6 Giugno 2024

  Giovedì IX Settimana T. O.
 
2Tm 2,8-15; Salmo Responsoriale Dal Salmo 24 (25); Mc 12,28b-34
 
Colletta
O Dio, che nella tua provvidenza
tutto disponi secondo il tuo disegno di salvezza,
ascolta la nostra umile preghiera:
allontana da noi ogni male e dona ciò che giova al nostro vero bene.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
«Credo in un solo Dio» - Catechismo della Chiesa Cattolica 200: Con queste parole incomincia il Simbolo niceno-costantinopolitano. La confessione dell'unicità di Dio, che ha la sua radice nella rivelazione divina dell'Antica Alleanza, è inseparabile da quella dell'esistenza di Dio ed è altrettanto fondamentale. Dio è uno: non c'è che un solo Dio: «La fede cristiana crede e professa un solo Dio, uno per natura, per sostanza e per essenza».
201: A Israele, suo eletto, Dio si è rivelato come l’Unico: «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze» (Dt 6,4-5). Per mezzo dei profeti, Dio invita Israele e tutte le nazioni a volgersi a lui, l’Unico: «Volgetevi a me e sarete salvi, paesi tutti della terra, perché io sono Dio; non ce n’è altri... davanti a me si piegherà ogni ginocchio, per me giurerà ogni lingua. Si dirà: “Solo nel Signore si trovano vittoria e potenza”» (Is 45,22-24).
202: Gesù stesso conferma che Dio è «l’unico Signore» e che lo si deve amare con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente, con tutte le forze. Nello stesso tempo lascia capire che egli pure è «il Signore». Confessare che «Gesù è Signore» è lo specifico della fede cristiana. Ciò non contrasta con la fede nel Dio Uno. Credere nello Spirito Santo «che è Signore e dà la vita» non introduce alcuna divisione nel Dio Uno:
«Crediamo fermamente e confessiamo apertamente che uno solo è il vero Dio, eterno e immenso, onnipotente, immutabile, incomprensibile e ineffabile, Padre, Figlio e Spirito Santo: tre Persone, ma una sola essenza, sostanza, cioè natura assolutamente semplice».
 
Prima Lettura: È un invito ad avere gli stessi “sentimenti di Cristo”, e di partecipare alla sua passione. Se il cristiano con Cristo affronta e sopporta la morte avrà come lui e con lui la vita e il felice accesso al regno del Padre. Se il cristiano non è fedele a questo “programma di vita” da Cristo sarà rinnegato. La fedeltà alla vocazione esige la fedeltà al ministero della Parola.
 
Vangelo
Non c’è altro comandamento più grande di questi.
 
Gesù risponde allo scriba unendo due precetti che nella Legge mosaica erano collocati in sezioni separate: l’amore verso l’unico Signore Dio (cfr. Dt 6,4-5) e l’amore verso il prossimo (cfr. Lev 19,18). Assommando i due comandamenti ne fa un solo precetto dandogli la precedenza assoluta su tutti gli altri precetti. Come l’amore di Dio si palesa e si verifica nell’amore per il prossimo così il vero amore per il prossimo non è mai separato dal vero amore verso Dio: «Se uno dicesse: “Io amo Dio”, e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello» (1Gv 4,20-21).
 
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 12,28b-34
 
In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il re tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio».
E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
 
Parola del Signore.
 
Jacques Hervieux (Vangelo di Marco): La risposta di Gesù, per una volta, soddisfa completamente il suo interlocutore. Al versetto 22, l’uomo non fa che ripetere, con parole assai simili, le due citazioni di Gesù, che ne approfitta per insistere sulla portata di carattere monoteistico del primo: «Il Signore è Dio; all’infuori di lui non ce n’è altri» (Dt 4,35). Quindi conclude che 1’amore di Dio e del prossimo è preferibile a tutti i sacrifici del culto giudaico (v. 33), a che concorda perfettamente col pensiero dei profeti quando Dio dichiara: «Io voglio l’amore, non i sacrifici» (Os 6,6). Per uno scriba, si tratta di una presa di posizione tanto più degna di nota perché ci si trova nel vestibolo del tempio (da 11,27). Queste parole non passano inosservate agli  occhi di Gesù che parla di «risposta saggia» e rivolge al suo autore questo insolito elogio: «Non sei lontano dal regno di Dio» (v. 34a). Ci si rende dunque conto che anche tra gli scribi ostili a Gesù decisamente fin dall’inizio (2,16; 3,22, ecc.) si trovano degli uomini in cammino verso la luce. In pratica, Marco ha fatto di questo incontro un episodio costruttivo: secondo lui - e al contrario di Matteo (22,35) e di Luca (10,25) - non si tratta di tornare alle vecchie dispute come m precedenza. Al di là del gioco di domanda e risposta, qui si tratta di un intenso dialogo fra Gesù e un fariseo particolarmente disponibile, senza alcun secondo fine; la conclusione in merito a questo incontro è degna di nota: nessuno osava più interrogare Gesù (v. 34b); ciò significa che il tempo delle dispute è finito.
 
