14 Giugno 2025
Sabato X Settimana T. O.
2Cor 5,14-21; Salmo Responsoriale Dal Salmo 102 (103); Mt 5,33-37
Colletta
O Dio, sorgente di ogni bene,
ispiraci propositi giusti e santi
e donaci il tuo aiuto,
perché possiamo attuarli nella nostra vita.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
.... il di più viene dal Maligno - Paolo VI (Udienza Generale 15 Novembre 1972): Il Demonio è all’origine della prima disgrazia dell’umanità; egli fu il tentatore subdolo e fatale del primo peccato, il peccato originale (Gen. 3; Sap. 1,24). Da quella caduta di Adamo il Demonio acquistò un certo impero su l’uomo, da cui solo la Redenzione di Cristo ci può liberare. È storia che dura tuttora: ricordiamo gli esorcismi del battesimo ed i frequenti riferimenti della sacra Scrittura e della liturgia all’aggressiva e alla opprimente «potestà delle tenebre» (Cfr. Luc. 22,53; Col. 1,13). È il nemico numero uno, è il tentatore per eccellenza. Sappiamo così che questo Essere oscuro e conturbante esiste davvero, e che con proditoria astuzia agisce ancora; è il nemico occulto che semina errori e sventure nella storia umana. Da ricordare la rivelatrice parabola evangelica del buon grano e della zizzania, sintesi e spiegazione dell’illogicità che sembra presiedere alle nostre contrastanti vicende: inimicus homo hoc fecit (Matth. 13,28). È «l’omicida fin da principio ... e padre della menzogna», come lo definisce Cristo (Cfr. Io. 8,44-45); è l’insidiatore sofistico dell’equilibrio morale dell’uomo. È lui il perfido ed astuto incantatore, che in noi sa insinuarsi, per via dei sensi, della fantasia, della concupiscenza, della logica utopistica, o di disordinati contatti sociali nel gioco del nostro operare, per introdurvi deviazioni, altrettanto nocive quanto all’apparenza conformi alle nostre strutture fisiche o psichiche, o alle nostre istintive, profonde aspirazioni.
I Lettura: Messale dell’Assemblea Cristiana(ELLE DI CI): È questo un brano di rara densità. Più che dello sviluppo di un tema si tratta della concatenazione, non sempre rigorosa, di più temi. Possiamo distinguere i seguenti motivi: innanzitutto Paolo confessa di essere mosso nel suo ministero dall’amore dimostrato da Cristo nella morte. Ciò gli richiama che tutti i credenti nel btattesimo sono morti al peccato e rinati a vita nuova, vita di amore per colui che è morto e risuscitato per loro (cf Rom 6,155).
Essi sono «nuova creatura» per la riconciliazione operata dal Padre mediante il Figlio, che ha affidato tale ministero agli apostoli. Centro dell’avvenimento di riconciliazione del mondo resta Cristo, sacrificio espiatorio dei peccati (senso probabile di «peccato»: v. 21), affinché i credenti ottengano il dono salvifico della giustizia di Dio.
Vangelo
Io vi dico: non giurate affatto.
Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Nel regime del nuovo spirito non è necessario ricorrere spesso al giuramento fatto in nome di Dio e delle immagini che lo designano o in nome delle cose sacre, perché la nuova legge evangelica impone la sincerità della parola e la fedeltà alle promesse. Cristo non condanna il giuramento, ma afferma che esso non va fatto quando è ispirato dal senso di sfiducia, perché il suo seguace quando dice: sì, è sì; quando dice: no, è no. Nemmeno per il tuo capo devi giurare: cioè: per la propria vita, perché essa appartiene interamente a Dio; l’uomo infatti non ha nemmeno il potere di cambiare il colore di un solo capello.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5,33-37
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: “Sì, sì”; “No, no”; il di più viene dal Maligno».
Parola del Signore.
