1 Agosto 2022
Lunedì XVIII Settimana T. O
Sant’Alfonso Maria d’Liguori, Vescovo e Dottore della Chiesa
Ger 28,1-17; Salmo Responsoriale dal Salmo 118 [119]; Mt 14,13-21
Colletta
O Dio, che fai sorgere nella tua Chiesa
forme sempre nuove di santità,
fa’ che imitiamo l’ardore apostolico
del santo vescovo Alfonso Maria [de’ Liguori],
per ricevere la sua stessa ricompensa nei cieli.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Benedetto XVI (Udienza Generale, 30 marzo 2011): [Sant’Alfonso] insiste molto sulla necessità della preghiera, che consente di aprirsi alla Grazia divina per compiere quotidianamente la volontà di Dio e conseguire la propria santificazione. Riguardo alla preghiera egli scrive: “Dio non nega ad alcuno la grazia della preghiera, con la quale si ottiene l’aiuto a vincere ogni concupiscenza e ogni tentazione. E dico, e replico e replicherò sempre, sino a che avrò vita, che tutta la nostra salvezza sta nel pregare”. Di qui il suo famoso assioma: “Chi prega si salva” (Del gran mezzo della preghiera e opuscoli affini. Opere ascetiche II, Roma 1962, p. 171). Mi torna in mente, a questo proposito, l’esortazione del mio predecessore, il Venerabile Servo di Dio Giovanni Paolo II: “Le nostre comunità cristiane devono diventare «scuole di preghiera»... Occorre allora che l’educazione alla preghiera diventi un punto qualificante di ogni programmazione pastorale” (Lett. ap. Novo Millennio ineunte, 33,34).forme sempre nuove di santità,
fa’ che imitiamo l’ardore apostolico
del santo vescovo Alfonso Maria [de’ Liguori],
per ricevere la sua stessa ricompensa nei cieli.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Tra le forme di preghiera consigliate fervidamente da sant’Alfonso spicca la visita al Santissimo Sacramento o, come diremmo oggi, l’adorazione, breve o prolungata, personale o comunitaria, dinanzi all’Eucaristia. “Certamente – scrive Alfonso – fra tutte le devozioni questa di adorare Gesù sacramentato è la prima dopo i sacramenti, la più cara a Dio e la più utile a noi... Oh, che bella delizia starsene avanti ad un altare con fede... e presentargli i propri bisogni, come fa un amico a un altro amico con cui si abbia tutta la confidenza!” (Visite al SS. Sacramento ed a Maria SS. per ciascun giorno del mese. Introduzione). La spiritualità alfonsiana è infatti eminentemente cristologica, centrata su Cristo e il Suo Vangelo. La meditazione del mistero dell’Incarnazione e della Passione del Signore sono frequentemente oggetto della sua predicazione. In questi eventi, infatti, la Redenzione viene offerta a tutti gli uomini “copiosamente”. E proprio perché cristologica, la pietà alfonsiana è anche squisitamente mariana. Devotissimo di Maria, egli ne illustra il ruolo nella storia della salvezza: socia della Redenzione e Mediatrice di grazia, Madre, Avvocata e Regina. Inoltre, sant’Alfonso afferma che la devozione a Maria ci sarà di grande conforto nel momento della nostra morte. Egli era convinto che la meditazione sul nostro destino eterno, sulla nostra chiamata a partecipare per sempre alla beatitudine di Dio, come pure sulla tragica possibilità della dannazione, contribuisce a vivere con serenità ed impegno, e ad affrontare la realtà della morte conservando sempre piena fiducia nella bontà di Dio.
I Lettura: Anania profetizza il ritorno di Israele nella terra promessa: “entro due anni il Signore spezzerà il giogo di Nabucodònosor”, ma le sue parole sono menzognere, sulle labbra di Anania non c’è la verità. Geremia controbatte e ricorda al popolo che l’unica via per ritornare in patria è la conversione, perché la vera causa che ha portato in esilio Israele è il peccato. Bisogna ritornare a Dio, questa è l’unica soluzione. Alla reazione scomposta di Anania, Geremia gli profetizza la sua morte: “entro quest’anno tu morirai”, e così avvenne. Il compimento di una profezia a breve scadenza è un segno che autentica il messaggio di un profeta (Dt 18,21).
Geremia anche a costo della vita rimane fedele al Signore, ed è questa fedeltà nonostante tutto che autentica come veritiera la sua predicazione.
Vangelo
Alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla.
