IL PENSIERO DEL GIORNO

1 GIUGNO 2017

Oggi Gesù ci dice: “«Vi dico la verità: è bene per voi che me ne vada; se io non vado, non verrà a voi il Paràclito»” (Gv 16,7 -  Cf Antifona alla Comunione).


Ad gentes (3-4)

La missione dello Spirito Santo

Tutto quanto il Signore ha una volta predicato o in lui si è compiuto per la salvezza del genere umano, deve essere annunziato e diffuso fino all'estremità della terra, a cominciare da Gerusalemme. In tal modo quanto una volta è stato operato per la salvezza di tutti, si realizza compiutamente in tutti nel corso dei secoli. Per il raggiungimento di questo scopo, Cristo inviò da parte del Padre lo Spirito Santo, perché compisse dal di dentro la sua opera di salvezza e stimolasse la Chiesa a estendersi. Indubbiamente lo Spirito Santo operava nel mondo prima ancora che Cristo fosse glorificato. Ma fu nel giorno della Pentecoste che esso si effuse sui discepoli, per rimanere con loro in eterno; la Chiesa apparve ufficialmente di fronte alla moltitudine ed ebbe inizio attraverso la predicazione la diffusione del Vangelo in mezzo ai pagani; infine fu prefigurata l'unione dei popoli nell'universalità della fede attraverso la Chiesa della Nuova Alleanza, che in tutte le lingue si esprime e tutte le lingue nell'amore intende e abbraccia, vincendo così la dispersione babelica. Fu dalla Pentecoste infatti che cominciarono gli «atti degli apostoli», allo stesso modo che per l'opera dello Spirito Santo nella vergine Maria Cristo era stato concepito, e per la discesa ancora dello Spirito Santo sul Cristo che pregava questi era stato spinto a cominciare il suo ministero. E lo stesso Signore Gesù, prima di immolare in assoluta libertà la sua vita per il mondo, organizzò il ministero apostolico e promise l'invio dello Spirito Santo, in modo che entrambi collaborassero, sempre e dovunque, nella realizzazione dell'opera della salvezza. Ed è ancora lo Spirito Santo che in tutti i tempi « unifica la Chiesa tutta intera nella comunione e nel ministero e la fornisce dei diversi doni gerarchici e carismatici» vivificando - come loro anima - le istituzioni ecclesiastiche ed infondendo nel cuore dei fedeli quello spirito missionario da cui era stato spinto Gesù stesso. Talvolta anzi previene visibilmente l'azione apostolica, come incessantemente, sebbene in varia maniera, l'accompagna e la dirige.


Lumen gentium 4

Lo Spirito santificatore della Chiesa

Compiuta l'opera che il Padre aveva affidato al Figlio sulla terra (cfr. Gv 17,4), il giorno di Pentecoste fu inviato lo Spirito Santo per santificare continuamente la Chiesa e affinché i credenti avessero così attraverso Cristo accesso al Padre in un solo Spirito (cfr. Ef 2,18). Questi è lo Spirito che dà la vita, una sorgente di acqua zampillante fino alla vita eterna (cfr. Gv 4,14; 7,38-39); per mezzo suo il Padre ridà la vita agli uomini, morti per il peccato, finché un giorno risusciterà in Cristo i loro corpi mortali (cfr. Rm 8,10-11). Lo Spirito dimora nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio (cfr. 1Cor 3,16; 6,19) e in essi prega e rende testimonianza della loro condizione di figli di Dio per adozione (cfr. Gal 4,6; Rm 8,15-16 e 26). Egli introduce la Chiesa nella pienezza della verità (cfr. Gv 16,13), la unifica nella comunione e nel ministero, la provvede e dirige con diversi doni gerarchici e carismatici, la abbellisce dei suoi frutti (cfr. Ef 4,11-12; 1Cor 12,4; Gal 5,22). Con la forza del Vangelo la fa ringiovanire, continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unione col suo Sposo. Poiché lo Spirito e la sposa dicono al Signore Gesù: «Vieni» (cfr. Ap 22,17).
Così la Chiesa universale si presenta come «un popolo che deriva la sua unità dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo».


