10 Giugno 2025
 
Martedì X Settimana T.  O.
 
2Cor 1,18-22; Salmo Responsoriale Dal Salmo 118 (119); Mt 5,13-16
 
Colletta
O Dio, sorgente di ogni bene,
ispiraci propositi giusti e santi
e donaci il tuo aiuto,
perché possiamo attuarli nella nostra vita.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
L’apostolato dei laici - Lumen gentium 33: I laici, radunati nel popolo di Dio e costituiti nell’unico corpo di Cristo sotto un solo capo, sono chiamati chiunque essi siano, a contribuire come membra vive, con tutte le forze ricevute dalla bontà del Creatore e dalla grazia del Redentore, all’incremento della Chiesa e alla sua santificazione permanente.
L’apostolato dei laici è quindi partecipazione alla missione salvifica stessa della Chiesa; a questo apostolato sono tutti destinati dal Signore stesso per mezzo del battesimo e della confermazione. Dai sacramenti poi, e specialmente dalla sacra eucaristia, viene comunicata e alimentata quella carità verso Dio e gli uomini che è l’anima di tutto l’apostolato. Ma i laici sono soprattutto chiamati a rendere presente e operosa la Chiesa in quei luoghi e in quelle circostanze, in cui essa non può diventare sale della terra se non per loro mezzo. Così ogni laico, in virtù dei doni che gli sono stati fatti, è testimonio e insieme vivo strumento della stessa missione della Chiesa « secondo la misura del dono del Cristo » (Ef 4,7).
Oltre a questo apostolato, che spetta a tutti i fedeli senza eccezione, i laici possono anche essere chiamati in diversi modi a collaborare più immediatamente con l’apostolato della Gerarchia a somiglianza di quegli uomini e donne che aiutavano l’apostolo Paolo nell’evangelizzazione, faticando molto per il Signore (cfr. Fil 4,3; Rm 16,3 ss). Hanno inoltre la capacità per essere assunti dalla gerarchia ad esercitare, per un fine spirituale, alcuni uffici ecclesiastici.
Grava quindi su tutti i laici il glorioso peso di lavorare, perché il disegno divino di salvezza raggiunga ogni giorno più tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutta la terra. Sia perciò loro aperta qualunque via affinché, secondo le loro forze e le necessità dei tempi, anch’essi attivamente partecipino all’opera salvifica della Chiesa.
 
I Lettura: Paolo, accusato di doppiezza, vuole spiegare ai cristiani di Corinto i motivi perché ha modificato il suo progetto di viaggio. E per fare questo parte da una verità inconfutabile: la fedeltà di Dio. L’apostolo sa che se gli uomini mancano di fede, Dio rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso (Cf. 2Tm 2,13). Dio è la roccia d’Israele (Cf. Dt 32,4) e ci si può appoggiare su di lui con tutta sicurezza. Questa solidità spiega la costanza nei suoi disegni, la fedeltà alle sue promesse (Cf. Sal 89,19.25s). Nella pienezza del tempo (Cf. Gal 4,4), la fedeltà di Dio alle sue promesse raggiunge la compiutezza in Gesù Cristo. Sarebbe dunque contraddittorio che Paolo, per il quale l’annunzio di Cristo è l’unica ragione di essere, smentisca il suo messaggio con un atteggiamento di doppiezza. Amen, «così è, in verità», è la risposta della fedeltà dell’uomo alla fedeltà di Dio in Gesù Cristo (Rom 1,25). Per la Bibbia di Gerusalemme, il sigillo e l’unzione «designano sia il dono dello Spirito accordato a tutti i credenti [forse con una allusione ai riti dell’iniziazione cristiana, Cf. Ef 1,13; 4,30; 1Gv 2,20; 2,27], sia la consacrazione al ministero apostolico [...] con un dono speciale dello Spirito che fa dell’apostolo il messaggero fedele della fedeltà di Dio nel Cristo (vv 17-20)». È da sottolineare, infine, la formula trinitaria, «Dio, Cristo, Spirito», contenuta nei versetti 21 e 22.
 