Ma io vi dico - Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): Siccome era proibito nominare il nome di Dio, per la formulazione di un giuramento o di un voto si usavano espressioni equivalenti, sostituendo il nome di Dio con quello del cielo o della terra, oppure con la menzione di Gerusalemme o giurando sulla propria testa. Gesù si contrappone radicalmente a questa prassi, lesiva dell’onore dovuto a Dio. Infatti il giuramento implica una certa sfiducia verso i propri simili; si dubita della loro sincerità e allora li si obbliga a interporre l’autorità di Dio per convalidare un’asserzione, con l’invocazione della sua maledizione in caso di falsità. Gesù esige piena lealtà e fiducia verso i fratelli, e dichiara il giuramento superfluo e disdicevole dinanzi alla maestà divina. I discepoli vivono continuamente alla presenza di Dio e perciò è richiesta ad essi la massima sincerità nei loro rapporti interpersonali. La convinzione profonda dell’intima comunione di vita con il Padre deve guidarli nella condotta quotidiana e nel comportamento verso il prossimo, per sottrarsi al dominio del Maligno, padre della menzogna (Gv 8,44).
Le espressioni «sì, sì» e «no, no» (v. 37), secondo alcuni testi rabbinici tardivi (del IV secolo d.C.), equivalevano a un giuramento nella prassi giudaica. Non è sicuro che questo valesse anche all’epoca di Matteo. Sembra, comunque, che Giacomo abbia trasmesso il detto con maggiore aderenza al suo tenore originale: «Fratelli miei, non giurate, né per il cielo, né per la terra, né per qualsiasi altra cosa; ma il vostro “sì” sia sì, e il vostro “no” no, per non incorrere nella condanna» (5,12). In altre parole, non bisogna giurare. Basta usare con lealtà il semplice sì oppure no nei rapporti verso Dio e verso i fratelli, senza ricorrere al giuramento. Con questa antitesi Gesù non ha inteso opporsi alla Toràh e nemmeno dettare una norma vincolante in senso giuridico. Del resto, nella prassi della società civile e anche della chiesa si è sempre fatto uso del giuramento. Gesù ha voluto inculcare la sincerità nei rapporti tra i suoi seguaci come logica conseguenza della loro appartenenza alla comunità messianica, fondata sul comandamento dell’amore e sul dono prezioso della pace.
Giuramento - Augustin George: Nella maggior parte delle religioni, l’uomo ricorre alla divinità per garantire solennemente la validità della propria parola; sia che si tratti di una promessa di cui vuole assicurare l’adempienza, sia che si tratti di un’affermazione della cui verità pretende di dare piena assicurazione.
Antico Testamento 1. In tutte le epoche del AT, gli uomini si scambiano giuramenti, sia per allacciare alleanze (Gen 21,22-32; 31,44-54), sia per garantire l’irrevocabilità delle loro promesse (Gen 24,2-4; 47,29) e delle loro decisioni (1Sam 4,44; 25,22). Il giuramento garantisce inoltre la veridicità di un’affermazione nelle relazioni correnti (Giud 8,19; 1Sam 20,3), nelle inchieste giuridiche (Es 22,7. 0), nelle predizioni dei profeti (1Re 17,1; cfr. Dan 12,7). Questo ricorso alla garanzia di Dio assume a volte la forma di un appello alla sua sanzione in caso di spergiuro: «Jahvè mi è testimone: guai a me se... (soprattutto anticamente: Gen 24,37; Giud 11,10; 1Sam 14,24.48).
2. È comprensibile che Israele abbia spesso attribuito dei giuramenti a Jahvè stesso: per concludere la sua alleanza (Deut 4,31; 7,8); garantirne le promesse (Gen 22,16; 26,3), annunciarne il giudizio (Num 14,21; Am 4,2; 6,8), sottolineare l’autorità della sua parola (Ez 20,3; 33,11). La sua formula abituale è allora: «Io sono vivo».
Dio non può basare che su se stesso la propria parola.
