1 Novembre 2021
Tutti i Santi - Solennità
Ap 7,2-4.9-14; Sal 23 (24); 1Gv 3,1-3; Mt 5,1-12a
Tutti i Santi - Solennità
Ap 7,2-4.9-14; Sal 23 (24); 1Gv 3,1-3; Mt 5,1-12a
Il Santo del Giorno - 1 Novembre 2021 - Celebrare la Solennità di Tutti i Santi vuol dire annunciare il mistero pasquale nei santi, che soffrirono insieme con Cristo ed insieme con lui furono glorificati. La santità cristiana consiste infatti nella imitazione e nella partecipazione a quell’unico amore che aveva Cristo nell’offrire al Padre la sua vita per gli uomini. La santità cristiana consiste nella vita paziente di ogni giorno nello spirito delle beatitudini; è nello stesso tempo l’adempimento della perenne vocazione dell’uomo alla perfezione. La chiamata alla santità riecheggiava nel Vecchio Testamento. Cristo dirà ai suoi: siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste (Mt 5,48). San Paolo ricorderà ai Tessalonicesi: questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione (cf. 1Ts 4,3).
Cambiano i tempi e le condizioni in cui vive la Chiesa, ma la chiamata alla santità non viene meno. La santità si manifesta esteriormente in modi diversi, viene realizzata dagli uomini secondo le doti della natura, i carismi, i tempi e le circostanze della vita. A base però della santità sta un’unica cosa: l’amore. Il santo camminava per la vita praticando il comandamento nuovo lasciato da Cristo. Oggi, la Chiesa contempla con gli occhi di Giovanni apostolo «una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua; tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello» (Ap 7,9) ed esulta con grande gioia. Contempla la Città santa, la Gerusalemme celeste dove un gran numero dei nostri fratelli glorifica già adesso il nome del Signore. In questo giorno solenne, la Chiesa manifesta ai suoi figli ancora pellegrinanti sulla terra il loro esempio di vita. Ai nostri fratelli, che sono già arrivati alla patria celeste, la Chiesa chiede aiuto e sostegno per coloro che sono ancora in via.
Colletta: Dio onnipotente ed eterno, che ci doni la gioia di celebrare in un’unica festa i meriti e la gloria di tutti i Santi, concedi al tuo popolo, per la comune intercessione di tanti nostri fratelli, l’abbondanza della tua misericordia.
Giovanni Paolo II (Udienza Generale 24 Novembre 1993): Secondo il Concilio, tutti i seguaci di Cristo, anche i laici, sono chiamati alla perfezione della carità (LG 40). La tendenza alla perfezione non è un privilegio di alcuni, ma un impegno di tutti i membri della Chiesa. E impegno per la perfezione cristiana significa cammino perseverante verso la santità. Come dice il Concilio, “il Signore Gesù, Maestro e Modello divino di ogni perfezione, a tutti e ai singoli suoi discepoli di qualsiasi condizione ha predicato la santità della vita, di cui Egli stesso è autore e perfezionatore: “Siate dunque perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste” (Mt 5, 48)” (LG 40). E perciò: “Tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità” (Ivi). Proprio grazie alla santificazione di ciascuno viene introdotta una nuova perfezione umana nella società terrena: come diceva la Serva di Dio Elisabetta Leseur, “ogni anima che si eleva, eleva con sé il mondo”. Il Concilio insegna che “da questa santità è promosso, anche nella società terrena, un tenore di vita più umano” (Ivi).
A questo punto occorre notare che la ricchezza infinita della grazia di Cristo, partecipata agli uomini, si traduce in una quantità e varietà di doni, con i quali ciascuno può servire e beneficare gli altri nell’unico corpo della Chiesa. Era la raccomandazione di San Pietro ai cristiani disseminati nell’Asia Minore, quando, esortandoli alla santità, scriveva: “Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri, come buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio” (1 Pt 4, 10).
I Lettura: La prima lettura della solennità odierna ci aiuta a capire chi sono i santi. Essi sono coloro che hanno lavato le loro vesti nel sangue dell’Agnello. La santità è un dono, si riceve da Cristo, non è frutto dell’ingegno umano. Nell’Antico Testamento essere santi voleva dire essere separati da tutto ciò che è impuro, nella riflessione cristiana vuol dire il contrario e cioè essere uniti a Dio.
II Lettura: Pochi versetti, ma colmi di grandi verità. Innanzi tutto, il mondo non conosce i cristiani perché non conosce Gesù Cristo. Come dire che il mondo odia, perseguita i credenti in Cristo perché odia Cristo. Ma questo non deve abbattere i cristiani, essi sono figli di Dio e quindi già al presente vivono nella certezza di essere amati da Dio come figli carissimi. Quando si compirà ogni cosa e Gesù verrà nella gloria, allora si manifesterà in pienezza il vero essere dei credenti e potranno così vedere Dio faccia a faccia. Nell’oggi dei cristiani c’è posto solo per il desiderio della patria celeste.
