8 Luglio 2024
 
Lunedì XIV Settimana T. O.
 
Os 2,16.17b-18.21-22; Salmo Responsoriale dal Salmo 144 (145); Mt 9,18-26
 
Colletta
O Padre, che nell’umiliazione del tuo Figlio
hai risollevato l’umanità dalla sua caduta,
dona ai tuoi fedeli una gioia santa,
perché, liberati dalla schiavitù del peccato,
godano della felicità eterna.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Significato dei miracoli - Catechismo degli Adulti [191]: I miracoli di Gesù sono strettamente collegati alla sua predicazione. È sempre in cammino, infaticabile, per città e villaggi della Galilea, «predicando la buona novella del Regno e curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo» (Mt 4,23). Affida ai discepoli la stessa duplice missione: «Li mandò ad annunziare il regno di Dio e a guarire gli infermi» (Lc 9,2). Predicazione e miracoli attestano e attuano la nuova venuta salvifica di Dio nella storia. La sua parola converte; la sua parola risana. Il messaggio è centrato sul regno di Dio; i miracoli ne lasciano intravedere la presenza, ne sono i segni trasparenti.
Il loro significato è molteplice. Dio si è fatto vicino in modo nuovo, per vincere il peccato, la malattia, la morte e ogni forma di male, per dare all’uomo la salvezza integrale, spirituale, corporea, sociale e cosmica, ora come in un anticipo e poi alla fine della storia in pienezza, facendo «nuove tutte le cose» (Ap 21,5). Gesù è il Messia, «colui che deve venire» (Mt 11,3). Il popolo, davanti a questi gesti divini è chiamato a credere e convertirsi.
La stessa riluttanza a compiere miracoli, che Gesù manifesta più volte, ha un suo significato. Egli vuole evitare che la gente strumentalizzi Dio ai propri interessi immediati. Per chi non cerca la comunione con Dio, ma unicamente i suoi benefici, il miracolo diventa fuorviante. Gesù esige almeno una fede iniziale, un’apertura al mistero. Alla folla curiosa e avida di prodigi si sottrae volentieri, appena capita l’occasione favorevole.
 
I Lettura: La condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore - Epifanio Callego (Commento della Bibbia Liturgica): Davanti alla prosperità della vita sedentaria, fonte di tutti i mali nell’ottica dei profeti, Osea ricorda i giorni del deserto, quando Israele non conosceva nessuno fuori di Yahveh, e li ricorda come il periodo ideale degli sposalizi divini. Per questo, ora, alla vigilia di nuove nozze, l’immagine del deserto si riempie nuovamente di contenuto. Israele deve andare nel deserto, dimenticare tutti i Baal e i culti cananei, incontrarsi da solo a solo col suo Baal, o Signore, Yahveh, e lì, nella solitudine e nell’intimità, parlare e ascoltare, come fanno due giovani innamorati nell’intimità del cuore: «Come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d’Egitto».
«In quel giorno» altrettanto impreciso quanto sicuro, «ti farò mia sposa» è ripetuto tre volte per far notare l’importanza dell’intenzione divina e la solennità dell’atto.
Sposalizio in piena regola, con tutti i crismi giuridici che l’accompagnano, così che non lo chiamerà più mio padrone a «mio Baal», bensì «marito mio».
«Ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto ...». Si allude al prezzo o dote della fidanzata che, in origine, era pagata al padre e ai fratelli della giovane, poiché questa diveniva proprietà dello sposo e, successivamente, era consegnata alla sposa stessa come garanzia per il caso di vedovanza o d’un ingiusto divorzio.
Qui chi paga la dote è Yahveh. E lo fa con cinque regali: giustizia, diritto, benevolenza, amore e fedeltà, che sono l’essenza della felicità e della santità. «Diritto e giustizia» divina verso di lei e verso i popoli che la circondano; «benevolenza» nel trattamento che le riserverà cercando sempre quello che è retto come norma della sua  azione; «amore costante» e non solo affettività o sentimento ma affettività che comporta solidarietà, lealtà, assistenza, e anche misericordia, perché la conosce, gli sono note le sue debolezze umane, e quindi, saprà comprendere e perdonare la sua fragilità innata; e in fine, «fedeltà»: le sarà fedele per sempre o, per dirla con altre parole, sarà un Dio-sposo nel quale si può sempre confidare e del quale ci si può sempre fidare. Non vi fu mai sposa che ricevesse una dote migliore.
«E tu conoscerai il Signore». La versione liturgica è perfetta, perché la conoscenza di cui parla Osea non è la nostra conoscenza puramente intellettuale, ma una dedizione totale dell’uomo che si piega alla volontà di Dio, Per questo, l’ebraico si esprime dicendo che «conoscerà col cuore». Il miglior commento a questa conoscenza di Yahveh sembra di Geremia: «Forse tuo padre non mangiava e beveva? Ma egli praticava il diritto e la giustizia, e tutto andava bene. Egli tutelava la causa del povero e del misero, e tutto andava bene; questo non significa infatti conoscermi? Oracolo del Signore» (Ger 22,15-16).
Così espresse l’amore di Dio il profeta che meglio conobbe l’amore umano.
 
