11 Giugno 2025
 
San Barnaba Apostolo
 
At 11, 21b-26; 13,1-3; Salmo Responsoriale Dal Salmo 97 (98); Mt 10,7-13
 
Colletta
O Dio,
che hai voluto riservare san Barnaba,
pieno di fede e di Spirito Santo,
per la conversione dei popoli pagani,
fa’ che sia annunciato fedelmente con la parola e con le opere
il Vangelo di Cristo che egli predicò con indomito coraggio.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Benedetto XVI (Udienza Generale): Barnaba significa «figlio dell’esortazione» (At 4,36) o «figlio della consolazione» ed è il soprannome di un giudeo-levita nativo di Cipro. Stabilitosi a Gerusalemme, egli fu uno dei primi che abbracciarono il cristianesimo, dopo la risurrezione del Signore. Con grande generosità vendette un campo di sua proprietà consegnando il ricavato agli Apostoli per le necessità della Chiesa (cfr At 4,37). Fu lui a farsi garante della conversione di Saulo presso la comunità cristiana di Gerusalemme, la quale ancora diffidava dell’antico persecutore (cfr At 9,27). Inviato ad Antiochia di Siria, andò a riprendere Paolo a Tarso, dove questi si era ritirato, e con lui trascorse un anno intero, dedicandosi all’evangelizzazione di quella importante città, nella cui Chiesa Barnaba era conosciuto come profeta e dottore (cfr At 13,1). Così Barnaba, al momento delle prime conversioni dei pagani, ha capito che quella era l’ora di Saulo, il quale si era ritirato a Tarso, sua città. Là è andato a cercarlo. Così, in quel momento importante, ha quasi restituito Paolo alla Chiesa; le ha donato, in questo senso, ancora una volta l’Apostolo delle Genti. Dalla Chiesa antiochena Barnaba fu inviato in missione insieme a Paolo, compiendo quello che va sotto il nome di primo viaggio missionario dell’Apostolo.
In realtà, si trattò di un viaggio missionario di Barnaba, essendo lui il vero responsabile, al quale Paolo si aggregò come collaboratore, toccando le regioni di Cipro e dell’Anatolia centro-meridionale, nell’attuale Turchia, con le città di Attalìa, Perge, Antiochia di Pisidia, Iconio, Listra e Derbe (cfr At 13-14). Insieme a Paolo si recò poi al cosiddetto Concilio di Gerusalemme dove, dopo un approfondito esame della questione, gli Apostoli con gli Anziani decisero di disgiungere la pratica della circoncisione dall’identità cristiana (cfr At 15,1-35). Solo così, alla fine, hanno ufficialmente reso possibile la Chiesa dei pagani, una Chiesa senza circoncisione: siamo figli di Abramo semplicemente per la fede in Cristo [...]. [Dall’] anno 49 ... si perdono le sue tracce.
Tertulliano gli attribuisce la Lettera agli Ebrei, il che non manca di verosimiglianza perché, essendo della tribù di Levi, Barnaba poteva avere un interesse per il tema del sacerdozio. E la Lettera agli Ebrei ci interpreta in modo straordinario il sacerdozio di Gesù.  
 
I Lettura: C’erano nella Chiesa di Antiòchia profeti e maestri: il carisma proprio del dottore o didascalo lo rende adatto a dare ai fratelli un insegnamento morale e dottrinale basato normalmente sulla Scrittura (cf. 1Cor 12-14). I cinque profeti e dottori qui enumerati, Bàrnaba, Simeone detto Niger, Lucio di Cirene, Manaèn, compagno d’infanzia di Erode il tetrarca, e Saulo, rappresentano il governo della chiesa di Antiochia.
Barnaba, uomo virtuoso, pieno di Spirito e di fede, molto stimato dalla Chiesa, sarà il mentore dell’apostolo Paolo nei suoi viaggi apostolici.
Ad Antiochia  per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani: i discepoli di Gesù vengono, così, identificati come quelli che sono di Cristo/Messia. In un certo senso, li riconoscono messianici, consacrati.  
 
Vangelo
Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.
 
Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): Il programma missionario dei Dodici corrisponde esattamente a quello di Gesù e consiste nella predicazione della vicinanza del regno e nelle guarigioni. Anch’essi devono annunciare l’avvicinarsi del regno di Dio (v. 7), conforme al messaggio iniziale del Battista e di Gesù stesso (3,2; 4,7).
Non si accenna però alla necessità della conversione, forse per sottolineare la presenzialità della salvezza nella chiesa, attraverso il kerygma apostolico. Le guarigioni rappresentavano una conferma dell’avvento del regno, in quanto contrassegno del tempo messianico: come avevano predetto i profeti, la parola del Messia è convali­data dal suo potere miracoloso, ora partecipato anche ai Dodici. Mt accentua questo aspetto taumaturgico gli apostoli ricevono il potere non solo di scacciare i demoni, ma di compiere prodigi ancora più grandi, come la risurrezione di morti e la guarigione di lebbrosi.
L’attività missionaria nella chiesa avrebbe implicato sempre questi due elementi essenziali: la proclamazione del vangelo e la promozione sociale in favore delle persone più indigenti e emarginate.
 
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 10,7-13
 
In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli:
«Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni.
Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento.
In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti.
Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi».
Parola del Signore.
 
Norme per la missione - Felipe F. Ramos (commento della Bibbia Liturgica): I discepoli di Gesù devono continuare l’opera del Maestro: devono annunziare la presenza del regno; e i miracoli che hanno il potere di operare devono essere l’argomento della verità della presenza del regno di Dio che essi annunziano. Tanto la predicazione dei discepoli come le loro opere devono annunziare l’imminenza del regno di Dio. L’annunzio del regno, l’invocazione di Dio come Padre rendono presente il regno.
Questo contenuto della predicazione dei discepoli è espresso nella nostra lettura dalle affermazioni relative alla pace. L’augurio di pace era il saluto abituale fra i giudei; ma qui è qualcosa di più. La pace è descritta col grado di efficienza della parola di Dio: se Dio comanda qualcosa, questo si realizza; se pronunzia una parola, questa non torna a lui vuota (Is 45,23; 55,11). Là dove si augura la pace, si realizza quello che si è chiesto. Si tratta quindi della pace che equivale al regno di Dio, la pace eterna, quella di Dio, la piena armonia fra Dio e l’uomo, fra l’uomo e l’uomo... la riconciliazione: tutto questo è divenuto realtà nella presenza del Cristo (Mc 5,34; Rm 5,1; Ef 2,14: Cristo nostra pace). Per questo, l’annunzio della pace è l’annunzio di Cristo e di tutto quello che egli significa per l’uomo. Una pace che resterà fra i degni e che si allontanerà dagli indegni.
Questa personificazione della pace mette in rilievo il duplice atteggiamento di fronte alla parola-pace di Dio: atteggiamento di accoglienza o di rigetto. Non si tratta d’una maledizione: semplicemente la pace non resta con coloro che la rigettano. Quello che l’AT aveva detto del Messia, che sarebbe stato il principe della pace (Is 9,5), ora è detto utilizzando solo la parola di saluto normale, ma con una maggiore profondità di senso.
Scuotete la polvere dai vostri piedi. Anche questa frase esclude ogni genere di maledizione: sta semplicemente a simboleggiare l’esclusione dal regno di coloro che si sono esclusi da sé rigettando la pace loro offerta: essi non avranno parte nel regno. Questo gesto di scuotere la polvere dai sandali era abituale quando un giudeo tornava in patria: si scuoteva la polvere dai piedi per indicare che i gentili non avevano parte nel destino del  popolo eletto, nel possesso della terra promessa. Ma questo gesto, nelle parole di Gesù, ha un significato trascendente: l’atteggiamento di rigetto della parola di Dio, della pace, ha come conseguenza inevitabile la parola «condanna», esclusione definitiva dal regno, una sorte peggiore che quella di Sodoma e Gomorra.
Le norme di privazione assoluta che sono imposte ai discepoli: non porterete né oro né argento né sandali né bastone... paiono assolutamente impraticabili. Si chiedeva loro davvero tutto questo? Pare che queste esigenze siano prese da norme stabilite per assistere al culto di Dio nel tempio: «che nessuno entri nel tempio con bastone, sandali o con borsa di denaro...». Partendo da questa norma giudaica, si direbbe semplicemente che i discepoli, nel compimento della loro missione evangelizzatrice, sono davanti a Dio (come nel tempio) e devono comportarsi come chi sta alla presenza di Dio, sapendo che il risultato della loro missione dipende da Dio. Diremmo che si ordina ai discepoli di andare «disarmati» per mettere in evidenza che si tratta dell’opera di Dio, dell’annunzio della sua parola, e non d’un’opera umana. Come norme di assoluto ascetismo, sono inspiegabili. Come può un uomo camminare senza sandali e senza bastone nel deserto...?
In fine, i discepoli sono presentati come operai mandati nella vigna del Signore, e quindi sono degni del loro salario. Il NT ripete in altre occasioni queste parole di Gesù (1Cor 9,14; lTm 5,18). San Paolo, che cita le parole di Gesù, rinunziò a questo privilegio (1Cor 9,12; 1Ts 2,9; 2Ts 3,7-8...) per godere d’una maggior libertà nella predicazione e per poter rispondere adeguatamente ai possibili correligionari giudei. Egli si gloria di essersi guadagnato da vivere col lavoro delle sue mani.
 