Vangelo
Voi siete la luce del mondo
 
«Questi versetti sono un richiamo alla missione apostolica di cui ogni cristiano è investito per il fatto di essere tale. Ciascun cristiano è tenuto a lottare per la santificazione personale, ma anche per la santificazione degli altri. È Gesù a insegnarcelo con le analogie del sale e della luce. Come il sale preserva gli alimenti dalla corruzione, dà loro sapore, li rende gradevoli e si dissolve mescolandosi a essi, così il cristiano deve svolgere quelle medesime funzioni tra i propri simili» (La Bibbia di Navarra).
 
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5,13-16
 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».
 
Parola del Signore.
 
Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo - I cristiani sono per il mondo ciò che il sale è per i cibi: danno sapore, purificano e preservano dalla corruzione. Non va dimenticato che il sale è anche sinonimo di sapienza, per cui i discepoli «sono chiamati a dare un senso nuovo, soprannaturale, cristiano alla vita umana. Senza questa azione gli uomini diventano come dissennati, senza orientazione, fatui» (Ortensio da Spinetoli). Un compito impegnativo che non può essere disatteso se non si vuole spartire la stessa sorte del sale insipido, cioè quello di essere gettato via e calpestato dalla gente.
Poiché non è possibile chimicamente parlando che il sale perda il suo sapore, la sentenza evangelica resta oscura. Ma ai tempi di Gesù come combustibile si usava generalmente lo sterco di cammello e «il sale è il catalizzatore che fa incendiare lo sterco. La sfera di sterco viene posta su un piatto di sale che forma la base della fornace. Passato del tempo, il sale perde la capacità di mantenere vivo il fuoco. Allora... quel sale non è più buono per il forno o per preparare il combustibile per la fornace. Lo si butta via. La sfida lanciata da Gesù ai suoi discepoli... è di essere catalitici, come il sale per la fornace» (John J. Pilch).
Quindi qui si alluderebbe alla vocazione di accendere fuochi, di illuminare, piuttosto che insaporire o conservare cibi. Praticamente, una esplicitazione pratica della seconda massima evangelica: Voi siete la luce del mondo. Un proseguo della missione di Cristo che amò definirsi luce del mondo (Gv 8,12).
Il tema della luce è molto caro alla sacra Scrittura.
L’essere di Dio è luce, in contrasto con l’essere umano che è tenebra. La Parola, l’insegnamento sono luce (Cf. Sal 119,5; Pr 6,23). Possiamo ricordare ancora l’invito rivolto a Israele: «Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore» (Is 2,5). In Is 42,6 e 49,6 Israele è chiamato «luce delle nazioni». Nel giudaismo l’immagine della luce «veniva riferita volentieri alla Legge o al Tempio, come anche ad eminenti personalità religiose. Qui si vuole insinuare che questa prerogativa passa al nuovo popolo di Dio» (Angelo Lancillotti).
Per i cristiani convertirsi dalle tenebre alla luce (Atti 26,18) per credere alla luce (Gv 12,36) è un imperativo improrogabile, così è un impegno fruttuoso quello di far risplendere la propria luce davanti agli uomini, perché vedano le loro opere buone e rendano gloria al Padre che è nei cieli.
Essere sale e luce della terra, ovvero camminare come figli della luce (Ef 5,9), è un servizio di alto valore costruttivo, rivolto a tutto il consorzio umano unicamente per la gloria Dio e non per amore di trionfalismo o per accaparrarsi i primi posti nella Chiesa e in mezzo agli uomini.
 