Dominum et vivificantem 25

Lo Spirito Santo e il tempo della Chiesa
«Compiuta l'opera che il Padre aveva affidato al Figlio sulla terra (Gv 17,4), il giorno di Pentecoste fu inviato lo Spirito Santo per santificare di continuo la Chiesa, e i credenti avessero così, mediante Cristo, accesso al Padre in un solo Spirito». È questi lo Spirito di vita, la sorgente dell'acqua zampillante fino alla vita eterna (Gv 4,14; 7,38), colui per mezzo del quale il Padre ridona la vita agli uomini, morti per il peccato, finché un giorno risusciterà in Cristo i loro corpi mortali (Rm 8,10)». In questo modo il Concilio Vaticano II parla della nascita della Chiesa nel giorno della Pentecoste. Questo evento costituisce la definitiva manifestazione di ciò che si era compiuto nello stesso Cenacolo già la domenica di Pasqua. Il Cristo risorto venne e «portò» agli apostoli lo Spirito Santo. Lo diede loro dicendo: «Ricevete lo Spirito Santo». Ciò che era avvenuto allora all'interno del Cenacolo, «a porte chiuse, più tardi, il giorno della Pentecoste si manifesta anche all'esterno, davanti agli uomini. Si aprono le porte del Cenacolo, e gli apostoli si dirigono verso gli abitanti e i pellegrini convenuti a Gerusalemme in occasione della festa, per rendere testimonianza a Cristo nella potenza dello Spirito Santo. In questo modo si adempie l'annuncio: «Egli mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio». Leggiamo in un altro documento del Vaticano II: «Indubbiamente lo Spirito Santo operava nel mondo prima ancora che Cristo fosse glorificato. Ma fu nel giorno della Pentecoste che egli discese sui discepoli, per rimanere con loro in eterno, e la Chiesa apparve pubblicamente di fronte alla moltitudine, ed ebbe inizio mediante la predicazione e la diffusione del Vangelo in mezzo ai pagani». Il tempo della Chiesa ha avuto inizio con la «venuta», cioè con la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli riuniti nel Cenacolo di Gerusalemme insieme con Maria, la Madre del Signore. Il tempo della Chiesa ha avuto inizio nel momento in cui le promesse e gli annunci, che così esplicitamente si riferivano al consolatore, allo Spirito di verità, hanno cominciato ad avverarsi in tutta potenza ed evidenza sugli apostoli, determinando così la nascita della Chiesa. Di questo parlano diffusamente e in molti passi gli Atti degli Apostoli dai quali risulta che, secondo la coscienza della prima comunità, di cui Luca esprime le certezze, lo Spirito Santo ha assunto la guida invisibile - ma in certo modo «percepibile» - di coloro che, dopo la dipartita del Signore Gesù, sentivano profondamente di essere rimasti orfani. Con la venuta dello Spirito essi si sono sentiti idonei a compiere la missione loro affidata. Si sono sentiti pieni di fortezza. Proprio questo ha operato in loro lo Spirito Santo, e questo egli opera continuamente nella Chiesa mediante i loro successori. La grazia dello Spirito Santo, infatti, che gli apostoli con l'imposizione delle mani diedero ai loro collaboratori, continua ad essere trasmessa nell'Ordinazione episcopale. I Vescovi poi col Sacramento dell'ordine rendono partecipi di tale dono spirituale i sacri ministri e provvedono a che, mediante il Sacramento della confermazione, ne siano corroborati tutti i rinati dall'acqua e dallo Spirito. Così, in certo modo, si perpetua nella Chiesa la grazia di Pentecoste. Come scrive il Concilio, «lo Spirito dimora nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio (1Cor 3,16; 6,19), e in essi prega e rende testimonianza della loro adozione a figli (Gal 4,6; Rm 8,15). Egli introduce la Chiesa in tutta intera la verità (Gv 16,13), la unifica nella comunione e nel ministero, la edifica e dirige con i diversi doni gerarchici e carismatici, la arricchisce dei suoi frutti (Ef 4,11; 1Cor 12,4; Gal 5,22). Con la forza del Vangelo mantiene la Chiesa continuamente giovane, costantemente la rinnova e la conduce alla perfetta unione col suo Sposo».


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
** Lo Spirito dimora nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio.
** Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa:  Venga, o Padre, il tuo Spirito e ci trasformi interiormente con i suoi doni; crei in noi un cuore nuovo, perché possiamo piacere a te e cooperare al tuo disegno di salvezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo...


IL PENSIERO DEL GIORNO

31 MAGGIO 2017

VISITAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA


Oggi Gesù ci dice: “Condividete la necessità dei santi; siate premurosi nell’ospitalità” (Rm 12,13; Cfr. I Lettura).


