16 Luglio 2024
 
Martedì XV Settimana T. O.
 
Is 7,1-9; Salmo Responsoriale Dal Salmo 47 [48]; Mt 11,20-24
 
Colletta
O Dio, che mostri agli erranti la luce della tua verità.
perché possano tornare sulla retta via,
concedi a tutti coloro che si professano cristiani
di respingere ciò che è contrario a questo nome
e di seguire ciò che gli è conforme.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Convertitetivi: Paenitemini, I: La penitenza, esigenza della vita interiore confermata dalla esperienza religiosa dell’umanità e oggetto di un particolare precetto della divina rivelazione, assume in Cristo e nella Chiesa dimensioni nuove, infinitamente più vaste e profonde. Cristo, che sempre nella sua vita fece ciò che insegnò, prima di iniziare il suo ministero, passò quaranta giorni e quaranta notti nella preghiera e nel digiuno, e inaugurò la sua missione pubblica col lieto messaggio: «Il regno di Dio è vicino», cui tosto aggiunse il comando: «Ravvedetevi e credete nel Vangelo». Queste parole costituiscono in certo modo il compendio di tutta la vita cristiana. al Regno annunciato da Cristo si può accedere soltanto mediante la «metánoia», cioè attraverso quell’intimo e totale cambiamento e rinnovamento di tutto l’uomo, di tutto il suo sentire, giudicare e disporre, che si attua in lui alla luce della santità e della carità di Dio, che, nel Figlio, a noi si sono manifestate e si sono comunicate con pienezza. L’invito del Figlio alla «metánoia» diviene più indeclinabile in quanto egli non soltanto la predica, ma offre anche esempio di penitenza. Cristo infatti è il modello supremo dei penitenti: ha voluto subire la pena per i peccati non suoi, ma degli altri.
 
I Lettura: La cornice storica nella quale si colloca il testo di Isaia è la guerra siro-efraimita durante il regno di Acaz re di Giuda (736-716): il re di Aram e il re di Israele avevano tentato di conquistare Gerusalemme, la capitale di Giuda, ma il tentativo era fallito. Malgrado gli avvertimenti di Isaia, il re Acaz aveva domandato l’aiuto di Tiglat-Pilèzer, re di Assiria, che aveva attaccato vittoriosamente Damasco e Samaria, ma aveva ridotto Giuda in vassallaggio. Maldestramente Acaz aveva aperto all’Assiria la porta del suo paese (cfr. 2Re 16,5-16). L’ultimo versetto del testo di oggi, Ancora sessantacinque anni, “suppone un paragone tacito tra Giuda, di cui la capitale è Gerusalemme e di cui il vero «capo» è Jahve, e i suoi nemici che non hanno gli stessi privilegi. Inoltre, il profeta annunzia la scomparsa del regno del nord; come condizione di salvezza chiede un atto di fede. La fede, presso i profeti, è meno la credenza astratta che Dio esiste e che è unico, che la fiducia in lui, fondata sull’elezione: Dio ha scelto Israele, è il suo Dio [Dt 7,6]; solo lui può salvarlo. Questa fiducia assoluta, pegno della salvezza [Is 28,16], esclude il ricorso a ogni altro appoggio, degli uomini o, a più forte ragione, dei falsi dèi [cfr. Is 30,15; Ger 17,5; Sal 52,9]” (Bibbia di Gerusalemme).
 
Vangelo
Nel giorno del giudizio,Tiro e Sidòne e la terra di Sòdoma saranno trattate meno duramente di voi.
 
Tiro, Sidone, Sodoma nell’Antico Testamento erano sinonimo di empietà, di immoralità, di idolatria e di crudeltà, ebbene, nel giorno del giudizio universale, saranno “trattate meno duramente” di quelle città che sono rimaste empiamente pagane pur avendo goduto della presenza del Cristo, della sua predicazione e dei suoi miracoli. Non possiamo chiudere questo avvertimento a un periodo storico, ma è un monito che vale per tutti i tempi, pensiamo ai giorni nostri in cui l’Europa ha rigettato le sue radici cristiane.
 
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 11,20-24
 
In quel tempo, Gesù si mise a rimproverare le città nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi, perché non si erano convertite: «Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidóne fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, Tiro e Sidóne saranno trattate meno duramente di voi.
E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai!. Perché, se a Sòdoma fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a te, oggi essa esisterebbe ancora! Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, la terra di Sodòma sarà trattata meno duramente di te!».
 