Ascolta, o Israele - Questa espressione diventerà l’inizio della preghiera detta Shema, la più cara al cuore degli Ebrei. Preghiera e amore, culto e carità, unità che Gesù non ha scisso. La carità senza preghiera diventa narcisismo, l’amore senza culto diventa filantropia. Oggi nel mondo cristiano la preghiera sembra essere un po’ negletta. È più facile per molti correre sulle ali del servizio sociale in quanto gratifica, perché mette l’operatore al centro dell’attenzione pubblica accendendo abbacinanti riflettori, perché apparecchia elettrizzanti talk show... la preghiera invece si fa compagna del nascondimento, tiene lontano dalle piazze (Mt 6,4-5) e a molti non piace.
Per il Catechismo della Chiesa Cattolica (2697), la preghiera è «la vita del cuore nuovo. Deve animarci in ogni momento. Noi, invece, dimentichiamo colui che è la nostra Vita e il nostro Tutto. Per questo i Padri della vita spirituale, nella tradizione del Deuteronomio e dei profeti, insistono sulla preghiera come “ricordo di Dio”, risveglio frequente della “memoria del cuore”: “È necessario ricordarsi di Dio più spesso di quanto si respiri”».
Se nell’inconscio «di molti cristiani, pregare è un’occupazione incompatibile con tutto ciò che hanno da fare» (ibidem 2726), pochissimi sanno che quando i casi si aggrovigliano, quando tutto sembra svanire, quando i problemi si assommano o diventano disperati allora è il caso di piegare le ginocchia: «Intercedere, chiedere in favore di un altro, dopo Abramo, è la prerogativa di un cuore in sintonia con la misericordia di Dio. Nel tempo della Chiesa, l’intercessione cristiana partecipa a quella di Cristo: è espressione della comunione dei santi. Nell’intercessione, colui che prega non cerca solo “il proprio interesse, ma anche quello degli altri” [Fil 2,4], fino a pregare per coloro che gli fanno del male [Cf Stefano che prega per i suoi uccisori, come Gesù: cf At 7,60; Lc 23,28; Lc 23,34]. Le prime comunità cristiane hanno intensamente vissuto questa forma di condivisione [Cf At 12,5]. L’Apostolo Paolo le rende così partecipi del suo ministero del Vangelo [Cf Ef 6,18-20; Col 4,3-4; 1Ts 5,25], ma intercede anche per esse [Cf Fil 1,3-4; Col 1,3; 2Ts 1,11]. L’intercessione dei cristiani non conosce frontiere: “per tutti gli uomini [. . .] per tutti quelli che stanno al potere” [1Tm 2,1], per coloro che perseguitano [Cf Rom 12,14], per la salvezza di coloro che rifiutano il Vangelo [Cf  Rom 10,1]» (ibidem 2635-2636).
Prima di lanciarsi in molteplici attività caritative, il credente dovrebbe imparare a farle precedere, accompagnare, seguire dalla preghiera. L’esempio l’ha dato Gesù: Egli prega prima di iniziare la vita pubblica, prima di scegliere i suoi compagni, prega prima di trasfigurarsi sul monte, prega nell’Orto degli ulivi prima di consegnarsi nelle mani degli aguzzini, quando è issato sulla Croce prega per i suoi crocifissori, per il mondo intero.
 Ivan Turgenev, lo scrittore russo più apprezzato e conosciuto nell’Europa del XIX secolo, ebbe a dire: «Per qualunque cosa un uomo preghi, egli prega per un miracolo. Ogni preghiera si riduce a questo: “Dio onnipotente, fai che due per due non faccia quattro”». Per il credente questa preghiera è vera, perché il buon Dio, nell’operare nella storia dell’uomo, spesso ignora la tavola pitagorica.
 