JOHN L. McKENZIE

Ospitalità

Nel deserto, l’ospitalità è una necessità per sopravvivere; e dato che questa necessità riguarda tutti indistintamente, tutti ne hanno diritto da parte di tutti. Se colui che ospita e colui che è ospitato sono nemici, l’accettazione dell’ospitalità implica una riconciliazione. L’ospite, se accettato, è sacro, e deve essere protetto da ogni pericolo, anche a costo della vita dei membri della famiglia ospitante. La generosità dell’ospitalità è una virtù primaria fra i moderni Bedawi. L’ospite rimane in casa da uno a tre giorni, secondo gli usi locali: non deve pagare e non si attende da lui nessun dono. Deve essere protetto per tutto il tempo in cui rimane nel territorio del clan o della tribù che lo ha accolto. Da parte sua l’ospite non deve offendere in nessun modo chiunque possa poi odiare colui che lo ospita, e che lo deve proteggere. Un racconto riguardante Abramo, lo mostra come modello di ospitalità generosa (Gen 18,1ss).
Il buon padrone di casa fa festa per il suo ospite, una festa maggiore di quelle che si fanno per la famiglia. Il dovere di proteggere l’ospite è illustrato nei racconti di Lot a Sodoma (Gen 19,1,8) e dell’uomo di Gabaa (Gdc 19,16-24): sia Lot che quest’ultimo sono disposti a sacrificare le loro donne per proteggere l’ospite dalla passione degli assalitori. Le storie di Lot e di Gabaa espongono quella che era la prassi nelle città. Il viaggiatore sedeva nella piazza del mercato finché uno dei cittadini non lo invitava a casa sua. La rozzezza degli uomini di Sodoma e di quelli di Gabaa, che non offrono l’ospitalità, è segno evidente della loro depravazione (cfr altri casi tipici di ospitalità in Gen 24,23ss; 1Sam 9,22ss). Giobbe si vanta della sua generosa ospitalità (Gb 31,32). La virtù dell’ospitalità è lodata anche nel Nuovo Testamento (Rm 12,13; 1Tm 3,2; Tt 1,18; Eb 13,2; 1Pt 4,9). L’ospitalità è elencata fra le opere di carità in base alle quali gli uomini saranno giudicati (Mt 25,35ss). E anche interessante notare che l’opera di Gesù stesso e la diffusione della chiesa primitiva furono facilitate dalla comune pratica dell’ospitalità. Gesù non aveva casa e spesso chiedeva ospitalità (Lc 7,36ss; 9,51ss; 10,38ss; 14,1ss ; 19,5ss; cfr anche Mc 1,15ss; 14,3ss). Durante i suoi viaggi, Paolo era solito rivolgersi prima ai giu­dei, stando con loro, poi ai gentili nel caso che i giudei lo avessero rifiutato (At 14,28; 15,33; 16,15,34; 17,1ss; 18,3,27; 21,16). Dio è l’ospite generoso (Sal 15,1; 23,5).


Catechismo della Chiesa Cattolica

1971 Al discorso del Signore sulla montagna è opportuno aggiungere la catechesi morale degli insegnamenti apostolici come Rm 12-15; 1Cor 12-13; Col 3-4; Ef 4-6; ecc. Questa dottrina trasmette l’insegnamento del Signore con l’autorità degli Apostoli, particolarmente attraverso l’esposizione delle virtù che derivano dalla fede in Cristo e che sono animate dalla carità, il principale dono dello Spirito Santo. «La carità non abbia finzioni. [ ... ] Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno. [ ... ] Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera, solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nell’ospitalità» (Rm 12,9-13). Questa catechesi ci insegna anche a considerare i casi di coscienza alla luce del nostro rapporto con Cristo e con la Chiesa.


Benedetto XVI (Omelia 15 Agosto 2005)

Il Magnificat

Questa poesia di Maria - il Magnificat - è tutta originale; tuttavia è, nello stesso tempo, un “tessuto” fatto totalmente di “fili” dell’Antico Testamento, fatto di parola di Dio. E così vediamo che Maria era, per così dire, “a casa” nella parola di Dio, viveva della parola di Dio, era penetrata dalla parola di Dio. Nella misura in cui parlava con le parole di Dio, pensava con le parole di Dio, i suoi pensieri erano i pensieri di Dio, le sue parole le parole di Dio. Era penetrata dalla luce divina e perciò era così splendida, così buona, così raggiante di amore e di bontà. Maria vive della parola di Dio, è pervasa dalla parola di Dio. E questo essere immersa nella parola di Dio, questo essere totalmente familiare con la parola di Dio le dà poi anche la luce interiore della sapienza. Chi pensa con Dio pensa bene, e chi parla con Dio parla bene. Ha criteri di giudizio validi per tutte le cose del mondo. Diventa sapiente, saggio e, nello stesso tempo, buono; diventa anche forte e coraggioso, con la forza di Dio che resiste al male e promuove il bene nel mondo.
E, così, Maria parla con noi, parla a noi, ci invita a conoscere la parola di Dio, ad amare la parola di Dio, a vivere con la parola di Dio, a pensare con la parola di Dio. E possiamo farlo in diversissimi modi: leggendo la Sacra Scrittura, soprattutto partecipando alla Liturgia, nella quale nel corso dell’anno la Santa Chiesa ci apre dinanzi tutto il libro della Sacra Scrittura. Lo apre alla nostra vita e lo rende presente nella nostra vita. Ma penso anche al “Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica”, che recentemente abbiamo pubblicato, nel quale la parola di Dio è applicata alla nostra vita, interpreta la realtà della nostra vita, ci aiuta ad entrare nel grande “tempio” della parola di Dio, ad imparare ad amarla e ad essere, come Maria, penetrati da questa parola. Così la vita diventa luminosa e abbiamo il criterio in base al quale giudicare, riceviamo bontà e forza nello stesso momento.


Catechismo della Chiesa Cattolica

«Tu sei benedetta fra le donne e benedetta è il frutto del tuo seno, Gesù».