L’apostolato della Chiesa nascente – Xavier Léon-Dufour: Se i Dodici sono gli apostoli per eccellenza, nel senso che la Chiesa è «apostolica», l’apostolato della Chiesa, inteso in un senso più largo, non si limita tuttavia all’azione dei Dodici. Come Gesù, «apòstolos di Dio» (Ebr 3, 1), ha voluto istituire un collegio privilegiato che moltiplichi la sua presenza e la sua parola così i Dodici comunicano ad altri non già il privilegio intrasmissibile che li costituisce per sempre corpo dei testimoni del risorto, bensì l’esercizio della loro missione apostolica. Già nel VT Mosè aveva trasmesso a Giosuè la pienezza dei suoi poteri (Num 27, 18), ed anche Gesù ha voluto che l’ufficio pastorale affidato ai Dodici continui attraverso i secoli: pur conservando un legame speciale con essi, la sua presenza di risorto trascenderà infinitamente la loro cerchia ristretta.
Del resto, già nella sua vita supplica, Gesù stesso ha aperto la via a questa estensione della missione apostolica. Accanto alla tradizione prevalente che raccontava la missione dei Dodici, Luca ha conservato un’altra tradizione, secondo la quale Gesù «designò ancora 72 altri [discepoli] e li mandò davanti a sé» (Lc 10, 1). Stesso oggetto di missione che per i Dodici, stesso carattere ufficiale: «Chi ascolta voi, ascolta me, chi rigetta voi rigetta me, e chi rigetta me, rigetta colui che mi ha mandato» (Lc 10, 16; cfr. Mt. 10, 40 par.). Nel pensiero di Gesù la missione apostolica non è quindi limitata a quella dei Dodici.
I Dodici stessi agiscono in questo spirito. Al momento della scelta di Mattia essi sanno che un buon numero di discepoli possono soddisfare alle condizioni necessarie ( Atti 1, 21 ss): Dio non designa propriamente un apostolo della stessa fama di Paolo (14, 4. 14); e se i Sette non sono chiamati apostoli (6, 1-6), possono tuttavia fondare una nuova Chiesa: così Filippo in Samaria, quantunque i suoi poteri siano limitati da quelli dei Dodici (8, 14-25). L’apostolato, rappresentante ufficiale del risorto nella Chiesa, rimane per sempre fondato sul collegio «apostolico» dei Dodici, ma viene esercitato da tutti gli uomini ai quali questi confericono autorità.
 
