6 Giugno 2025
 
Venerdì VII Settimana di Pasqua
 
At 25,13b-21; Sal 102 (103); Gv 21,15-19
 
 Colletta
O Dio, che con la glorificazione del tuo Figlio 
e con l’effusione dello Spirito Santo
ci hai aperto il passaggio alla vita eterna,
fa’ che, partecipi di così grandi doni, 
progrediamo nella fede e nel tuo amore.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Ut unum sint 91: Il Vangelo di Matteo delinea e precisa la missione pastorale di Pietro nella Chiesa: “Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli” (16,17-19). Luca evidenzia che Cristo raccomanda a Pietro di confermare i fratelli, ma che allo stesso tempo gli fa conoscere la sua debolezza umana ed il suo bisogno di conversione (cfr. Lc 22,31-32). È proprio come se, sullo sfondo dell’umana debolezza di Pietro, si manifestasse pienamente che il suo particolare ministero nella Chiesa proviene totalmente dalla grazia; è come se il Maestro si dedicasse in modo speciale alla sua conversione per prepararlo al compito che si appresta ad affidargli nella sua Chiesa e fosse molto esigente con lui. La stessa funzione di Pietro, sempre legata ad una realistica affermazione della sua debolezza, si ritrova nel quarto Vangelo: “Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro? [...] Pasci le mie pecorelle” (cfr. Gv 21,15-19). È inoltre significativo che secondo la Prima Lettera di Paolo ai Corinzi, il Cristo risorto appaia a Cefa e quindi ai Dodici (cfr. 15,5). È importante rilevare come la debolezza di Pietro e di Paolo manifesti che la Chiesa si fonda sulla infinita potenza della grazia (cfr. Mt 16,17; 2Cor 12,7-10). Pietro, subito dopo la sua investitura, è redarguito con rara severità da Cristo che gli dice: “Tu mi sei di scandalo” (Mt 16,23). Come non vedere nella misericordia di cui Pietro ha bisogno una relazione con il ministero di quella misericordia che egli sperimenta per primo? Ugualmente, tre volte egli rinnegherà Gesù. Anche il Vangelo di Giovanni sottolinea che Pietro riceve l’incarico di pascere il gregge in una triplice professione d’amore (cfr. 21,15-17) che corrisponde al suo triplice tradimento (cfr. 13, 38). Luca, da parte sua, nella parola di Cristo già citata, alla quale aderirà la prima tradizione nell’intento di delineare la missione di Pietro, insiste sul fatto che questi dovrà “confermare i suoi fratelli una volta che si sarà ravveduto” (cfr. Lc 22,32). 
 
I Lettura: Nell’amministrare la giustizia i Romani sono assai pratici, e così il procuratore romano Porcio Festo non riesce a capire perché Paolo sia finito in carcere. Non ha commessi delitti per cui possa essere punito, ma tutto ruota attorno ad alcune questioni relative alla religione giudaica e a quella cristiana, e questo è molto sconcertante per un uomo molto concreto come Festo. Nel fare il riassunto dei capi d’accusa, inconsapevolmente, Festo annuncia al re Agrippa e a Berenice il Vangelo. Ma la “sorte” per Paolo è già stata gettata, la sua causa sarà riservata al giudizio di Augusto, Imperatore di Roma.
 
Vangelo
Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore.
 
 Pietro sarà il primo, ma il primato sarà sinonimo di servizio fino al dono della vita. Il martirio, la morte violenta, è espressa nelle parole di Gesù: «... quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Una vita intensa, ma sempre sostenuta dalla Presenza del Risorto: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).
 
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 21,15-19
In quel tempo, quando [si fu manifestato ai discepoli ed] essi ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro:
«Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse “Mi vuoi bene?”, e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi».
Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».
 
Parola del Signore.
 