2676 Dopo il saluto dell’angelo, facciamo nostro quello di Elisabetta. «Piena di Spirito Santo» (Lc 1,41). Elisabetta è la prima della lunga schiera di generazioni che chiama Maria beata: «Beata colei che ha creduto ...» (Lc 1.45); Maria è «benedetta fra le donne», perché ha creduto nell’adempimento della parola del Signore. Abramo, per la sua fede, è diventato una benedizione per «tutte le famiglie della terra» (Gn 12,3). Per la sua fede, Maria è diventata la Madre dei credenti, grazie alla quale tutte le nazioni della terra ricevono colui che è la benedizione stessa di Dio: «Benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù».

2677 «Santa Maria. Madre di Dio. prega per noi ...». Con Elisabetta ci meravigliamo: «A che debbo che la Madre del mio Signore venga a me?» (Lc 1,43).
Maria, poiché ci dona Gesù, suo figlio, è Madre di Dio e Madre nostra; possiamo confidarle tutte le nostre preoccupazioni e le nostre implorazioni: ella prega per noi come ha pregato per sé: «Avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1,38). Affidandoci alla sua preghiera, con lei ci abbandoniamo alla volontà di Dio: «Sia fatta la tua volontà».
«Prega per noi, peccatori. adesso e nell’ora della nostra morte». Chiedendo a Maria di pregare per noi, ci riconosciamo poveri peccatori c ci rivolgiamo alla «Madre della misericordia», alla tutta Santa. Ci affidiamo a lei «adesso», nell’oggi delle nostre esistenze. E la nostra fiducia si dilata per consegnare a lei, fin da adesso, «l’ora della nostra morte». Maria sia ad essa presente come alla morte in croce del Figlio suo, e nell’ora del nostro transito ci accolga come nostra Madre, per condurci al suo Figlio Gesù, in paradiso.


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
** Maria, poiché ci dona Gesù, suo figlio, è Madre di Dio e Madre nostra; possiamo confidarle tutte le nostre preoccupazioni e le nostre implorazioni.
** Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Dio onnipotente ed eterno, che nel tuo disegno di amore hai ispirato alla beata Vergine Maria, che portava in grembo il tuo Figlio, di visitare sant’Elisabetta, concedi a noi di essere docili all’azione del tuo Spirito, per magnificare con Maria il tuo santo nome. Per il nostro Signore Gesù Cristo...


IL PENSIERO DEL GIORNO

30 MAGGIO 2017



Oggi Gesù ci dice: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi per sempre” (Gv 14,16 -  Cfr. Acclamazione al Vangelo).


Catechismo della Chiesa Cattolica

Il Padre e il Figlio rivelati dallo Spirito

243 Prima della sua Pasqua, Gesù annunzia l’invio di un “altro Paraclito” (Difensore), lo Spirito Santo. Lo Spirito che opera fin dalla creazione, [Cf Gen 1,2] che già aveva “parlato per mezzo dei profeti” (Simbolo di Nicea-Costantinopoli), dimorerà presso i discepoli e sarà in loro, per insegnare loro ogni cosa e guidarli “alla verità tutta intera” (Gv 16,13). Lo Spirito Santo è in tal modo rivelato come un’altra Persona divina in rapporto a Gesù e al Padre.

244 L’origine eterna dello Spirito si rivela nella sua missione nel tempo. Lo Spirito Santo è inviato agli Apostoli e alla Chiesa sia dal Padre nel nome del Figlio, sia dal Figlio in persona, dopo il suo ritorno al Padre. L’invio della Persona dello Spirito dopo la glorificazione di Gesù rivela in pienezza il Mistero della Santa Trinità.

245 La fede apostolica riguardante lo Spirito è stata confessata dal secondo Concilio Ecumenico nel 381 a Costantinopoli: “Crediamo nello Spirito Santo, che è Signore e dà vita; che procede dal Padre”. Così la Chiesa riconosce il Padre come “la fonte e l’origine di tutta la divinità”. L’origine eterna dello Spirito Santo non è tuttavia senza legame con quella del Figlio: “Lo Spirito Santo, che è la Terza Persona della Trinità, è Dio, uno e uguale al Padre e al Figlio, della stessa sostanza e anche della stessa natura... Tuttavia, non si dice che Egli è soltanto lo Spirito del Padre, ma che è, ad un tempo, lo Spirito del Padre e del Figlio”. Il Credo del Concilio di Costantinopoli della Chiesa confessa: “Con il Padre e con il Figlio è adorato e glorificato”.

246 La tradizione latina del Credo confessa che lo Spirito “procede dal Padre e dal Figlio [Filioque]”. Il Concilio di Firenze, nel 1439, esplicita: “Lo Spirito Santo ha la sua essenza e il suo essere sussistente ad un tempo dal Padre e dal Figlio e... procede eternamente dall’Uno e dall’Altro come da un solo Principio e per una sola spirazione... E poiché tutto quello che è del Padre, lo stesso Padre lo ha donato al suo unico Figlio generandolo, ad eccezione del suo essere Padre, anche questo procedere dello Spirito Santo a partire dal Figlio lo riceve dall’eternità dal suo Padre che ha generato il Figlio stesso”.


