9 Luglio 2024
 
Martedì XIV Settimana T. O.
 
Os 8,4-7.11-13; Salmo Responsoriale Dal Salmo 113b; Mt 9,32-38
 
Colletta
O Padre, che nell’umiliazione del tuo Figlio
hai risollevato l’umanità dalla sua caduta,
dona ai tuoi fedeli una gioia santa,
perché, liberati dalla schiavitù del peccato,
godano della felicità eterna.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Benedetto XVI (Omelia, 11 Settembre 2006): Sappiamo che il Signore cerca operai per la sua messe. L’ha detto Egli stesso: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!” (Mt 9,37s). Perciò ci siamo qui riuniti: per lanciare questa richiesta al padrone della messe. Sì, la messe di Dio è grande ed aspetta degli operai: nel cosiddetto Terzo Mondo – in America Latina, in Africa, in Asia – la gente aspetta araldi che portino il Vangelo della pace, il messaggio del Dio fatto uomo. Ma anche nel cosiddetto Occidente, da noi in Germania, come pure nelle vastità della Russia è vero che la messe potrebbe essere molta. Mancano, però, gli uomini che siano disposti a farsi operai nella messe di Dio. È oggi come allora, quando il Signore fu preso da compassione per le folle che gli parevano come pecore senza pastore – persone che probabilmente sapevano molte cose, ma non erano in grado di vedere come orientare bene la loro vita. Signore, guarda la tribolazione di questa nostra ora che abbisogna di messaggeri del Vangelo, di testimoni per Te, di persone che indichino la via verso la “vita in abbondanza”! Vedi il mondo e lasciati prendere anche adesso dalla compassione! Guarda il mondo e manda operai! Con questa domanda bussiamo alla porta di Dio; ma con questa domanda bussa poi il Signore anche al nostro stesso cuore. Signore, mi vuoi Tu? Non è forse troppo grande per me? Non sono forse io troppo piccolo per questo? “Non temere”, ha detto l’Angelo a Maria. “Non temere, ti ho chiamato per nome”, dice mediante il profeta Isaia (43,1) a noi – a ciascuno di noi.
 
I Lettura - Chi semina vento raccoglie tempesta - Epifanio Callego (Commento della Bibbia Liturgica): In questa lettura è presentato, in riassunto, l’annunzio del castigo inevitabile che colpirà Israele, insieme con i motivi che lo determinano. Dio non è capriccioso, ma giusto.
Osea ha accusato il popolo d’aver rotto il patto e d’aver violato la legge, poiché «ha rigettato il bene». E il popolo deve averlo affrontato per chiedergli le prove.
La presente lettura è la risposta del profeta: non apprezzamenti personali, ma un inventario storico dal quale usciranno condannati.
Dall’inizio del regno del nord con Geroboamo, la storia della monarchia è stata una serie ininterrotta di assassini e di usurpazioni, specialmente negli ultimi anni. Re e sovrani hanno cessato di essere carismatici per trasformarsi in manichini di poteri umani. Non era cosa certa questa? La colpevolezza politico-sociale era chiara come il sole. «Hanno creato dei re che io non ho designato» preciserà Yahveh.
Qual era la loro colpa religiosa o cultuale? Ecco: avevano idoli d’oro o d’argento fuso. Si allude all’abominevole toro di Samaria fatto costruire da Geroboamo al tempo della divisione del regno e ancora presente, per loro vergogna. Certo, era stato costruito come simbolo di Yahveh, sullo stile dei simboli dei Baal; ma non vi era il percetto di non costruirsi immagini? Il grande peccato non era il modo irregolare di offrire il culto, ma la malizia interiore con cui non lo volevano riconoscere come tale e la conseguente impossibilità di essere purificati.
«Hanno seminato vento, raccoglieranno tempesta». E una locuzione proverbiale, con chiara allusione ai culti cananei delle stagioni dell’anno. Anche se credono il contrario, tali culti porteranno solo rovina: grandinate ... siccità ... o spighe vuote.
Israe1e continua a credere che lo difendano i molti altari, i molti sacrifici a la solennità delle sue neomenie. La risposta non può essere più drastica e rabbrividente: moltiplicando gli altari, moltiplica i suoi peccati.
E tutto questo, perché Israele ha dimenticato la torah, la legge, la rivelazione. Dio potrebbe avergli dato mille leggi e sarebbe la stessa cosa: lo avrebbe considerato come un estraneo. Dopo l’immagine dello sposo fedele, come doveva suonare duro questo «come un estraneo!». Pare che Yahveh rinunzi alla cosa considerandola impossibile. Tragico passaggio di Dio attraverso la vita! Lascia che mangino e ingrassino ... e facciano del sacrificio un giorno di scampagnata.
Nella sua giustizia il castigo sarà inesorabile. Le iniquità saranno ricordate e i peccati saranno puniti. «Dovranno tornare in Egitto»: i figli d’Israele torneranno indietro nella storia perderanno la terra promessa e torneranno nell’oppressione dalla quale erano stati riscattati. Osea vede l’esilio teologico piuttosto che quello materiale ormai imminente. Questo era realmente terribile: l’abbandono di Dio, il restare senza riscatto, abbandonati alle proprie forze... Come ripeterà Paolo facendosi eco di Osea, «ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato» (Gal 6.7).
 
