14 Luglio 2024
 
XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO  
 
Am 7,12-15; Salmo responsoriale Dal Salmo 84 (85); Ef 1,3-14; Mc 6,7-13
 
Colletta:
O Padre, che chiami tutti gli uomini
a essere tuoi figli in Cristo,
concedi alla tua Chiesa
di confidare solo nella forza dello Spirito
per testimoniare a tutti le ricchezze della tua grazia. 
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Papa Francesco (Angelus 15 Luglio 2018): Il discepolo missionario ha prima di tutto un suo centro di riferimento, che è la persona di Gesù. Il racconto lo indica usando una serie di verbi che hanno Lui per soggetto – «chiamò a sé», «prese a mandarli», «dava loro potere», «ordinò», «diceva loro» (vv. 7.8.10) –, cosicché l’andare e l’operare dei Dodici appare come l’irradiarsi da un centro, il riproporsi della presenza e dell’opera di Gesù nella loro azione missionaria. Questo manifesta come gli Apostoli non abbiano niente di proprio da annunciare, né proprie capacità da dimostrare, ma parlano e agiscono in quanto “inviati”, in quanto messaggeri di Gesù.
Questo episodio evangelico riguarda anche noi, e non solo i sacerdoti, ma tutti i battezzati, chiamati a testimoniare, nei vari ambienti di vita, il Vangelo di Cristo. E anche per noi questa missione è autentica solo a partire dal suo centro immutabile che è Gesù. Non è un’iniziativa dei singoli fedeli né dei gruppi e nemmeno delle grandi aggregazioni, ma è la missione della Chiesa inseparabilmente unita al suo Signore. Nessun cristiano annuncia il Vangelo “in proprio”, ma solo inviato dalla Chiesa che ha ricevuto il mandato da Cristo stesso. È proprio il Battesimo che ci rende missionari. Un battezzato che non sente il bisogno di annunciare il Vangelo, di annunciare Gesù, non è un buon cristiano.
 
I Lettura: Amasia paragona Amos ai profeti di carriera che vivono della loro professione (Cf. 1Sam 9,7), ma non lo accusa d’essere un falso profeta; anzi, il suo intervento e la sua denunzia di cospirazione mostrano che egli teme le conseguenze della predicazione del profeta. La fedeltà di Amos alla vocazione divina rende efficace e veritiero il suo annunzio, purtroppo foriero di crudeli sventure: morte di spada per Geroboamo, esilio per Amasia e per tutto Israele, disonore e morte per donne e bambini.
 
II Lettura: Paolo svela agli Efesini il ‘mistero della volontà di Dio’ che è quello di ricapitolare in Cristo tutte le cose, «quelle nei cieli e quelle sulla terra». Questo disegno comporta anche la chiamata dei pagani a condividere la salvezza già riservata a Israele. Il progetto divino, iniziato già ora in modo misterioso, sarà completo quando il regno di Dio si stabilirà in modo glorioso e definitivo, nella manifestazione ultima del Cristo.
 
Vangelo
Prese a mandarli.
 
La povertà degli apostoli è necessaria, ma molto più essenziale è la povertà della stessa missione: quando la Chiesa fa dipendere il suo annuncio unicamente dai mezzi, «è una Chiesa che si è indebolita nella sua fede» (José Maria Gonzáles-Ruiz). Essere mandati a due a due è in sintonia con la tradizione biblica, secondo la quale solo la testimonianza di due testimoni (o più) garantisce la veridicità di un fatto (Cf. Dt 19,15). Il potere sugli spiriti, che Gesù conferisce ai Dodici, è un potere teso a liberare l’uomo nella sua totalità come persona umana: in modo specifico è finalizzato a liberarlo dal peccato, dalla morte corporale e da quella spirituale. Scuotere la polvere dai piedi era un gesto con il quale gli Ebrei esprimevano il distacco dal mondo pagano e la messa sotto accusa di chi si chiudeva al messaggio del vero e unico Dio. L’unzione con l’olio è bene testimoniata nel mondo pagano e in quello biblico. In quest’ultimo l’unzione compare come segno messianico con il quale si evidenzia quanto la forza di Dio è capace di operare sul corpo e sullo spirito dell’uomo.
 
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 6,7-13
In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri.
E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.
E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro».
Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.

Parola del Signore.
 
