Guarda, o Signore,
C’è più di Giona - Catechismo della Chiesa Cattolica 590: Soltanto l’identità divina della Persona di Gesù può giustificare un’esigenza assoluta come questa: “Chi non è con me è contro di me” (Mt 12,30); altrettanto quando egli dice che in lui c’è “più di Giona... più di Salomone” (Mt 12,41-42), “c’è qualcosa più grande del Tempio” (Mt 12,6); quando ricorda, a proprio riguardo, che Davide ha chiamato il Messia suo Signore, e quando afferma: “Prima che Abramo fosse, Io Sono” (Gv 8,58); e anche: “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10,30).
I Lettura: Il libro di Giona non è un “libro storico” e il suo genere letterario rientra nel racconto didattico o parabola. La narrazione della conversione di Ninive e il perdono di Dio mette a nudo l’atteggiamento di Giona, «autentico israelita: limitato, gretto, non desideroso di portare il messaggio di Yahveh ai nemici del suo popolo, sdegnato quando altri lo accettano. Come Rut, anche Giona è una protesta contro la chiusura e l’esclusivismo del giudaismo postesilico ... Giona segna quindi uno dei più notevoli passi avanti nel progresso spirituale della religione biblica» (John L. McKenzie). Un passo avanti che giungerà alla sua pienezza nel Nuovo Testamento in Cristo: «colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce distruggendo in se stesso l’inimicizia» (Ef 2,14-16).
Vangelo
A questa generazione non sarà dato che il segno di Giona.
I Giudei cercano un segno, cioè un miracolo che esprima e giustifichi l’autorità di Gesù. Una preoccupazione, quella di cercare un segno, che si annida in tutti i cuori vacillanti. Il segno è stato dato ed è Gesù crocifisso. Lo dirà a chiare lettere Paolo ai cristiani di Corinto: Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio (1Cor 1,22-24). Con un po’ di attenzione in più gli uomini scoprirebbero che in verità Dio ha seminato la storia di segni per condurre gli uomini alla fede e alla salvezza.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 11,29-32
In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire:
«Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione.
Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone.
Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona».
Parola del Signore.
Il segno di Dio - Javer Pikaza (Commento della Bibbia Liturgica): Messi di fronte al silenzio di Dio, gli uomini hanno chiesto molte volte un segno. Di questo tema si occupa il nostro testo. Per analizzarlo con qualche precisione, sarebbe necessario uno studio letterario più esteso e particolareggiato di quello che possiamo fare ora. Osserviamo semplicemente che il racconto si divide in due sezioni inizialmente distinte: la prima (11,29-30) è negativa rispetto alla richiesta di segni; la seconda (11,31-32) interpreta Gesù come il segno o il luogo della presenza suprema di Dio sulla terra. Si tenga presente che il concetto di segno nei due casi è diverso.
a) Gesù rifiuta il segno che gli chiedono. Ricordiamo l’espressione radicale di Paolo: i greci cercano la sapienza (l’ascesa verso il divino), i giudei invece chiedono segni (manifestazioni del potere di Dio sulla terra) (1Cor 1,32). Ponendosi su questo piano, i giudei cercano sicurezze, hanno bisogno che Dio manifesti la sua presenza specialmente attraverso avvenimenti di carattere portentoso (la liberazione totale dalla miseria di questo mondo, l’avvento del regno escatologico). Orbene, Gesù non volle offrire tali segni. In tutto il vangelo è presente questo atteggiamento negativo, che lo pone su un piano diverso da quello sul quale vollero collocarlo i giudei.
La differenza radicale fra il cristianesimo e il giudaismo sta esattamente in questo piano. I giudei continuano a pensare che Dio interverrà nel momento in cui inaugurerà la nuova realtà, distruggerà il vecchio mondo e fonderà il suo regno. I cristiani hanno scoperto la sua presenza nella persona e nell’opera di Gesù. Da questo momento Dio non è più la pura trascendenza escatologica, ma si manifesta nella via di Gesù verso la Pasqua.
In questa dimensione, si può affermare che Dio ha dato un segno: Giona che scompare nel mare e torna all’esistenza simboleggia il destino di Gesù incentrato nella passione, nella morte e nella Pasqua. Questo segno manca degli elementi richiesti dai giudei: la sua apparenza esterna, il suo valore di prova chiara e oggettiva.
Solo coloro che confidano in Gesù (credenti) possono giungere a scoprire la presenza di Dio nella sua via accettare alla fine la realtà della risurrezione.
b) Il segno di Gesù. Pare che questo rifiuto sia sta unito relativamente presto a un apprezzamento positivo di Gesù come segno di Dio; e per questo sono state utilizzate quelle parole che provengono da una delle tradizioni più antiche del vangelo e con le quali Gesù si paragona a Salomone e a Giona.
Salomone è l’uomo della sapienza di Dio; perciò servì da segno alla regina del mezzogiorno, facendole vedere la grandezza del Dio d’Israele. Giona è citato come messaggero del giudizio riguardo alla popolazione della vecchia Ninive; la sua parola era un segno di Dio per quel popolo che decise di far penitenza. Orbene, la tradizione cristiana sa che Gesù compì una missione più alta e più valida che tutte le missioni dei re o dei profeti dell’AT; egli è il segno di Dio per eccellenza, ma gli uomini del suo tempo non vollero accoglierlo e convertirsi.
Per applicare il contenuto di questo testo, dobbiamo ampliare la visione degli uomini che sono stati «segno» di Dio nella storia. Insieme con Giona e Salomone, possiamo citare Budda e Maometto, Gandhi e Confucio. Essi hanno aperto strade che conducono verso Dio. Gesù però è molto superiore a tutti.
La regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà... per molti cristiani queste parole di Gesù sono da eliminare dal Vangelo, o qualcuno va dicendo che sono parole spurie inserite da qualche maldestro copista. Si grida a squarciagola “Misericordia, misericordia”, e poi le parole di Gesù, che si leggono nel Vangelo di oggi, buttano in faccia agli uomini una verità che fa male, che fa pezzi ogni ragionevolezza, comprime il cuore facendo sprizzare a fiotti lacrime, sospiri, e gemiti. Quindi, a un volto sereno, pacifico, di Gesù, il Gesù misericordioso, vi è un volto severo, il Gesù giudice, e l’uomo al termine del sua povera può incontrarsi o con l’uno o con l’altro. Ma l’incontro, e quindi il giudizio, non è dettato dai capricci di Dio, ma dalle opere e dalla fede dell’uomo. Se la fede è rimasta accesa fino alla fine, se le opere sono state buone allora l’uomo si incontrerà con l’Amore misericordioso, al contrario se il lume della fede non è rimasto acceso, e il bagaglio è colmo di opere cattive allora l’uomo si incontrerà con il Giudice giusto, e come castigo prenderà dimora eterna nel regno di satana. Non basta dire “Misericordia, misericordia, o “Signore, Signore”, o dire abbiamo fatto miracoli nel tuo nome o abbiamo mangiato e bevuto in tua compagnia: sola la fede in Gesù salva, lo si legge spesso nei Vangeli, “Va’ la tua fede ti ha salvato”. Alla fede si devono accompagnare le opere, altrimenti la fede è morta. E non ci vogliono opere mirabolanti, ma il quotidiano spicciolo che deve diventare carità: Consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti; e poi occorre aggiungere: Dar da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, visitare gli infermi, visitare i carcerati, e infine seppellire i morti. Tutto qui, ne più ne meno, perché alla sentenza “Benedetti, venite nella casa del Padre mio”, con orrore l’uomo, a suo dileggio, può sentire anche queste parola: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli” (Mt 25, 31ss). In poche parole, l’uomo “raccoglierà quello che avrà seminato. Chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglierà corruzione; chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna” (Gal 6,7-8).
Benedetto XVI: Ninive, la nostra vita oggi. Gesù, il nostro Giona oggi: « Tre giorni e Ninive sarà distrutta ». Il terzo giorno era noto alla tradizione ebraica antica; nella Scrittura è quello nel quale si risolve una situazione critica, disperata, mentre appare spesso come il giorno del dono della vita: « Mai il Santo, benedetto egli sia, lascia i giusti nell’angoscia per più di tre giorni » (Gen. R. 91,7 su Gen. 42,18). Esattamente come ha sperimentato Giona salvato dalle fauci della balena proprio al terzo giorno. Allo stesso modo il Kerygma – l’annuncio – più antico proclama che Gesù « è risuscitato il terzo giorno secondo le scritture » (1 Cor. 15,4).
Non a caso il Vangelo di oggi termina con la conversione degli abitanti di Ninive alla predicazione di Giona, dove predicazione traduce proprio l’originale greco Kerygma. Per Rabbì Levi il terzo giorno ha una virtù particolare, è benedetto a causa del dono della Torah sul Sinai (cfr. Es. 19,16). A Ninive, come nella nostra vita, si rinnova il dono della Torah, la Parola incarnata nella misericordia apparsa in Cristo. Egli, come Giona lo fu per quelli di Ninive, è fratello di ciascuno di noi, ha condiviso il destino di morte che l’uomo si è attirato peccando. Tre giorni, il riposo del Signore nel sepolcro dell’umanità, della nostra vita, il tempo favorevole per lasciarci raggiungere dal Suo amore e farci trascinare con Lui nel passaggio dalla morte alla vita. Solo Lui può annunciarci il Kerygma autentico, quello che attende e desidera il nostro cuore ormai da tre giorni, la Parola di Verità che il nostro cuore può comprendere e accogliere. È Lui l’unico segno offerto ad una generazione malvagia, l’unico che può salvarla. Lui attraverso la sua Chiesa, madre e maestra dell’umanità. Indossiamo allora il sacco e ricopriamoci di cenere, i segni della debolezza e della caducità bisognosa che tutti ci accomuna, della realtà che ci definisce quali peccatori, sine glossa e senza giustificazioni; disponiamoci al digiuno e alla preghiera, i segni della Grazia che prende vita nelle nostre esistenze, che si fa fiduciosa risposta all’amore di Dio.
Inginocchiamoci in questa quaresima, in attesa della mano del Signore tesa a salvarci, della sua Parola di vita. Un Segno per convertirci.
Il Santo del giorno - 1 Marzo 2023 - Martirologio Romano: Nella città di Xilinxian nella provincia del Guangxi in Cina, sant’Agnese Cao Kuiying, martire, che, già sposata con un marito violento, dopo la morte di questi si dedicò per mandato del vescovo all’insegnamento della dottrina cristiana e, messa per questo in carcere e patiti crudelissimi tormenti, confidando sempre in Dio migrò al banchetto eterno.
La Regina dell’Austro sorgerà ... - Nicola di Lira: Postilla super Lucam, XI: la Regina dell’Austro rappresenta l’anima razionale, che, se governa bene le forze inferiori secondo il dettame della legge di natura, è detta Regina. E se fa questo col fervore della carità, è giustamente chiamata Regina dell’Austro, perché l’Austro simboleggia proprio il calore della carità. E questa Regina viene al vero Salomone: Gesù Cristo, offrendogli, per mezzo della devozione, l’oro della sapienza, le gemme delle virtù e gli aromi dell’onore, usandoli tutti per la gloria di Dio.