17 Luglio 2024
 
Mercoledì XV Settimana T. O.
 
Is 10,5-7.13-16; Salmo Responsoriale Dal Salmo 93 [94]; Mt 11,25-27
 
Colletta
O Dio, che mostri agli erranti la luce della tua verità.
perché possano tornare sulla retta via,
concedi a tutti coloro che si professano cristiani
di respingere ciò che è contrario a questo nome
e di seguire ciò che gli è conforme.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Ti rendo lode: Catechismo della Chiesa Cattolica 2603: Gli evangelisti hanno riportato in modo esplicito due preghiere pronunciate da Gesù durante il suo ministero. Ognuna comincia con il rendimento di grazie. Nella prima, Gesù confessa il Padre, lo riconosce e lo benedice perché ha nascosto i misteri del Regno a coloro che si credono dotti e lo ha rivelato ai “piccoli” (i poveri delle Beatitudini). Il suo trasalire “Sì, Padre!” esprime la profondità del suo cuore, la sua adesione al beneplacito del Padre, come eco al “Fiat” di sua Madre al momento del suo concepimento e come preludio a quello che egli dirà al Padre durante la sua agonia. Tutta la preghiera di Gesù è in questa amorosa adesione del suo cuore di uomo al “mistero della... volontà” del Padre (Ef 1,9).
2604: La seconda preghiera è riferita da san Giovanni prima della risurrezione di Lazzaro. L’azione di grazie precede l’evento: “Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato”, il che implica che il Padre ascolta sempre la sua supplica; e Gesù subito aggiunge: “Io sapevo che sempre mi dai ascolto”, il che implica che Gesù, dal canto suo, domanda in modo costante. Così, introdotta dal rendimento di grazie, la preghiera di Gesù ci rivela come chiedere: prima che il dono venga concesso, Gesù aderisce a colui che dona e che nei suoi doni dona se stesso. Il Donatore è più prezioso del dono accordato; è il “Tesoro”, ed il cuore del Figlio suo è in lui; il dono viene concesso “in aggiunta”.
I piccoli: Catechismo della Chiesa Cattolica 544: Il Regno appartiene ai poveri e ai piccoli, cioè a coloro che l’hanno accolto con un cuore umile. Gesù è mandato per “annunziare ai poveri un lieto messaggio” (Lc 4,18). Li proclama beati, perché “di essi è il Regno dei cieli” (Mt 5,3); ai “piccoli” il Padre si è degnato di rivelare ciò che rimane nascosto ai sapienti e agli intelligenti. Gesù condivide la vita dei poveri, dalla mangiatoia alla croce; conosce la fame, la sete, e l’indigenza. Anzi, arriva a identificarsi con ogni tipo di poveri e fa dell’amore operante verso di loro la condizione per entrare nel suo Regno.
 
I Lettura: Il brano di Isaia forse si riferisce all’invasione assira del 701 a.C., e probabilmente l’oracolo è rivolto a Sennacherib re di Assiria. Sennacherib inconsapevolmente è uno strumento che eseguisce i giudizi di Dio contro un popolo ribelle: “Oh Assiria, verga del mio furore, bastone del mio sdegno! Contro una nazione empia io la mando e la dirigo contro un popolo con cui sono in collera, perché lo saccheggi, lo depredi e lo calpesti come fango di strada”. Ma questa compito, di cui Sennacherib è uno “strumento cieco”, non cancella la sua responsabilità. La sua superbia e la sua crudeltà (cfr. vv. 13-16) saranno castigati nel giorno scelto da Dio:  “Quando il Signore avrà terminato tutta la sua opera sul monte Sion e a Gerusalemme, punirà il frutto orgoglioso del cuore del re d’Assiria e ciò di cui si gloria l’alterigia dei suoi occhi” (v 12).  
 
Vangelo
Hai nascosto queste cose ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli.
 
