21 Luglio 2024
 
XVI Domenica T. O.
 
Ger 23,1-6; Salmo Responsoriale Dal Salmo 22 (23); Ef 2,13-18; Mc 6,30-34
 
Colletta
O Padre, che nella parola e nel pane di vita
offri alla tua Chiesa la confortante presenza
del Signore risorto,
donaci di riconoscere in lui il vero re e pastore,
che rivela agli uomini la tua compassione
e reca il dono della riconciliazione e della pace.
Egli è Dio, e vive e regna con te.
 
Papa Francesco (Angelus, 18 luglio 2021): Gesù non si sottraeva ai bisogni della folla, ma ogni giorno, prima di ogni cosa, si ritirava in preghiera, in silenzio, nell’intimità con il Padre. Il suo tenero invito – riposatevi un po’ – dovrebbe accompagnarci […]. Il secondo aspetto: la compassione, che è lo stile di Dio. Lo stile di Dio è vicinanza, compassione e tenerezza. Quante volte nel Vangelo, nella Bibbia, troviamo questa frase: “Ebbe compassione”. Commosso, Gesù si dedica alla gente e riprende a insegnare (cfr vv. 33-34). Sembra una contraddizione, ma in realtà non lo è. Infatti, solo il cuore che non si fa rapire dalla fretta è capace di commuoversi, cioè di non lasciarsi prendere da sé stesso e dalle cose da fare e di accorgersi degli altri, delle loro ferite, dei loro bisogni. La compassione nasce dalla contemplazione. Se impariamo a riposare davvero, diventiamo capaci di compassione vera; se coltiviamo uno sguardo contemplativo, porteremo avanti le nostre attività senza l’atteggiamento rapace di chi vuole possedere e consumare tutto; se restiamo in contatto con il Signore e non anestetizziamo la parte più profonda di noi, le cose da fare non avranno il potere di toglierci il fiato e di divorarci. Abbiamo bisogno - sentite questo -, abbiamo bisogno di una “ecologia del cuore”, che si compone di riposo, contemplazione e compassione. Approfittiamo del tempo estivo per questo!
 
I Lettura: La pericope è un oracolo di minaccia contro i re di Giuda, cattive ed empie guide del popolo eletto. I re, che amano fregiarsi del titolo di pastore, anziché preoccuparsi del popolo e della legge del Signore, hanno curato i loro interessi disperdendo le pecore d’Israele. Per questa malvagità, saranno rimossi e il popolo sarà radunato dalla dispersione: le pecore, tornate ai loro pascoli, «saranno feconde e si moltiplicheranno». Al posto dei pastori empi, Dio donerà ad Israele pastori secondo il suo cuore. Infine, il Signore susciterà a «Davide un germoglio giusto»: un discendente nel quale si realizzeranno le promesse fatte alla dinastia davidica.
 
II Lettura: La comunità cristiana di Efeso, come già altre comunità, porta il peso delle dolorose contrapposizioni tra cristiani provenienti dal giudaismo e quelli di origine pagana. Paolo ricorda ai litiganti che essi fanno parte con eguale dignità della Chiesa che è il Corpo di Cristo. Il muro che era frammezzo, il quale divideva giudei e pagani, è stato abbattuto da Cristo, unica Via (Cf. Gv 14,6) che conduce l’umanità al Padre.
 
Vangelo
Erano come pecore che non hanno pastore.
 
Alla malvagità dei pastori, della prima lettura (Ger 23,1-6), il Vangelo contrappone la compassione di Gesù. La pericope marciana presenta Gesù mentre compie i suoi primi viaggi dentro e fuori i confini della Galilea. Questi movimenti sono scanditi da catechesi e interventi prodigiosi. I Dodici assumono sempre più l’identità di Chiesa che si raccoglie attorno a Gesù suo pastore messianico.
 
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 6,30-34
 
In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare.
Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.
Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.

Parola del Signore.
 
