7 Giugno 2025
 
Sabato VII Settimana di Pasqua
 
At 28,26-20.30-312; Sal 10 (11); Gv 21,20-25
 
Colletta
Dio onnipotente,
ai tuoi figli, che hanno celebrato con gioia le feste pasquali,
concedi, per tua grazia, di testimoniare
nella vita e nelle opere la loro forza salvifica.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 6 settembre 2000): La sequela non è, [...], un viaggio agevole su una strada pianeggiante. Essa può registrare anche momenti di sconforto al punto tale che, in una circostanza “molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui” (Gv 6,66), cioè con Gesù, il quale fu costretto a interpellare i Dodici con una domanda decisiva: “Forse anche voi volete andarvene?” (Gv 6,67). In un’altra circostanza, lo stesso Pietro viene bruscamente ripreso, quando si ribella alla prospettiva della croce, con una parola che, secondo una sfumatura del testo originale, potrebbe essere un invito a rimettersi “dietro” Gesù, dopo aver tentato di rifiutare la meta della croce: “Va dietro a me, satana! Perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!” (Mc 8,33). Il rischio del tradimento resterà in agguato per Pietro che, però, alla fine seguirà il suo Maestro e Signore nell’amore più generoso. Infatti lungo le sponde del lago di Tiberiade Pietro farà la sua professione d’amore: “Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene”. E Gesù gli annunzierà “con quale morte egli avrebbe glorificato Dio”, aggiungendo per due volte: “Seguimi!” (Gv 21,17.19.22). La sequela si esprime in modo speciale nel discepolo amato, che entra nell’intimità con Cristo, ne riceve in dono la Madre e lo riconosce risorto.
 
I Lettura: Paolo a Roma tenta la sua difesa, parla con schiettezza ai Giudei, conferma nella fede i cristiani romani, dopo due anni di prigionia, libero riprende la marcia, forse arriva in Spagna (cf. Rm 15,24). Presto ritornerà a Roma trascinato ancora una volta dinanzi a un tribunale, la sua vita è al termine, decollato darà la massima testimonianza al mondo pagano di Cristo.
 
Vangelo
Questo è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e la sua testimonianza è vera.
 
Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera: Queste ultime parole sono state aggiunte come una specie di autenticazione del vangelo dalla comunità di Giovanni, per affermare che il discepolo che Gesù amava è proprio il responsabile del vangelo. Giovanni ha terminato la sua opera ma il vangelo rimane sempre aperto, vi sono ancora molte cose non scritte e da scoprire con l’aiuto dello Spirito Santo. Giovanni non ha scritto tutto quasi per sottolineare la perenne novità della Parola.
 
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 21,20-25
 
In quel tempo, Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?». Pietro dunque, come lo vide, disse a Gesù: «Signore, che cosa sarà di lui?». Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi». Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?».
Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera. Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere.
 
Parola del Signore.

Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): versetto 21 Signore, e di lui che sarà?; Pietro mostra un particolare interesse per il discepolo prediletto; siccome il Maestro ha detto soltanto a lui di seguirlo, egli desidera sapere che cosa avverrà della persona che Gesù amava. L’apostolo quindi con estremo candore e con premuroso interessamento domanda a Cristo quale sorte attenderà il discepolo prediletto; egli desidera sentire da Gesù se anche il discepolo amato avrà una sorte eguale a quella predetta a lui poco dianzi.
versetto 22 Se voglio che egli rimanga fino a quando io venga, che ne viene a te?; il Maestro non accondiscende al desiderio dell’apostolo, poiché la conoscenza della sorte concernente il discepolo prediletto non lo riguarda, cioè non ha un particolare interesse per lui; a Pietro infatti basta sapere quale sarà la fine che lo attende, a lui Gesù ha detto chiaramente di seguirlo (Tu seguimi) e su queste parole egli deve riflettere. «Fino a quando io venga»; la venuta di Cristo si riferisce alla sua parusia, cioè al suo ritorno glorioso; tuttavia il Salvatore non intende affermare che il discepolo amato rimarrà in vita fino a quel momento, ma che se egli volesse anche questo per il discepolo prediletto, ciò non avrebbe un interesse particolare per Pietro.
versetto 23 Si diffuse... tra i fratelli questa voce che quel discepolo non morirà; «i fratelli» designano i cristiani. Tra i credenti le parole che Cristo aveva dette a Pietro intorno al discepolo prediletto furono intese nel senso che questo discepolo non sarebbe morto, cioè egli sarebbe sopravvissuto fino al ritorno glorioso di Cristo nella parusia. L’autore precisa che questa credenza è fondata su una falsa conclusione tratta dalle parole di Gesù (Gesù tuttavia non aveva detto a Pietro: Egli non morrà, ma...). L’ultima parte del versetto («che te ne riguarda?») è omessa da alcuni codici; per la traduzione essa è richiesta per dare un senso compiuto alla frase. L’accento della spiegazione è posto sul fatto che Gesù si è espresso in forma condizionale (se mi piacesse farlo vivere finché io non ritorni...), non già che egli abbia manifestato una sua volontà positiva. Alcuni autori ritengono che sia stato il discepolo prediletto stesso a rettificare la falsa interpretazione data dai credenti alle parole che il Maestro gli aveva rivolto in quella circostanza; infatti il discepolo amato, una volta divenuto vecchio, non1 voleva che si pensasse che la sua longevità accreditasse tale credenza, né che si pensasse ad una parusia ormai prossima nel tempo. Di conseguenza, secondo questi interpreti, il presente testo sarebbe stato scritto quando il discepolo prediletto era ancora in vita. Altri studiosi invece opinano che il redattore di questo capitolo abbia inteso chiarire con il presente versetto che alcuni credenti erano caduti in un errore d’interpretazione delle parole rivolte da Cristo al discepolo prediletto, poiché avevano creduto che questo discepolo non dovesse morire prima della parusia, ed invece era morto. Evidentemente per questi esegeti la presente chiarificazione sarebbe stata data dopo la morte del discepolo amato.
versetto 24 Questo è il discepolo che dà testimonianza su questi fatti e li ha scritti; i verss. 24-25 formano un nuovo epilogo del vangelo, epilogo aggiunto da un gruppo di discepoli del «discepolo prediletto»; i due versetti quindi non appartengono all’autore del vangelo. Questo gruppo di discepoli si richiamano alla testimonianza del discepolo prediletto, la quale garantisce la verità dei fatti narrati, fatti che egli stesso ha trasmessi per scritto (e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera). L’epilogo rivela una preoccupazione, quella cioè di assicurare i lettori (i credenti della Chiesa primitiva) che le cose narrate sono degne di fede. Probabilmente questo versetto doveva servire di commendatizia del vangelo, quando questo incominciò ad essere divulgato tra le comunità della Chiesa primitiva.
 
Salvatore Alberto Panimolle (Lettura Spirituale del Vangelo di Giovanni): La predizione della sua fine suscita in Pietro la curiosità di conoscere la sorte del discepolo amato, che lo seguiva dietro il Maestro (Gv 21,20). L’evangelista qui richiama alla memoria il gesto confidenziale di questo discepolo durante l’ultima cena: si era posato ul petto di Ge ù (Gv 13,25). Giovanni nel suo vangelo più di una volta ricorda gesti ed espressioni precedenti dei suoi personaggi (cf. il caso di Nicodemo: Gv 7,50; 19,39, o quello di Caifa: Gv 18,14). Pietro, vedendo il discepolo amato, chiede al Maestro: «Signore, e di lui che (ne sarà)?» (Gv 21,21). Questi due attori del quarto vangelo non di rado compaiono insieme sulla scena: durante l’ultima cena (Gv 13,23ss), nella corsa alla tomba di Gesù (Gv 20,2 s), forse nella sequela del Maestro dopo la sua cattura (Gv 18,15ss), nella pesca miracolosa (Gv 21,7). Quindi Pietro e il discepolo amato sono due veri amici, anche se fra di essi qualche volta sorge un certo spirito di emulazione (cf. Gv 20,4). Perciò appare del tutto naturale l’interesse di Simone per la sorte dell’amico. Gesù però non soddisfa la curiosità dell’apostolo, anche se mista ad amore; Pietro non deve preoccuparsi della fine dell’amico, ma solo di seguire il Maestro; Gesù potrebbe lasciarlo in vita fino al suo ritorno (Gv 21,22) nella parusia, che probabilmente era ritenuta non lontana (cf. 1Cor 4,5; 11,26; 1Ts 4,15ss; Ap 3,11; 22,7.12.20).
La risposta di Gesù a Pietro sulla sorte del discepolo amato fece nascere, nella comunità primitiva, la diceria che questo discepolo innominato, ma a tutti noto, non sarebbe morto; l’evangelista però si preoccupa di precisare che il Maestro non aveva affermato che non sarebbe morto, ma che aveva detto semplicemente: «Se voglio che egli rimanga, finché (io) venga?» (Gv 21,23). Probabilmente il discepolo amato dovette essere molto longevo, forse era ancora in vita, quando fu redatto il quarto vangelo, se non fu lui l’autore di questo libro; perciò le parole del Signore a Pietro, riportate in Gv 21,22, furono equivocate e considerate una profezia della sua immortalità (Gv 21,23).
 
