10 Luglio 2024
 
Mercoledì XIV Settimana T. O.
 
Os 10,1-3.7-8.12; Salmo responsoriale dal Salmo 104 (105); Mt 10,1-7
 
Colletta
O Padre, che nell’umiliazione del tuo Figlio
hai risollevato l’umanità dalla sua caduta,
dona ai tuoi fedeli una gioia santa,
perché, liberati dalla schiavitù del peccato,
godano della felicità eterna.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
I dodici - Catechismo degli Adulti [201] Un giorno, tra questi discepoli più vicini, Gesù ne sceglie dodici. Ci sono i quattro del lago: Simone, al quale impone il nome di Pietro, Giacomo e Giovanni di Zebedèo, Andrea fratello di Simone; e con loro ci sono anche Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananèo e infine Giuda Iscariota, il traditore.
È una scelta di importanza fondamentale e, prima di farla, Gesù passa la notte in preghiera. È un’iniziativa tutta sua: «chiamò a sé quelli che egli volle» (Mc 3,13). Il numero è intenzionale: «Ne costituì Dodici» (Mc 3,14). Si tratta di un’azione profetica simbolica, con la quale il Maestro dichiara la sua intenzione di radunare le dodici tribù disperse, di convocare l’Israele degli ultimi tempi, aperto anche ai pagani. Li scelse perché «stessero con lui e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demòni» (Mc 3,14-15). Questo raduno e questo invio prefigurano la vocazione della Chiesa alla comunione e alla missione.
Gesù mandò effettivamente i Dodici nelle città e nei villaggi, a proclamare il vangelo con la parola e con le opere; li mandò come suoi inviati ufficiali, a due a due secondo l’uso del tempo, con l’ordine di non esigere compensi, perché fossero segno dell’amore gratuito di Dio. «Partiti, predicavano che la gente si convertisse» (Mc 6,12) e guarivano molti malati. Al loro ritorno riferirono a Gesù «tutto quello che avevano fatto e insegnato. Ed egli disse loro: “Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po’“» (Mc 6,30-31). Questa prima missione, limitata al territorio di Israele, è preludio della missione definitiva verso tutte le genti, che il Signore affiderà loro dopo la sua risurrezione.
 
I Lettura - Chi semina giustizia raccoglie misericordia - Epifanio Gallego (Commento della Bibbia Liturgica): Osea torna ancora una volta al bersaglio preferito dei suoi rimproveri: l’idolatria d’Israele e la sua vana fiducia nei culti della fecondità. Era la realtà che il profeta aveva sotto gli occhi tutti i giorni e la cui gravità si rivelava sempre più funesta e irrimediabile.
Paragonando Israele a una vite frondosa, immagine che riprenderanno spesso i profeti posteriori (Isaia, Geremia, Ezechiele ...), egli ricorda loro gli anni di raccolti abbondanti, quando tutto era opulenta prosperità. Allora essi avevano aumentato i loro altari e migliorato i loro monumenti. Né il profeta, né Yahveh li accusano di quello che era progresso legittimo, ma li accusano della doppiezza della loro vita, per cui cercano di conciliare o nascondere la loro apostasia e la loro idolatria con alcune esteriorità del culto.
Dio non si lascia ingannare: vuole il cuore, l’interiorità, l’io impegnato e fermo, e sa che questo è diviso. Dio geloso farà espiare questo peccato distruggendo gli altari e le stele che gli avevano dedicato. È un nuovo modo di ripetere che vuole «l’amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più che gli olocausti» (6,1-6).
L’assenza del re e la mancanza di rispetto al Signore è un luogo storico di questa pericope che tradisce la situazione disperata che il popolo stava attraversando. Il potere era usurpato con successivi delitti. A ogni modo Osea fa dire a loro stessi: «Non abbiamo più re perché non temiamo il Signore. Ma anche il re che potrebbe fare per noi?».
Il profeta insiste. Attenzione! il regno cammina vertiginosamente verso la sua rovina. Samaria e il suo re - che fosse l’una o l’altro poco importava: la loro impotenza era evidente - trepidano e svaniscono come un fuscello sull’acqua». Tutto sarà distrutto, anche le «alture dell’iniquità». Tutto è peccato.
Quando giungerà il castigo della loro idolatria, dei loro errori, essi comprenderanno che la fecondità viene solo da Yahveh che essi hanno dimenticato, e non dai Baal.
Per questo «spine e rovi cresceranno sui loro altari». In altre parole, quando Yahveh li avrà abbandonati, la fecondità mancherà alla terra e alla sua vita. La desolazione sarà così terribile, che ricorreranno alla stessa natura che hanno sposata passando a Baal, e le chiederanno che copra le loro vergogne. San Luca metterà in bocca a Cristo queste parole drammatiche di Osea per descrivere gli orrori del Giudizio finale (Lc 23,30).
Sono ancora in tempo, perché c’è sempre tempo per lo «hesed» divino. Dovranno imporre una svolta totale alla loro vita. Invece di seminare vento e raccogliere tempesta (cf 8,7), dovranno seminare giustizia e pace e raccoglieranno misericordia. Questa giustizia comporta un ordine totalmente giusto, un ordine morale basato sull’ordine della natura; è una conversione del cuore capace di ottenere da Dio la misericordia che essi hanno perduto.
Può ancora piovere dsu di essi la giustizia di Yahveh, la giustificazione della loro vita; ma è indispensabile che
comincino essi stessi a dissodare il campo ... a «cercare il Signore ».
 
