dio (Lc 5,8; Mr 10,18); secondo Mc 8,38, gli uomini sono una razza cattiva ed adultera; a causa del peccato essi sono soggetti alla morte (Lc 13,3.5). Una visione ancora più elaborata si trova in Giovanni. Il peccato riempie il mondo con le tenebre (Gv 1,5); il mondo diventa cattivo in quanto respinge la parola di Dio (Gv 1,11; 8,23; 9,39); il mondo vive nel peccato, però per questo non ha nessuna scusa (Gv 15,22s); il peccato fondamentale è l’incredulità (Gv 16,9). Per Paolo, in riferimento a Gn 2-3, considera il peccato come una potenza sovrapersonale ed antecedente storia (Rm 5,12-21). Per la caduta di Adamo il peccato fa ingresso nella creazione, e con il peccato la morte. Entrambi vengono avvertiti come il male fondamentale che causa la rovina dell’uomo (Rm 6,23).
Antonio da Padova (Sermones IV domenica dopo Pentecoste): una misura buona, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata in seno: la misura di cui si parla in questo passo del Vangelo è il corpo di gloria, che ha quattro qualità: luminosità, immaterialità, sottigliezza e incorruttibilità; esso infatti è più luminoso del sole, più immateriale del vento, più sottile delle scintille e non può essere corrotto da lesione alcuna. Il Signore assunse la luminosità sul monte Tabor; l’immaterialità camminando sul mare; la sottigliezza quando se ne andò passando in mezzo agli Apostoli; l’incorrutibilità quando era assunto dai discepoli sotto la specie del pane, senza patire tuttavia alcunché di male. Altra spiegazione: vi sarà versata una misura buona: gioia senza dolore; pigiata: pienezza senza vacuità; scossa: saldezza senza dissoluzione (ciò che si scuote diventa solido); traboccante: amore senza simulazione (uno godrà del premio dell’altro, e così l’amore sovrabbonderà). Il seno in cui sarà data questa misura rappresenta la quiete e la gloria della Vita eterna.
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
Ci purifichi da ogni colpa, o Signore,
questa comunione al tuo sacramento
e ci renda partecipi della gioia eterna.
Per Cristo nostro Signore.
1 Marzo 2021
San Felice III, Papa
Ad essere precisi si dovrebbe chiamare Felice II, perché il precedente pontefice con questo nome (355-365) fu in realtà un antipapa imposto dall’imperatore Costanzo II e come si sa gli antipapa non vengono considerati nella cronologia numerica dei papi, ma questo antipapa Felice II fu un martire e la Chiesa lo commemora comunque il 29 luglio come santo, per questo motivo il successore pontefice con il nome Felice è diventato III e non II.
Ritornando al papa s. Felice III, egli era di Roma e il suo prenome era Coelius; si era nel tempo in cui il celibato per gli ecclesiastici non era stato ancora reso obbligatorio, si cominciò a disciplinarlo con papa san Siricio (384-399) e perciò non bisogna meravigliarsi se era figlio di un prete di nome Felice, anzi Coelius era sposato ed aveva avuto tre figli, morti poi durante il suo pontificato (483-492), uno di loro fu padre del futuro papa s. Gregorio Magno (590-604).
S. Felice III succedendo a papa s. Simplicio (468-483) venne eletto nel marzo del 483 e dovette occuparsi subito e soprattutto dello scisma che susciterà il patriarca di Costantinopoli Acacio († 489), si era al tempo dell’eresia monofisita (eresia cristologica del V secolo, che sosteneva l’esistenza in Cristo di una sola natura) e al nuovo papa giunse la notizia della pubblicazione dell’“Enotico”, da parte dell’imperatore d’Oriente Zenone, (l’Enotico era una formula promulgata appunto dall’imperatore nel 482 dietro suggerimento di Acacio, per porre fine alle controversie tra cattolici e monofisiti e ristabilire l’unità religiosa, ma come spesso accade non soddisfece nessuno).
Inoltre il papa fu informato dei sotterfugi imperiali per negare la sede vescovile di Alessandria al vescovo cattolico Giovanni Talaia, per concederla al monofisita Pietro Mongo. Allora papa Felice III inviò in Oriente una delegazione, composta da due vescovi Vitale e Miseno e il ‘defensor’ romano Felice, perché portassero le sue lettere ed argomentazioni all’imperatore e al patriarca Acacio, invitando quest’ultimo a dare spiegazioni sul suo comportamento contro Giovanni Talaia.
Ma i Legati pontifici si lasciarono invece corrompere, anzi furono presenti alla solenne celebrazione in cui il patriarca Acacio consacrò Pietro Mongo come vescovo di Alessandria.
Il papa fu informato di ciò dai monaci Acemeti (Comunità di monaci bizantini fondati all’inizio del V secolo da sant’Alessandro l’Acemeta, sulla riva asiatica del Bosforo; il loro nome significava “quelli che non dormono” per la continua preghiera fatta a turno giorno e notte) e al ritorno della sua delegazione si mostrò sdegnato e convocò un Concilio di 77 vescovi e il 28 luglio 484 scomunicò Acacio e lo depose dalla carica, perché non si era presentato a dare conto del suo operato.
Questa sentenza fu portata poi in Oriente dal ‘defensor’ Tuto, il quale non potendola pubblicare in alcun modo, con l’aiuto dei monaci, fedeli a Roma, attaccò il documento al pallio patriarcale di Acacio, mentre celebrava con solennità in S. Sofia.
La reazione di Acacio fu che cancellò il nome del papa dai dittici (forma di registro con tavolette, poggiato sull’altare contenente i nomi dei vescovi e benefattori) e castigò i monaci, mentre ancora una volta, Tuto come i precedenti, si fece corrompere dai doni bizantini e così rientrato a Roma, fu a sua volta scomunicato dal papa nel 485.
La lotta che vide contrapposte le Chiese d’Oriente ed Occidente durò 35 anni, e che portò tante divisioni anche nei secoli successivi per altre eresie e scismi, continuò perché Felice III impose al clero e fedeli di Costantinopoli ed Alessandria di disconoscere come loro vescovi Acacio e Pietro Mongo e pur essendo stati sostituiti, richiese ripetutamente all’imperatore Zenone e agli altri vescovi, che essi fossero condannati.
Fu impegnato a sostenere inoltre i vescovi dell’Africa, aggrediti dalle invasioni dei Vandali; approvò il Concilio africano del 467 ed emanò norme per ammettere alla Chiesa Cattolica tutti quelli che erano stati battezzati dagli eretici.
Morì il 1° marzo 492 e fu sepolto nella Basilica di S. Paolo a Roma, perché lì vi era la tomba di famiglia. Alcuni affreschi lo ritraggono in vari luoghi, riportando a volte l’errore di chiamarlo Felice II; che solo successivi studi storici, hanno poi riportato come III, secondo quanto detto all’inizio di questa scheda. Autore: Antonio Borrelli
Pratica: Sarò obbediente al magistero della Chiesa.
Preghiera: Dio grande e misericordioso, che hai scelto il papa san Felice III a presiedere il tuo popolo per edificarlo con il magistero e la santità della vita, custodisci i pastori della tua Chiesa e guidali sulla via della salvezza eterna. Per il nostro Signore.