L’intenzione di Matteo è quella di raccontare un miracolo realmente compiuto da Gesù, ma è chiaro che la prima generazione cristiana, illuminata dalla luce del Risorto e ammaestrata dallo Spirito Santo, diede un’importanza particolare al prodigio. In Gesù Dio sazia la fame materiale e spirituale del suo popolo: lo fa con un pane misterioso che è il corpo del Cristo donato al mondo per la sua salvezza. Gesù, nuovo Mosè, nutre la folla nel deserto, e agisce come i grandi uomini di Dio; per esempio, come Eliseo il quale saziò con un miracolo la fame di cento uomini (2Re 4,42-44).
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 14,13-21
In quel tempo, avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte.
Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una e folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.
Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui».
E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.
Il testo evangelico è di un ricchezza straordinaria. Innanzi tutto vi possiamo cogliere un senso messianico. Il racconto evangelico è analogo al racconto del dono prodigioso della manna (Cf. Es 16,4-35). Ci aiuta in questa comprensione anche l’ambiente dove Gesù opera il miracolo della moltiplicazione dei pani che corrisponde a quello dell’Esodo: Gesù come Mosè si trova nel deserto, circondato da una grande folla, affamata perché sprovvista di cibo, e come Mosè nel deserto si prende cura del popolo d’Israele, così Gesù sente compassione del popolo e lo nutre abbondantemente.
«L’analogia con l’epopea dell’esodo delle tribù israelitiche sostenute da Dio nel passaggio del deserto alla terra promessa offre un significato fondamentale al gesto di Cristo. Non diversamente da Mosè, egli, come messia, guida e sostiene la comunità messianica nel cammino verso la terra promessa» (Giuseppe Barbaglio).
Poi, il senso ecclesiale che «emerge dalla mediazione dei discepoli [v. 19] per distribuire il cibo miracoloso procurato da Gesù alle folle, fatte adagiare sull’erba. È l’immagine della Chiesa, nella quale i Dodici continueranno a elargire i beni preziosi della Parola e del Pane eucaristico in ogni luogo e in ogni tempo. Le dodici ceste di pane avanzate [v. 20] evocano le dodici tribù d’Israele, qui rappresentate dalla nuova assemblea, radunata intorno a Gesù e ai Dodici» (Angelico Poppi).
E infine, il senso eucaristico. Se si colloca la narrazione della moltiplicazione dei pani in un contesto salvifico, allora sarà spontaneo leggere il miracolo dei pani e dei pesci, alla luce dell’Eucarestia: il cibo «apprestato da Gesù, attraverso il miracolo dei pani, è immagine e segno della Cena Eucaristica, in cui il Corpo e il Sangue del Figlio di Dio vengono dati agli uomini nel mistero della sua Pasqua salvifica. Intorno al Corpo Eucaristico si costruisce la Chiesa, Corpo Mistico di Cristo. Attraverso l’Eucaristia, Gesù diventa cibo e aduna organicamente tutta l’umanità in un Corpo di cui diventa Capo» (P. Massimo Biocco).
Anche se alcuni contestano questa lettura, i verbi prendere (prese i cinque pani e i due pesci), benedire (recitò la benedizione), spezzare (spezzò i pani), dare (li diede ai discepoli) ci suggeriscono palesemente il senso eucaristico del racconto evangelico.
… spezzò i pani e li diede ai discepoli... - Paul Ternant (Dizionario di Teologia Biblica): I miracoli, segni efficaci della salvezza - :Con i suoi miracoli Gesù manifesta che il regno messianico annunziato dai profeti è giunto nella sua persona (Mt 11,4s); attira l’attenzione su di sé e sulla buona novella del regno che egli incarna; suscita un’ammirazione ed un timore religioso che inducono gli uomini a chiedersi chi egli sia (Mt 8,27; 9,8; Lc 5,8ss). Con essi Gesù attesta sempre la sua missione e la sua dignità, si tratti del suo potere di rimettere i peccati (Mc 2,5-12 par.), o della sua autorità sul sabato (Mc 3,4s par.; Lc 13,15s; 14,3ss), della sua messianità regale (Mt 14,33; Gv 1,49), del suo invio da parte del Padre (Gv 10,36), della potenza della fede in lui (Mt 8,10-13; 15,28 par.), con la riserva che impone la speranza giudaica di un messia temporale e nazionale (Mc 1,44; 5,43; 7,36; 8,26). Già in questo essi sono segni, come dirà S. Giovanni. Se provano la messianità e la divinità di Gesù, lo fanno indirettamente, attestando he egli è veramente ciò he pretende di essere. Perciò non devono essere isolati dalla sua parola: vanno di pari passo on l’evangelizzazione dei poveri (Mt 11,5 par.). I titoli che Gesù dà a sé, i poteri che rivendica, la salvezza che predica, le rinunzie he esige, ecco ciò di cui i miracoli fanno vedere l’autenticità divina, a chi non rigetta a priori la verità del messaggio (Is 16,31). In tal modo questo è superiore ai miracoli, Come lascia capire la frase su Giona secondo Lc 11,29-32. Esso si impone come il segno primario e solo necessario (Gv 20,29), per la ineguagliabile autorità personale del suo araldo (Mt 7,29) e per la sua qualità interna, costituita dal fatto che, realizzando la rivelazione anteriore (Lc 16,31; Gv 5,46s), corrisponde negli uditori all’appello dello Spirito (Gv 14,17.26); proprio esso, prima di essere confermato ed illustrato dai miracoli, li dovrà distinguere dai falsi segni (Mc 13,22s; Mt 7,22; cfr. 2Tess 2,9; Apoc 13,13). Qui, come in Deut, «i miracoli discernono la dottrina, e la dottrina discerne i miracoli» (Pascal).