Vangelo
Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni ed ella vivrà.
 
C’è sempre gente che è pronta a fare teatro, a drammatizzare ogni evento della vita. Così, mentre il padre crede e spera, i flautisti, parenti, amici e affini sono pronti per la sceneggiata, e chissà come ci saranno rimasti male nel vedere che la bambina in verità “non era morta ma dormiva”. Nella nostra povera vita ci sono eventi incalzanti che non lasciano spazio a soluzioni, se avessimo la fede di quel papà o di quella donna che “aveva perdite da dodici anni”, i lamenti si tramuterebbero in canti di lode, colmi non di strazianti lacrime, ma di gioia. Il Vangelo di Luca della donna che da dodici soffriva di perdite di sangue ci rivela un particolare che è omesso da Matteo: “Mentre Gesù vi si recava, le folle gli si accalcavano attorno. E una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, la quale, pur avendo speso tutti i suoi beni per i medici, non aveva potuto essere guarita da nessuno” (Lc 8,40-43), pur avendo speso tutti i suoi beni per i medici..., eh sì, quando si spengono tutte le speranze umane non resta che toccare il mantello di Gesù: “gli si avvicinò da dietro, gli toccò il lembo del mantello e immediatamente l’emorragia si arrestò” (Lc 8,44). Un piccolo gesto, ma che molte volte abbiamo paura di compiere perché ostinatamente attaccati alle “soluzioni umane”, che spesso, non solo non guariscono, ma aggrovigliano in modo irreversibile le nostre difficoltà.
 
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 9,18-26
  
In quel tempo, [mentre Gesù parlava,] giunse uno dei capi, gli si prostrò dinanzi e disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà». Gesù si alzò e lo seguì con i suoi discepoli.
Ed ecco, una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, gli si avvicinò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. Diceva infatti tra sé: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata». Gesù si voltò, la vide e disse: «Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata». E da quell’istante la donna fu salvata.
Arrivato poi nella casa del capo e veduti i flautisti e la folla in agitazione, Gesù disse: «Andate via! La fanciulla infatti non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma dopo che la folla fu cacciata via, egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò. E questa notizia si diffuse in tutta quella regione.
 
Parola del Signore.
 
Wolfgang Trilling (Vangelo secondo Matteo): In mezzo alla ressa una donna infelice riesce a toccare alle spalle il mantello di Gesù. La sua fede è grande, anche se si manifesta con un gesto che sa di magia. Ma questa fede, questa fiducia semplice e senza parole che si esprime con un toccare appena, viene accolta da Gesù. A differenza di Marco, Matteo fa notare che è la parola di Gesù che opera la guarigione, è la sua volontà e il suo comando e non un effluvio magico che passa nel corpo della donna malata. La sua interpretazione è più spirituale del testo popolare e ingenuo di Marco. Egli vuol prevenire il malinteso che Gesù possa esser visto soltanto come un guaritore, un operatore di meraviglie, dotato di misteriose energie.
È importante constatare che nei Vangeli c’è una forza equilibratrice tra i singoli evangelisti, e solo nella visione d’insieme di tutti i racconti si manifesta la verità piena.
Gesù sottolinea che è stata la fede a guarire la donna; la fede resta il presupposto e il fondamento dell’opera salvifica di Dio nei confronti dell’uomo. Certo, può essere una fede non ancora adulta, terra terra o più spirituale, ma è fede, in cammino, continuamente in via di sviluppo, «di fede in fede» (cf. Rm l,1); da una fede in germe a una fede sempre più profonda e radicalmente vissuta.
 