Vincenzo Raffa (Liturgia Festiva): Il vangelo di oggi contiene diversi concetti distinti. Gesù pieno di esultanza (cfr. Lc 10,21: («Esultò nello Spirito e disse ...») rivolge una sublime preghiera di lode al Padre perché ha decretato il trionfo suo e dei suoi e la sconfitta del principe del male e dei suoi satelliti.
Dio ha stabilito di celare il contenuto della rivelazione con tutti i suoi misteri ed anche la identità divina del Messia ai miscredenti e a tutti gli impetriti adoratori della dea ragione, i quali si autodefiniscono o sono definiti da una mentalità razionalistica sapienti - intelligenti. L’Onnipotente ha voluto occultare il suo mondo di segreti inestimabili a tutti gli autosufficienti che pensano orgogliosamente di non aver bisogno di Dio e del suo inviato.
Gesù dice essere piaciuto a Dio che i misteri del regno dei cieli fossero rivelati ai piccoli, cioè ai veri saggi, gli umili, ai «poveri di Dio», ai suoi discepoli autentici, a quelli che contano sul Signore.
È chiaro che la differenza fra gli uni e gli altri non è solo di conoscenza o ignoranza dei segreti divini, ma anche di salvezza o dannazione. Infatti un diverso trattamento non giustificherebbe la gioia di Gesù se non coinvolgesse il compito del Messia e la sorte definitiva dei suoi seguaci (Mt 10,40-42).
Gesù, dopo la lode al Padre, passa a precisare che il tramite di tutta la rivelazione è egli stesso.
Verbo eterno e Messia, perché dotato di tutta la scienza che Dio ha di sé. La scienza infinita di Dio posseduta pienamente dal Padre ed è posseduta pienamente anche dal Figlio, perché il Padre è Dio e il Figlio è Dio alla stessa maniera che lo Spirito Santo, e quindi nella loro consustanzialità conoscono l’infinito patrimonio comune. Esso è reso accessibile anche agli uomini mediante la rivelazione della quale appunto il brano evangelico illustra natura e metodo.
 
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 11,25-27
 
In quel tempo, Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza.
Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».  
 
Parola del Signore.
 
Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra... - L’espressione Signore del cielo e della terra, evoca l’azione creatrice di Dio (Cf. Gen 1,1). Il motivo della lode sta nel fatto che il Padre ha «nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le ha rivelate ai piccoli». Le cose nascoste «non si riferiscono a ciò che precede; si devono intendere invece dei “misteri del regno” in generale [Mt 13,11], rivelati ai “piccoli”, i discepoli [Cf. Mt 10,42], ma tenuti nascosti ai “sapienti”, i farisei e i loro dottori» (Bibbia di Gerusalemme).
Molti anni dopo l’apostolo Paolo ricorderà queste parole di Gesù ai cristiani di Corinto: «Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio» (1Cor 1,26-29).
... nessuno conosce il Figlio... La rivelazione della mutua conoscenza tra il Padre e il Figlio pone decisamente il brano evangelico in relazione «con alcuni passi della letteratura sapienziale riguardanti la sophia. Solo il Padre conosce il Figlio, come solo Dio la sapienza [Gb 28,12-27; Bar 3,32]. Solo il Figlio conosce il Padre, così come solo la sapienza conosce Dio [Sap 8,4; 9,1-18]. Gesù fa conoscere la rivelazione nascosta, come la sapienza rivela i segreti divini [Sap 9,1-18; 10,10] e invita a prendere il suo giogo su di sé, proprio come la sapienza [Prov 1,20-23; 8,1-36]» (Il Nuovo Testamento, Vangeli e Atti degli Apostoli).
... nessuno conosce il Padre se non il Figlio... Gesù è l’unico rivelatore dei misteri divini, in quanto il Padre ne ha comunicato a lui, il Figlio, la conoscenza intera. Da questa affermazione si evince che Gesù è uguale al Padre nella natura e nella scienza, è Dio come il Padre, di cui è il Figlio Unico.
 
