25 Luglio 2024
 
 San Giacomo, Apostolo
 
2Cor 4,7-15; Salmo Responsoriale dal Salmo 125 [126]; Mt 20,20-28
 
Colletta
 Dio onnipotente ed eterno,
tu hai voluto che san Giacomo, primo tra gli apostoli,
sacrificasse la vita per il Vangelo;
per il suo martirio conferma nella fede la tua Chiesa
e sostienila con la tua protezione.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Potete bere il calice che io sto per bere?: Giovanni Paolo II (Omelia, 9 novembre 1982): San Giacomo era fratello di Giovanni Evangelista. Essi furono i due discepoli a cui - in uno dei dialoghi più impressionanti che riporta il Vangelo - Gesù fece quella famosa domanda: “«Potete bere il calice che io sto per bere?». Ed essi risposero: «Possiamo»” (Mt 20,23). Era la parola della disponibilità, del coraggio; un atteggiamento tipico dei giovani, però non loro esclusivo, ma di tutti i cristiani, ed in particolare di coloro che accettano di essere apostoli del Vangelo. La generosa risposta dei due discepoli fu accettata da Gesù. Egli disse loro: “Il mio calice lo berrete” (Mt 20,23). Queste parole si compirono in Giacomo, figlio di Zebedeo, che col suo sangue diede testimonianza della risurrezione di Cristo a Gerusalemme. Gesù aveva fatto la domanda sul calice che avrebbero dovuto bere i due fratelli, quando la loro madre, come abbiamo letto nel Vangelo, si avvicinò al Maestro, per chiedergli un posto di speciale rilievo per entrambi nel Regno. Però Cristo dopo aver costatato la loro disponibilità a bere il calice, disse loro: “II mio calice lo berrete; però non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio” (Mt 20, 23). La disputa per conseguire il primo posto nel futuro Regno di Cristo, che i suoi discepoli immaginavano in modo troppo umano, suscitò l’indignazione degli altri Apostoli. Gesù approfittò allora dell’occasione per spiegare a tutti che la vocazione al suo Regno non è una vocazione al potere ma al servizio, “appunto come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti” (Mt 20,28). Nella Chiesa, l’evangelizzazione, l’apostolato, il ministero, il sacerdozio, l’episcopato, il papato, sono servizio.
 
I Lettura: Il servizio apostolico cresce in vasi di creta José Maria Gonzalez-Lamadrid: Qui Paolo passa a una magistrale descrizione delle vicissitudini del servizio apostolico. Per prima cosa, egli mette in rilievo ancora una volta quello che, per lui, è la cosa principale: il « tesoro » di questo ministero apostolico « è portato in vasi di creta »; e la ragione è molto semplice: « perché appaia che la potenza straordinaria viene da Dio e non da noi ». Quando, agli occhi degli uomini, il ministero apostolico non si presenta in vasi di creta, ma in ricche strutture di potere economico e politico e compare persino nelle forme abbaglianti di liturgie sontuose e splendide, è difficile comprendere che la « potenza straordinaria » viene da Dio, ma si insinua piuttosto che venga da quelle figure ieratiche, anche se esse usano, per abitudine, un linguaggio - certamente poco o punto intelligibile - col quale si sal va la formalità della dipendenza rispetto a Dio.
Paolo continua a presentare l’aspetto paradossale dei «servizio apostolico »: « tribolati, ma non schiacciati, rseguitati, ma non abbandonati, colpiti, ma non uccisi ». Egli non pensa a una situazione ideale nella quale scompaia la parte sgradevole del ministero apostolico; perciò, non avrebbe mai sognato un patto o un concordato coi teri di questo mondo, per evitare questo molesto aspetto dialettico dell’apostolato.
Al contrario, egli vede il servizio apostolico come una specie di « nekrosis », una « situazione di morte » che si porta avanti « per causa di Gesù, perché anche la vita dî Gesù sia manifesta nella nostra carne mortale ». Paolo, dunque, non sogna una situazione trionfalistica della Chiesa, ma anzi, una realtà sempre ambigua fra la vita e la morte. Naturalmente per esercitare questo ministero apostolico - che è primordialmente una proclamazione - è necessario essere fondamentalmente credente: « ho creduto, perciò ho parlato; anche noi crediamo e perciò parliamo ».
E la fede, in san Paolo, è sempre la stessa: la morte di Cristo è valida solo per il fatto che conduce a una risurrezione (cf 1Cor 15).
 