Vangelo
La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai!
 
Gesù esorcizza un “muto indemoniato” e questo suscita stupore, ma soltanto nelle anime “semplici”, nei cuori perversi invece monta la bile, l’odio, la gelosia, e l’accusa è scoccata come freccia avvelenata: «Egli scaccia i demòni per opera del principe dei demòni». Il vangelo di Matteo non registra alcuna reazione da parte di Gesù, il quale riprende il suo cammino percorrendo “tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità”. È straordinaria questa nota, Gesù pur minacciato non ha paura di annunciare il vangelo del Regno e di compiere prodigi proprio nelle sinagoghe, la tana del lupo. Ma non è coraggio, è la sua missione, una missione che non è scevra di pericoli, di delusioni, ma impastata anche di compassione sopra tutto quando il suo sguardo si posa sulle folle mirandole “stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore”. Una verità lucida il cui riverbero raggiunge i nostra anni, un Europa che ha rigettato le radici cristiane, da qui l’imperativo dettato ai discepoli di tutti i tempi: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».
 
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 9,32-38
 
In quel tempo, presentarono a Gesù un muto indemoniato. E dopo che il demonio fu scacciato, quel muto cominciò a parlare. E le folle, prese da stupore, dicevano: «Non si è mai vista una cosa simile in Israele!». Ma i farisei dicevano: «Egli scaccia i demòni per opera del principe dei demòni».
Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità. Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».
 
Parola del Signore.
 
Guarigione di un muto indemoniato - Angelico Poppi (I Vangeli, Sinossi e Commento): Alla guarigione dalla cecità, una piaga endemica in Palestina, fa seguito l’esorcismo di un muto indemoniato.
Secondo la mentalità del tempo, la malattia veniva attribuita all’azione del demònio. Il miracolo provocò una duplice reazione: mentre le folle restarono ammirate e riconobbero il potere soprannaturale di Gesù, i farisei attribuirono la guarigione alla sua connivenza con il capo dei demoni (Beelzebul). Si profilava così da parte delle guide spirituali d’Israele un’opposizione sempre più forte. Infatti, dalla contestazione (9,11) i farisei passarono alla calunnia (v. 34), giungendo poi alla determinazione di far perire Gesù (12,14). La cecità e la mutolezza degli infermi suonano pertanto una valenza simbolica: indicano l’accecamento e l’indurimento dei capi religiosi dei giudei, che si rifiutavano di riconoscere in Gesù il Messia, predetto dai profeti nelle Scritture.
Il racconto del miracolo, estremamente conciso, è incentrato sul diverso atteggiamento assunto dai giudei nei confronti di Gesù. L’evangelista lo attinge dalla fonte dei logia (Q; cf. Le 11,14-15). Sembra che lo collochi in questo contesto per lo stesso motivo dell’episodio precedente, cioè per giustificare la risposta che Gesù avrebbe dato agli inviati del Battista (cf. 11,4-5). Più avanti Matteo duplica il miracolo in una forma ancora più stringata (Mt 12,22-24).
 
