19 Luglio 2024
 
Venerdì della XV Settimana T. O.
 
Is 38,1-6.21-22.7-8; Salmo Responsoriale Da Is 38,10-12.16; Mt 12,1-8
 
Colletta
O Dio, che mostri agli erranti la luce della tua verità
perché possano tornare sulla retta via,
concedi a tutti coloro che si professano cristiani
di respingere ciò che è contrario a questo nome
e di seguire ciò che gli è conforme.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio: Catechismo della Chiesa Cattolica 590: Soltanto l’identità divina della persona di Gesù può giustificare un’esigenza assoluta come questa: «Chi non è con me è contro di me» (Mt 12,30); altrettanto quando egli dice che in lui c’è «più di Giona, [...] più di Salomone» (Mt 12,41-42), qualcosa più grande del Tempio; quando ricorda, a proprio riguardo, che Davide ha chiamato il Messia suo Signore, e quando afferma: «Prima che Abramo fosse, Io Sono» (Gv 8,58); e anche: «Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,30).
Misericordia io voglio e non sacrifici: Catechismo della Chiesa Cattolica 2099: È giusto offrire sacrifici a Dio in segno di adorazione e di riconoscenza, di implorazione e di comunione: «Ogni azione compiuta per aderire a Dio rimanendo con lui in comunione, e poter così essere nella gioia, è un vero sacrificio».
2100: Per essere autentico, il sacrificio esteriore deve essere espressione del sacrificio spirituale: «Uno spirito contrito è sacrificio...» (Sal 51,19). I profeti dell’Antica Alleanza spesso hanno denunciato i sacrifici compiuti senza partecipazione interiore o disgiunti dall’amore del prossimo. Gesù richiama le parole del profeta Osea: «Misericordia io voglio, non sacrificio» (Mt 9,13; 12,7). L’unico sacrificio perfetto è quello che Cristo ha offerto sulla croce in totale oblazione all’amore del Padre e per la nostra salvezza. Unendoci al suo sacrificio, possiamo fare della nostra vita un sacrificio a Dio.
 
I Lettura: Epifanio Gallego: La pericope presente è un caso concreto del fatto che Isaia dovette confermare i suoi vaticini con risposte concrete e persino con segni razionalmente inesplicabili. In questo modo la sua parola acquistava la certezza della conferma divina.
Ezechia si ammalò gravemente. Il profeta gli confermò da parte di Dio che era spacciato: « Morirai », gli disse. Ezechia interpretò questa sua morte precoce come un castigo di Dio. Dunque, non era stato fedele a Yahveh? Non aveva riparato a tutto il male operato da suo padre Acaz? Come può morire il giusto nel fiore degli anni? Yahveh ritorna sulla sua decisione e aggiunge alla vita del re quindici anni.
Sarebbe esagerato voler fare di questa prima parte del racconto un problema teologico medicevale di prescienza e di volubilità divina. È certo che Isaia si esprime in un modo assoluto, ma sappiamo che, nella Bibbia, la minaccia divina non è mai assoluta, nonostante i termini con cui è espressa, bensì condizionata dalla risposta umana. È una delle caratteristiche del genere letterario semita.
La promessa divina va oltre il prolungamento della vita del re: tanto lui come la città saranno liberati dall’oppressione del re degli assiri. Il re, infatti, ricupera la salute grazie a un cataplasma di fichi preparato dallo stesso profeta. Ma la liberazione? Il re esige un segno. Non è in gioco la sua vita, ma quella del popolo. D’altra parte, egli ha motivi per dubitare. Il profeta non gli aveva detto, in un primo momento, che sarebbe morto; e poi aveva cambiato opinione e gli aveva promesso la vita? E non poteva cambiare opinione anche ora riguardo alla sua liberazione dalle mani degli assiri?
Isaia gli offre un vero miracolo, un fatto umanamente inspiegabile: l’ombra sarebbe retrocessa di dieci gradi nell’orologio da sole, che suo padre Acaz aveva importato da Damasco. Erodoto ci racconta che furono proprio i babilonesi gl’inventori dell’orologio solare. Il miracolo si compì e avvenne anche la liberazione.
Abbiamo qui un bello scontro fra il re e il profeta, scontro nel quale l’unico vincitore è Yahveh. In questo caso, fu necessario un segno straordinario. La norma è che i segni siano ordinari e persino volgari. Comunque sia, la cosa veramente importante è saperli intendere secondo la volontà di Dio. Il cristiano ha oggi la via spianata con la garanzia che gli offre la Chiesa, interprete fedele della  rivelazione.
 
Vangelo
Il Figlio dell’uomo è signore del sabato.
 
