2 Luglio 2024
 
Martedì della XIII Settimana T. O.
 
Am 3,1-8; 4,11-12: Salmo Responsoriale Dal Salmo 5; Mt 8,23-27
 
Colletta
O Dio, che ci hai reso figli della luce
con il tuo Spirito di adozione,
fa’ che non ricadiamo nelle tenebre dell’errore,
ma restiamo sempre luminosi
nello splendore della verità.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Catechismo della Chiesa cattolica - Miracoli di Cristo e loro significato come segni 547 Gesù accompagna le sue parole con numerosi «miracoli, prodigi e segni» (At 2,22), i quali manifestano che in lui il Regno è presente. Attestano che Gesù è il Messia annunziato.
548 I segni compiuti da Gesù testimoniano che il Padre lo ha mandato. Essi sollecitano a credere in lui. A coloro che gli si rivolgono con fede egli concede ciò che domandano. Allora i miracoli rendono più salda la fede in colui che compie le opere del Padre suo: testimoniano che egli è il Figlio di Dio. Ma possono anche essere motivo di scandalo. Non mirano a soddisfare la curiosità e i desideri di qualcosa di magico. Nonostante i suoi miracoli tanto evidenti, Gesù è rifiutato da alcuni; lo si accusa perfino di agire per mezzo dei demoni.  
549 Liberando alcuni uomini dai mali terreni della fame, dell’ingiustizia, della malattia e della morte, Gesù ha posto dei segni messianici; egli non è venuto tuttavia per eliminare tutti i mali di quaggiù, ma per liberare gli uomini dalla più grave delle schiavitù: quella del peccato, che li ostacola nella loro vocazione di figli di Dio e causa tutti i loro asservimenti umani.
515 I Vangeli sono scritti da uomini che sono stati tra i primi a credere e che vogliono condividere con altri la loro fede. Avendo conosciuto, nella fede, chi è Gesù, hanno potuto scorgere e fare scorgere in tutta la sua vita terrena le tracce del suo mistero. Dalle fasce della sua nascita, fino all’aceto della sua passione e al sudario della risurrezione, tutto nella vita di Gesù è segno del suo mistero. Attraverso i suoi gesti, i suoi miracoli, le sue parole, è stato rivelato che «in lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità» (Col 2,9). In tal modo la sua umanità appare come «il sacramento», cioè il segno e lo strumento della sua divinità e della salvezza che egli reca: ciò che era visibile nella sua vita terrena condusse al mistero invisibile della sua filiazione divina e della sua missione redentrice.
1335 I miracoli della moltiplicazione dei pani, allorché il Signore pronunciò la benedizione, spezzò i pani e li distribuì per mezzo dei suoi discepoli per sfamare la folla, prefigurano la sovrabbondanza di questo unico pane che è la sua Eucaristia. Il segno dell’acqua trasformata in vino a Cana annunzia già l’Ora della glorificazione di Gesù. Manifesta il compimento del banchetto delle nozze nel regno del Padre, dove i fedeli berranno il vino nuovo divenuto il Sangue di Cristo.
 
I Lettura: Dio, per benevolenza e amore, ha scelto il popolo d’Israele tra tutte le nazioni, stringendo con esso una relazione di amore e di salvezza: Dio è lo sposo, Israele la sposa. Dall’elezione divina scaturisce una grande responsabilità, alla quale Israele è venuto meno. Apostata, il popolo d’Israele, si prostituito alle divinità pagane, attirando su di sé il castigo di Dio. Castigo che non ha radici nell’ira, ma nell’amore, è purissima pedagogia divina: “Di’ loro: Com’è vero che io vivo - oracolo del Signore Dio -, io non godo della morte del malvagio, ma che il malvagio si converta dalla sua malvagità e viva. Convertitevi dalla vostra condotta perversa! Perché volete perire, o casa d’Israele?” (Ez 33,11).
Amos, profeta sulle cui labbra riposa la parola di Dio, denuncia al popolo d’Israele i disordini morali e la falsa religiosità del regno del nord (3,9-4,5). Una serie di castighi avrebbe dovuto piegare Israele, e indurlo alla penitenza e alla conversione: ma la pedagogia divina è stata inutile. Si prepari perciò a incontrare Dio. L’incontro con Dio giudice coinciderà con l’abbattersi della sciagura estrema: “«Vi ho travolti come Dio aveva travolto Sòdoma e Gomorra, eravate come un tizzone strappato da un incendio; ma non siete ritornati a me». Oracolo del Signore. Perciò ti tratterò così, Israele! Poiché questo devo fare di te: prepàrati all’incontro con il tuo Dio, o Israele!” (Am 4,11-12)
 
Vangelo
Si alzò, minacciò i venti e il mare e ci fu grande bonaccia.
 