Giovanni Crisostomo, In Matth. 32, 2-4: Cammin facendo predicate: «È vicino il regno dei cieli»” (Mt 10,7). Considerate la dignità degli apostoli e la grandezza del loro ministero? Gesù non comanda loro di predicare l’avvento di qualcosa di terreno o di sensibile e neppure quanto avevano un tempo predicato Mosè e i profeti; essi devono predicare realtà nuove e al di là di ogni aspettativa. I profeti promettevano soltanto la terra e i beni terreni: gli apostoli annunziano invece il regno dei cieli, e tutti i beni che ad esso appartengono. Non è poi la superiorità della loro predicazione che pone gli apostoli su un piano più alto dei profeti, ma è l’obbedienza pronta che essi manifestano a Cristo. Non tentano di sottrarsi al loro compito, non cercano di resistere agli ordini divini, come tentarono di fare alcuni degli antichi. Nonostante essi conoscano i pericoli, le lotte e gli intollerabili mali che dovranno sopportare, non esitano a obbedire con completa sottomissione a quanto vien loro ordinato, come appunto debbono fare i predicatori del regno dei cieli. Ma cosa c’è da stupirsi - voi mi direte - se essi obbediscono subito, senza difficoltà, dal momento che non devono annunziare niente di doloroso e di triste? Ma che dite? La loro missione non era difficile? Non avete forse sentito parlare del carcere, delle torture, della guerra da parte dei loro connazionali, dell’odio universale e di tutte le altre sciagure che cadranno sopra gli apostoli? Gesù li manda come messaggeri per promettere agli altri infiniti beni, ma promette e preannunzia loro soltanto tribolazioni e sofferenze.
Per far sì che essi abbiano pieno credito ovunque, dice loro: “Sanate infermi, risuscitate morti, mondate lebbrosi, scacciate demoni; gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10,8). Notate: Gesù ha cura di formarli non meno che di far compiere loro quei miracoli; perciò mostra loro che i prodigi non sono niente se non sono accompagnati da una vita onesta: «Gratuitamente avete ricevuto «- egli dice -» gratuitamente date».
Con queste parole reprime la loro vanità e provvede a tenerli lontani dall’avidità dei beni.
Perché non pensino che così grandi miracoli siano opera loro, e quindi non se ne glorino, egli sottolinea: «Gratuitamente avete ricevuto»: cioè voi non darete niente di vostro a coloro che riceveranno la vostra opera, e i miracoli che compirete non saranno frutto e ricompensa delle vostre fatiche. È per mia grazia che li farete; e questa grazia ricevuta da me gratuitamente, gratuitamente dovrete distribuirla agli altri. D’altra parte non è possibile trovare e ottenere un prezzo degno dei doni che voi darete.
 
Il Santo del Giorno - 11 Giugno 2025 - San Barnaba. Mani e parole per donare la vita di Dio al mondo: È attraverso le nostre mani e le nostre parole che Dio può raggiungere ogni essere umano. Ma questo impegno è sempre opera condivisa, lavoro compiuto in rete, sforzo che richiede il coinvolgimento di tutti. La storia di san Barnaba ci ricorda proprio che il lavorio di tessitura, mediazione e organizzazione è fondamentale perché l’annuncio del Risorto arrivi al mondo. Fu proprio in questo senso universalistico che s’impegnò questo apostolo, compagno di san Paolo ed evangelizzatore di Cipro. La sua figura appare una ventina di volte negli Atti degli Apostoli e altre sei volte in alcune lettere di san Paolo e ciò dimostra l’autorevolezza guadagnata da questo “straniero”. Era infatti nato a Cipro e aveva venduto tutto, donando il ricavato alla Chiesa nascente. Una Chiesa che la sua stessa opera contribuì a formare: fu tra i primi fedeli di Gerusalemme, portò l’annuncio del Risorto ad Antiochia e aiutò Paolo ad essere accettato dai cristiani, che nutrivano profonda diffidenza per l’ex persecutore. Accompagnò poi l’Apostolo delle genti nel suo primo viaggio. Barnaba partecipò al Concilio di Gerusalemme e sostenne la necessità di portare il Vangelo ai pagani e la missione nel Mediterraneo orientale. Secondo alcune fonti tardive sarebbe morto a Salamina, lapidato a causa della sua fede. (Matteo Liut)
 
Ricevuto il pegno della vita eterna,
ti preghiamo umilmente, o Signore:
fa’ che un giorno possiamo ottenere in pienezza
ciò che, nella memoria del santo apostolo Barnaba,
pregustiamo nei segni sacramentali.
Per Cristo nostro Signore.