Vangelo
Il mio calice, lo berrete.
 
La domanda della madre dei figli di Zebedeo, e la reazione scomposta degli Apostoli, mostra con chiarezza come il discorso sulla croce non sia stato recepito. La replica di Gesù è chiara: i discepoli non devono preoccuparsi di sedere alla sua destra o alla sua sinistra, ma di bere il suo calice. Gli uomini a volte, per brama di onore e di potere, agognano occupare nella società i primi posti, nella Chiesa tutto questo deve essere bandito: i capi della Chiesa devono essere servi. Gesù si pone ancora una volta come modello da imitare: Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti. Chi nella Chiesa occupa i primi posti lo deve fare con spirito di servizio, la fecondità dell’autorità non è determinata dall’affermazione di sé, ma nel farsi schiavo, come il Figlio dell’uomo
 
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 20,20-28
 
In quel tempo, si avvicinò a Gesù la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
 
Parola del Signore.
 
Cosa volete che io faccia per voi - Mentre cupe nubi, foriere di morte, si addensano sinistramente sul capo di Gesù, i discepoli fanciullescamente sembrano essere occupati unicamente a guadagnarsi i primi posti. I figli di Zebedeo, appàiono i più risoluti in questa ricerca.
Giacomo e Giovanni, conosciuti come i «figli del tuono» (Mc 3,17), quelli che avrebbero voluto incenerire i samaritani colpevoli di non aver accolto Gesù (Lc 9,54), sembrano bene intenzionati a scavalcare gli altri Apostoli pur di arrivare ai primi posti del comando.
La latrice della richiesta è la madre: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Una rivendicazione che pretende inequivocabilmente un assenso.
In quanto era sentire comune che i giusti, accanto al Figlio dell’uomo, avrebbero preso parte al giudizio finale (cf. Mt 19,28 ), i figli di Zebedeo, per bocca della madre, chiedono questa dignità regale e giudiziaria, ma evidentemente senza rendersi conto delle conseguenze della loro domanda. Gesù, che «sapeva quello che c’è in ogni uomo» (Gv 2,25), sembra stare al gioco. Vuole che dai loro cuori esca tutto il pus, la rogna nauseabonda del comando che rodeva il loro cervello.
Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere? Con queste parole invita i due fratelli a bere il suo calice e a ricevere il suo battesimo. In questo modo, chiedendo di associarsi alla sua Passione, ma senza pretendere altro, cerca di correggere la loro mentalità ancora carnale. Nell’invitarli a bere il calice della sua amara passione e a immergersi nel suo battesimo di sangue: esige la «disponibilità al martirio e la costanza nella persecuzione che può essere anche mortale. Il discepolo non ha alternativa per giungere alla gloria; egli deve sapere che il calice e il battesimo offertigli sono la sorte di Gesù [“il calice che io bevo ... il battesimo con cui io sono battezzato”], non un destino privo di senso, voluto da una potenza senza volto» (Luigi Pinto).
Con faccia tosta a dir poco, Giacomo e Giovanni, rispondono che lo possono bere. La risposta non tarda ad arrivare come una secchiata di acqua gelida: sì, morirete ammazzati per la fede, ma sedere alla destra del Cristo è «per coloro per i quali il Padre mio l’ha preparato». Questa affermazione non è determinismo. Nulla è scritto, nel senso di predeterminato (cf. Rom 8,29). La salvezza è un dono di Dio e viene accordata ai discepoli, ma non per la via dei privilegi e della grandezza umana: il verbo preparare al passivo rimanda, come spesso nei testi biblici, alla sovrana volontà di Dio.
I primi a sedersi «uno alla sua destra e uno alla sinistra» (Lc 15,27) saranno i due ladroni, crocifissi con il Cristo. Ancora una volta si scompagina il solito sentire umano.
«Gli altri dieci si sdegnarono». Una nota che mette in luce una realtà fin troppo scomoda: nel gruppo apostolico serpeggiavano divisioni, liti, manie di grandezza ... La risposta di Gesù va in questo senso. La vera grandezza sta nel servire, nell’occupare gli ultimi posti come il Figlio dell’uomo. Una risonanza di questo insegnamento è nel racconto della lavanda dei piedi (Gv 13,1ss). Con questo detto «non si condanna di aspirare ai posti di responsabilità né si insegna paradossalmente che per raggiungere tali posti bisogna farsi servi e schiavi di tutti, ma più semplicemente si vuol dire che nell’ambito della comunità cristiana i chiamati al comando devono adempiere al loro mandato con spirito di servizio, facendosi tutto a tutti e guardando solo al bene degli altri [cf. 1Cor 9,19-23; 2Cor 4,5]» (Alberto Sisti).
Per Gesù servire vuol dire essere obbediente alla volontà del Padre fino alla morte, senza sconti e ripiegamenti, come il Servo di Iahvè, che si fa solidale con il peccato degli uomini. Affermando che è venuto per «dare la propria vita in riscatto per molti», il Cristo dichiara il carattere soteriologico della sua morte. Donandosi alla morte per la salvezza degli uomini e per la loro liberazione dalla schiavitù del peccato, Gesù offre alla Chiesa un modello di amore supremo, che essa è chiamata a inverare e prolungare nella storia.
 