Vangelo: I santi hanno amato e vissuto intensamente le beatitudini. Ma una beatitudine in particolare ha ispirato e sostenuto la loro vita: Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia perché saranno saziati. I santi sono coloro che hanno avuto fame e sete di giustizia, cioè, nel linguaggio biblico, di santità. Non si sono rassegnati alla mediocrità, non si sono accontentati delle mezze misure. Hanno messo le ali e sono volati in alto, sempre più in alto, fino a raggiungere il Cielo.
Dal Vangelo secondo Matteo 5,1-12a: In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
Beati - L’evangelista Matteo ha nove beatitudini a differenza di Luca che ne ha quattro e alle quali fa seguire “quattro guai” (Cf. Lc 6,20-26).
Gesù salì sul monte: si pose a sedere. Due note da non trascurare. Il monte per i semiti è il luogo che Dio preferenzialmente sceglie per manifestarsi ai suoi eletti: ai lettori ebrei per assonanza sarà venuto in mente il monte Sinai. Su quella montagna Dio si era rivelato a Mosè e aveva dato al popolo d’Israele la Legge (Cf. Es 19). Il sedersi è invece la postura propria del Maestro ai cui piedi si congregano i discepoli. Le intenzioni dell’evangelista Matteo quindi sono chiare: Gesù è Dio che si manifesta ai suoi discepoli sul monte ed è il Maestro che dona al “nuovo Israele” la nuova Legge, la “Magna Charta” del Regno di Dio.
L’evangelista Matteo, «che presenta Gesù come il Maestro definitivo di Israele, lo colloca in questo stesso contesto del luogo della rivelazione di Dio e della sua Legge e gli attribuisce un’autorità superiore a quella di Mosé e di tutti i maestri [gli scribi] di Israele. È nel contesto del “discorso della montagna”, infatti, che Gesù è definito come “uomo che insegna con autorità e non come i loro scribi” [Mt 7,29]» (Don Primo Gironi).
Queste note comunque non cancellano la storicità dell’episodio evangelico realmente accaduto su «una delle colline vicino a Cafarnao» (Bibbia di Gerusalemme).
Beati è una formula ricorrente nei Salmi, nei libri sapienziali e nel Nuovo Testamento, soprattutto nel libro dell’Apocalisse. Beato è l’uomo che cammina nella legge del Signore e per questo è ricolmo delle benedizioni di Dio, dei suoi favori e delle sue consolazioni divine soprattutto nei momenti cruciali in cui deve sopportare umiliazioni, affanni e persecuzioni. Gesù apre il suo discorso proclamando beati i “poveri in spirito”, una aggiunta questa che fa bene intendere che il Maestro fa riferimento non agli indigenti, ma ai “poveri di Iahvé”, cioè a coloro che nonostante tutto restano fedeli al Signore, anzi le prove sono spinte a fidarsi di Dio, a chiudersi nel suo cuore, a rinserrarsi tra le sue braccia. I “poveri in spirito” sono coloro che fanno del dolore una scala per salire fino a Dio. Sono coloro che restano nonostante tutto saldi nelle promesse di Dio (Cf. Mt 27,39-44). In questa ottica sono beati quelli che sono nel pianto, i perseguitati per la giustizia, i diffamati. Ai miti fanno corona coloro che hanno fame e sete della giustizia, cioè coloro che amano vivere all’ombra della volontà di Dio, attuandola nella loro vita e mettendola sempre al primo posto. Beati sono i misericordiosi cioè coloro che imitano la bontà, la pietà e la misericordia di Dio soprattutto a favore dei più infelici e dei più bisognosi. I puri di cuore sono beati per la purezza delle intenzioni, l’onestà della vita, perché sempre disponibili ai progetti divini. E infine, gli operatori di pace, che «nella Bibbia esprime la comunione con Dio e con gli uomini ed è il dono che riassume il vangelo [Cf. Lc 2,14], sono i più evidenti figli del Padre celeste» (S. Garofalo).
Il “discorso della Montagna” si chiude con due beatitudini rivolte ai perseguitati. Israele in tutta la sua storia aveva dovuto fare i conti con numerosi persecutori e se, quasi sempre, aveva accettato l’umiliazione delle catene, della tortura fisica e dell’esilio, come purificazione e liberazione dal peccato, mai avrebbe pensato alla persecuzione come a una fonte di gioia e di felicità. Il discorso di Gesù va poi collocato proprio in un momento doloroso della storia ebraica: Israele gemeva sotto il durissimo e spietato giogo di Roma.