Salvatore Alberto Panimolle

Lo Spirito Paraclito è dono di Dio ai cristiani (Gv 14,16), è inviato dal Padre nel nome del Figlio (Gv 14,26). Questa persona divina è stata donata da Dio per farci sperimentare la vita di comunione con Gesù Cristo (1Gv 3,24; 4,13). Quindi la tematica dello Spirito santo «dono di Dio», tanto cara a Luca, non è ignota a Giovanni. Il Paraclito è donato dal Padre ai discepoli, affinché rimanga con essi in eterno (Gv 14,16). Secondo Matteo, il Cristo risorto assicura i suoi amici di essere con loro tutti i giorni sino alla fine del mondo (Mt 28,20): così termina il primo vangelo. Il quarto evangelista non solo conosce questa dottrina, ma addirittura proclama l’inabitazione del Padre e del Figlio nel cuore dei cristiani (Gv 14,23), egli inoltre insegna non solo che lo Spirito santo è con i discepoli per sempre (Gv 14,16), ma che questa persona divina dimora dentro di essi («sarà in voi») (Gv 14,17). Giovanni quindi proclama realmente l’inabitazione della ss. Trinità nel cuore dei cristiani.


J. Guillet

Gesù promette lo Spirito

Ripieno dello Spirito e non agendo se non per mezzo suo, Gesù tuttavia quasi non ne parla. Lo manifesta con tutti i suoi atti, ma finché vive in mezzo a noi, non può mostrarlo distinto da sé. Affinché lo Spirito sia effuso e riconosciuto bisogna che Gesù se ne vada (Gv 7,39; 16,7); allora si riconoscerà quel che è lo Spirito e che viene da lui.
Gesù quindi non parla ai suoi dello Spirito se non separandosi sensibilmente da essi, in modo temporaneo (Mt 10,20) o definitivo (Gv 14,16 s. 26; 16,13 ss).
Nei sinottici sembra che lo Spirito non debba manifestarsi se non nelle situazioni gravi, in mezzo ad avversari trionfanti, dinanzi ai tribunali (Mc 13,11). Ma le confidenze del discorso dopo la cena sono più precise: l’ostilità del mondo per Gesù non è un fatto accidentale, e se non lo manifesta ogni giorno con persecuzioni violente, tuttavia ogni giorno i discepoli sentiranno pesare su di sé la sua minaccia (Gv 15,18-21), e perciò ogni giorno anche lo Spirito sarà con essi (14,16 s).
Come Gesù ha confessato il Padre suo con tutta la sua vita (Gv 5,41; 8,50; 12,49), cosi i discepoli dovranno rendere testimonianza al Signore (Mc 13,9; Gv 15,27). Essi, finché Gesù viveva con loro, non temevano nulla; egli era il loro paraclito, sempre presente per prendere la loro difesa e trarli d’impaccio (Gv 17,12). Dopo la sua partenza, lo Spirito occuperà il suo posto per essere il loro paraclito (14,16; 16,7).
Distinto da Gesù, egli non parlerà in nome proprio, ma sempre in nome di Gesù, da cui è inseparabile e che egli «glorificherà» (16,13s). Ricorderà ai discepoli gli atti e le parole del Signore e ne darà loro l’intelligenza (14,26); darà loro la forza di affrontare il mondo nel nome di Gesù, di scoprire il senso della sua morte e di rendere testimonianza al mistero divino che si è compiuto in questo fatto scandaloso: la condanna del peccato, la sconfitta di Satana, il trionfo della giustizia di Dio (16,8-11).

Gesù dispone dello Spirito

Morto e risorto, Gesù fa alla Chiesa il dono del suo Spirito. Un uomo che muore, per quanto grande sia stato il suo spirito, per quanto profonda rimanga la sua influenza, è non di meno condannato ad entrare nel passato. La sua azione gli può sopravvivere, ma non gli appartiene più; egli non può più nulla su di essa e deve abbandonarla alla mercé dei capricci degli uomini. Invece Gesù, quando muore e «rende il suo Spirito» a Dio, lo «trasmette» nello stesso tempo alla sua Chiesa (Gv 19,30). Fino alla sua morte, lo Spirito sembrava circoscritto nei limiti normali della sua individualità umana e del suo raggio di azione. Ora che è esaltato alla destra del Padre nella gloria (12,23), il figlio dell’uomo raduna l’umanità salvata (12,32) ed effonde su di essa lo Spirito (7,39; 20,22s; Atti 2,33).


