26 Giugno 2024
 
Mercoledì XII Settimana T. O.
 
2Re 22,8-13; 23,1-3; Salmo Responsoriale Dal Salmo 118 (119); Mt 7,15-20

Colletta
Donaci, o Signore,
di vivere sempre nel timore e nell’amore per il tuo santo nome,
poiché tu non privi mai della tua guida
coloro che hai stabilito sulla roccia del tuo amore.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete: Catechismo della Chiesa Cattolica 2003: La grazia è innanzitutto e principalmente il dono dello Spirito che ci giustifica e ci santifica. Ma la grazia comprende anche i doni che lo Spirito ci concede per associarci alla sua opera, per renderci capaci di cooperare alla salvezza degli altri e alla crescita del Corpo di Cristo, la Chiesa. Sono le grazie sacramentali, doni propri ai diversi sacramenti. Sono inoltre le grazie speciali chiamate anche carismi con il termine greco usato da san Paolo, che significa favore, dono gratuito, beneficio. Qualunque sia la loro natura a volte straordinaria, come il dono dei miracoli o delle lingue, i carismi sono ordinati alla grazia santificante e hanno come fine il bene comune della Chiesa. Sono al servizio della carità che edifica la Chiesa.
2004 Tra le grazie speciali, è opportuno ricordare le grazie di stato che accompagnano l’esercizio delle responsabilità della vita cristiana e dei ministeri in seno alla Chiesa [...].
2005 Appartenendo all’ordine soprannaturale, la grazia sfugge alla nostra esperienza e solo con la fede può essere conosciuta. Pertanto non possiamo basarci sui nostri sentimenti o sulle nostre opere per dedurne che siamo giustificati e salvati. Tuttavia, secondo la parola del Signore: “Dai loro frutti li potrete riconoscere” (Mt 7,20), la considerazione dei benefici di Dio nella nostra vita e nella vita dei santi, ci offre una garanzia che la grazia sta operando in noi e ci sprona ad una fede sempre più grande e ad un atteggiamento di povertà fiduciosa. [...].
Dio forma Israele come suo popolo attraverso i profeti: Catechismo della Chiesa Cattolica 64 Attraverso i profeti, Dio forma il suo Popolo nella speranza della salvezza, nell’attesa di una Alleanza nuova ed eterna destinata a tutti gli uomini e che sarà inscritta nei cuori. I profeti annunziano una radicale redenzione del Popolo di Dio, la purificazione da tutte le sue  infedeltà, una salvezza che includerà tutte le nazioni. Saranno soprattutto i poveri e gli umili del Signore che porteranno questa speranza. Le donne sante come Sara, Rebecca, Rachele, Miryam, Debora, Anna, Giuditta ed Ester hanno conservato viva la speranza della salvezza d’Israele. Maria ne è l’immagine più luminosa.
2584. Stando «da solo a solo con Dio» i profeti attingono luce e forza per la loro missione. La loro preghiera non è una fuga dal mondo infedele, ma un ascolto della parola di Dio, talora un dibattito o un lamento, sempre un’intercessione che attende e prepara l’intervento del Dio Salvatore, Signore della storia.
 