Vangelo
Rivolgetevi alle pecore perdute della casa d’Israele.
 
Il potere che Gesù dona ai Dodici è lo stesso potere che lui esercita a beneficio di tanti sventurati afflitti da svariate malattie e vessati dagli spiriti impuri (Cf. Mt 9,27-34). Il giudaismo chiamava gli spiriti impuri perché «estranei e anzi ostili alla purità religiosa e morale che esige il servizio di Dio» (Bibbia di Gerusalemme).
I dodici apostoli vengono nominati, per coppie, partendo dai primi che sono fratelli. I «nuovi capi del popolo eletto devono essere dodici, come le tribù d’Israele. Questa cifra verrà ristabilita dopo la defezione di Giuda [At 1,26], per essere eternamente conservata in cielo [Mt 19,28p; Ap 21,12-14]» (Bibbia di Gerusalemme).
L’ordine di non andare tra i pagani e di non entrare nelle città dei Samaritani, pur limitando il campo d’azione dei dodici discepoli, non esclude di fatto l’universalità del ministero degli Apostoli. Risponde piuttosto ad un principio della salvezza: Israele, nel piano di Dio, doveva essere evangelizzato per primo, da qui la sua particolare responsabilità nell’accettare o rifiutare la Buona Novella (Cf. Gv 4,22; Atti 13,46). Il cuore della evangelizzazione è la proclamazione della sovranità di Dio sul mondo attraverso la presenza e l’opera di Gesù.
 
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 10,1-7
 
In quel tempo, chiamati a sé i suoi dodici discepoli, Gesù diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.
I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì.
Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino».
 
Parola del Signore.
 
Franco De Carlo (Vangelo secondo Matteo): I dodici discepoli: chiamata e istruzioni (Mt 10,1-42) - L’esigenza di operai per il lavoro di mietitura, che scaturisce nella precedente pericope, sfocia, subito dopo, nella chiamata dei Dodici discepoli: siamo di fronte non più a personaggi anonimi, come nelle precedenti scene di guarigione, ma all’elenco preciso di persone, il cui nome - con, in alcuni casi, ulteriori specificazioni - viene posto in evidenza nel testo. La pericope si apre con il verbo proskaleó («chiamare presso [di sé]», v. 1a), che appare, per la prima volta, nel vangelo, così come anche l’espressione hoi dódeka mathétai («i dodici discepoli»). Il narratore riferisce che Gesù diede a questi Dodici l’autorità: edoken autois exousian («diede loro autorità»). L’associazione didōmi (dare) - exousia (autorità) è già apparsa precedentemente nel racconto, in occasione della reazione delle folle di fronte alla guarigione del paralitico (Mt 9,8); ricomparirà poi nel seguito della narrazione, nella domanda che i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo rivolgono a Gesù, mentre insegnava nel tempio (Mt 21,23) e, infine, nella chiusura dell’intero vangelo (Mt 28,18). L’autorità che il maestro conferisce ai suoi discepoli concerne il potere di espellere gli spiriti impuri e quello di guarire ogni malattia: questa nota dell’evangelista (v. 1) precede l’elenco dei Dodici discepoli (Mt 10,2), i quali, senza alcuna spiegazione e senza indugio, vengono definiti - e soltanto qui in tutto il vangelo - « i dodici apostoli (hoi dódeka apostoloi)».1 loro nomi sono i seguenti: Simone, Andrea, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Tommaso, Matteo, Giacomo d’Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo, Giuda. All’interno di questo elenco si hanno formulazioni speciali: prōtos Simōn ho legomenos Petros («primo Simone il detto Pietro»); Matthaios ho telōnēs («Matteo il pubblicano»); Ioudas ho Iskariōtēs ho kai paradous auton («Giuda l’Iscariota, colui che anche consegnò lui»).
 