Amore di Dio e amore del prossimo - Colombano Abate, Praecepta, 11, 1-4: Mosè scrisse nella legge: “Dio fece l’uomo a immagine e somiglianza sua” (Gen 1,26). Considerate, di grazia, la dignità di queste parole. Dio onnipotente, invisibile, incomprensibile ineffabile, inestimabile, fa l’uomo con del limo, e lo nobilita con la dignità della sua somiglianza. Qual è il rapporto tra il limo e Dio? Quale, quello tra il limo e lo spirito? Dio infatti, è spirito (Gv 4,24). Enorme degnazione di Dio, il quale donò all’uomo l’impronta della sua eternità e la somiglianza dei suoi costumi! Enorme dignità per l’uomo la sua somiglianza con Dio, se questa vien conservata, ma anche poi tremenda rovina, qualora venga profanata l’immagine di Dio!...
Tutte le virtù che Dio seminò in noi nella nostra condizione primitiva, ci ha insegnato, poi, coi suoi precetti, a restituirgliele. Questa è la prima: “Amare il nostro Dio con tutto il cuore” (Mt 22,37; Mc 12,30), “perché lui per primo ci ha amati” (1Gv 4,10), dal principio, prima ancora che fossimo. L’amor di Dio è la rinnovazione della sua immagine. Ama Dio chi ne osserva le leggi; disse infatti: “Se mi amate, osservate i miei precetti” (Gv 13,34). Il vero amore non è fatto di parole, ma di opere (cf. 1Gv 3,23). Restituiamo perciò a Dio, nostro Padre, la sua immagine inviolata nella santità, perché lui è santo (“Siate santi, perché io sono santo, Lv 11,44; 1Pt 1,16), inviolata nella carità, perché lui è amore (1Gv 4,8: Dio è amore), inviolata nella pietà e nella verità, perché lui è pio e verace.
Evitiamo di farci un ‘immagine diversa da quella di Dio; infatti sarebbe a immagine di un tiranno, chi fosse superbo, iracondo, feroce...
Perché, dunque non ci diamo delle immagini di tiranni, dipinga in noi Cristo la sua immagine, lui che dipinse un’immagine, quando disse: “Vi do la mia pace, vi lascio la mia pace” (Gv 14,27). Ma che cosa vale sapere che la pace è un bene, se poi questa pace non è ben conservata? Di solito quanto più una cosa è buona, tanto più è fragile, e quanto più è preziosa, tanto più accortamente dev’essere custodita; è veramente troppo fragile ciò che si può sciupare con una sola parola o con un piccolo sgarbo...
Purtroppo niente è più gradito agli uomini che interessarsi delle cose altrui, parlar di cose inutili e dir male degli assenti; perciò coloro che non possono dire: “Il Signore mi ha dato una lingua raffinata, per sostener con la mia parola colui che è stanco” (Is 50,4) tacciano e, se vogliono dir qualcosa, sia detto solo al fine di fomentar la pace...
Chi non ama sta nella morte” (1Gv 3,14). Dunque, o non si deve far altro che amare, o non ci si può aspettar altro che la morte. “La pienezza della legge, infatti, “sta nell’amore” (Rm 13,8). E che questo amore si degni ispirarci abbondantemente il Signor nostro e Salvatore Gesù Cristo, che ci è stato donato da Dio, autore della pace e dell’amore.
 
Il Santo del giorno - 6 Giugno 2024 - San Norberto, Vescovo: San Norberto è il fondatore, nel 1121, di un antico ordine monastico, che però si dedicò anche all’evangelizzazione “ad extra”, anticipando così l’avvento degli ordini mendicanti: i Premostratensi. Il nome viene dalla valle francese di Prémontré, nei pressi di Laon, dove il santo si era fermato insieme ad alcuni compagni. Norberto era nato a Xanten, in Germania, tra il 1080 e il 1085. Fece vita mondana, ma poi un evento lo sconvolse e lo indusse a cambiare. Un fulmine gli cadde vicino, per fortuna solo tramortendolo. Divenne prete, fondò l’ordine - che presto si diffuse in Europa e anche in Palestina - dal 1126 fu vescovo di Magdeburgo. Morì nel 1134 ed è santo dal 1582. (Avvenire)
 
O Padre, che ci nutri con il Corpo e il Sangue del tuo Figlio,
guidaci con il tuo Spirito,
perché, confessandoti non solo a parole e con la lingua,
ma con i fatti e nella verità,
possiamo entrare nel regno dei cieli.
Per Cristo nostro Signore.