Gesù rivela di Dio: Paolo VI (Udienza Generale 1/2/1967): Che Gesù non sia soltanto il Rivelatore di Se stesso (la grande capitale questione del Vangelo: «Chi è il Figlio dell’uomo?», Matth. 16,13. «Tu, chi sei?», Io. 8,25), ma altresì il Rivelatore di Dio, si sa (cfr. Matth. 11,27); ma ciò che oggi interessa gli studiosi è l’osservare che Gesù rivela Dio in Gesù stesso; chi vede Lui (io dice Gesù stesso), vede il Padre (cfr. Io. 14,9); Egli, due volte asserisce S. Paolo, «è l’immagine di Dio» (2Cor. 4,4; Col. 1,15; cfr. Feuillet: Le Christ Sagesse de Dieu, p. 113 ss.); forse che non dobbiamo andare oltre nella nostra ricerca di Dio, e che dobbiamo rinunciare alla pretesa di mirare alla trascendenza di Dio, con tutto ciò che di sacro, di teologico, di mistico, d’ineffabile essa porta con sé, per fermarci alla visione del volto umano del Signore e alla coscienza del nostro comune destino con Lui? Questa è una delle nuove tentazioni, che può far cadere la fede, contraddire alla Parola programmatica di Cristo (cfr. Io. 1,18; 16,25 etc.), soffocare il senso della verità del Dio vivente, dissacrare la Chiesa, e spegnere alla fine la vita cristiana, negare il suo segreto, la sua forza, ch’è l’incontro di Dio-Amore con l’uomo bisognoso di salvezza. Nella Paternità di Dio sta il principio supremo della fraternità umana; se, per cercare l’umanità, perdessimo la fede e la grazia della Paternità divina, perderemmo insieme la ragione prima di chiamare fratelli gli uomini. No; bisogna ricordare che Cristo è la via che ci introduce nel mondo divino, così com’è la via che si apre sugli orizzonti della vita umana; l’una e l’altra si toccano e si comunicano all’incontro, che S. Agostino ha più volte descritto nelle due famose parole: miseria e misericordia.
 
Origene-Gerolamo [E/16]: Fino a quando i peccatori, Signore, fino a quando i peccatori si vanteranno? [Sal 94(93),3]. L’impazienza degli uomini non ammette che Dio abbia pazienza. Poveri noi, che vogliamo Dio paziente con noi, e impaziente con i nostri nemici! Se talora commettiamo peccati, noi desideriamo che sia paziente; se talora invece qualcuno manca contro di noi, non vogliamo che Dio sia paziente con lui. Fino a quando i peccatori si vanteranno? Non gli basta peccare, ma per di più si vantano dei loro peccati. Una prima disgrazia è quella di commettere peccati; la seconda, anzi l’estrema disgrazia, è quella di non convertirsi. Questi peccatori, quindi, non solo non chinano il capo, ma dopo il loro peccato se ne vantano senza ritegno.»
 
Santo del giorno - 17 Luglio 2024 - Sant’Alessio, Mendicante: Fattosi povero, da patrizio qual era, Alessio trascorreva le notti sotto una scala sul colle romano dell’Aventino. In quel luogo Papa Onorio III gli dedicò nel 1217 una chiesa, scelta ancora oggi per molti matrimoni che si celebrano nell’Urbe. Ma quella della scala è soltanto una delle due tradizioni esistenti sul santo. Secondo quella siriaca, infatti, il giovane fuggì la sera delle nozze per recarsi a Edessa, dove visse da mendicante e morì. La variante greco-romana introduce il ritorno a Roma (raffigurato nelle pitture della chiesa inferiore della basilica San Clemente). Qui Alessio visse sempre da mendico e non venne riconosciuto dal padre. Fu Papa Innocenzo a scoprirne l’identità e a comunicarla ai genitori, che, straziati, si recarono al capezzale del figlio ormai morente. Una scena spesso raffigurata nell’arte. Della figura di Alessio si è impadronita anche la letteratura. (Avvenire)
 
O Signore, che ci hai nutriti con i tuoi doni,
fa’ che per la celebrazione di questi santi misteri
cresca in noi il frutto della salvezza.
Per Cristo nostro Signore.