 
Potete bere il calice che io sto per bere? - Pierre Émile Bonnard: Calice di comunione. - L’usanza orientale di far circolare durante i pasti un calice a cui tutti bevono, ne fa un simbolo di comunione. Ora, nei banchetti sacrificali, l’uomo è invitato alla mensa di Dio; il calice, che gli viene offerto, traboccante (Sal 23, 5), è il simbolo della sua comunione con il Dio dell’alleanza, che è la porzione dei suoi fedeli (Sal 16, 5). Ma gli empi, al culto di Dio e al calice che egli offre loro, preferiscono il calice dei demoni (cfr. Deut 32, 17; 1Cor 10, 21), con i quali comunicano in un culto idolatrico.
2. Calice d’ira. - Questa empietà attira l’ira di Dio; per esprimerne gli effetti i profeti riprendono il simbolo del calice, il quale versa un vino che rallegra il cuore dell’uomo, ma il cui abuso porta all’ebbrezza vergognosa.
Una tale ebbrezza è il castigo riservato da Dio agli empi (Ger 25, 15; Sal 75, 9; cfr. Zac 12, 2). La loro parte di calice, beveraggio di morte che essi devono bere loro malgrado, è il vino dell’ira di Dio (Is 51, 17; Sal 11, 6; Apoc 14, 10; 15, 7 - 16, 19).
3. Calice di salvezza. - L’ira di Dio è riservata agli ostinati. La conversione permette di sfuggirvi. Già nel VT i sacrifici di espiazione esprimono il pentimento del convertito; il sangue delle vittime, raccolto nei calici di aspersione (Num 4, 14), veniva versato sull’altare e sul popolo; si rinnovava così l’alleanza tra il popolo purificato e Dio (cfr. Es 24, 6ss). Tali riti figuravano il sacrificio in cui l’offerta del sangue di Cristo doveva realizzare la espiazione perfetta e l’alleanza eterna con Dio. Questo sacrificio è il calice che il Padre dà da bere al suo figlio Gesù (Gv 18, 11); questi, con una obbedienza filiale, l’accetta per salvare gli uomini, e lo beve rendendo grazie al Padre in nome di tutti coloro che salva (Mc 10, 39; Mt 26, 27s. 39-42 par.; Lc 22, 17-20; 1Cor 11, 25). Ormai questo calice è il calice della salvezza (Sal 116, 13), offerto a tutti gli uomini affinché comunichino con il sangue di Cristo fino a che egli ritorni, e benedicano per sempre il Padre che darà loro da bere alla mensa del suo Figlio nel regno (1Cor 10, 16; Lc 22, 30).
 