La catechesi nell’età apostolica: Catechesi tradendae 11: Gli apostoli non tardarono a condividere con altri il ministero dell’apostolato. Essi trasmettono ai loro successori il compito di insegnare; compito che affidano, altresì, ai diaconi fin dalla loro istituzione: Stefano, «pieno di grazia e di potenza», non cessa di insegnare, mosso com’è dalla sapienza dello Spirito. Gli apostoli si associano, nel loro compito di insegnare, «molti altri discepoli»; ed anche dei semplici cristiani, dispersi dalla persecuzione, «andavano per il paese e diffondevano la parola di Dio». San Paolo è per eccellenza l’araldo di questo annuncio, da Antiochia fino a Roma, dove l’ultima immagine che abbiamo di lui negli Atti è quella di un uomo che insegnava «le cose riguardanti il signore Gesù Cristo, con tutta franchezza». Le numerose sue lettere prolungano ed approfondiscono il suo insegnamento. Anche le lettere di Pietro, di Giovanni, di Giacomo e di Giuda sono altrettante testimonianze circa la catechesi dell’età apostolica. I vangeli, i quali, prima di essere scritti, sono stati l’espressione di un insegnamento orale trasmesso alle comunità cristiane, recano più o meno evidente una struttura catechetica. Il racconto di san Matteo non è stato forse chiamato il vangelo del catechista, e quello di san Marco il vangelo del catecumeno?
 
Tommaso d’Aquino: In Jo. ev. ex p ., XXI.: Se Io voglio che egli rimanga sino al mio ritorno ... : qui il Signore, parlando di Giovanni, ossia della vita contemplativa, afferma: Io voglio che egli rimanga, ossia che attenda, sino al mio ritorno, cioè sino alla fine del mondo, oppure sino alla morte di ogni contemplativo. Perciò la vita contemplativa che viene iniziata in terra non giunge a compimento, ma resta in divenire in attesa del ritorno di Cristo, che la renderà perfetta.
 
Il Santo del Giorno - 7 Giugno 2025 - Sant’Antonio Maria Gianelli - Antonio Maria Gianelli nacque a Cereta, presso Chiavari in provincia di Genova il 12 aprile 1789.
Entrò in seminario a 19 anni e fu ordinato sacerdote quattro anni dopo. Insegnante di lettere e di retorica, per accogliere il nuovo vescovo, Lambruschini, organizzò a Genova una recita intitolata «La riforma del seminario» che ebbe una notevole eco. Dal 1826 al 1838 fu arciprete a Chiavari.
Questo periodo è contrassegnato da una serie di innovazioni pastorali e dalla creazione di varie istituzioni, come un proprio seminario. Sotto il nome inconsueto di «Società Economica» prese l’avvio un’istituzione culturale e assistenziale affidata da don Gianelli «alle cure delle Signore della Carità» per l’istruzione gratuita delle ragazze povere: un ente di beneficenza che affida alle Signore della Carità. È il primo passo verso le Figlie di Maria Santissima dell’Orto, conosciute come Gianelline.
Nel 1838 venne eletto vescovo di Bobbio. Aiutato dai Liguoriani, ricostituì la sua congregazione col nome di Oblati di Sant’Alfonso.
Morì il 7 giugno 1846. Due anni prima aveva creato una piccola congregazione missionaria per la predicazione al popolo e l’organizzazione del clero.
È stato canonizzato da Pio XII. (Causa dei Santi / Santi e Beati)
 
O Signore, che hai guidato il tuo popolo
dall’antica alla nuova alleanza,
concedi che, liberati dalla corruzione del peccato,
ci rinnoviamo pienamente nel tuo Spirito.
Per Cristo nostro Signore.