La ricerca di Cristo nel deserto: “Ma nota bene a chi è distribuito. Non agli sfaccendati, non a quanti abitano nella città, cioè nella Sinagoga o fra gli onori del mondo, ma a quanti cercano Cristo nel deserto, proprio coloro che non ne hanno noia sono accolti da Cristo, e il Verbo di Dio parla con essi, non di questioni terrene, ma del Regno dei cieli. E se taluni hanno addosso le piaghe di qualche passione del corpo, Egli accorda volentieri a costoro la sua medicina. Era dunque logico che Egli con nutrimenti spirituali salvasse dal digiuno quanti aveva guarito dal dolore delle loro ferite. Perciò nessuno riceve il nutrimento di Cristo se prima non è stato risanato, e coloro che sono invitati alla cena, sono prima risanati da quell’invito. Se c’era uno zoppo, questi, per venire, avrebbe conseguito la possibilità di camminare; se c’era qualcuno privo del lume degli occhi, certo non sarebbe potuto entrare nella casa del Signore senza che gli fosse stata ridata la luce. Dappertutto, pertanto, viene rispettato l’ordinato svolgimento del mistero: prima si provvede il rimedio alle ferite mediante la remissione dei peccati, successivamente l’alimento della mensa celeste vien dato in abbondanza, sebbene questa folla non sia ancora saziata da cibi più sostanziosi, né quei cuori ancor digiuni di una fede più ferma siano nutriti col Corpo e col Sangue di Cristo.” (Ambrogio In Luc. 6,69-71).
Il Santo del giorno - 1 Agosto 2022 - Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, Vescovo e Dottore della Chiesa: Nasce a Napoli il 27 settembre 1696 da genitori appartenenti alla nobiltà cittadina. Studia filosofia e diritto. Dopo alcuni anni di avvocatura, decide di dedicarsi interamente al Signore. Ordinato prete nel 1726, Alfonso Maria dedica quasi tutto il suo tempo e il suo ministero agli abitanti dei quartieri più poveri della Napoli settecentesca. Mentre si prepara per un futuro impegno missionario in Oriente, prosegue l’attività di predicatore e confessore e, due o tre volte all’anno, prende parte alle missioni nei paesi all’interno del regno. Nel maggio del 1730, in un momento di forzato riposo, incontra i pastori delle montagne di Amalfi e, constatando il loro profondo abbandono umano e religioso, sente la necessità di rimediare ad una situazione che lo scandalizza sia come pastore che come uomo colto del secolo dei lumi. Lascia Napoli e con alcuni compagni, sotto la guida del vescovo di Castellammare di Stabia, fonda la Congregazione del SS. Salvatore. Intorno al 1760 viene nominato vescovo di Sant’Agata, e governa la sua diocesi con dedizione, fino alla morte, avvenuta il 1 agosto del 1787. (Avvenire)
O Dio, che hai fatto del santo vescovo Alfonso Maria
un fedele ministro e apostolo dell’Eucaristia,
concedi ai tuoi fedeli di parteciparvi assiduamente
per cantare in eterno la tua lode.
Per Cristo nostro Signore.
un fedele ministro e apostolo dell’Eucaristia,
concedi ai tuoi fedeli di parteciparvi assiduamente
per cantare in eterno la tua lode.
Per Cristo nostro Signore.