Nel nuovo Regno bandito da Gesù di Nazaret invece la persecuzione, e anche la calunnia, l’ingiustizia o l’odio gratuito, sono sorgenti di felicità se sopportate per «causa sua». Ancora di più, la sofferenza vicaria dà «compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1,24). Solo in questa prospettiva la persecuzione è la via grande, spaziosa e larga, spalancata al dono della salvezza e apportatrice di ogni bene e dono: «Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli». Un discorso che è rivolto a tutti: ai discepoli e alla folla, nessuno escluso.
II Lettura: Pochi versetti, ma colmi di grandi verità. Innanzi tutto, il mondo non conosce i cristiani perché non conosce Gesù Cristo. Come dire che il mondo odia, perseguita i credenti in Cristo perché odia Cristo. Ma questo non deve abbattere i cristiani, essi sono figli di Dio e quindi già al presente vivono nella certezza di essere amati da Dio come figli carissimi. Quando si compirà ogni cosa e Gesù verrà nella gloria, allora si manifesterà in pienezza il vero essere dei credenti e potranno così vedere Dio faccia a faccia. Nell’oggi dei cristiani c’è posto solo per il desiderio della patria celeste.
Vangelo: I santi hanno amato e vissuto intensamente le beatitudini. Ma una beatitudine in particolare ha ispirato e sostenuto la loro vita: Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia perché saranno saziati. I santi sono coloro che hanno avuto fame e sete di giustizia, cioè, nel linguaggio biblico, di santità. Non si sono rassegnati alla mediocrità, non si sono accontentati delle mezze misure. Hanno messo le ali e sono volati in alto, sempre più in alto, fino a raggiungere il Cielo.
Dal Vangelo secondo Matteo 5,1-12a: In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
Beati - L’evangelista Matteo ha nove beatitudini a differenza di Luca che ne ha quattro e alle quali fa seguire “quattro guai” (Cf. Lc 6,20-26).
Queste note comunque non cancellano la storicità dell’episodio evangelico realmente accaduto su «una delle colline vicino a Cafarnao» (Bibbia di Gerusalemme).
Beati è una formula ricorrente nei Salmi, nei libri sapienziali e nel Nuovo Testamento, soprattutto nel libro dell’Apocalisse. Beato è l’uomo che cammina nella legge del Signore e per questo è ricolmo delle benedizioni di Dio, dei suoi favori e delle sue consolazioni divine soprattutto nei momenti cruciali in cui deve sopportare umiliazioni, affanni e persecuzioni. Gesù apre il suo discorso proclamando beati i “poveri in spirito”, una aggiunta questa che fa bene intendere che il Maestro fa riferimento non agli indigenti, ma ai “poveri di Iahvé”, cioè a coloro che nonostante tutto restano fedeli al Signore, anzi le prove sono spinte a fidarsi di Dio, a chiudersi nel suo cuore, a rinserrarsi tra le sue braccia. I “poveri in spirito” sono coloro che fanno del dolore una scala per salire fino a Dio. Sono coloro che restano nonostante tutto saldi nelle promesse di Dio (Cf. Mt 27,39-44). In questa ottica sono beati quelli che sono nel pianto, i perseguitati per la giustizia, i diffamati. Ai miti fanno corona coloro che hanno fame e sete della giustizia, cioè coloro che amano vivere all’ombra della volontà di Dio, attuandola nella loro vita e mettendola sempre al primo posto. Beati sono i misericordiosi cioè coloro che imitano la bontà, la pietà e la misericordia di Dio soprattutto a favore dei più infelici e dei più bisognosi. I puri di cuore sono beati per la purezza delle intenzioni, l’onestà della vita, perché sempre disponibili ai progetti divini. E infine, gli operatori di pace, che «nella Bibbia esprime la comunione con Dio e con gli uomini ed è il dono che riassume il vangelo [Cf. Lc 2,14], sono i più evidenti figli del Padre celeste» (S. Garofalo).
Nel nuovo Regno bandito da Gesù di Nazaret invece la persecuzione, e anche la calunnia, l’ingiustizia o l’odio gratuito, sono sorgenti di felicità se sopportate per «causa sua». Ancora di più, la sofferenza vicaria dà «compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1,24). Solo in questa prospettiva la persecuzione è la via grande, spaziosa e larga, spalancata al dono della salvezza e apportatrice di ogni bene e dono: «Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli». Un discorso che è rivolto a tutti: ai discepoli e alla folla, nessuno escluso.