Il sale - Particolarmente necessario a coloro che avevano un regime d’alimentazione vegetale, il sale aveva una grande importanza per gli Israeliti che lo ricevevano principalmente dalle regioni a Sud Ovest del Mar Morto in cui c’erano importanti cave di questa sostanza (Cf. Gen 19,26; Ez 47,11).
Il sale serviva per condire le pietanze (Cf. Gb 6,6), per conservare il pesce secco, le olive e taluni foraggi. Il contadino mescolava talvolta il sale al foraggio delle sue bestie (Cf. Is 30,24).
Ma per comprendere altri impieghi del sale bisogna sapere che mangiare il sale di qualcuno, significa mangiare il suo pane e, quindi, contrarre amicizia con lui: coloro che insieme mangiano il pane e il sale, cioè  partecipano ad uno stesso pasto, sono uniti da un legame speciale. Quando, poi, i testi biblici parlano di “sale dell’alleanza” vogliono sottolineare il carattere solenne, solido, irrevocabile della convenzione stabilita (Cf. Lv 2,13; Nm 18,19; 2Cr 13,5). Può darsi che questa espressione derivi dall’obbligo di salare tutte le offerte presentate al santuario (Cf. Lv 2,13; Ez 43,24; Mc 9,49). Questa consuetudine doveva ricordare agli Israeliti la comunione particolare che li unisce al loro Dio, come dice espressamente il Levitico (2,13). Alla luce di questa lettura possiamo dire che il discepolo di Gesù sta nel mondo come “sale dell’alleanza”.
Ai tempi di Gesù si conosceva anche la proprietà purificatrice del sale. Ed è forse a causa di questo potere d’incorruttibilità che il sale si mescolava anche all’incenso (Cf. Es 30,35), di cui facilitava, d’altronde, la combustione. Ad ogni modo, l’uso del sale nel culto obbligava a tenerne in serbo in un locale speciale del Tempio (Cf. Esd 6,9; 7,22).
Forse era anche per stabilire una alleanza di sale tra la divinità e il bambino che questi alla sua nascita veniva strofinato col sale o poteva anche trattarsi d’un semplice espediente per renderlo più forte (Cf.  Ez 16,4), come anche oggi pensano i Beduini; ma forse anche tutt’e due le cose insieme.
Si sa che la parola «salario» designava al principio l’indennità concessa ai soldati romani per l’acquisto del sale.
Poiché il sale rende la terra improduttiva, i Semiti ne spargevano volentieri sull’area delle città che avevano distrutto, per colpirle - magicamente forse - di sterilità, per segnare il loro decadimento (Cf. Gdc 9,45; Dt 29,23; Gb 39,9; Sal 107,34; ecc.).
Da quanto è stato appena detto possiamo desumere che il sale è un felice simbolismo, di grande ricchezza espressiva, per inquadrare la missione del discepolo di Gesù in mezzo alla società in cui vive.
Ora se vogliamo fare un inventario del come essere sale della terra e luce del mondo, possiamo dire che si è sale e luce quando si spezza il pane con l’affamato;  quando si apre la casa e il cuore ai senza tetto, ai bisognosi, ai miseri; quando tra le pareti della propria casa domestica si è facitori di pace, di comunione; quando il cuore si apre alla grazia; quando si smette di tranciare giudizi, di condannare, di pettegolare, di ordire trame, di impastare la vita con la menzogna, la disonestà; quando si smette di parlare sporco, di usare parole equivoche, quando si smette di essere abili nel dire e nel non dire, nel dire sì e pensare no; quando si è onesti nell’andare al cuore del messaggio evangelico: “Gesù Cristo, e questi crocifisso”; quando si fonda la fede non “sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio”. Sono praticamente le buone opere che devono essere viste dagli uomini.
Non si è sale e luce quando per abulia si evitano incarichi, servizi, responsabilità, nascondendosi dietro il velo di una farisaica umiltà; quando non si vuol capire che la propria vita è per Dio, per il bene di tutti gli uomini; quando si tiene la bocca chiusa e non si è capaci di gridare al mondo le meraviglie, la bontà, l’amore del Padre che tanto “ha amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16); quando si accumulano peccati di omissione come i punti premio del supermercato; quando non si vuol intendere che Cristo ci viene incontro negli uomini, nostri fratelli.
Certo l’elenco non è completo, per completarlo occorre l’assidua meditazione della Parola di Dio e l’attenzione alla storia che stiamo vivendo. Oggi, alla luce della Parola di Dio, ognuno di noi si deve chiedere in che modo si possano trafficare i talenti ricevuti da Dio, come andare dentro un mondo che ha un disperato bisogno della testimonianza cristiana, della nostra vita, delle nostre opere buone, per conoscere e benedire Dio.
«Non possiamo perdere il sapore e la luminosità del cristianesimo diluendoli in chiacchiere, e neanche in semplici pratiche pie. Vedendo la nostra fede religiosa e la nostra condotta orientate alla fratellanza e all’amore, la gente ci riconoscerà come portatori della luce di Cristo e darà gloria al Padre. Come il sale e la luce, la nostra fede e la nostra condizione cristiana non ammettono mezzi termini: o trasformano e illuminano la vita, o non servono a niente» (Basilio Caballero).
Il sale, dice Gesù, non deve perdere il suo sapore.
Qualora lo perdesse a null’altro servirebbe che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini.
«Vi è in queste parole la dolorosa storia di chi ha perduto il “sapore” della fede e della grazia e così, “scomunicato all’interno”, vive un’esistenza randagia e nel disamore. Il “sapore” è fedeltà alla divina rivelazione e alla tradizione viva della chiesa, alla sua prassi sacramentale e alla disciplina pastorale. Occorre custodire, preservare il sale dalla corruzione” (Benvenuto Matteucci).
 