L’evangelista Matteo, rispetto all’evangelista a Marco, introduce anche l’aspetto ecclesiale: la comunità dei discepoli è in difficoltà nelle tempeste della storia, le persecuzioni sconquassano la Chiesa in tutto l’impero romano, perché essi sono di poca e debole fede: «Perché avete paura, gente di poca fede?». 
Poi si alzò, minacciò i venti e il mare e ci fu grande bonaccia: il verbo minacciò ha qui lo stesso senso di Mt 17,18, dove Gesù «minaccia» un demonio, perché il mare per i contemporanei di Gesù era la sede dei demòni e il vento rappresentava a volte, nel linguaggio biblico, le potenze che si oppongono a Dio.
 
Dal  Vangelo secondo Matteo
8,23-27
 
In quel tempo, salito Gesù sulla barca, i suoi discepoli lo seguirono. Ed ecco, avvenne nel mare un grande sconvolgimento, tanto che la barca era coperta dalle onde; ma egli dormiva.
Allora si accostarono a lui e lo svegliarono, dicendo: «Salvaci, Signore, siamo perduti!». Ed egli disse loro: «Perché avete paura, gente di poca fede?». Poi si alzò, minacciò i venti e il mare e ci fu grande bonaccia.
Tutti, pieni di stupore, dicevano: «Chi è mai costui, che perfino i venti e il mare gli obbediscono?».

Parola del Signore.
 
 
Chi è mai costui, che perfino i venti e il mare gli obbediscono? - Felipe F. Ramos (Commento della Bibbia Liturgica): Il miracolo dev’essere inteso come predicazione, annunzio del vangelo, e quindi, nel suo racconto, l’essenziale non è la riproduzione esatta di quello che è avvenuto.
Basta raccogliere il fatto nei suoi tratti essenziali e scoprirne la dimensione rivelatrice. La storia può restare alquanto sfumata, scompare il quando e il dove e altre circostanze che sono tanto importanti nella narrazione storica. Il racconto viene stilizzato perché l’evangelista ottenga, nel miglior modo possibile, lo scopo che si è proposto. Così avviene nel nostro racconto che, essenzialmente, dipende dal racconto di Marco.
Che Gesù abbia sedato la tempesta sul mare non è l’elemento veramente imporrante per l’evangelista. Dietro il Fatto vi è la sua intenzione di presentarci Gesù, i suoi  discepoli e la Chiesa. Il testo dice che «i suoi discepoli lo seguirono». Questa frase, che non si trova in Marco, ha una grande importanza nel racconto di Matteo: presenta il tratto essenziale che definisce il discepolo di Gesù: seguirlo. E come quei discepoli. così tutti i discepoli, la Chiesa.
Effettivamente nei vangeli il verbo «seguire» è usato unicamente quando l’oggetto del verbo è Gesù, e sta a indicare l’unione del discepolo col Gesù della storia, la partecipazione al suo destino, l’entrata nel regno mediante l’appartenenza a Cristo attraverso l’ubbidienza e la fiducia.
La fiducia nasce dalla fede o, forse meglio, la fede ha una dimensione essenziale nella fiducia. I discepoli che si trovano sulla barca non hanno fiducia. Sono «uomini di poca fede». Ma il racconto non raccoglie solo quel momento: tiene conto anche del tempo in cui Matteo scrive. La Chiesa era perseguitata, lottava coraggiosamente come la barca fra le onde d’un mare infuriato per non andare a fondo; e in molte occasioni si fece sentire lo scoraggiamento, la sfiducia e giunse persino la defezione. Essendo parola di Dio, il racconto, partendo da quello che avvenne, continua a parlare in tutti i tempi e in tutte le circostanze a ognuno dei discepoli.
L’atteggiamento dei discepoli è sconcertante. Da una parte, credono che Gesù ha il potere di calmare il mare e impedire che inghiottisca la barca: dall’altra, temono di affondare. Il potere di Dio è in Gesù: essi lo sanno, e tuttavia si meravigliano quando si manifesta. Questo non è il modo di comportarsi del discepolo. Forse per questo Matteo cerca di attenuare l’antinomia nella condotta dei discepoli e, al termine del suo racconto, parla di «quegli uomini», e non dice «discepoli». Lo stupore e lo sconcerto di fronte a un fatto che non si attendevano - e che, tuttavia, sapevano che poteva avvenire - non sono l’atteggiamento del discepolo, bensì di chi ha poca fede o di colui che vive praticamente lontano da Dio. Il potere di Dio agisce in Gesù, ma essi non sono uomini aperti a questo potere di Dio.
Caratteristica del discepolo è la fede, la fiducia e il coraggio di fidarsi del potere di Dio, che è al di sopra del furore del mare. Così questo miracolo afferma che Dio è presente, particolarmente in Gesù, con tutto il suo potere di vittoria sulla morte e sui pericoli mortali. È la convinzione profonda che devono avere i discepoli di Gesù e la Chiesa come tale.
L’interrogativo finale: «Chi è mai costui?» sta a indicare l’atteggiamento d’incredulità di colui che vuole spiegare tutto razionalmente. O forse l’evangelista intendeva dire che chi interrogava aveva la risposta dall’insieme del racconto. In questo caso sarebbe una confessione di fede.
 