Dopo aver mangiato, Gesù offre a Pietro, con una triplice professione d’amore, l’opportunità di controbilanciare il triplice rinnegamento (cfr. Mt 26,69-75; Mc 14,66-72; Lc 22,54-62; Gv 18,25-27). E solo alla fine di questa triplice professione di amore, Pietro, da Gesù, viene rinvestito nel suo mandato, quello di reggere e di pascere in suo nome il gregge (cfr. Mt 16,18; Lc 22,31s). È da notare che il racconto della riabilitazione di Pietro abbonda di sinonimi, due diversi verbi per amare; due verbi per pascere; due nomi per pecore e agnelli; due verbi per sapere; come a voler esaltare l’episodio dell’investitura. Ormai purificato e rinnovato nel cuore e nella mente, Pietro può conoscere «con quale morte egli avrebbe glorificato Dio»: «...quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi». Una profezia che si compirà a Roma, luogo della sua morte violenta: morirà crocifisso come il suo Signore. L’immagine di cingersi ai fianchi la veste è «propria dell’uso di quei tempi di vestiti molto ampi che era necessario raccogliere e cingere per i viaggi molto lunghi. Pietro dovrà farlo, perché si troverà come un uomo anziano e indifeso davanti a coloro che lo metteranno a morte per la sua fede. D’altra parte, la scena mette in rilievo un altro pensiero interessante. Finora, Gesù era stato pastore. Ora, nel tempo della Chiesa, quest’ufficio è affidato a Pietro» (Felipe F. Ramos). E solo ora, al termine di questo lungo cammino di purificazione, può, finalmente, risuonare nel cuore di Simone la voce di Dio che lo invita alla sequela: «E detto questo aggiunse: “Seguimi”» (cfr. 13,36: Simon Pietro gli dice: «Signore, dove vai?». Gli risponde Gesù: «Dove io vado per ora tu non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi»). La sequela è sempre un dono di Dio, mai iniziativa dell’uomo.
 
L’amore per il Cristo, condizione indispensabile per esercitare funzioni pastorali - Salvatore Alberto Panimolle (Lettura Pastorale del Vangelo di Giovanni): Il brano di Gv 21,15-17 mostra chiaramente che Gesù, prima di costituire Pietro pastore delle sue pecore e dei suoi agnelli, esige una confessione di amore.
Questo dato mostra che l’amore per il Signore è condizione indispensabile per esercitare funzioni pastorali. Solo chi ama profondamente il Cristo, è in grado di pascolare il suo gregge. Anzi quest’amore del pastore deve superare quello degli altri discepoli. In effetti tutti i seguaci di Gesù debbono amare il loro Maestro, però chi vuole esercitare funzioni pastorali, deve amare il Cristo più degli altri: «Mi ami tu più di costoro?» (Gv 21,15).
Ma per quale ragione profonda il pastore deve amare il Signore più degli altri cristiani? Perché gli agnelli e le pecore non sono sua proprietà, ma appartengono a Gesù. Questi infatti dice a Simone: «Pasci i miei agnelli ... Pasci le mie pecore!» (Gv 21,15-17). Il gregge è affidato a Pietro, ma non è di Pietro. Una sola persona è il Signore della chiesa, il Cristo Gesù; solo lui può dire: «la mia chiesa» (Mt 16,18), la mia comunità, il mio gregge. Solo il Cristo è il padrone degli agnelli e delle pecore, anche se le ha affidate a Pietro.
In tale situazione è comprensibile la necessità, nel pastore, di un amore per Gesù, più intenso e più forte di quello dei semplici fedeli. Dover guidare, nutrire, curare con affetto e pazienza un gregge che non è proprio, richiede una dose non indifferente di amore per colui che è il Signore della chiesa. Il Cristo risorto ha affidato i suoi agnelli e le sue pecore a Simon Pietro, solo dopo che questi ha professato il suo amore per Gesù, più forte e più intenso di quello degli altri discepoli. «Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?» ... «Sì, Signore, tu sai che ti amo!» ... «Pasci i miei agnelli!. .. Pasci le mie pecore!».
 