3. Malgrado il valore assicurato al giuramento dalla presenza e dall’autorità del giusto Giudice, si verificano sempre degli spergiuri. Il decalogo li condanna (Es 20,7) e i profeti non si stancheranno di denunciarli (Os 4, 2; Ger. 5,2; 7,9; Ez 17,13-19; Mal 3,5). Dopo l’esilio, si acquista sensibilità a un altro abuso: la frequenza dei giuramenti che utilizzano Dio a servizio dei più sordidi interessi moltiplicando i rischi di spergiuro (Eccle 5,1; Eccli 23,9-11; Qumrân). L’avvertimento dei sapienti non equivale a un rifiuto del giuramento, ma dimostra una più acuta intelligenza del suo valore, e invita a riservarlo per le occasioni solenni.
NUOVO TESTAMENTO 1. Il pensiero di Gesù appare sfumato. Non ricorre mai al giuramento per garantire la autorità della propria dottrina; si limita a introdurre le sue affermazioni più solenni con la formula consuetudinaria: «Amen, io ve lo dichiaro». D’altronde, nel discorso della montagna, prescrive ai suoi di astenersi dai giuramenti (Mt 5,33-37): l’uomo non dovrebbe giurare su quanto è di proprietà di Dio, in quanto non ne è lui il padrone; e la parola dei discepoli non ha bisogno di cercare altra garanzia all’infuori della sincerità fraterna. Tuttavia Gesù si scaglia con forza contro la casistica lassista degli scribi, che propongono espedienti per attenuare il rigore del giuramento (Mt 23,16-22); di fronte al sinedrio, accetta di rispondere al sommo sacerdote che lo scongiura, cioè gli deferisce il giuramento (Mt 26,63): in questa solenne circostanza, in cui proclama di fronte all’autorità legittima la propria missione, Gesù riconosce implicitamente il valore del giuramento.
2. Paolo, che condanna gli spergiuri (1Tim 1,10), non utilizza mai le formule biasimate da Gesù né quelle in uso nel giudaismo. Tuttavia fa volentieri ricorso alla garanzia divina nelle affermazioni che gli stanno particolarmente a cuore. Prende Dio a testimone del proprio disinteresse (1Tess 2,5.10; 2Cor 1,23), della propria sincerità (Gal 1,20), del proprio amore per i fedeli (2Cor 11,11; Fil 1,8; Rom 1,9). Si direbbe che in lui il precetto di Gesù concernente i giuramenti corregga già le abitudini giudaiche.
3. Gli altri autori del NT manifestano la stessa discrezione di Gesù. La lettera di Giacomo (Giac 5,12) interpreta a suo modo l’insegnamento di Gesù in Mt 5,33-37; ma la lettera agli Ebrei (6,16) riconosce il valore del giuramento. Quanto ai giuramenti attribuiti a Dio, essi vengono ricordati più volte nel NT (Atti 2,20; Ebr 3,11ss; 6,13ss; 7,20ss), soprattutto quando si tratta di giuramenti di portata messianica. Tutto sommato, il NT trasmette il pensiero di Gesù sulla sincerità che tra gli uomini si impone, sul rispetto dell’onore divino e sulla gravità dei casi ai quali bisogna riservare il giuramento.
Satana il principe delle tenebre - Giorgio Giordani e Sergio Lanza (Schede Bibliche Pastorali - Vol. VII): ... nei sinottici, ..., Satana è visto come capo di un regno che si estende su tutta la terra (Mc 3,23-26). Egli si serve di un’armata di demoni che tentano gli uomini e li attirano al male (cf. Mc 3,22).