La missione - Gesù è stato cacciato via da Nazaret (Cf. Mc 6,6): salutare e prezioso insegnamento per gli Apostoli, perché l’umiliazione li avrebbe preservati da quei facili entusiasmi fin troppo umani e soprattutto li avrebbe convinti ad aprirsi con fiducia alla presenza-potenza del Risorto.
Gesù chiama i Dodici ed incomincia a mandarli a due a due. L’invio «a coppie diverrà una prassi normale per l’aiuto reciproco tra i missionari, ma soprattutto per conferire alla predicazione evangelica un carattere testimoniale, quale messaggio escatologico. Secondo la Legge mosaica, erano necessari due testimoni per la validità della deposizione in tribunale [Dt 19,15]» (Angelico Poppi).
Dal proseguo del racconto si intende che è una elezione che costa sacrifici e rinunzie; è una chiamata che colloca il missionario in uno stato totale di precarietà: infatti, non è lui l’attore principale della missione, ma lo Spirito Santo; sarà lo Spirito a decidere i tempi, il luogo dove andare e dove non andare, a pianificare l’azione e a predisporre tutto quello che sarà bisognoso per una buona riuscita; anche, se sarà necessario, con l’apporto di catene, insuccessi, mortificazioni e, se sarà utile, persino con la morte violenta di colui che è mandato (Cf. At 8,29.39-40; 10,19; 13,1-4; 16,6-7; 17,22-34; ecc.).
Il mettersi nella mani dello Spirito Santo confina con la povertà evangelica che Cristo Gesù esige da chi si pone al suo seguito: una povertà che va al di là della povertà fisica o materiale, perché è, innanzi tutto, una profonda e radicale fedeltà a Dio che sconfina nell’abbandono fiducioso alla azione divina: «Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano» (Mc 18,20).
Se il missionario deve essere povero, anche la missione deve essere povera, soprattutto di mezzi umani: «E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone» (Mc 6,8).
Il missionario che pensa di procurarsi tutti i mezzi umani necessari per una buona riuscita della missione la vota al più sicuro fallimento: «La missione si prepara, sì, ma non più di quanto è necessario. L’attenzione non è rivolta principalmente alla povertà dei missionari, ma più ancora alla povertà della missione. La missione è solo questo: un ‘invio’, un essere inviato da colui che è l’unico responsabile del suo successo» (José Maria Gonzáles-Ruiz). A questo punto si comprende a cosa miri l’ordine di Gesù: il Vangelo vuole testimoni di vita e non un annuncio che si basi su dottrina e scienza umane (Cf. 1Cor 1,17).
Gesù vuole una Chiesa povera, che non abbia fiducia sui mezzi umani, ma che si abbandoni fidente a Dio. Quindi le parole di Gesù vanno al di là del puro significato letterale: quello che conta «per l’apostolo è “la passione” per la sua missione, per cui non trova tempo neppure per progettare ciò che è strettamente necessario per il viaggio; e soprattutto è la immensa fiducia in Dio che non gli farà mancare l’indispensabile per vivere» (Settimio Cipriani).
Quando la Chiesa apostolica incominciò a praticare la carità verso i più poveri, ad interessarsi delle vedove (Cf. At 6,1ss), a condividere beni ed eucaristia (Cf. At 2,42-47), quando mostrò i segni inequivocabili della povertà (Cf. At 3,6), della carità e della solidarietà, la risposta del popolo fu immediata ed entusiasta (Cf. At 4,33).
Come il fallimento deve essere preventivato, così deve essere registrato; cioè deve essere messo in evidenza con un gesto molto forte al di là del puro significato simbolico: «Se in qualche luogo non vi accogliessero... andatevene e scuotete la polvere sotto ai vostri piedi» (Mc 6,11). Per chi si ostina a non ascoltare o a non accogliere la parola di salvezza l’appuntamento con la giustizia divina è soltanto rimandato: la polvere dei sandali dei missionari sarà un capo d’accusa indelebile dinanzi agli occhi del Cristo redentore e giusto giudice.
La conclusione del brano evangelico, Partiti predicavano... scacciavano molti demoni..., mette in evidenza una Chiesa decisamente carismatica: la parola e i prodigi sono complementari; il potere di scacciare i demòni e di guarire gli ammalati danno alla parola il sigillo della veridicità e l’annunzio conferma che i miracoli sono doni salvifici; non sono fine a se stessi, ma donati gratuitamente da Dio agli uomini per la loro salvezza. Gesù trasmette ai Dodici il potere di fare miracoli e di scacciare i demòni, per indicare la continuità della sua opera con l’opera degli Apostoli e della Chiesa.
 