Venite in disparte - Il testo del vangelo di oggi, considerato da alcuni solo un brano di transizione, introduce una sezione che va sotto il nome di «sezione dei pani», chiamata così perché ricorre spesso la parola «pane» (Cf. Mc 6,31-8,21).
Gli apostoli, precedentemente inviati (Mc 6,7), di ritorno dalla missione, riferiscono al Maestro «tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato» (Mc 6,30): Gesù «rimane al centro di tutta la loro attività. Li aveva inviati e ora tornano a rendergli conto del loro lavoro, a fare il punto con lui, come servi presso il padrone» (I quattro vangeli commentati).
È importante la sottolineatura «tutto quello che avevano fatto» che precede «quello che avevano insegnato»: l’insegnamento deve essere reso valido dalla coerenza della condotta.
«La predica - suggerisce sant’Antonio di Padova - è efficace, ha una sua eloquenza, quando parlano le opere... “Una legge, dice Gregorio, si imponga al predicatore: metta in atto ciò che predica”. Inutilmente vanta la conoscenza della legge colui che con le opere distrugge la sua dottrina».
Gli apostoli avevano scacciato i demoni, guarito gli infermi e avevano predicato la conversione (Mc 6,12-13): fare e insegnare, le stesse cose che compie Gesù ora diventano mandato e primario impegno degli apostoli. La Chiesa primitiva è chiamata a riconoscere proprio in questa attività, ancorata al ministero di Gesù e degli apostoli, il compito fondamentale della sua attività di evangelizzazione. 
Gesù invita gli apostoli a farsi in disparte con lui e a «riposare». Questa chiamata in un luogo in disparte non è una fuga, ma il tentativo di ritrovare un po’ di pace e di intimità in quanto la folla, che seguiva Gesù fin dagli inizi della sua predicazione, li pressava da ogni parte e non lasciava loro «neanche il tempo di mangiare» (Mc 6,31; Cf. Mc 1,33.37.45; 2,2; 3,20.32; 4,1; 5,21.31).
Il tema del riposo, caro all’Antico Testamento e che richiama l’ingresso del popolo eletto nella Terra promessa (Cf. Dt 3,20; 12,10; 25,19; Gs 1,13.15), indica la partecipazione al sabato eterno, alla vita stessa di Dio (Cf. Eb 3,11-18; 4,3-11). Nel brano di Marco, anticipa l’immagine di Gesù come ‘buon pastore’ (Gv 10,1ss) che concede il riposo alle sue pecore (Cf. Is 65,10; Ez 34,15; Sal 22,2).
Gesù invita ad appartarsi in un luogo solitario, questo luogo potrebbe far pensare al «deserto».
Nella sacra Scrittura, il deserto è il luogo ideale dove Dio parla al cuore dell’uomo: il luogo «ove l’aria è più pura, il cielo più aperto, e Dio più familiare ... per riposarsi nella preghiera, vivere con gli Angeli e per invocare il Signore e sentirlo rispondere: “Ecco sono qui” [Es 33,4]» (Origene).
Ritirarsi con Gesù in un luogo desertico è esigenza essenziale e vitale per ogni comunità missionaria come lo era per Gesù che spesso si ritirava in intima comunione con il Padre. È importante che «Gesù e i Dodici abbiano il tempo per riposarsi, pregare, prender le distanze rispetto alla loro attività e ritrovarsi insieme. Si noti questa sollecitudine molto umana di Gesù. Il riposo, la distensione e anche il tempo di riflessione e di ripresa sono indispensabili a ogni uomo, compresi gli operai del Vangelo» (I quattro vangeli commentati).
Ma molti «però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero» (Mc 6,33). Questa intrusione inopportuna non genera stizza o rabbia; infatti, Gesù, sceso dalla barca, vedendo quell’immensa folla, «ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore» (Mc 6,34). Un’immagine molto ricorrente nell’Antico Testamento per indicare il popolo che vaga senza meta perché senza guide (Cf. Num 27,17; 1Re 22,17; Ez 34,5).
La commozione di Gesù per la folla importuna non è semplicemente un sentimento di pietà o di commiserazione: la motivazione sta nel fatto che erano come pecore senza pastore e Gesù è il “buon Pastore” secondo il cuore di Dio, mandato dal Padre a radunare l’umanità dispersa in un solo ovile (Gv 10,16). Gesù di fronte alla folla che lo incalza, dimenticando il riposo, si mette a insegnare ad essa «molte cose». L’attività cui Gesù dà il primato è quello dell’insegnamento e dell’annuncio. Ora nutre la folla con il pane della parola, in seguito moltiplicherà i pani e la sazierà fisicamente.
Questo ordine, insegnamento-nutrimento, non è casuale. È un’indicazione per sé molto preziosa che la Chiesa ha fatto sua: «La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il corpo stesso del Signore, non tralasciando mai, soprattutto nella liturgia, di nutrirsi del pane di vita prendendola dalla mensa sia della parola di Dio sia del corpo di Cristo e di porgerlo ai fedeli» (DV 21).
 