Al servizio dell’unità - Basilio Caballero (La Parola per Ogni Giorno): La morte che Gesù predice a Pietro in modo enigmatico: «Quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi», sarà la prova definitiva della sincerità della sua triplice professione d’amore per Gesù e della sua fedeltà alla missione ricevuta.
Ma già prima Pietro ebbe occasione di testimoniare il suo amore e la sua fede in Cristo e di difendere la comunione ecclesiale al servizio della missione. Per esempio, arrivato il momento della prova, davanti sinedrio e sfidando il suo ordine, Pietro proclama morte e risurrezione di Gesù, perché «bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini». Allo stesso modo, nel concilio di Gerusalemme, seppe mantenere l’apertura missionaria della Chiesa ai pagani e conservare l’unione dentro la comunità.
Il primato di Pietro è servizio alla comunione ecclesiale, come dice il concilio Vaticano II: «Gesù Cristo Pastore eterno, ha edificato la santa Chiesa e ha mandato gli apostoli come egli stesso era stato mandato d Padre, e volle che i loro successori, cioè i vescovi, fossero nella sua Chiesa pastori fino alla fine dei secoli. Affinché poi lo stesso episcopato fosse uno e indiviso, propose agli altri apostoli il beato Pietro e in lui stabilì il principio e fondamento perpetuo e visibile dell’unità della fede e della comunione» (LG 18).
Testi evangelici come quello di oggi risvegliano in noi la nostalgia ecumenica per i fratelli separati, come abbiamo visto ieri. Siamo coscienti che la dottrina del primato di Pietro è l’impedimento e il massimo punto di conflitto nel movimento di unione delle Chiese cristiane. È anche l’ostacolo maggiore che pastori e teologi ortodossi, anglicani e protestanti delle diverse confessioni vedono nel dialogo della Chiesa cattolica con le altre Chiese che seguono Cristo, conservano la parola di Dio nella Bibbia e pregano lo stesso Padre comune.
Anche oggi preghiamo il Padre che faccia presto un solo gregge sotto un solo pastore, perché il mondo intero creda che Gesù Cristo è stato mandato dal Padre.
 
Tommaso d’Aquino (In Jo. ev. ex p ., XXI) - Pasci i miei agnelli: ossia i miei fedeli. denominati agnelli da Me che sono l’Agnello ... Gesù dice questa frase per tre volte, perché tre sono i modi in cui bisogna pascerle. Primo, con parole di dottrina; secondo, con l’esempio della vita; terzo, con aiuti di ordine temporale. Si noti però che la terza volta dice: Pasci le mie pecore (Gv. 20,17). La ragione sta nel fatto che nella comunità cristiana vi sono tre generi di uomini: i principianti, i progrediti e i perfetti. Le prime due categorie sono formate di agnelli, ossia di esseri ancora imperfetti; gli altri invece, in quanto perfetti, sono denominati pecore.
 
Il Santo del Giorno - 6 Giugno 2025 - Beato Odoardo Focherini. Dalla parte delle vittime di ideologie e totalitarismi - Lì dove ci sono oppressi, perseguitati, vittime di violenza si trova il cuore di Dio. Ed è su queste frontiere dell’umanità ferita che i cristiani sono chiamati a portare in prima persona la testimonianza di un Vangelo che cambia la storia. Si inserisce in questo orizzonte la profezia del beato Odoardo Focherini, testimone che non ebbe paura di opporre la luce del Risorto al buio dei totalitarismi, facendosi carico soprattutto delle vittime delle ideologie del suo tempo. Profezia che ben si coglie nelle parole scritte alla moglie il 3 agosto 1944 dal campo di concentramento in cui si trovava: «In ogni ora nella preghiera ci ritroveremo anche davanti a Dio per pregarlo di aiutarci, di proteggerci di darci luce e forza, coraggio e fede, di santificare e fruttificare a nostro vantaggio e per i nostri bimbi il nostro dolore». Anche nell’ora più buia la fiducia in Dio non era mai venuta meno. Focherini era nato a Carpi nel 1907, era cresciuto in Azione Cattolica e aveva sposato Maria Marchesi, con la quale ebbe sette figli. Era assicuratore ma collaborava con alcuni giornali cattolici come «L’Avvenire d’Italia». Venne arrestato per aver messo su una rete di aiuto per gli ebrei perseguitati dai nazifascisti e fu internato a Fossoli, Gries, Flossenburg e Hersbruck, dove infine morì tra il 24 e il 27 dicembre 1944.
È beato dal 2013. (Avvenire)
 
O Dio, che ci purifichi e ci nutri
con i tuoi santi misteri,
concedi che i doni di questa tua mensa
ci ottengano la vita senza fine.
Per Cristo nostro Signore.