La vita dei figli della luce - Augustin Feuillet e Pierre Grelot - Era già stata una raccomandazione di Gesù (cfr. Gv 12, 35 s): bisogna che l’uomo non lasci oscurare la sua luce interiore, e così pure bisogna che vegli sul suo occhio, lampada del corpo (Mt 6,22s par.). In Paolo la raccomandazione diventa abituale. Bisogna rivestirsi delle armi di luce e rigettare le opere delle tenebre (Rom 13,12s) per tema che il giorno del Signore ci sorprenda (1Tess 5,4-8). Tutta la morale entra facilmente in questa prospettiva: il «frutto della luce» è tutto ciò che è buono, giusto e vero; le «opere sterili delle tenebre» comprendono i peccati di ogni specie (Ef 5,9-14).
Giovanni non parla diversamente. Bisogna «camminare nella luce» per essere in comunione con il Dio che è luce (1 Gv 1,5 ss). Il criterio è l’amore fraterno: da questo si riconosce se si è nelle tenebre o nella luce (2,8-11). Colui che vive in tal modo, da vero figlio della luce, fa risplendere tra gli uomini la luce divina di cui è diventato depositario. Divenuto a sua volta la luce del mondo (Mt 5,14ss), egli risponde alla missione che Cristo gli ha dato.
Verso la luce eterna. - Impegnato in questa via, l’uomo può sperare la meravigliosa trasfigurazione che Dio ha promesso ai giusti nel suo regno (Mt 13,43). Di fatto la Gerusalemme celeste, dove essi infine giungeranno, rifletterà su di sé la luce divina, conformemente ai testi profetici (Apoc 21,23ss; cfr. Is 60); allora gli eletti, contemplando la faccia di Dio, saranno illuminati da questa luce (Apoc 22,4s). Tale è la speranza dei figli della luce; tale è pure la preghiera che la Chiesa rivolge a Dio per quelli tra loro che hanno lasciato la terra: «Possano le anime dei fedeli defunti non essere immerse nelle tenebre, ma S. Michele arcangelo le introduca nella santa luce! Faccia brillare su di esse la luce eterna!» (Liturgia dei defunti).
 