Cacciata dei demòni - Werner Wiskirchen: Nel mito dei racconti dell’antichità, su prodigiosi “uomini divini” riluce la verità che il mondo e gli uomini hanno bisogno di essere salvati. Secondo Mc Gesù inizia la sua attività con una cacciata dei demòni. Il suo grido di araldo rivolto a Israele che annuncia l’immediata vicinanza della signoria di Dio nella sua persona è, nel contempo, grido di combattimento contro tutte le specie di demòni. “Se io scaccio i demòni con il dito di Dio (Mt: nello Spirito di Dio), è dunque giunto a voi il regno di Dio” (Lc 11,20).
Gesù possiede lo Spirito santo puro e caccia i forti spiriti impuri dalla loro casa, dal momento che è più forte di loro. I demòni si manifestano soprattutto come causa di malattia e possessione. Per mezzo della cacciata dei demòni Dio diventa Signore su Satana.
Satana, in quanto falso signore, tortura e schiavizza la creazione buona.
Ciò si manifesta, secondo il modo di vedere di quel tempo, anche nelle catastrofi naturali, cosicché i miracoli sulla natura di Gesù traggono da qui il loro significato. Gesù vuole riportare la creazione allo stato iniziale di bontà. La salvezza abbraccia l’uomo intero visto nel suo mondo, quindi anche la corporeità. Agli occhi di Gesù ogni uomo è un malato in cerca di guarigione. Il potere di Gesù di cacciare i demòni è uno dei più importanti punti di partenza prepasquali per il titolo “Figlio di Dio”. La lotta di Gesù contro i demòni viene continuata dai discepoli (Mc 6,7) e dalla comunità (At 19,11-17). La potenza universale della superstizione e della falsa sapienza, la degenerazione della potenza politica e la sua trasfigurazione cultuale (cf. At 13,1ss) sono segni escatologici dell’impotente furore di Satana, il quale sa “che gli resta poco tempo” (Ap 12,12). La cacciata dei demòni a spettro universale è necessaria. La chiesa è forte soltanto nel nome di Gesù.
 
Pregate dunque... - Italo Castellani: Il ritrovato impegno e tanta preghiera per le vocazioni, che si eleva oggi dalle nostre comunità - anche perché è sotto gli occhi di tutti la constatazione di una sproporzione tra il raccolto che ci sarebbe da fare e le braccia necessarie per questo raccolto - dovrà forse entrare sempre più nello spirito del comando di Gesù: “Pregate il Padrone della messe...”.
Gesù infatti ha chiesto più volte di pregare, ma pochissime volte, quattro in tutto, con un’intenzione precisa: la preghiera per i nemici (Mt 5,44); la preghiera per non entrare in tentazione nei tempi escatologici (Mt 26,41); la preghiera per Pietro affinché la sua fede non venga meno (Lc 22,32), la preghiera al Signore della messe perché mandi operai nella sua messe (Mt 9,38).
È significativo che tra questi “comandi”, non generali ma “all’imperativo” consegnati ai discepoli, ci sia la richiesta di pregare per l’invio degli operai nella messe.
Qual è dunque il significato profondo, da recuperare ai nostri giorni nella preghiera per le vocazioni della comunità cristiana, di questo “comando autoritativo” che esprime una precisa volontà del Signore?
“Gesù, dopo aver detto queste parole, non conclude dicendo: dunque andate. C’è bisogno, dunque, rimboccate le maniche, muoviamoci... Dice: c’è bisogno, dunque, pregate”.
“Si noti che Gesù non comanda ai discepoli di essere operai di Dio bensì di pregare...”.
“Gesù sembra spostare il problema: non è tanto un problema vostro, è il problema del Padrone della messe, quindi è un problema di Dio. È cosa di Dio. Pregate perché mandi”.
A pensarci bene, alla luce di queste riflessioni, la preghiera per le vocazioni che si eleva dal cuore della comunità cristiana ha forse bisogno di diventare più autentica. Troppo spesso, forse, la nostra preghiera per le vocazioni, mentre da una parte è accoglienza del comando di Gesù, dall’altra è forse più sollecitata da congiunture contingenti e dall’ansia di sopravvivere ad ogni costo.
Rischia cioè di non essere una preghiera essenzialmente mossa dalla fede e dalla motivazione primaria, che Gesù c’insegna nel Padre Nostro, che “venga” il Regno di Dio.
“Ma perché domandare a Dio, supplicarlo per ciò che riguarda innanzitutto lui? Perché chiedere una cosa per lui? Sta qui il grande mistero della preghiera. È certo che Dio, come Gesù, vede le pecore senza pastore, è certo che Dio vede i bisogni della Chiesa, ma Dio vuole che noi domandiamo, supplichiamo, preghiamo, perché ‘noi’ ne abbiamo bisogno. Di questo abbiamo veramente bisogno... Pregare per le vocazioni significa ricordare e confessare che la vocazione è dall’alto, da Dio, per Cristo, nella potenza dello Spirito Santo: Dio è il soggetto che plasma le chiamate e solo lui le può sostenere. Non è il soggetto individuale che sceglie, non è neppure la chiesa che chiama (cioè la risposta ai bisogni della Chiesa) e non sono neppure i bisogni del mondo che suscitano vocazioni. Insomma, Dio è il ‘principio’ della chiamata e ne è il ‘fine’ ma questi due poli si possono tenere insieme solo pregando”.
 