… primo, Simone, chiamato Pietro - Corrado Ginami: Il primo degli apostoli di Gesù, che si chiamava Simone figlio di Giona (Mt 16,17), o di Giovanni (Gv 1,42). Gesù mutò il suo nome in Cefa (dall’aramaico Kefa’: roccia), reso in italiano con Pietro, alludendo al compito affidatogli. Originario di Betsaida (Gv 1,44) e pescatore come il fratello Andrea (Mc 1,16), fu tra i primi quattro discepoli che Gesù chiama al suo seguito (Mc 1,16-20) e la sua casa di Cafarnao divenne il punto di riferimento dell’attività del Cristo in Galilea (Me 1,29-31; 2,1 ecc.). È fuori discussione il fatto che il Nuovo Testamento attribuisce a Pietro un ruolo preminente tra i Dodici. È il primo a essere nominato nelle liste dei dodici apostoli (Mc 3,16), confessa Gesù come il Cristo (Mc 8,29), con Giacomo e Giovanni è testimone di particolari avvenimenti della vita del maestro (Mc 5,37; 9,2; 14,33), è la roccia su cui Gesù fonda la sua Chiesa e a lui conferisce il potere delle chiavi (Mt 16,16-19), è colui che dovrà confermare i suoi fratelli nella fede (Lc 22,32), che riceve la missione di pascere il gregge di Cristo (Gv 21,15-19). Prende l’iniziativa per coprire il posto lasciato vuoto da Giuda (At 1,15ss.) e pronuncia i primi e principali discorsi nei quali proclama la risurrezione del Signore (At 2,14-36; 3,12-26). Mostra il proprio coraggio di fronte alle persecuzioni (At 4,1-22; 5,17-42) e accoglie i primi convertiti pagani (At 10), dichiarando che anche a loro Dio ha fatto dono dello Spirito Santo (At 15,8). È tuttavia sempre Pietro che appare come tentatore satanico di Cristo (Mc 8,32-33), che non sa vegliare nemmeno un’ora durante l’agonia del Maestro (Mc 14,37) e lo rinnega piangendo amaramente al canto del gallo (Me 14, 66-72). Anche gli scritti di Paolo riconoscono la posizione autorevole di Pietro: lo mostrano come primo testimone della risurrezione (1Cor 15,5), punto di riferimento e personaggio di primo piano nella Chiesa madre di Gerusalemme (Gal 1,18; 2,9), apostolo degli ebrei, dei “circoncisi” (Gal 2,7-8). Dopo il duro confronto con Paolo ad Antiochia sul rapporto tra ebrei e pagani rispetto al nascente cristianesimo (Gal 2,11-14), databile attorno agli anni 48/49, non sappiamo nulla di certo sugli spostamenti di Pietro. Probabilmente diversi anni dopo arrivò a Roma, dove (forse nel 64 o nel 67) morì martire (crocifisso a testa in giù secondo l’apocrifo Atti di Pietro). Gli scavi compiuti in questi ultimi decenni sotto la basilica vaticana hanno reso più solida la testimonianza del martirio romano di Pietro. La tradizione ha anche attribuito a Pietro due Lettere apostoliche del Nuovo Testamento, ulteriore segno dell’autorevolezza e del prestigio che circondavano l’apostolo. Si rimane certo colpiti di fronte al vasto materiale neotestamentario che evidenzia la centralità della persona e del ruolo di Pietro. La cosa è ancor più ragguardevole, se si pensa che le testimonianze sopra riportate appartengono a tradizioni diverse eppure convergenti. Non può quindi sussistere dubbio alcuno sul fatto che proprio Gesù di Nazaret abbia voluto il servizio di Pietro come garanzia di unità e di verità per la vita della Chiesa, di ieri e di oggi. Pietro continua a vivere nella fede della Chiesa e a servire questa fede: è questo il significato del ministero petrino voluto da Cristo.
 
Non andate fra i pagani - Girolamo, Commento al Vangelo di Matteo 1,10, 5-6: Queste parole non contraddicono il comandamento che più tardi sarà dato: «Andate e insegnate a tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo»; il primo comandamento infatti viene dato prima della risurrezione; il secondo, dopo. Prima d’inviare gli apostoli alle genti e ai samaritani, era necessario annunziare l’avvento di Cristo ai giudei, affinché essi non avessero più alcuna scusa per giustificare il fatt di avere respinto il Signore. Secondo il significato allegorico, a noi che veniamo chiamati col nome di Cristo ci viene ordinato di non confondere la nostra esistenza con quella dei pagani e di non seguire l’errore degli eretici, affinché come è diversa la nostra fede, diversa sia la nostra vita.
 
Il Santo del Giorno - 10 Luglio 2024 - San Bernardo di Quintavalle - Nato in Assisi negli ultimi decenni del sec. XII, Bernardo conobbe san Francesco e si mise al suo seguito fin dal 1209, divenendo così il primo compagno del santo e «prima plantula» dell’Ordine minoritico. Con san Francesco fu a Roma dinanzi ad Innocenzo III per l’approvazione della Regola (16 aprile 1209); raggiunse poi Firenze e Bologna (1211), città che devono a lui i loro inizi francescani, e con fra’ Egidio si recò in Spagna, dove più tardi, come vogliono alcuni storici, fu ministro provinciale (1217-19). Tra il 1241 e il 1243 fu per qualche tempo a Siena. Lo ricorda il Salimbene che nella sua Cronica osserva di aver appreso da lui cose meravigliose intorno a s. Francesco. Quando i tre compagni Leone, Rufino e Angelo nel 1246 inviarono il loro memoriale su san Francesco al ministro generale Crescenzio, Bernardo era già morto. Si era spento placidamente in Assisi, come gli aveva predetto san Francesco, e fu sepolto nella basilica inferiore del santo. (Avvenire)
 
 
O Signore, che ci hai nutriti
con i doni della tua carità senza limiti,
fa’ che godiamo i benefici della salvezza
e viviamo sempre in rendimento di grazie.
Per Cristo nostro Signore.