Parola del Signore
 
Gli attacchi di Gesù contro le città litoranee del lago di Galilea ricordano lo stile dei profeti dell’Antico Testamento. Costoro non esitavano a lanciare invettive contro le orgogliose città pagane che minacciavano il popolo di Dio. Ma in questo caso le rampogne sono destinate alle località giudaiche, paragonate a loro svantaggio alle città pagane. Questi versetti si trovano anche in Lc 10,12-15, ma in un ordine diverso e riferiti alla missione dei discepoli.
Il v. 20 giustifica i rimproveri: le città prese di mira hanno visto compiere «la maggior parte di miracoli» di Gesù e non si sono convertite. Ci si trova qui davanti a un fatto nuovo: i miracoli servono a favorire la conversione che consente l’accesso al regno (cfr. Mt 4,17). Il testo si snoda poi in due ondate simmetriche:
a) I vv. 21-22 riguardano Corazìn, assai vicina a Cafarnao, e Betsàida, situata di fronte a Corazìn, sulla riva opposta del Giordano. Gesù afferma che Tiro e Sidone, quantunque pagane, avrebbero fatto penitenza davanti ai suoi miracoli e che esse avranno quindi un giudizio meno severo rispetto alle città giudaiche impenitenti.
b) Nei vv. 23-24 egli si scaglia contro Cafarnao, la sua città, sulla base di un identico ragionamento, ma ancora più inesorabile: condannata allo sceòl, la dimora dei morti, la città si vede destinata alla stessa sorte dell’empio re di Babilonia (cfr. Is 14,13-15). Peggio ancora, Gesù la paragona a Sodoma, la città pagana fra tutte maledetta, già ricordata in Mt 10,15.
Ripetiamolo: in questo passo Gesù non esprime una collera personale; egli adotta il modo di parlare di un profeta e vorrebbe essere riconosciuto come tale.
L’episodio stabilisce inoltre una sottile relazione tra i miracoli, letteralmente «gli (atti) di potenza», e il richiamo a credere al regno. Questi atti di potenza sono le rilevanti manifestazioni di un Dio che, per mezzo del suo inviato, passa ora all’azione: esse non violano la libertà umana, che può rifiutarle, e Gesù ne constata allora il rifiuto: ma la libertà non impedisce di arrendersi davanti a un’opportunità che si offre e che i pagani non hanno avuto. Ecco dunque un paragone inquietante tra Israele e i pagani: esso ricorda l’episodio del centurione e annuncia la donna cananea, giustamente venuta da «Tiro e Sidone».
 
Molti cristiani amano giocare con il fuoco. Sono maestri nell’arte del rimandare, oggi non posso, domani... oggi ho tante cose da fare è meglio domani... altri, più che mai incoscienti, decidono di regolare i conti sul letto di morte. Non possiamo approfittare della pazienza di Dio (2Pt 3,8-10). Il libro del Siracide ci suggerisce di essere un po’ più seri e un po’ più cauti, sopra tutto quando siamo presi dalla fregola di strombazzare ai quattro venti “misericordia, misericordia”, che per tanti, sopra tutto ai giorni nostri, è diventata una parola magica: «Non dire: “Ho peccato, e che cosa mi è successo?”, perché il Signore è paziente. Non essere troppo sicuro del perdono tanto da aggiungere peccato a peccato. Non dire: “La sua compassione è grande; mi perdonerà i molti peccati”, perché presso di lui c’è misericordia e ira, e il suo sdegno si riverserà sui peccatori. Non aspettare a convertirti al Signore e non rimandare di giorno in giorno, perché improvvisa scoppierà l’ira del Signore e al tempo del castigo sarai annientato”(Sir 5,4-7). Ira, sdegno, castigo, parole che oggi fanno torcere il muso a molti i quali vorrebbero vedere tutti in Paradiso, pure i diavoli. Eppure, l’esperienza dovrebbe suggerirci che ad ogni passo la morte si avvicina e così il giudizio di Dio che non terrà conto delle giustificazioni o scuse che l’uomo potrà portare dinanzi al Giudice: “Considera, come appena l’anima uscirà dal corpo, che sarà condotta innanzi al tribunale di Dio, per essere giudicata. Il giudice è un Dio onnipotente, da te maltrattato, adirato al sommo. Gli accusatori sono i demoni nemici, i processi i tuoi peccati, la sentenza è inappellabile, la pena un inferno. Non vi sono più compagni, non parenti, non amici; fra te e Dio te l’hai da vedere. Allora scorgerai la bruttezza de’ tuoi peccati, né potrai scusarli come ora fai. Sarai esaminato sopra i peccati di pensieri, di parole, di compiacenze, d’opere, d’omissione e di scandalo. Tutto si ha a pesare in quella gran bilancia della divina giustizia, ed in una cosa, in cui ti troverai mancante, sarai perduto.” (Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, Massime Eterne, Riflessione per il Giovedì, del Giudizio Universale). Attento, dunque, chiunque tu sia, a non giocare con il fuoco, alla fine ti potresti trovare ad essere salato con il fuoco (Mc 9,49).
 