La folla fu presa da stupore - Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Matteo 32, l: L’infermità di quest’uomo non era prodotta dalla natura, ma soltanto dal malvagio assalto del demonio. Ecco perché era necessario che fosse condotto a Gesù dai suoi amici: essendo muto, non poteva pregare con la sua voce, e neppure poteva chiedere agli altri che lo portassero dal Signore, dato che il demònio teneva incatenata la sua anima come la lingua. Per questi motivi Gesù lo guarisce subito dal suo male, senza esigere da lui la fede.
E, scacciato il demònio, il muto parlò.
E le turbe, stupefatte, esclamarono: «Non s’è mai vista una cosa simile in Israele».
Queste parole soprattutto colpirono terribilmente i farisei. Con esse il popolo dimostrava di anteporre Gesù a chiunque altro, di stimarlo di più non solo di quanti erano allora vivi, ma anche di quanti erano esistiti in passato. E questa stima derivava non solo dal fatto ch’egli guariva gli ammalati, ma dal fatto che guariva in un istante e con estrema facilità innumerevoli malattie che nessuno mai era riuscito a curare. Ecco perché il popolo si esprimeva in tal modo.
 
 Il Santo del Giorno - 9 Luglio 2024 - Agostino Zhao Rong. Testimonianza capace di convertire - La fede, come il bene, si diffonde da sé attraverso la testimonianza dei credenti, che da sempre affascina e cambia la vita di chi cerca Dio. Così avvenne per sant’Agostino Zhao Rong, primo prete cinese martire. La sua conversione al Vangelo di Cristo avvenne grazie all’esempio di alcuni cristiani perseguitati. Nato a Kweichou nel 1746, nel 1772 come soldato dell’esercito imperiale venne mandato a custodire alcuni cristiani rinchiusi in prigione a causa della loro fede: tra loro c’erano dei sacerdoti che continuavano ad annunciare il Vangelo. Il futuro martire si convertì, venne battezzato e cresimato il 28 agosto, decidendo di prendere il nome del santo ricordato dalla liturgia quel giorno, Agostino. Dopo gli studi teologici venne ordinato prete nel 1781 e mandato in missione in una zona montagnosa. Riconosciuto e identificato, però, venne arrestato e ucciso durante la persecuzione del 1815. È ricordato assieme a 119 altri martiri in Cina le cui cause sono state unificate nel 2000: papa Giovanni Paolo II li ha infatti canonizzati assieme il 1° ottobre dell’anno giubilare. (Avvenire)
 
O Signore, che ci hai nutriti
con i doni della tua carità senza limiti,
fa’ che godiamo i benefici della salvezza
e viviamo sempre in rendimento di grazie.
Per Cristo nostro Signore.