Gesù non vuole trasgredire la Legge, e non ha intenzione di suggerirlo ai suoi discepoli. Tantomeno, la Legge non è la tana dei cristiani-coniglio, di coloro che arrossiscono se devono fare il segno di croce in un locale pubblico prima della colazione o del pranzo. La Legge non è una tana per nascondersi e malaffare nel buio, illudendosi di essere lontani dagli occhi di Dio, e, poi, dire a se stessi ho la coscienza a posto perché ogni giorno dico le preghiere del buon cristiano, e la Domenica vado a Messa. Gesù vuol dire ai farisei di tutti i tempi che l’albero della Legge è bene innaffiato quando la misericordia è il suo frutto, succoso, buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare salvezza (cfr. Gen 3,6).
 
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 12,1-8
 
In quel tempo, Gesù passò, in giorno di sabato, fra campi di grano e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere delle spighe e a mangiarle.
Vedendo ciò, i farisei gli dissero: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato».
Ma egli rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Egli entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che né a lui né ai suoi compagni era lecito mangiare, ma solo ai sacerdoti. O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio vìolano il sabato e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significhi: “Misericordia io voglio e non sacrifici”, non avreste condannato persone senza colpa. Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato»

Parola del Signore.
 
Bibbia di Navarra: 12,2. «Sabato»: per i Giudei era il giorno della settimana dedicato al culto divino. Era stato Dio stesso a istituirlo (Gn 2,3), comandando che il popolo eletto si astenesse da determinati lavori in quel giorno (Es 20,8-11; 21,13; Dt 5,14) per poter dedicarsi con zelo maggiore a onorare Dio. Col passare del tempo i rabbini resero oltremodo complicato il precetto divino, e all’epoca di Gesù avevano redatto un elenco in cui si enumeravano addirittura trentanove tipi di lavori proibiti.
I farisei accusavano i discepoli di Gesù di violare il sabato. Secondo la casistica degli scribi e dei farisei, infatti, cogliere spighe equivaleva a mietere; confricarle, o trebbiare: tutti lavori agricoli vietati nel giorno di sabato.
3-8. Gesù respinge l’accusa dei farisei con quattro argomentazioni: l’esempio di Davide, quello dei sacerdoti, il senso della misericordia divina e il potere di Gesù sul sabato.
Il primo esempio, conosciuto dal popolo abituato ad ascoltare la lettura della Bibbia, è desunto da lSam 21,2-7: Davide, fuggendo dal re Saul che lo perseguitava, chiede al sacerdote del santuario di Nob cibo per i suoi uomini; il sacerdote, non avendo se non i “sacri pani della proposizione glieli diede”: erano dodici pani che si ponevano ogni settimana sulla tavola d’oro del santuario, come omaggio perpetuo delle dodici tribù d’Israele al Signore (Lv 24,5-
9. Il secondo esempio si riferisce al ministero dei sacerdoti: per attendere al culto divino erano tenuti a compiere il sabato una serie di lavori, senza per questo disobbedire alla legge del riposo (cfr Nm 28,9).
 