Roberto Tufariello (Insegnare in Schede Bibliche Pastorali): Gesù si mise a insegnare alla folla molte cose - Cristo è il maestro per eccellenza. Durante la sua vita pubblica, l’insegnamento costituisce un aspetto essenziale della sua attività. Nei brevi passi che riassumono la sua azione durante i viaggi in Galilea, si dice in primo luogo che egli insegnava, poi che annunziava la buona novella del regno e infine che guariva i malati (Mt 4,23).
L’insegnamento aveva luogo generalmente nelle sinagoghe (Mt 9,35; 12,9ss; 13,54; Mc 1,21; Lc 4,15; Gv 18,20); a Gerusalemme però aveva luogo nel tempio (Mc 12,35; Lc 21,37; Mt 26,55; Gv 7,14ss; 8,20). Egli però ha insegnato anche in piena campagna, presso la riva di un lago, per strada, o in casa. Insegnava quotidianamente (Mt 26,55) e in modo speciale in occasione delle feste (Gv 8,20).
«Con questi dati dei vangeli concorda il fatto che gran parte di quanto ci è stato tramandato su Gesù è costituito da insegnamenti» (Kittel).
Come si comportasse Gesù nella sua azione didattica, possiamo vederlo dal racconto della visita nella sinagoga di Nazaret (Lc 4,16-21): dopo aver letto in piedi un passo biblico (Is 61,1-2), Gesù siede alla maniera di coloro che spiegavano la scrittura (Cf. Lc 2,46), e stando così seduto parla riferendosi al testo letto (Cf. Mt 13,53ss; Mc 6,2-3).
La forma del suo insegnamento, quindi, non differisce da quella usata dai maestri di Israele, tra i quali si è confuso fin nella sua giovinezza (Lc 2,46) e che spesso lo hanno interrogato per essere illuminati (Cf. Mt 22,16; Gv 3,10). A lui, come ad essi, viene dato il titolo di rabbi, cioè maestro, ed egli lo accetta (Gv 13,13); rimprovera però agli scribi e ai farisei di ricercare questo titolo, dimenticando che per gli uomini c’è un solo maestro, Dio (Mt 23,6-8).
Tuttavia, se appare alle folle come un maestro tra gli altri, Gesù se ne distingue in diversi modi. Egli si presenta come l’interprete autorizzato della legge, che vuole portare alla perfezione (Mt 5,17). A tale riguardo egli insegna con una autorità singolare, a differenza degli scribi, così pronti a nascondersi dietro l’autorità degli antichi (Mt 7,28-29). Non dalla tradizione dei padri, ma dalla propria persona egli fa derivare la propria autorità: «Io vi dico...» (Mt 5,21-22.27-28.31-32; ecc.).
Inoltre la sua dottrina presenta un carattere di novità che colpisce gli ascoltatori (Mc 1,27), sia che si tratti del suo annuncio del regno, sia delle regole di vita che egli dà; trascurando le questioni di scuola, oggetto di una tradizione farisaica che respinge (Cf. Mt 15,1-9), egli vuol far conoscere il messaggio autentico di Dio e portare gli uomini ad accoglierlo.
Il segreto dell’atteggiamento così nuovo di Gesù è nella sua stessa persona, nella sua coscienza di essere il figlio di Dio. A differenza dei maestri umani, la sua dottrina non è «sua», ma di colui che lo ha mandato (Gv 7,16-17): egli dice soltanto ciò che il Padre gli rivela e gli ispira (Gv 8,28). Il Padre infatti «ammaestra» Gesù, cioè plasma la sua volontà in piena conformità alla propria, perché possa parlare in suo nome. Accogliere l’insegnamento di Gesù, quindi, significa essere docili a Dio stesso.
L’insegnamento di Gesù comporta un appello rivolto da Dio a tutto l’uomo; esso quindi non si riduce all’aspetto dottrinale, ma mira a educare e a configurare l’uomo secondo la volontà di Dio (Cf. Mt 5,48). Già i maestri di Israele avevano accentrato la loro attività didattica nella legge perché la concepivano come la via sulla quale l’uomo si affatica per giungere a Dio. Gesù è l’erede e il termine di questo insegnamento (Rom 10,4). Ora egli, con ognuna delle sue parole, porta gli ascoltatori nel vivo della volontà di Dio, perché la conoscano e vi aderiscano (Gv 7,17). Per giungere a tanto, bisogna aver ricevuto quella grazia interiore che, secondo la promessa dei profeti, rende l’uomo docile all’insegnamento di Dio (Gv 6,44-45).
Non tutti accolgono questa grazia: la parola di Cristo urta contro l’accecamento volontario di coloro che pretendono di possedere la luce, mentre sono ciechi (Cf. Gv 9,39-41).
 