I Lettura:  Rinnovamento dell’alleanza - Antonio González-Lamadrid (Commento della Bibbia Liturgica): Generalmente, gli autori sono d’accordo nel riconoscere che il libro della legge trovato nel tempio ai tempi di Giosia corrisponde al libro del Deuteronomio.
La lettura del libro trovato impressionò tanto il giovane re, che, dopo aver consultato la profetessa Culda convocò tutto il popolo a Gerusalemme e lo fece leggere pubblicamente alla presenza di tutta l’assemblea. A misura che la lettura avanzava, il sentimento di colpevolezza andò impadronendosi di tutta la collettività poiché, fra le esigenze del libro e la realtà religiosa che il popolo stava vivendo, vi era un abisso. Abbiamo visto in molte occasioni che la situazione religiosa d’Israele s’era andata deteriorando, specialmente dopo l’avvento della monarchia. Però, nel periodo della monarchia, per quanto si riferisce al regno del sud, i due re che si distinsero per la loro empietà furono appunto i due predecessori di Giosia, cioè Manasse e Amon. L’empietà del prirno dovette rivestire tale gravità, che egli passò alla storia con l’appellativo di «empio Manasse».
l due dommi più caratteristici e più inculcati dal Deureronornio erano l’unicità di io e l’unicità del santuario, «Ascolta, Israele: il Signoe è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuo­
re, con tutta l’anima e con tutte le forze» (Dr 6,4-5). «Quando avrete passato il Giordano e abiterete nel paese che il Signore vostro Dio vi dà in eredità ... allora presenterete al luogo che il Signore vostro Dio avrà scelto per fissarvi la sede del suo nome quanto vi comando: i vostri olocausti e i vostri sacrifici, le vostre decime ... Allora ti guarderai bene dall’offrire i tuoi olocausti in qualunque luogo avrai visto; ma offrirai i tuoi olocausti nel luogo che il Signore avrà scelto in una delle tue tribù: là farai quanto ti comando» (Dt 12,10-14).
Ora, sull’uno e sull’altro di questi punti, la situazione era veramente pietosa. Fin da quando gl’israeliti si erano Installati in Palestina, lo yahvismo aveva sempre subito un inquinamento da parte delle religioni cananee; ma negli ultimi tempi sotto l’influenza assira, e specialmente durante i regni di Manasse e di Amon, era avvenuta una intensa penetrazione della religione assira con i suoi dèi e le sue pratiche cultuali.
Quanto all’unicità del santuario, cioè quanto alla proscrizione di tutti i santuari di provincia e alla centralizzaione del culto nel santuario di Gerusalemme, questa era na legge nuova, promulgata dal Deuteronomio, che non era mai stata praticata.
Alla vista della situazione religiosa del popolo, da una parte, e dall’altra, tenendo presenti le esigenze del libro della legge, il re rinnovò pubblicamente l’alleanza e si impegnò a osservare e far osservare i comandamenti, ‘e testimonianze e i precetti della legge con tutto il cuore e con tutta l’anima. Tutto il popolo aderì alla decisione del re.
Sappiamo dalla storia che la cosa non si limitò a impegni fatti di parole, ma che Giosia portò a buon fine alcune imporranti riforme religiose.
 
Vangelo
Dai loro frutti li riconoscerete.
 
Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci!: può darsi che il detto si riferisca ai profeti provenienti dal gruppo degli zeloti, i quali incitavano alla ribellione contro Roma nel periodo precedente alla guerra giudaica del 66-70 d.C. Ma il proseguo, Dai loro frutti li riconoscerete, sembra invece riflettere l’esperienza della Chiesa, così come testimonia l’apostolo Pietro: Ci sono stati anche falsi profeti tra il popolo, come pure ci saranno in mezzo a voi falsi maestri, i quali introdurranno fazioni che portano alla rovina, rinnegando il Signore che li ha riscattati. Attirando su se stessi una rapida rovina, molti seguiranno la loro condotta immorale e per colpa loro la via della verità sarà coperta di disprezzo. Nella loro cupidigia vi sfrutteranno con parole false; ma per loro la condanna è in atto ormai da tempo e la loro rovina non si fa attendere (2Pt 2,1-3). Quindi è un invito alla prudenza, ad non abboccare al primo predicatore di passaggio. La vera cartina di tornasole per riconoscere il vero profeta è la sua vita.

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 7,15-20
 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete.
Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni.
Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li riconoscerete».
 
Parola del Signore.
 