Cristo, centro del disegno di Dio  - Giuseppe Barbaglio (Disegno di Dio in Schede Bibliche Pastorali, Vol. II): Alla luce del mattino di pasqua, la comunità cristiana delle origini ha compreso che il progetto salvifico divino possiede un preciso centro focale: Gesù di Nazaret morto e risorto, cui converge tutta la storia precedente e da cui deriva il tempo successivo. Si vedano in proposito le affermazioni esplicite proprie al tema del «mistero», a cui rimandiamo. Ma non mancano altre testimonianze neotestamentarie che qui vogliamo analizzare.
Anzitutto, il disegno di Dio trova in Gesù il suo momento di decisivo svelamento. Se i profeti dell’Antico Testamento annunciavano la parola di Dio, Gesù è la parola di Dio fatta «carne», cioè incarnata nel nostro mondo (Gv 1,14). Sempre il vangelo di Giovanni confessa: «Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato» (1,18). Come lieto annuncio (= vangelo) la chiesa annuncia la storia della morte e risurrezione di Cristo: «Vi rendo noto, fratelli, il vangelo che vi ho annunziato e che voi avete ricevuto... che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici» (1Cor 18,1.3-5).
Vertice della rivelazione, egli è anche il segno della piena realizzazione del disegno di Dio. Paolo non esita ad affermare che tutte le promesse divine hanno ricevuto in lui il loro sì (1Cor 1,20). In particolare, Gesù è l’erede delle promesse patriarcali (Gal 3,16), il messia promesso (Mc 8,29).
Per questo il Nuovo Testamento non ha difficoltà a indicare in lui l’unico e universale mediatore dell’azione salvifica divina: «Uno solo, infatti, è Dio e uno solo il mediatore tra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto di tutti» (1Tm 2,5-6). La creazione è creazione in Cristo; la riconciliazione dell’uomo è riconciliazione mediante Cristo; la salvezza finale è salvezza per mezzo di Cristo. Ecco come Paolo riassume in una formula di fede l’interpretazione cristiana del mondo e della storia: «Per noi c’è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo per lui; e un solo Signore Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo per lui» (1Cor 8,6).
Il brano cristologico di Col 1,15-20 ripete la stessa cosa sotto forma innica: «Egli è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose... Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui. Egli è anche il capo del corpo, cioè della chiesa; il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti, per ottenere il primato su tutte le cose. Perché piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconci­liare a sé tutte le cose...». Nel prologo del vangelo di Giovanni leggiamo: «In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio... Tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste» (1,1 e 3). L’Apocalisse ha coniato la formula: «Io sono l’Alpha e l’Omega, il Primo e l’Ulti­mo, il principio e la fine» (22,13; Cf. 1,17 e 2,8), dice Cristo. Infine, non possiamo non citare il prologo della lettera agli Ebrei: «Dio... ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo» (1,2).
 
Agostino (De cons. ev., 2,30): E comandò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio ...: si è soliti chiedersi perché Matteo ( 10,10) e Luca (9,3) ricordino che il Signore dicesse ai discepoli di non prendere il bastone, mentre secondo Marco lo possono portare. Si deve considerare che la parola bastone è usata con significati diversi…
Matteo infatti, dicendo di non prendere il bastone, vuoi dire: neppure la minima cosa, mentre Marco spiega che, grazie al potere ricevuto del Signore, che qui è denominato bastone, anche le cose che i discepoli non porteranno, non mancheranno loro.

Beda (Comm. in Marci ev., l ): Dicendo che non prendessero per il viaggio altro che un bastone, Gesù voleva far intendere che, in grazia di quella potestà ricevuta dal Signore, e raffigurata dal bastone, agli Apostoli non sarebbero mancate neppure le cose che non avessero portato con sé... Secondo il significato allegorico si indicano nella borsa i pensieri di questo mondo. nel pane le gioie terrene, e nel denaro conservato nella borsa la sapienza nascosta.
Infatti, chi possiede la Parola della sapienza, ma trascura di donarla al prossimo, è come se tenesse il denaro chiuso nella borsa ... Gli Apostoli dunque non debbono portare né borsa, né pane, né denaro, perché chiunque accetta il compito di istruire il prossimo non dev’essere né schiacciato dal peso degli affari terreni, né indebolito dai desideri carnali, né deve occultare il denaro della Parola che gli è stato affidato.
 
Il Santo del Giorno - 14 Luglio 2024 - San Camillo de Lellis - Profeta di una medicina con la persona al centro: Prendersi cura dell’umanità è l’attività che più di ogni altra riflette l’agire di Dio nella storia: fin dall’inizio dei tempi Egli è, infatti, compagno e sostegno di ogni essere umano nel viaggio della vita, soprattutto nei momenti di sofferenza. È in questa dimensione che visse e operò san Camillo de Lellis, profeta di una medicina che mette al centro le persone e la loro dignità.
Nato a Bucchianico (Chieti) nel 1550 in una famiglia nobile intraprese la carriera militare, ma a causa di una piaga al piede per un periodo fu ricoverato a Roma. Riprese le armi, fu rovinato dal vizio del gioco, perché perse tutti i suoi averi. Si ritrovò così al servizio dei Cappuccini di San Giovanni Rotondo. Nel 1575 fu ricoverato nuovamente all’ospedale di San Giacomo degli Incurabili a Roma e lì finalmente trovò la sua strada: si mise a servire con dedizione e delicatezza i compagni malati ed ebbe l’idea di fondare una congregazione votata a questa attività. Nacquero così i Ministri degli Infermi, i Camilliani: l’esperienza militare del fondatore fu una risorsa preziosa per modernizzare l’assistenza ai malati. De Lellis morì nel 1614 a Roma. (Avvenire)
 
O Signore, che ci hai nutriti con i tuoi doni,
fa’ che per la celebrazione di questi santi misteri
cresca in noi il frutto della salvezza.
Per Cristo nostro Signore.