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
** Come Gesù ha confessato il Padre suo con tutta la sua vita (Gv 5,41; 8,50; 12,49), cosi i discepoli dovranno rendere testimonianza al Signore.
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Padre onnipotente e misericordioso, fa’ che lo Spirito Santo venga ad abitare in noi e ci trasformi in tempio della sua gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

  






IL PENSIERO DEL GIORNO

29 MAGGIO 2017



Oggi Gesù ci dice: “Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio” (Col 3,1).


Settimio Cipriani (Le lettere di Paolo - Col 3,1-4)

La partecipazione alla «morte» di Cristo è solo un aspetto del battesimo; l’altro aspetto è anche più radioso e consolante, ed è la partecipazione alla sua «resurrezione». Difatti Cristo non è più morto, ma ora è l’eterno Vivente (cfr. Rm 6,9-10). I cristiani perciò devono vivere la vita di colui che è ormai la loro «vita» (v. 4); la loro «mente» non deve più avere il gusto delle cose terrene, ma di quelle «celesti» (v. 2).
Il «corpo» però non può essere separato dalla sua testa. Questa vita spirituale, che non si vale di lustro o di clamori o di pratiche esteriori, come insegnavano i falsi dottori di Colossi, partecipa attualmente allo stato di «nascondimento» di Cristo (v. 3), invisibile ai nostri occhi e inafferrabile, anche se realissimo. Proprio per questo il mondo, che cerca il luccichio e l’esibizione, non sa apprezzare il pregio dell’autentica vita cristiana. Al ritorno «glorioso» di Cristo (v. 4) però anche i cristiani saranno ammantati, nel loro stesso corpo, del suo splendore di «gloria» e «rifulgeranno» quasi «stelle» per tutta l’eternità (cfr. Sap. 3,7).
In questo «intermezzo» la creatura si strugge nell’attesa della perfetta «rivelazione della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,19.21). Tuttavia rimane la sostanza del fatto: anche al presente il cristiano già «siede nei cieli in Cristo Gesù» (Ef 2,6), partecipando realmente alla sua «vita». Cristo è «vita nostra» (v. 4) anche in questa opaca fase terrena.


Catechismo della Chiesa Cattolica

Risuscitati con Cristo

1002 Se è vero che Cristo ci risusciterà «nell’ultimo giorno», è anche vero che, per un certo aspetto, siamo già risuscitati con Cristo. Infatti, grazie allo Spirito Santo, la vita cristiana, fin d’ora su questa terra, è una partecipazione alla morte e alla Risurrezione di Cristo: “Con lui infatti siete stati sepolti insieme nel Battesimo, in lui anche siete stati insieme risuscitati per la fede nella potenza di Dio che lo ha risuscitato dai morti... Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove sì trova Cristo assiso alla destra di Dio” (Col 2,12; 3,1).

1003 I credenti, uniti a Cristo mediante il Battesimo, partecipano già realmente alla vita celeste di Cristo risorto, ma questa vita rimane «nascosta con Cristo in Dio» (Col 3, 3). «Con lui, [Dio] ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli in Cristo Gesù» (Ef 2,6). Nutriti del suo Corpo nell’Eucaristia, partecipiamo già al Corpo di Cristo. Quando risusciteremo nell’ultimo giorno saremo anche noi «manifestati con lui nella gloria» (Col 3,4).

1004 Nell’attesa di quel giorno, il corpo e l’anima del credente già partecipano alla dignità di essere «in Cristo»; di qui l’esigenza di rispetto verso il proprio corpo, ma anche verso quello degli altri, particolarmente quando soffre: “Il corpo è per il Signore e il Signore è per il corpo. Dio poi che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza. Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo?... Non appartenete a voi stessi... Glorificate dunque Dio nel vostro corpo” (1Cor 6,13-15.19-20).