Lo spirito di servizio (20,24-28)- Wolfgang Trilling (Vangelo secondo Matteo): Gli altri dieci ne restano indignati dato che ritengono la domanda presuntuosa. Perché? Avrebbero dunque già “capito”? O considerano il passo dei due fratelli come una concorrenza, dato che non si è ancora spenta la discussione su chi tra loro sia il più grande (cf. Mc 9,33 s.)? Gesù coglie l’occasione per un insegnamento, che è tra i più importanti che gli dobbiamo, rivelando la legge fondamentale dei discepoli, la nuova mentalità dei credenti, l’ordine nuovo del popolo di Dio che è la Chiesa. Vengono presentati due quadri in netta contrapposizione: da una parte il quadro del dominio degenere dell’uomo sull’uomo; dall’altra quello di colui che si pone al servizio. Il dominio terreno viene esercitato mediante l’oppressione e la potenza dei dominatori e si accresce sull’impotenza degli oppressi. Quanto più i sudditi vengono privati di ogni potere, tanto più si estende la prepotenza dei dominatori: La storia dell’ antico Oriente è ricca di esempi a conferma di questa affermazione.
In netto contrasto con questo sistema del mondo, Gesù afferma con forza: non così dovrà essere tra voi! Anzi tutto il contrario.
Chi vuole potenza deve servire; chi vuole essere grande deve farsi piccolo; chi vuole essere il primo deve farsi l’ultimo. Lo spirito nuovo è spirito di servizio; la nuova legge è legge del dono di sé agli altri. La vera grandezza è l’essere piccoli; il vero dominio consiste nel servire.
Tutto questo suona paradossale, e lo è. L’uomo vi si oppone violentemente, mostrando così di non avere ancora trovato se stesso e la sua vocazione umana, perché chi perde la sua vita la trova (16,25). Il discepolo ritrova se stesso nel momento in cui si perde, si libera di sé nel momento in cui si fa servo del prossimo (cf. Gal 6,13).
 
San Leone Magno: Preziosa agli occhi del Signore, la morte dei suoi santi (Sal 115,5). Nessun genere di crudeltà può distruggere una religione fondata nel mistero della croce di Cristo. La Chiesa non è indebolita dalle persecuzioni, al contrario, ne è rafforzata. E il campo del Signore si riveste di una messe sempre più ricca, poiché i grani, che cadono ad uno ad uno, rinascono moltiplicati. Quanto fecondi siano stati Pietro e Paolo, questi due splendidi germogli del seme divino, lo attesta il numero immenso dei santi martiri, che, emuli del trionfo dei due apostoli, hanno circondato la nostra città di schiere rivestite di porpora e circonfuse di viva luce. Essi l’hanno come coronata di un unico diadema formato da molte pietre preziose.
 
Santo del giorno - 25 Luglio 2024 - San Giacomo il Maggiore, Apostolo: Detto il Maggiore (per distinguerlo dall’omonimo apostolo detto il Minore), Giacomo figlio di Zebedeo e Maria Sàlome e fratello dall’apostolo Giovanni Evangelista, nacque a Betsàida. Fu presente ai principali miracoli del Signore (Mc 5,37), alla Trasfigurazione di Gesù sul Tabor (Mt 17,1.) e al Getsemani alla vigilia della Passione. Pronto e impetuoso di carattere, come il fratello, con lui viene soprannominato da Gesù «Boànerghes» (figli del tuono) (Mc 3,17; Lc 9,52-56). Primo tra gli apostoli, fu martirizzato con la decapitazione in Gerusalemme verso l’anno 43/44 per ordine di Erode Agrippa. Il sepolcro contenente le sue spoglie, traslate da Gerusalemme dopo il martirio, sarebbe stato scoperto al tempo di Carlomagno, nel 814. La tomba divenne meta di grandi pellegrinaggi medioevali, tanto che il luogo prese il nome di Santiago (da Sancti Jacobi, in spagnolo Sant-Yago) e nel 1075 fu iniziata la costruzione della grandiosa basilica a lui dedicata. (Avvenire)
 
O Signore, per intercessione del santo apostolo Giacomo,
proteggi noi, tuoi fedeli,
che nella sua festa abbiamo ricevuto con gioia
i tuoi santi misteri.
Per Cristo nostro Signore.