Un nuovo modo di pensare e di agire - Catechismo degli Adulti [142]: Convertirsi significa assumere un diverso modo di pensare e di agire, mettendo Dio e la sua volontà al primo posto, pronti all’occorrenza a rinunciare a qualsiasi altra cosa, per quanto importante e cara possa essere. Significa liberarsi dagli idoli che ci siamo creati e che legano il cuore: benessere, prestigio sociale, affetti disordinati, pregiudizi culturali e religiosi.
La decisione deve essere netta, senza riserve: «Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te... E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te» (Mt 5,2930). Tuttavia Gesù conosce la fragilità umana e sa essere paziente. Lo rivela narrando di un padrone, il quale aveva nel campo un magnifico albero, che da tre anni però non gli dava frutti; ordinò al contadino di tagliarlo; ma questi gli rispose: «Padrone, lascialo ancora quest’anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime e vedremo se porterà frutto per l’avvenire; se no, lo taglierai» (Lc 13,8-9).
 
Basilio il Grande: Abbi timore della geenna, o uomo, e fa’ di tutto per renderti meritevole del regno. Non disprezzare l’invito che ti è stato rivolto. Non presentare giustificazioni (cf. Lc 14,18), ricorrendo a questo o a quell’altro pretesto. Non riesco a frenare le lacrime, quando penso fra me e me al fatto che, scegliendo le opere turpi piuttosto che la sfolgorante gloria di Dio e abbracciando senza esitazione il peccato per soddisfare la tua libidine, escludi te stesso dai beni promessi sì da impedirti di contemplare i beni della Gerusalemme celeste (cfr. Sal 127,5; Ap 21,1ss). Qui si trovano le infinite schiere di angeli, le moltitudini dei primogeniti, i troni degli apostoli, i seggi dei profeti, si ammirano gli scettri dei patriarchi, le corone dei martiri, si cantano le lodi dei giusti: fa’ nascere in te stesso il desiderio di essere annoverato anche tu in mezzo a tutti costoro, dopo esser stato purificato e santificato dai doni del Cristo.
 
Il Santo del Giorno - 16 Luglio 2024 - Beata Vergine Maria del Monte Carmelo. Quel dolce manto protettore che vince l’aridità dei cuori: Come lacrime del cielo che fecondano la terra e generano vita, speranza e futuro: la visione di Elia sul monte Carmelo ci parla di un Dio che si prende cura dell’umanità e, come un manto, la protegge dall’arsura provocata dalle asperità e dalla siccità della storia. Siccità spirituale e asperità esistenziali sono esperienza comune, ecco perché la tradizione ha da sempre visto in quella leggera nube recante pioggia e risalente dal mare un segno della dolcezza divina, la stessa da sempre legata anche alla vicenda e all’icona della Vergine, di Maria, la madre di Dio. Di fronte alla nostra sete interiore d’Infinito la devozione alla Madonna del Carmelo è un invito a lasciarci avvolgere dall’amore delicato e ristoratore di Dio. Un messaggio che arriva dal racconto riportato al capitolo 18 del primo Libro dei Re: sul Monte Carmelo il profeta Elia mostra ad Acab la potenza del Signore, contenuta in una piccola nuvola che porta la pioggia e vince l’arsura. Un’immagine potente nella quale la tradizione ha visto l’opera di Maria, il cui ventre ha donato al mondo l’unica fonte in grado di vincere ogni aridità del cuore. Da questo stesso brano è poi nata l’esperienza dei monaci del Carmelo. La Madonna del Carmine, in seguito, apparve il 16 luglio 1251 a Simone Stock, priore generale dell’Ordine carmelitano, promettendo la salvezza a coloro che avrebbero portato lo scapolare consegnato allo stesso religioso, simbolo di protezione e di totale affidamento a Dio. (Matteo Liut)
 
O Signore, che ci hai nutriti con i tuoi doni,
fa’ che per la celebrazione di questi santi misteri
cresca in noi il frutto della salvezza.
Per Cristo nostro Signore.