Dai loro frutti li riconoscerete… - Wolfgang Trilling (Vangelo secondo Matteo): Per istruirci Gesù si serve di quanto vediamo nella natura.
Qui vale la legge dei «frutti»: ciò che è sano e robusto dà frutti sani; ciò che è malato e debole produce frutti miseri e senza valore.
Così è dell’uomo: la sua vita costituisce un tutt’uno: sentimenti, pensieri, volere ed agire devono concordare. Se qualcosa spezza questa unità, se l’uomo, per esempio, adempie un comandamento di Dio solo in modo esteriore e formale, mentre la sua più intima convinzione è un’altra, ben presto questa frattura si rivelerà anche all’esterno: solo ciò che è unità, dura. I frutti non sono le singole azioni, ma - come per l’albero - i frutti nel loro insieme, cioè tutta la vita.
Anche oggi ci sono falsi profeti che si presentano come inviati da Dio e suscitano l’impressione di possedere un autentico spirito cristiano - e ciò nonostante sono nemici del gregge. Nei casi singoli bisognerà essere circospetti nel giudicare, ma una cosa è sempre possibile: cercare i frutti, osservare la vita nel suo insieme per vedere se è modellata da carità fattiva, da fede sincera e, soprattutto, da umiltà e obbedienza. Molti movimenti «nuovi» supereranno splendidamente questa prova, altri cadranno irrimediabilmente.
 
19 Ogni albero che non produce frutti buoni, viene tagliato e gettato nel fuoco. 20 Dai loro frutti dunque li potrete riconoscere.
 
Il giudizio della storia è il giudizio di Dio: questo principio vale, in un certo senso, anche qui. Molte cose che non resistono al tempo e alla storia, non resisteranno neppure al giudizio di Dio. Il giudizio finale non farà che confermare il giudizio storico. L’albero bacato, che non produce frutti nutrienti, non serve a nulla. Il contadino lo sradica e lo butta nel fuoco. Anche Giovanni il Battista aveva usato questa immagine per descrivere il giudizio. Così Gesù: l’albero infruttuoso verrà consegnato al giudizio di Dio e annientato nel fuoco della sua giustizia. Ciò è detto anzitutto dei falsi profeti, ma vale anche per tutti i discepoli di Gesù.
Ciò che è stato ripetutamente spiegato in tutti i brani precedenti, acquista ora, nella luce del giudizio, tutta la sua incisività e urgenza: soltanto una vita totalmente vissuta nella fede e nella carità potrà resistere al fuoco del giudizio.
 
Bibbia di Gerusalemme - Nell’Antico Testamento vien fatta frequente allusione ai “falsi profeti”. Celebre è il passo di Ger 23,9-40: vi si denunzia l’empietà di quei vati che “profetano in nome di Baal e traviano il mio popolo Israele”; essi “vi fanno credere cose vane, vi annunziano fantasie del loro cuore, non quanto viene dalla bocca del Signore. Io non ho inviato questi profeti ed essi corrono: non ho parlato a loro ed essi profetizzano”; “corrompono il mio popolo con menzogne e millanterie. Io non li ho inviati né ho dato loro alcun ordine; essi non gioveranno affatto a dalla bocca del Signore. Io non ho inviato questi profeti ed essi corrono: non ho parlato a loro ed essi profetizzano”; “corrompono il mio popolo con menzogne e millanterie. Io non li ho inviati né ho dato loro alcun ordine; essi non gioveranno affatto a questo popolo”.
Nella vita della Chiesa la figura dei falsi profeti, di cui parla Gesù, è stata intesa dai Santi Padri come riferita agli eretici, i quali si rivestono con abiti esteriori di vita di pietà e di penitenza, ma il loro cuore non possiede i sentimenti di Cristo (cfr Comm. in Matthaeum, 7). San Giovanni Crisostomo applicava queste parole del Signore a coloro che simulano virtù che non hanno, e con questa finzione ingannano chi non li conosce (cfr Om. sul! Vangelo di san Matteo, 23). Come distinguere i falsi profeti da quelli veri? Dai frutti. Le cose di Dio possiedono un sapore tutto particolare, fatto di rettitudine naturale e di ispirazione divina. Chi veramente parla delle cose di Dio semina fede, speranza, carità, pace, comprensione; al contrario, il falso profeta nella Chiesa di Dio è chi con la predicazione, con il comportamento e le azioni semina divisione, odio, risentimento, orgoglio, sensualità (cfr Gal 5,16-25). Ma il frutto più caratteristico del falso profeta è l’impegno volto ad allontanare il popolo di Dio dal Magistero della Chiesa, attraverso cui risuona nel mondo la dottrina di Cristo. Il Signore predice altresì la fine di questi truffatori: la perdizione eterna.
 
