26 Luglio 2024
 
SANTI GIOACCHINO E ANNA, GENITORI DELLA BEATA VERGINE MARIA
 
Ger 3,14-17; Salmo Responsoriale Ger 31,10-13; Mt 13,18-23

Colletta
O Signore, Dio dei nostri padri,
che ai santi Gioacchino e Anna
hai dato la grazia di generare
la Madre del tuo Figlio fatto uomo,
per le loro preghiere concedi anche a noi
la salvezza promessa al tuo popolo.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Benedetto XVI: La Chiesa celebra il 26 luglio la festa dei genitori della Vergine, i Santi Anna e Gioacchino, i nonni di Gesù.
“Vecchi”, cioè un peso. Tranne qualche eccezione, improduttivi. Per la loro salute malferma, troppo costosi per le casse pubbliche. Quasi tutti vittime inermi del gap tecnologico tra loro e un progresso che si aggiorna ormai di ora in ora e dunque tagliati fuori dal modo in cui il mondo oggi si muove, parla, comprende.
Sono queste alcune delle immagini con le quali un attuale e diffuso sentire comune etichetta gli anziani.
Non così la Chiesa che invece ha sempre avuto nei riguardi dei nonni un’attenzione particolare, riconoscendo loro una grande ricchezza sotto il profilo umano e sociale, come pure sotto quello religioso e spirituale. In passato i nonni avevano un ruolo importante nella vita e nella crescita della famiglia. Anche quando l’età avanzava, essi continuavano ad essere presenti con i loro figli, con i nipoti e magari i pronipoti, dando viva testimonianza di premura, di sacrificio e di un quotidiano donarsi senza riserve. Erano testimoni di una storia personale e comunitaria che continuava a vivere nei loro ricordi e nella loro saggezza.
Almeno per i cristiani, risplenda l’icona per eccellenza: quella di Anna e Gioacchino che, in qualsiasi interpretazioni artistica li ritragga, appaiono mentre circondano amorevolmente la loro piccola Maria. Non è difficile allora immaginarli circondare con lo stesso amore il “nipotino” Gesù, svolgendo quel ruolo in parte dimenticato da una società ubriacata dal mito dell’eterna efficienza, che con leggerezza lascia che un bambino preferisca la compagnia di un pc a quella di un nonno.
Il compito educativo dei nonni è sempre molto importante, e ancora di più lo diventa quando, per diverse ragioni, i genitori non sono in grado di assicurare un’adeguata presenza accanto ai figli, nell’età della crescita.
Affido alla protezione di Sant’Anna e San Gioacchino tutti i nonni del mondo, indirizzando ad essi una speciale benedizione. La Vergine Maria, che – secondo una bella iconografia – imparò a leggere le Sacre Scritture sulle ginocchia della madre Anna, li aiuti ad alimentare sempre la fede e la speranza alle fonti della Parola di Dio.
 
I Lettura:  Vi darò pastori secondo il mio cuore, che vi guideranno con scienza e intelligenza … Dopo l’esilio in Babilonia, Dio mando al suo popolo esemplari pastori come Zorabele, Esdra e Neemia. Ma “quel popolo non poteva adempiere in sé la predizione di Geremia: non riusciva a moltiplicarsi e a fruttificare in una comunità fiorente e prospera. Dovette venire il Buon Pastore e mandare il resto fedele degli ultimi tempi a predicare il vangelo a ogni creatura e fare del seme più insignificante l’albero maestoso, la Chiesa, il suo corpo mistico, il Cristo totale” (Epifanio Gallego).
 
Vangelo
Colui che ascolta la Parola e la comprende, questi dà frutto.
 
Nella spiegazione della parabola, Gesù mette in evidenza quattro categorie di persone, tutto e quattro in ascolto della  Parola di Dio, ma con modalità e frutti assai diversi. C’è chi non la “comprende”: un’ignoranza colpevole? Forse sì, in quanto apre le porte dell’anima al Maligno, il quale viene e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore. C’è chi ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non pondera bene i passi da compiere, non riflette con sapienza a cosa va incontro, e così appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. La terza categoria è la più ostica, impenetrabile, sorda, incapace di mettersi in ascolto a motivo della preoccupazione del mondo e della seduzione della ricchezza. E così, affanni e avidità  soffocano la Parola. Infine, vi sono coloro che riflettono sulla Parola ascoltata e si dispongono a mettersi in un serio e ben ponderato cammino di conversione. Se nella parabola il Maligno, le tribolazioni, le persecuzioni, le preoccupazioni del mondo, e la seduzione della ricchezza, la fanno da padroni, la libertà dell’uomo rimane inviolabile.
 