Il caso si presentava ormai era senza soluzioni: la fanciulla è morta. La casa del capo della sinagoga, che in Marco e Luca è chiamato Giairo, è sprofondata nel dolore: gli strepiti, i pianti dei parenti e delle prèfiche, accrescono la confusione e il chiasso.
Forse per riportare un po’ di calma, Gesù entrando dice ai piagnoni: «Andate via! La fanciulla infatti non è morta, ma dorme». Le parole di Gesù non devono far credere che si tratta di morte apparente, la fanciulla è veramente morta. Gesù non è ancora entrato nella camera dove era stato composto il cadavere della fanciulla, ma per il fatto che aveva già deciso di restituire alla vita la figlia di Giairo, il presente stato della fanciulla è soltanto temporaneo e paragonabile ad un sonno.
Riecheggiano le parole che Gesù dirà quando gli portano la notizia della morte di Lazzaro: «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo» (Gv 11,11). Questo linguaggio eufemistico è stato adottato dalla Chiesa che lo ha esteso a tutti coloro che «si addormentano nel Signore» (At 7,60; 13,36; 1Cor 7,39; 11,30), in attesa della risurrezione finale (1Ts 4,13-16; 1Cor 15,20-21.51-52).
Per i brontoloni le parole di Gesù sembrano essere fuori posto: come se Egli avesse voluto irridere il dolore dei genitori, dei parenti e degli amici convenuti in quel luogo di dolore.
La reazione però segnala anche un’ottusa ostilità nei confronti di Gesù e sopra tutto mette in evidenza la mancanza di fede nella sua potenza. È la sorte di tutti i profeti (Lc 4,24). Tanta cecità non lo ferma, per cui dopo aver messo alla porta gli increduli piagnoni, entra dove era la bambina, la prende per mano, il gesto abituale delle guarigioni (Mc 1,13.41; 9,27), e la riporta in vita.
La risurrezione della fanciulla è collocata all’apice di una sequenza di miracoli dall’impatto dirompente: la tempesta sedata (Mt 8,23-27), la liberazione dell’indemoniato geraseno (Mt 8,28-34). La vittoria di Gesù sugli elementi della natura impazziti (Sal 88,10), poi sul potere del maligno, e qui infine sulla morte stessa, mettono in luce la potenza del Figlio di Dio.
Oggi, Gesù, pur sedendo alla destra del Padre (Rom 8,34; Ef 1,20), continua ad essere presente nella sua Chiesa: per questa Presenza, i credenti fruiscono della potenza salvifica del Cristo celata misteriosamente nei sacramenti fino a che arrivino «all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo» (Ef 4,13).
 
Cristo è toccato dalla fede - Ambrogio, Exp. in Luc., 6, 57-59: Cominciò a sperare in un rimedio che potesse salvarla: riconobbe che il tempo era venuto per il fatto che si presentava un medico dal cielo, si levò per andare incontro al Verbo, vide che egli era pressato dalla folla.
Ma non credono coloro che premono intorno, credono quelli che lo toccano. Cristo è toccato dalla fede, è visto dalla fede, non lo tocca il corpo, non lo comprendono gli occhi; infatti non vede colui che non guarda pur avendo gli occhi, non ode colui che non intende ciò che ode, e non tocca colui che non tocca con fede...
Se ora noi consideriamo fin dove giunge la nostra fede e se comprendiamo la grandezza del Figlio di Dio, vediamo che a suo confronto noi non possiamo che toccare la frangia del suo vestito, senza poterne toccare le parti superiori. Se dunque anche noi vogliamo essere guariti, tocchiamo la frangia della tunica di Cristo.
Egli non ignora quelli che toccano la sua frangia, e che lo toccano quando egli è voltato dall’altra parte. Dio non ha bisogno degli occhi per vedere, non ha sensi corporali, ma possiede in se stesso la conoscenza di tutte le cose. Felice dunque chi tocca almeno la parte estrema del Verbo: e chi mai potrebbe riuscire a toccarlo tutto intero?
 
Il Santo del Giorno -  8 Luglio 2024 - Sant’Adriano III, Papa: Della sua vita si sa poco. Il «Liber Pontificalis» ci dice che era romano e che governò la Chiesa solo per un anno dall’884 all’885. Mantenne un atteggiamento conciliante con il patriarca di Costantinopoli Fozio e, invitato da Carlo il Grosso - successore di Carlo Magno - alla Dieta di Worms, morì durante il viaggio. L’imperatore aveva chiamato il pontefice, poiché la sua presenza avrebbe sanzionato l’autorità imperiale dell’erede del Sacro Romano Impero. È sepolto presso il monastero di Nonantola, nel Modenese. (Avvenire)  
 
O Signore, che ci hai nutriti
con i doni della tua carità senza limiti,
fa’ che godiamo i benefici della salvezza
e viviamo sempre in rendimento di grazie.
Per Cristo nostro Signore.