Vocazione universale alla santità - Lumen gentium 40: Il Signore Gesù, maestro e modello divino di ogni perfezione, a tutti e a ciascuno dei suoi discepoli di qualsiasi condizione ha predicato quella santità di vita, di cui egli stesso è autore e perfezionatore: «Siate dunque perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste» (Mt 5,48). Mandò infatti a tutti lo Spirito Santo, che li muova internamente ad amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente, con tutte le forze (cfr Mc 12,30), e ad amarsi a vicenda come Cristo ha amato loro (cfr. Gv 13,34; 15,12). I seguaci di Cristo, chiamati da Dio, non a titolo delle loro opere, ma a titolo del suo disegno e della grazia, giustificati in Gesù nostro Signore, nel battesimo della fede sono stati fatti veramente figli di Dio e compartecipi della natura divina, e perciò realmente santi. Essi quindi devono, con l’aiuto di Dio, mantenere e perfezionare con la loro vita la santità che hanno ricevuto. Li ammonisce l’Apostolo che vivano « come si conviene a santi » (Ef 5,3), si rivestano «come si conviene a eletti di Dio, santi e prediletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di dolcezza e di pazienza » (Col 3,12) e portino i frutti dello Spirito per la loro santificazione (cfr. Gal 5,22; Rm 6,22). E poiché tutti commettiamo molti sbagli (cfr. Gc 3,2), abbiamo continuamente bisogno della misericordia di Dio e dobbiamo ogni giorno pregare: « Rimetti a noi i nostri debiti » (Mt 6,12).
È dunque evidente per tutti, che tutti coloro che credono nel Cristo di qualsiasi stato o rango, sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità e che tale santità promuove nella stessa società terrena un tenore di vita più umano. Per raggiungere questa perfezione i fedeli usino le forze ricevute secondo la misura con cui Cristo volle donarle, affinché, seguendo l’esempio di lui e diventati conformi alla sua immagine, in tutto obbedienti alla volontà del Padre, con piena generosità si consacrino alla gloria di Dio e al servizio del prossimo. Così la santità del popolo di Dio crescerà in frutti abbondanti, come è splendidamente dimostrato nella storia della Chiesa dalla vita di tanti santi.
Siamo figli di Dio: Francesco (Omelia, 1 novembre 2013): Abbiamo sentito nella seconda Lettura quello che l’Apostolo Giovanni diceva ai suoi discepoli: «Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce. ... Siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è» (1 Gv 3,1-2). Vedere Dio, essere simili a Dio: questa è la nostra speranza. E oggi, proprio nel giorno dei Santi e prima del giorno dei Morti, è necessario pensare un po’ alla speranza: questa speranza che ci accompagna nella vita. I primi cristiani dipingevano la speranza con un’ancora, come se la vita fosse l’ancora gettata nella riva del Cielo e tutti noi incamminati verso quella riva, aggrappati alla corda dell’ancora. Questa è una bella immagine della speranza: avere il cuore ancorato là dove sono i nostri antenati, dove sono i Santi, dove è Gesù, dove è Dio. Questa è la speranza che non delude; oggi e domani sono giorni di speranza.
Il peso dell’umanità e la grazia di Dio - Cassiano Giovanni, Collationes, 18, 10: I santi si sentono ogni giorno decadere, sotto il peso di terreni pensieri, dalle altezze della contemplazione; contro la loro volontà, anzi senza saperlo, sono assoggettati alla legge del peccato e della morte, e sono distratti dalla presenza di Dio da opere terrene, per quanto buone e giuste. Hanno dunque delle buone ragioni per gemere continuamente presso il Signore, hanno ben motivo per cui veramente umiliati e compunti non solo a parole, ma di cuore, si dichiarino peccatori, chiedano sempre perdono per tutte le debolezze in cui, battuti dalla debolezza della carne, incorrono ogni giorno, e versano vere lagrime di penitenza, poiché vedono che fino alla fine della loro vita essi saranno tormentati dalle pene che li affliggono e che neanche possono offrire le loro suppliche senza il fastidio delle immaginazioni. Resisi conto, quindi, ch’essi non riescono, per il peso della carne, a raggiungere con le forze umane la meta desiderata e che non riescono a congiungersi, come desiderano, al sommo bene, ma che invece sono travolti, come prigionieri, verso le cose mondane, ricorrono alla grazia di Dio il quale fa giusti i malvagi (Rm 4,5) e gridano con l’Apostolo: Oh, me infelice! chi mi libererà da questo corpo di morte? La grazia di Dio per mezzo del signor nostro Gesù Cristo (Rm 7,24-25). Sentono che non possono portare a termine il bene che vogliono e che invece ricadono sempre nel male che non vogliono e odiano, cioè le immaginazioni e preoccupazioni delle cose terrene.
O Dio, unica fonte di ogni santità,
mirabile in tutti i tuoi Santi,
fa’ che raggiungiamo anche noi la pienezza del tuo amore,
per passare da questa mensa,
che ci sostiene nel pellegrinaggio terreno,
al festoso banchetto del cielo.
Per Cristo nostro Signore.