Gli eretici falsi profeti e lupi rapaci - Cromazio di Aquileia, Commento al Vangelo di Matteo 35, 1-2: Poi mette sull’ avviso: Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in vesti di pecore, ma dentro sono lupi rapaci. Dai loro frutti li riconoscerete. Il Signore era ben conscio che sarebbero sorti e pseudoprofeti e pseudoapostoli; perché non finissimo per cadere nei loro lacci da sprovveduti e incautamente, lui che tutto prevede, ci preavvertì. Dice in modo esplicito che falsi profeti sono tutti gli eretici, nemici dichiarati della fede e avversari accaniti della verità. Sotto mentite spoglie di agnelli, nascondono una natura di lupi, il che è come dire che celano, sotto le apparenze della fede e della santità, una dottrina ammannita in modo subdolo, tale da arrecare la morte; sotto apparenza di luce, nascondono le tenebre dell’errore. Il Signore dunque ci preavvertì di guardarci ben bene da tali falsi profeti, ovverosia eretici; costoro contrabbandano l’empietà più perfida; sotto il falso nome di Cristo, presentano tranquilli di finta pietà; mentre fanno finta di annunciare la fede, rubano anche la verità della fede autentica. Ma il Signore ci dice che possono ben venire individuati, riconoscendoli dai frutti dell’iniquità e dalle loro opere perverse: Li riconoscerete dai loro frutti.
 
Il Santo del Giorno - 26 Giugno 2024 - Josemaría Escrivá de Balaguer. La santità nelle vie della quotidianità - Diventare santi attraverso gli strumenti della vita quotidiana, il lavoro, l’impegno culturale, la vita in famiglia e tutto ciò che usiamo per costruire questo mondo: è un messaggio profetico senza tempo quello di san Josemaría Escrivá de Balaguer. Anzi, un messaggio che ha precorso i tempi, in particolare quella visione di una Chiesa partecipe del mondo e lievito della storia cui ha dato forma il Concilio Vaticano II. Questo sacerdote spagnolo, fondatore dell’Opus Dei, era nato a Barbastro in Spagna il 9 gennaio 1902 e a 16 anni si sentì chiamato a una vita donata a Dio: divenne prete nel 1925. Dal 1927 a Madrid si dedicò ai poveri e ai malati. Il 2 ottobre 1928, dopo la Messa, Escrivá salì in camera sua, dove si mise a mettere ordine tra gli appunti: fu in quel momento che ebbe una sorta di visione sull’opera che Dio gli chiedeva di compiere. Un’opera che avrebbe messo Dio al centro di ogni attività compiuta da persone di ogni condizione, nazione, cultura o età. Fu il seme che portò alla nascita dell’Opus Dei, con la missione di valorizzare l’universale chiamata alla santità nel lavoro, nella cultura e in famiglia. Il fondatore morì nel 1975 ed è santo dal 2002. (Matteo Liut)
 
O Padre, che ci hai rinnovati
con il santo Corpo e il prezioso Sangue del tuo Figlio,
fa’ che l’assidua celebrazione dei divini misteri
ci ottenga la pienezza della redenzione.
Per Cristo nostro Signore.