Paul Ternant - Segni efficaci della salvezza. a) Con i suoi miracoli Gesù manifesta che il regno messianico annunziato dai profeti è giunto nella sua persona (Mt 11,4s); attira l’attenzione su di sé e sulla buona novella del regno che egli incarna; suscita un’ammirazione ed un timore religioso che inducono gli uomini a chiedersi chi egli sia (Mt 8,27; 9,8; Lc 5,8ss). Con essi Gesù attesta sempre la sua missione e la sua dignità, si tratti del suo potere di rimettere i peccati (Mc 2,5-12 par.), o della sua autorità sul sabato (Mc 3,4s par.; Lc 13,15s; 14,3ss), della sua messianità regale (Mt 14,33; Gv 1, 9), del suo invio da parte del Padre (Gv 10,36), della potenza della fede in lui (Mt 8,10-13; 15,28 par.), con la riserva che impone la speranza giudaica di un messia temporale e nazionale (Mc 1,44; 5,43; 7,36; 8,26). Già in questo essi sono segni, come dirà S. Giovanni. Se provano la messianità e la divinità di Gesù, lo fanno indirettamente, attestando che egli è veramente ciò che pretende di essere. Perciò non devono essere isolati dalla sua parola: vanno di pari passo con l’evangelizzazione dei poveri (Mt 11,5 par.). I titoli che Gesù dà a sé, i poteri che rivendica, la salvezza che predica, le rinunzie che esige, ecco ciò di cui i miracoli fanno vedere l’autenticità divina, a chi non rigetta a priori la verità del messaggio (Is 16,31). In tal modo questo è superiore ai miracoli, come lascia capire la frase su Giona secondo Lc 11,29-32. Esso si impone come il segno primario e solo necessario (Gv 20,29), per la ineguagliabile autorità personale del suo araldo (Mt 7,29) e per la sua qualità interna, costituita dal fatto che, realizzando la rivelazione anteriore (Lc 16,31; Gv 5,46s), corrisponde negli uditori all’appello dello Spirito (Gv 14,17.26); proprio esso, prima di essere confermato ed illustrato dai miracoli, li dovrà distinguere dai falsi segni (Mc 13,22s; Mt 7,22; cfr. 2Tess 2,9; Apoc 13,13). Qui, come in Deut, «i miracoli discernono la dottrina, e la dottrina discerne i miracoli» (Pascal).
b) I miracoli non apportano la loro attestazione dall’esterno, come segni arbitrari ed ostentatori: realizzano in modo incoativo ciò che significano, apportano il segno della salvezza messianica che avrà il suo termine nel regno escatologico; perciò i sinottici li chiamano potenze (dynàmeis: cfr. Mt 11,20-23; 13,54. 58;14,2). Con essi di fatto Gesù, mosso dalla sua pietà umana (Lc 7,13; Mt 20,34; Mc 1,41), ma più ancora dalla sua coscienza di essere il servo promesso (Mt 8,17), fa effettivamente indietreggiare la malattia, la morte, l’ostilità della natura contro l’uomo, in breve tutto il disordine che ha la sua causa più o meno prossima nel peccato (Gen 3,16-19; cfr. Mc 2,5; Lc 13,3b e Lc 13,2-3a; Gv 9,3), e che serve al dominio del demonio sul mondo (Mt 13,25; Ebr 2,14s). Perciò rifiuta di compiere per Satana (4,2-7), per i maldisposti (12,38ss; 16,1-4), per i gelosi (Lc 4,23), per i frivoli (23,8s), delle prodezze gratuite che non avrebbero efficacia salvifica, ed è significativo che prodigi cosmici - dipendenti del resto, a quanto pare, più dalle immagini profetiche che dalla storia (Atti 2,19s) - non siano segnalati che al momento in cui, sfidato a salvare se stesso mediante un miracolo, egli muore per salvare tutti gli altri (Mt 27,39-54; cfr. 1Cor 1,22ss). I prodigi che sembra promettere in Mt 17,20 par., non sono che immagine della potenza della fede. Acquista così tutto il suo senso il nesso frequentissimo tra guarigioni ed esorcismi (Mt 8,16; ecc.). La liberazione degli indemoniati è un caso privilegiato di questa vittoria del «più forte» (Lc 11,22) su Satana, che tutti i miracoli realizzano a modo loro. Essa mette Gesù direttamente alle prese con l’avversario, in un duello che, incominciato nel deserto (Mt 4,1-11 par.), avrà il suo episodio decisivo sulla croce (Lc 4,13; 22,3.53) e non terminerà che nel giudizio universale (Apoc 20,10), ma in cui è già evidente la sconfitta diabolica (Mt 8,29; Lc 10,18). L’esorcismo è il segno efficace per eccellenza della venuta del regno (Mt 12,28).
 