Segno della presenza e del dominio di Satana sono i casi di possessioni diaboliche (indemoniati e infermi) che secondo la mentalità del tempo vengono senza troppe distinzioni attribuiti all’azione dello spirito del male (Lc 11,14; 13,16; cf. At 10,38 ecc.). L’opera di Cristo consiste appunto nell’abolire il regno di Satana e instaurare il regno di Dio (Mt 12,27-28). L’episodio delle tentazioni di Gesù nel deserto costituisce l’inizio significativo di questa lotta senza quartiere che caratterizza tutta la vita di Cristo come esplicitamente nota Luca (Lc 4,13; 22,53). Si vede così la sconfitta di Satana adombrata e anticipata nei miracoli di guarigione, nelle conversioni e nel perdono dei peccati, e i incontra di nuovo il fallimento della sua azione quando tenta di stornare Cristo dal suo proposito di «salire a Gerusalemme dove avrebbe dovuto molto offrire, ed essere riprovato... poi venire ucciso» (Mc 8,31) attraverso la reazione impetuosa e affettuosa di Pietro (Mc 8,33 e par; cf. Mt 4,10). È lui che prende possesso di Giuda e gli ispira il proposito di tradire Cristo e di consegnarlo nelle mani dei giudei (Lc 22; cf. Gv 13,27). È a questo punto che Gesù, conscio di quello che sta per accadere, esclama: «Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete steso le mani contro di me; ma questa è la vostra ora,è l’impero delle
tenebre» (Lc 22,53), La morte di Gesù segna il culmine del potere delle tenebre, che sembra aver ormai acquisito il possesso definitivo del mondo (Mc 15,33 e par.). Ma è solo un’apparenza: la morte di Gesù segna in realtà la sconfitta totale di Satana, la disintegrazione del suo regno, la fine del suo potere (Lc 10,18; Gv 12,31).
La fede non necessita di alcun giuramento - Ilario di Poitiers (Commento a Matteo 4, 23): La Legge aveva stabilito una pena per lo spergiuro, affinché il rispetto del giuramento tenesse a freno l’intenzione di ingannare, e nello stesso tempo perché il popolo, rozzo e sfrontato, facesse con frequenza menzione del suo Dio nella sua maniera abituale di giurare.
Ma la fede elimina l’abitudine di giurare. Essa stabilisce nella verità le attività della nostra vita e, facendo rigettare l’inclinazione a mentire, prescrive la lealtà nel parlare e nell’ascoltare, di modo che ciò che è sia e ciò che non è non sia. Infatti, tra è e non è c’ è spazio per la menzogna e il di più viene tutto dal maligno (Mt 5, 27). Ciò che è ha la proprietà di essere sempre, ciò che invece non è ha per natura di non essere. Così coloro che vivono nella semplicità della fede non hanno bisogno del legame del giuramento. Con essi ciò che è, è sempre, ciò che non è, non è, per cui tutte le loro azioni e tutte le loro parole sono nella verità.
Il Santo del Giorno - 14 Giugno 2025 - San Metodio Patriarca di Costantinopoli: È la figura di un patriarca di Costantinopoli ai tempi della Chiesa indivisa, la figura che il calendario liturgico presenta oggi alla venerazione dei fedeli. Siciliano d’origine (la sua formazione sarebbe avvenuta a Siracusa), Metodio fu monaco sull’isola di Chio prima di essere chiamato a Costantinopoli dal patriarca san Niceforo. Erano quelli gli anni in cui divampava lo scontro sulle icone. Fermo difensore della venerazione delle immagini, quando l’imperatore iconoclasta Leone V l’Armeno depose il patriarca Niceforo, Metodio si recò a Roma per informare papa Pasquale I dell’accaduto. Alla morte di Leone, il Papa inviò Metodio a Costantinopoli con una lettera in cui chiedeva fosse reinsediato come legittimo patriarca.
Ma la lotta non era ancora finita: ad attenderlo trovò infatti il carcere, dove rimase per anni. Solo con l’avvento dell’imperatrice Santa Teodora, verrà la svolta definitiva in favore delle icone. E Metodio tornerà sulla sede patriarcale di Costantinopoli. Morirà nell’847. (Avvenire)
O Signore, la tua forza risanatrice,
operante in questo sacramento,
ci guarisca dal male e ci guidi sulla via del bene.
Per Cristo nostro Signore.