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 13,18-23
 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».

Parola del Signore.
 
Nella parabola del seminatore, Gesù suggerisce quattro tipi di terreno. Il primo è la strada: è l’immagine di colui che ascolta la parola, non la comprende e, a motivo della sua stoltezza, fa sì che il diavolo rubi ciò che è stato seminato. Il diavolo, il «dio di questo mondo» (2Cor 4,4), ha un progetto: non vuole che l’uomo si salvi e conoscendo la potenza della Parola di Dio è pronto a scendere in campo. Ma la parabola mette a nudo l’estrema impotenza del diavolo: infatti, egli riesce a rubare «ciò che è stato seminato nel cuore», non perché capace di farlo, ma per la negligenza dell’uomo.
L’affermazione, Quello che è stato seminato sul terreno sassoso, mette in relazione l’incostanza con la tribolazione o la persecuzione a causa della Parola. Praticamente, quando si vive una vita cristiana ovattata tutto va bene, si può essere anche gioiosi, ma quando la croce incomincia a far capolino, allora tutto cambia repentinamente. La parabola ritorna così a ricordarci una profonda comunione tra la fede e la croce. Il credente non può essere così ingenuo da pensare che gli verrà risparmiata la croce proprio da Colui che liberamente in cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce (Eb 12,2) per la salvezza degli uomini. Cristo «chiama i suoi discepoli a prendere la croce e a seguirlo, poiché patì per noi, lasciandoci un esempio, perché ne seguiamo le orme. Infatti egli vuole associare al suo sacrificio redentore quelli stessi che ne sono i primi beneficiari. Ciò si compie in maniera eminente per sua Madre, associata più intimamente di qualsiasi altro al mistero della sua sofferenza redentrice. Al di fuori della croce non vi è altra salvezza» (CCC 618).
Il seme caduto tra i rovi, mette in evidenza il ruolo negativo della preoccupazione del mondo e della seduzione della ricchezza nella vita dei discepoli: un ruolo negativo perché di fatto «soffocano la Parola ed essa non porta frutto» (Mt 13,28). È una condanna senza appello! Mentre per i due primi casi l’uomo può sempre mettersi in carreggiata, nel caso della preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza la creatura si avvia alla morte per soffocamento. Il Signore Dio concede la grazia e non violenta l’uomo, il quale deve corrispondere liberamente. Chi risponde con generosità riceve ulteriore grazia, arricchendosi così ogni giorno di più in grazia e santità. Chi invece la respinge, muore soffocato nel suo egoismo.
Alla fine c’è il terreno buono. Con questa immagine Gesù vuol dirci che l’uomo può farcela perché Dio lo vuole. Basta aprirsi al suo Amore, basta credere alla sua Parola. Basta accogliere con fiducia la Parola che Dio, per bocca del profeta Isaia, rivolge al suo popolo: «Credetemi, pare che voglia dire Yahveh, la mia parola è efficace. Tutto quello che vi dico, è vero. Come la pioggia che scende dal cielo non torna lassù senza aver inzuppato e fecondato la terra, così la mia parola non torna a me senza aver adempiuto il suo compito. La parola di Dio è il piano di Dio, i suoi eterni disegni di salvezza, piano e disegni che si sono realizzati in Cristo, sua parola incarnata» (Epifanio Gallego).
 