Teofilatto (Catena Aurea): Gesù vide una gran folla e ne ebbe misericordia, perché erano come pecore senza pastore: i farisei infatti erano come lupi rapaci, che non nutrivano il popolo ma lo divoravano, perciò si radunavano vicino a Cristo, vero pastore, che diede loro il cibo spirituale, ossia la Parola di Dio.
 
Santo del giorno - 21 Luglio 2024 - San Lorenzo da Brindisi, Sacerdote e Dottore della Chiesa: Giulio Cesare Russo (questo era il suo vero nome) nacque a Brindisi - sul luogo in cui egli stesso volle che sorgesse la chiesa intitolata a Santa Maria degli Angeli - il 22 luglio 1559, da Guglielmo Russo ed Elisabetta Masella.
Perse il padre da bambino e la madre ch’era appena adolescente. A 14 anni fu costretto a trasferirsi a Venezia da uno zio sacerdote, dove proseguì gli studi e maturò la vocazione all’Ordine dei Minori Cappuccini. Assunse il nome di Lorenzo e il 18 dicembre 1582 divenne sacerdote. Nel 1602 fu eletto Vicario generale. Nel 1618, sentendosi prossimo alla fine, voleva tornare a Brindisi, ma i nobili napoletani lo convinsero a recarsi dal re di Spagna Filippo III, per esporre le malversazioni di cui erano vittime per colpa del viceré spagnolo Pietro Giron, duca di Osuna. Il 22 luglio 1619 padre Lorenzo morì a Lisbona, forse avvelenato. Fu beatificato nel 1783 da Pio VI; canonizzato nel 1881 da Leone XIII; proclamato dottore della Chiesa, col titolo di doctor apostolicus, nel 1959 da Giovanni XXIII. (Avvenire)
 
Assisti con bontà il tuo popolo, o Signore,
e poiché lo hai colmato della grazia di questi santi misteri,
donagli di passare dall’antica condizione di peccato
alla pienezza della vita nuova.
Per Cristo nostro Signore.