Gaudium et spes

57 I cristiani, in cammino verso la città celeste, devono ricercare e gustare le cose di lassù questo tuttavia non diminuisce, anzi aumenta l’importanza del loro dovere di collaborare con tutti gli uomini per la costruzione di un mondo più umano. E in verità il mistero della fede cristiana offre loro eccellenti stimoli e aiuti per assolvere con maggiore impegno questo compito e specialmente per scoprire il pieno significato di quest’attività, mediante la quale la cultura umana acquista un posto importante nella vocazione integrale dell’uomo.
L’uomo infatti, quando coltiva la terra col lavoro delle sue braccia o con l’aiuto della tecnica, affinché essa produca frutto e diventi una dimora degna di tutta la famiglia umana, e quando partecipa consapevolmente alla vita dei gruppi sociali, attua il disegno di Dio, manifestato all’inizio dei tempi, di assoggettare la terra e di perfezionare la creazione, e coltiva se stesso; nel medesimo tempo mette in pratica il grande comandamento di Cristo di prodigarsi al servizio dei fratelli.
L’uomo inoltre, applicandosi allo studio delle varie discipline, quali la filosofia, la storia, la matematica, le scienze naturali, e coltivando l’arte, può contribuire moltissimo ad elevare l’umana famiglia a più alti concetti del vero, del bene e del bello e a una visione delle cose di universale valore; in tal modo essa sarà più vivamente illuminata da quella mirabile Sapienza, che dall’eternità era con Dio, disponendo con lui ogni cosa, giocando sull’orbe terrestre e trovando le sue delizie nello stare con i figli degli uomini.
Per ciò stesso lo spirito umano, più libero dalla schiavitù delle cose, può innalzarsi con maggiore speditezza al culto ed alla contemplazione del Creatore. Anzi, sotto l’impulso della grazia si dispone a riconoscere il Verbo di Dio che, prima di farsi carne per tutto salvare e ricapitolare in se stesso, già era «nel mondo» come «luce vera che illumina ogni uomo» (Gv 1,9).
Certo, l’odierno progresso delle scienze e della tecnica, che in forza del loro metodo non possono penetrare nelle intime ragioni delle cose, può favorire un certo fenomenismo e agnosticismo, quando il metodo di investigazione di cui fanno uso queste scienze viene a torto innalzato a norma suprema di ricerca della verità totale. Anzi, vi è il pericolo che l’uomo, fidandosi troppo delle odierne scoperte, pensi di bastare a se stesso e non cerchi più valori superiori.
Questi fatti deplorevoli però non scaturiscono necessariamente dalla odierna cultura, né debbono indurci nella tentazione di non riconoscere i suoi valori positivi. Fra questi si annoverano: il gusto per le scienze e la rigorosa fedeltà al vero nella indagine scientifica, la necessità di collaborare con gli altri nei gruppi tecnici specializzati, il senso della solidarietà internazionale, la coscienza sempre più viva della responsabilità degli esperti nell’aiutare e proteggere gli uomini, la volontà di rendere più felici le condizioni di vita per tutti, specialmente per coloro che soffrono per la privazione della responsabilità personale o per la povertà culturale. Tutti questi valori possono essere in qualche modo una preparazione a ricevere l’annunzio del Vangelo; preparazione che potrà essere portata a compimento dalla divina carità di colui che è venuto a salvare il mondo.


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
** Cristo è «vita nostra» anche in questa opaca fase terrena.
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.



Preghiamo con la Chiesa: Venga su di noi, o Padre, la potenza dello Spirito Santo, perché aderiamo pienamente alla tua volontà, per testimoniarla con amore di figli. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
IL PENSIERO DEL GIORNO

28 MAGGIO 2017



Oggi Gesù ci dice:  “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Mt 28,219-20).


La missione: P. Giuseppe Ferraro, s. j.: «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo». - In queste parole vi è anzitutto l’universalità della missione; si tratta di tutte le nazioni, di tutti i popoli. Sono compresi perciò tutti i pagani ed anche i membri del popolo eletto. A differenza del tempo della sua vita mortale, quando aveva detto ai dodici inviandoli: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei samaritani, rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa di Israele» (Mt 10,5-6), ora l’invio universale. E il compito di questa missione è triplice: rendere suoi discepoli, battezzare, insegnare a osservare i comandamenti. Si tratta della totalità dell’esistenza apostolica che consiste nel fare discepoli predicando il Vangelo, nel battezzare coloro che credono, nell’ottenere l’osservanza dei comandamenti e della vita morale da coloro che hanno creduto al messaggio. Il battesimo deve essere compiuto nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Il nome stabilisce una dedicazione, un rapporto personale di chi è battezzato con i tre autori della sua salvezza. Questa indicazione trinitaria è divenuta formula battesimale, è il rivestimento del comando sacramentale di Gesù sulla base di una formula già conosciuta e già in uso per il battesimo nella chiesa primitiva del tempo in cui scriveva l’evangelista.


P. ADRIAN SCHENKER, o.p. - P. ROSARIO SCOGNAMIGLIO, o.p.
1. L’Ascensione di Gesù, come tale, è presentata … soltanto da Luca. Gli altri evangelisti parlano dell’esaltazione di Gesù e del suo essere assiso sul trono alla destra di Dio. Sono angolature diverse, ma complementari. Ma intanto questa diversità ci invita a scoprire qual è il senso delle rispettive immagini.
2. Il cielo è la sfera del divino, è il mondo di Dio. Nel «Padre nostro» noi diciamo: «Padre nostro, che sei nei cieli», e intendiamo con ciò la sua divinità, la sua trascendenza. Egli è presente in ogni luogo, sulla terra come nei cieli, perché è Onnipresente, ma trascende ogni realtà visibile, è «nei cieli». Ora colui che è unito a Dio dev’essere «sollevato» o portato in cielo, come lo fu Elia, che ascese al cielo su un carro di fuoco. La sfera di Dio, li dove Egli è - per così dire - «a casa sua», è il cielo.
3. Nella solennità dell’Ascensione noi facciamo festa e ci rallegriamo per il fatto che Cristo è unito a Dio: egli «entra», accede a Dio, è presso di Lui. «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso di Dio, ed il Verbo era Dio» leggiamo nel Prologo del IV Vangelo (Gv 1,1). Adesso il Verbo è completamente Dio.
Nello stesso tempo però Cristo è anche con noi, mediante lo Spirito che ci ha promesso e inviato. Questo Spirito ci riempie della presenza di Lui, rende Cristo presente dentro e in mezzo a noi, vitalmente legato a noi, come lo è il Capo al corpo. S. Agostino mette sulle labbra di Cristo, al momento dell’Ascensione, queste mirabili espressioni: «Ecco dove rimango, io che salgo; salvo perché sono il Capo. Il mio corpo resta ancora sulla terra. Dov’è? Su tutta la terra. Fa’ attenzione a non colpirlo, a non fargli violenza, a non calpestarlo» (Trattati su Giovanni, X, a).
4. E quest’opera dello Spirito, che collega Capo e Corpo, è il segno che caratterizza il tempo della Chiesa.
Un ponte, dunque, tra la vita terrena di Gesù e la sua presenza vivente in mezzo a noi, tutti i giorni mediante lo Spirito Santo. Questo il senso consolante e luminoso dell’Ascensione di Cristo.