Un cristiano deve diffondere la luce - Giovanni Crisostomo Omelia 20 (sugli Atti degli apostoli): Niente è più freddo di un cristiano, che non si interessa della salvezza degli altri. Non puoi, a questo proposito, prendere come scusa la tua povertà: la vedova che offrì le due monetine si leverebbe ad accusarti. Anche Pietro disse: Non ho né oro né argento (At 3,6) e Paolo era talmente povero, che spesso soffriva la fame e mancava del cibo necessario. Non puoi appellarti all’umiltà della tua nascita: anch’essi erano gente oscura, nati da umile condizione. Non puoi mettere avanti come pretesto la tua ignoranza: anch’essi erano gente incolta. Anche se tu fossi uno schiavo, un fuggiasco perfino, potresti ugualmente compiere tutto quello che dipende da te, perché anche Onesimo era uno schiavo: eppure guarda a che dignità fu chiamato!... Non puoi prendere come scusa la tua debolezza fisica: anche Timoteo era debole di salute e aveva molti mali. Come testimonianza delle sue infermità senti cosa gli dice san Paolo: Fa’ uso anche di un po’ di vino, a motivo del tuo stomaco e delle tue frequenti indisposizioni (1Tm 5,23). Qualsiasi persona può portare aiuto al suo prossimo, se desidera fare tutto quello che può.
Non vedete come sono vigorosi, come sono belli, slanciati, piacevoli, lussureggianti gli alberi senza frutto?
Ma se noi possedessimo un giardino, preferiremmo avere dei melograni o degli ulivi che sono molto più produttivi. Gli alberi belli servono per dare gioia, ma non per rendere guadagno: la loro utilità è minima. Coloro che pensano a se stessi sono come alberi sterili: anzi, in un certo senso, non sono nemmeno tali perché servono soltanto per essere bruciati. Gli alberi senza frutto, almeno, possono servire per costruire o rendere solidi gli edifici. Tali erano le vergini stolte: certo, erano pure, belle e modeste, ma non erano utili a nessuno e per questo furono bruciate. Come loro sono tutti quelli che non nutrono il Cristo. Guarda: nessuno di questi è accusato dei suoi peccati personali, dei suoi adulteri, dei suoi spergiuri, o altro. Niente di ciò: vengono accusati di non essersi resi utili al prossimo. Come può essere cristiano chi fa così? Dimmi un po’: se il lievito mescolato alla farina non fa lievitare tutta la pasta, è forse lievito? E se il profumo non avvolge del suo soave odore tutti quelli che si avvicinano, lo chiameremo ancora profumo?
Non dire: mi è impossibile trascinare gli altri; se tu sei cristiano, è impossibile che questo non avvenga. Come è vero che le realtà naturali non possono essere in contraddizione fra di loro, così anche per quello che abbiamo detto: operare il bene è insito nella natura stessa del cristiano. Se tu affermi che un cristiano è nell’impossibilità di portare aiuto agli altri, offendi Dio e gli dai del bugiardo. Sarebbe più facile per la luce essere tenebra, che per un cristiano non diffondere luce attorno a sé. Non dire: è impossibile. È il contrario che è impossibile. Non fare violenza a Dio.
 
Il Santo del Giorno - 10 Giugno 2025 - Beato Edoardo Poppe, Sacerdote: Edward Giovanni Maria Poppe nacque a Temsche in Belgio il 18 dicembre 1890. Fu un grande pedagogista dell’Eucarestia. A 22 anni Edward Poppe nel 1912 entro nel seminario filosofico Leone XIII di Lovanio. A causa della Prima guerra mondiale fu richiamato alle armi. Nel 1915 fu trasferito a Gand e nel 1916 fu ordinato sacerdote. Formò molti giovani al catechismo e alla devozione eucaristica. Istituì la «Lega della Comunione frequente» tra i fanciulli e le operaie. Per i fanciulli della «Crociata eucaristica Pio X» di tutto il Belgio, pubblicò un settimanale del titolo «Zonneland» (Paese del Sole). Costretto a vivere su una poltrona per motivi di salute, scrisse le opere più note: «Direzione spirituale dei fanciulli» (1920), «Salviamo gli operai» (1923), «Apostolato eucaristico» (1923).
Morì il 10 giugno 1924 a soli 34 anni nel convento di Moerzeke-lez-Termonde. Beatificato da Giovanni Paolo II il 3 ottobre 1999. (Avvenire)

O Signore, la tua forza risanatrice,
operante in questo sacramento,
ci guarisca dal male e ci guidi sulla via del bene.
Per Cristo nostro Signore.