il Figlio dell’uomo è signore del sabato - Jean Delorme: Nei vangeli, «figlio dell’uomo» (espressione greca ricalcata su una aramaica, che si sarebbe dovuto tradurre «figlio d’uomo») si trova settanta volte. A volte è solo l’equivalente del pronome personale «io» (cfr, Mt 5,11 e Lc 6,22; Mt 16,13-21 e Mc 8,27-31). Il grido di Stefano che vede «il figlio dell’uomo in piedi alla destra di Dio» (Atti 7,56) può indicare che questa concezione era viva in certi ambienti della Chiesa nascente. Ma la loro influenza non è sufficiente a spiegare tutti gli usi evangelici di questa espressione. Il fatto che essa compaia esclusivamente sulle bocca di Gesù presuppone che la si sia ritenuta una delle sue espressioni tipiche, mentre la fede postpasquale lo designava con altri titoli. A volte Gesù non si identifica esplicitamente con il figlio dell’uomo (Mt 16,27; 24,30 par.); ma altrove è chiaro che parla di se stesso (Mt 8,20 par.; 11,19; 16,13; Gv 3,13s; 12,34). È possibile che abbia scelto l’espressione a motivo della sua ambiguità: suscettibile di un senso banale («l’uomo che io sono»), essa racchiudeva pure una netta allusione all’apocalittica giudaica.
1. I sinottici. a) I quadri escatologici di Gesù si ricollegano alla tradizione apocalittica: il figlio dell’uomo verrà sulle nubi del cielo (Mt 24,30 par.), siederà sul suo trono di gloria (19,28), giudicherà tutti gli uomini (1.6,27 par.). Ora, nel corso del suo processo, interrogato dal sommo sacerdote per sapere se egli è «il messia, figlio del benedetto», Gesi risponde indirettamente alla domanda  identificandosi con colui che siede alla destra del Dio e viene sulle nubi del cielo (cfr. Dan 7,13; Mt 26,64 par.). Questa affermazione lo fa condannare come bestemmiatore. Di fatto, scartando ogni concezione terrena del messia, Gesù ha lasciato apparire la sua trascendenza. Il titolo di figlio dell’uomo, in base ai suoi antecedenti, si prestava a questa rivelazione.
b) Per contro, Gesù ha pure collegato al titolo di figlio dell’uomo un contenuto che la tradizione apocalittica non prevedeva direttamente. Egli viene a realizzare nella sua vita terrena la vocazione del servo di Jahve, rigettato e messo a morte per essere infine glorificato e salvare le moltitudini. Ora egli deve subire questo destino in qualità di figlio dell’uomo (Mc 8,31 par.; Mt 17,9 par. 22 spar.; 20, 18 par.; 26,2.24 par. 45 par.).
Prima di apparire in gloria nell’ultimo giorno, il figlio dell’uomo avrà condotto un’esistenza terrena in cui la sua gloria era velata nella umiliazione e nella sofferenza, cosi come nel libro di Daniele la gloria dei santi dell’altissimo presupponeva la loro persecuzione. Per definire quindi l’insieme della sua carriera, Gesù preferisce il titolo di figlio dell’uomo a quello di messia (cfr. Mc 8,29ss), troppo compromesso nelle prospettive temporali della speranza giudaica.
c) Nell’umiltà di questa condizione nascosta (cfr. Mt 8,20 par.; 11, 19), che può scusare le bestemmie che vengono proferite contro di lui (Mt 12,32 par.), Gesù incomincia non di meno ad esercitare taluni dei poteri del figlio dell’uomo: potere di rimettere i peccati (Mt 9,6 par.), padronanza del sabato (Mt 12,8 par.), annunzio della parola (Mt 13,37). Questa manifestazione della sua dignità segreta annunzia in qualche misura quella dell’ultimo giorno.
 
Amore per la legge di Dio: “Chi ama la legge di Dio, onora anche ciò che in essa non comprende. Ciò che gli pare poco logico, giudica piuttosto di non averlo compreso e pensa che vi si trovi celato qualcosa di grande. Non gli è dunque di scandalo la legge del Signore; e per non soffrire scandalo, soprattutto egli non bada agli uomini - per quanto sia santa la loro vocazione -, tanto da far dipendere la loro fede dai loro costumi. Perciò, se alcuni di loro cadono, egli non se ne scandalizza e non rovina così se stesso. Al contrario, egli ama la legge del Signore per se stessa, e in lui vi è sempre grande pace e mai scandalo. L’ama senza preoccupazioni, perché sa che anche se molti peccano contro la legge, essi non peccano certo a causa della legge” (Agostino, Esposizioni sui Salmi, 118).
 
Santo del giorno - 19 Luglio 2024 - Beato Achille (Achilles Josef) Puchała, Sacerdote e Martire: Nacque il 18 marzo 1911 in Polonia nel villaggio di Kosin, diocesi di Przemy. Terminata la scuola elementare, nel 1924 entrò a Leopoli nel seminario minore dei Frati minori conventuali. La sua formazione religiosa culminò il 22 maggio 1932 con la professione dei voti solenni ed il 5 luglio 1936 venne ordinato sacerdote. I primi anni di ministero furono nel convento di Grodno. Trasferito poi a Iwieniec, diocesi di Pilsk, fu sorpreso dallo scoppio della seconda guerra mondiale. Il 19 giugno 1943 si verificò un’insurrezione contro i nazisti. Quando il parroco della vicina Pierszaje fuggì, padre Achilles vi si trasferì nei primi anni 40 per reggere la sede vacante.
Un mese dopo giunse a Pierszaje la Gestapo, che perquisì anche la canonica. Secondo un testimone oculare, il comandante locale della gendarmeria tedesca, cattolico praticante che abitava nella canonica, propose ai due sacerdoti di rifugiarsi in un nascondiglio, ma Achilles non abbandonò i fedeli e si unì agli arrestati. Fu ucciso in un fienile a cui poi fu dato fuoco il 19 luglio 1943. (Avvenire)  
 
O Signore, che ci hai nutriti con i tuoi doni,
fa’ che per la celebrazione di questi santi misteri
cresca in noi il frutto della salvezza.
Per Cristo nostro Signore.