Ad Gentes, 5

La missione della Chiesa

Il Signore Gesù, fin dall’inizio «chiamò presso di sé quelli che voleva e ne costituì dodici che stessero con lui e li mandò a predicare» (Mc 3,13; cfr. Mt 10,1-42). Gli apostoli furono dunque ad un tempo il seme del nuovo Israele e l’origine della sacra gerarchia. In seguito, una volta completati in se stesso con la sua morte e risurrezione i misteri della nostra salvezza e dell’universale restaurazione, il Signore, a cui competeva ogni potere in cielo ed in terra, prima di salire al cielo, fondò la sua Chiesa come sacramento di salvezza ed inviò i suoi apostoli nel mondo intero, come egli a sua volta era stato inviato dal Padre e comandò loro: «Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutte le cose che io vi ho comandato» (Mt 28,19-20); «Andate per tutto il mondo, predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo; chi invece non crederà, sarà condannato» (Mc 16,15). Da qui deriva alla Chiesa l’impegno di diffondere la fede e la salvezza del Cristo, sia in forza dell’esplicito mandato che l’ordine episcopale, coadiuvato dai sacerdoti ed unito al successore di Pietro, supremo pastore della Chiesa, ha ereditato dagli apostoli, sia in forza di quell’influsso vitale che Cristo comunica alle sue membra: « Da lui infatti tutto quanto il corpo, connesso e compaginato per ogni congiuntura e legame, secondo l’attività propria di ciascuno dei suoi organi cresce e si autocostruisce nella carità» (Ef 4,16).
Pertanto la missione della Chiesa si esplica attraverso un’azione tale, per cui essa, in adesione all’ordine di Cristo e sotto l’influsso della grazia e della carità dello Spirito Santo, si fa pienamente ed attualmente presente a tutti gli uomini e popoli, per condurli con l’esempio della vita, con la predicazione, con i sacramenti e con i mezzi della grazia, alla fede, alla libertà ed alla pace di Cristo, rendendo loro facile e sicura la possibilità di partecipare pienamente al mistero di Cristo.
Questa missione continua, sviluppando nel corso della storia la missione del Cristo, inviato appunto a portare la buona novella ai poveri; per questo è necessario che la Chiesa, sempre sotto l’influsso dello Spirito di Cristo, segua la stessa strada seguita da questi, la strada cioè della povertà, dell’obbedienza, del servizio e del sacrificio di se stesso fino alla morte, da cui poi, risorgendo, egli uscì vincitore. Proprio con questa speranza procedettero tutti gli apostoli, che con le loro molteplici tribolazioni e sofferenze completarono quanto mancava ai patimenti di Cristo a vantaggio del suo corpo, la Chiesa. E spesso anche il sangue dei cristiani fu seme fecondo.


Ortensio Da Spinetoli

L’insegnamento essenziale del fatto della risurrezione-ascensione è che Gesù, col suo ritorno al Padre ha aperto per sé e per tutti l’accesso al mondo «celeste», che sarà la sede dell’umanità rigenerata. Egli ne è il primo abitante, ma un giorno dovrà accogliere l’intera massa della nuova umanità.


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**   Oggi, da questa Piazza, Cristo ripete a ciascuno di voi: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura» [Mc 16,15]. Egli conta su ciascuno di voi, la Chiesa conta su di voi. “Ecco - assicura il Signore - io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”  [Mt 28,20]’ (Giovanni Paolo II, Discorso 30 maggio 1998).
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Esulti di santa gioia la tua Chiesa, o Padre, per il mistero che celebra in questa liturgia di lode, poiché nel tuo Figlio asceso al cielo la nostra umanità è innalzata accanto a te, e noi, membra del suo corpo, viviamo nella speranza di raggiungere Cristo, nostro capo, nella gloria. Egli è Dio, e vive e regna con te...