Per quale motivo Gesù dormiva? - Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Matteo 28, 1: Il Salvatore, inoltre, compie questo miracolo lontano dalla folla, perché i suoi discepoli non siano accusati di scarsa fede li rimprovera quando sono soli con lui. E ancor prima della tempesta che sconvolge le onde, placa la tempesta delle loro anime, rivolgendo loro questo rimprovero. Disse loro: «Perché siete paurosi, o uomini di poca fede?». Quindi alzatosi, sgridò i venti e il mare, e si fece gran bonaccia. In tal modo Cristo insegna che il timore e il turbamento non derivano dalle prove, ma dalla debolezza della nostra anima. Se qualcuno, a questo punto obiettasse che non per viltà o per scarsa fede gli apostoli si avvicinarono al Signore e lo svegliarono, io risponderei che gli apostoli, comportandosi così, mostrarono in modo evidente di non avere ancora una giusta idea di Cristo: pensavano infatti ch’egli se fosse stato sveglio poteva placare la tempesta, ma che non lo potesse fare essendo addormentato. Ma perché stupirsi se ora manifestano tale incredulità, quando vediamo che dopo molti  altri prodigi si dimostrano ancora più imperfetti? Questo procurerà loro frequenti rimproveri, come quando Gesù dirà: Fino a tal punto siete anche voi senza discernimento?
 
Il Santo del giorno - 2 Luglio 2024 - Beata Agata Han Sin-ae, Martire: Agata Han Sin-ae venne introdotta al cattolicesimo dagli insegnamenti della catechista Colomba Kang Wan-suk. Insieme a lei, formò una comunità femminile e si diede a sua volta a diffondere il Vangelo tra le famiglie che conosceva e tra i suoi servi, incontrando non poche resistenze. Arrestata nel corso della persecuzione Shinyu del 1801, venne decapitata il 2 luglio 1801, insieme ad altri sette fratelli nella fede, comprese le sue compagne della comunità. Inserita con loro nel gruppo di martiri capeggiato da Paolo Yun Ji-chung, è stata beatificata da papa Francesco il 16 agosto 2014, nel corso del viaggio apostolico in Corea del Sud.
 
Il santo sacrificio che abbiamo offerto e ricevuto, o Signore,
sia per noi principio di vita nuova,
perché, uniti a te nell’amore,
portiamo frutti che rimangano per sempre.
Per Cristo nostro Signore.