Santi Gioacchino e Anna - Messaggio e attualità - Enzo Lodi (I Santi del Calendario Romano): Le orazioni della Messa provengono dal messale Parisiense (1738) e sottolineano due temi, ricorrenti poi anche negli altri testi liturgici (due inni e antifone ai cantici delle lodi e dei vespri).
a) Anzitutto si invoca nella colletta il «Dio dei nostri padri che ha dato ai santi Gioacchino e Anna il privilegio di avere come figlia Maria, madre del Signore», facendoli così «partecipare a quella benedizione che ha promesso ad Abramo e alla sua discendenza» (orazione sulle offerte). È la continuità del disegno salvifico che da Abramo, attraverso le generazioni dei padri, giunge fino ai genitori «giusti», secondo l’espressione dell’Antico Testamento, e quindi anche allo stesso Gesù. Se Dio è gratuitamente fedele nel mantenere le sue promesse, fino alla scelta dei penultimi progenitori nella catena delle successioni generazionali, anche noi possiamo godere dei beni della salvezza eterna e soprattutto di quella benedizione di Abramo che l’antifona di ingresso chiama la «benedizione di tutti i popoli».
In Oriente, il calendario Bizantino celebra la memoria dei due progenitori al 9 settembre, perché si richiama l’uso di felicitare i genitori per la nascita della loro creatura (Maria, 8 settembre); infatti Anna poté giubilare come il profeta (Is 54) sulla città visitata da Dio. Perciò l’inno delle lodi. (secolo XV) canta la gioia di Anna come «radice dell’albero da cui proviene il germoglio fecondo che ci ha dato il Cristo (terza strofa); l’inno dei vespri (seconda strofa) celebra pure Gioacchino, che «la lunga serie degli avi regali ha portato come prole di Abramo e di Davide».
b) Ma oltre al tema della benedizione di Abramo, che attraversa i secoli e che rivela una scelta preordinata da Dio nel popolo eletto, c’è un dato ancor più universale, che l’orazione dopo la comunione pone in rilievo.
«Dio, nella sua provvidenza, ha voluto che il suo Figlio nascesse come membro della famiglia umana».
Dall’elezione del popolo eletto si è sospinti all’intera umanità di cui il Cristo fa parte indissolubilmente, rivelandoci la grande condiscendenza divina verso il genere umano, solidale nella natura al Figlio eterno del Padre. Quando Dio benedice, è sempre in favore dell’uomo che è il termine di questo disegno eterno. Così il discorso del Damasceno, nell’ufficio di lettura, attualizza questo tema: «O castissima coppia Gioacchino e Anna! Voi, conservando la castità che prescrive la legge naturale, avete conseguito per divina virtù ciò che supera la natura: avete donato al mondo la madre di Dio che non conobbe uomo».
 
Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende: “La terra buona e ubertosa è immagine delle anime che agiscono secondo verità, alla maniera di coloro che sono stati chiamati ed hanno abbandonato tutto per seguire Cristo... Nonostante una volontà unanimemente buona che ha ricevuto con gioia il seme dei beni, la terra buona e ubertosa produce in modi diversi, dove «il trenta», dove «il sessanta», dove «il cento»; tutte le parti della terra fanno crescere secondo il proprio potere e nella gioia, alla stregua di coloro che avevano ricevuto cinque talenti e ne hanno guadagnati dieci, ciascuno secondo la sua capacità [cfr. Mt 25,14-30]. Colui che rende «il cento» sembra possedere la perfezione dell’elezione; egli ha ricevuto il sigillo di una morte offerta in testimonianza per Dio. Quelli che rendono «il sessanta», sono coloro che sono stati chiamati e che hanno abbandonato il proprio corpo a dolorosi tormenti per il loro Dio, ma non sono arrivati al punto di morire per il loro Signore; tuttavia restano buoni fino alla fine. «Il trenta», è la misura quotidiana della buona terra; sono coloro che sono stati eletti alla vocazione di discepoli e sui quali non si sono levati i tempi della persecuzione; sono tuttavia coronati dalle loro opere buone, proprio come una terra è coronata dal suo frutto, ma non sono stati chiamati al martirio e alla testimonianza della loro fede” (Efrem).

Il Santo del Giorno - 26 Luglio 2024 - Santi Gioacchino e Anna, Genitori della Beata Vergine Maria: Anna e Gioacchino sono i genitori della Vergine Maria. Gioacchino è un pastore e abita a Gerusalemme, anziano sacerdote è sposato con Anna. I due non avevano figli ed erano una coppia avanti con gli anni. Un giorno mentre Gioacchino è al lavoro nei campi, gli appare un angelo, per annunciargli la nascita di un figlio ed anche Anna ha la stessa visione. Chiamano la loro bambina Maria, che vuol dire «amata da Dio». Gioacchino porta di nuovo al tempio i suoi doni: insieme con la bimba dieci agnelli, dodici vitelli e cento capretti senza macchia. Più tardi Maria è condotta al tempio per essere educata secondo la legge di Mosè. Sant’Anna è invocata come protettrice delle donne incinte, che a lei si rivolgono per ottenere da Dio tre grandi favori: un parto felice, un figlio sano e latte sufficiente per poterlo allevare. È patrona di molti mestieri legati alle sue funzioni di madre, tra cui i lavandai e le ricamatrici. (Avvenire)

O Padre, tu hai voluto che il tuo Figlio unigenito
nascesse dall’umana famiglia
perché gli uomini rinascessero da te a nuova vita:
santifica con lo spirito di adozione
coloro che hai saziato con il pane dei figli.
Per Cristo nostro Signore.