23 Giugno 2024
 
XII Domenica T. O.
 
Gb 38,1.8-11; Salmo Responsoriale Dal Salmo 106 (107): 2Cor 5,14-17; Mc 4,35-41
 
Colletta
O Dio, tutte le creature sono in tuo potere 
e servono al tuo disegno di salvezza:
rendi salda la fede dei tuoi figli,
perché nelle tempeste della vita
possano scorgere la tua presenza forte e amorevole.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Si dice il Credo.
 
Catechismo della Chiesa Cattolica - Miracoli di Cristo come segno della sua divinità 515 I Vangeli sono scritti da uomini che sono stati tra i primi a credere e che vogliono condividere con altri la loro fede. Avendo conosciuto, nella fede, chi è Gesù, hanno potuto scorgere e fare scorgere in tutta la sua vita terrena le tracce del suo mistero. Dalle fasce della sua nascita, fino all’aceto della sua passione e al sudario della risurrezione, tutto nella vita di Gesù è segno del suo mistero. Attraverso i suoi gesti, i suoi miracoli, le sue parole, è stato rivelato che «in lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità» (Col 2,9). In tal modo la sua umanità appare come «il sacramento», cioè il segno e lo strumento della sua divinità e della salvezza che egli reca: ciò che era visibile nella sua vita terrena condusse al mistero invisibile della sua filiazione divina e della sua missione redentrice.  
I miracoli attestano che Gesù è il Messia annunziato 547 Gesù accompagna le sue parole con numerosi «miracoli, prodigi e segni» (At 2,22), i quali manifestano che in lui il Regno è presente. Attestano che Gesù è il Messia annunziato.
Miracoli di Cristo e loro significato come segni 548 I segni compiuti da Gesù testimoniano che il Padre lo ha mandato. Essi sollecitano a credere in lui. A coloro che gli si rivolgono con fede egli concede ciò che domandano. Allora i miracoli rendono più salda la fede in colui che compie le opere del Padre suo: testimoniano che egli è il Figlio di Dio. Ma possono anche essere motivo di scandalo. Non mirano a soddisfare la curiosità e i desideri di qualcosa di magico. Nonostante i suoi miracoli tanto evidenti, Gesù è rifiutato da alcuni; lo si accusa perfino di agire per mezzo dei demoni.
549 Liberando alcuni uomini dai mali terreni della fame, dell’ingiustizia, della malattia e della morte, Gesù ha posto dei segni messianici; egli non è venuto tuttavia per eliminare tutti i mali di quaggiù, ma per liberare gli uomini dalla più grave delle schiavitù: quella del peccato, che li ostacola nella loro vocazione di figli di Dio e causa tutti i loro asservimenti umani.  
1335 I miracoli della moltiplicazione dei pani, allorché il Signore pronunciò la benedizione, spezzò i pani e li distribuì per mezzo dei suoi discepoli per sfamare la folla, prefigurano la sovrabbondanza di questo unico pane che è la sua Eucaristia. Il segno dell’acqua trasformata in vino a Cana annunzia già l’Ora della glorificazione di Gesù. Manifesta il compimento del banchetto delle nozze nel regno del Padre, dove i fedeli berranno il vino nuovo divenuto il Sangue di Cristo.  
 
Prima Lettura: Dinanzi alla bellezza e all’ordine della creazione molti si pongono spesso come spettatori distratti. Per gli agnostici, la potenza, l’amore, la giustizia di Dio rimangono un mistero, un enigma. L’ordine che Egli impone agli elementi della natura se da una parte rappresenta una sfida alla intelligenza umana dall’altra manifesta la sua sovrana libertà.
 
Seconda Lettura: Ciò che stava per consumarsi e decadere si ricrea in Cristo: l’apice di questa nuova creazione che coinvolge tutto l’universo, è l’uomo nuovo, che è stato creato nel Cristo e nel suo sangue ricreato per una vita nuova di giustizia e di santità.
 
Vangelo
Chi è costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?
 
Gesù, comandando con autorità al vento e alla tempesta, rivela di essere Dio. Nella sua Persona si manifesta la potente sovranità di Dio sugli elementi cosmici. Il timore, che l’intervento miracoloso di Cristo suscita nei discepoli, è il timore riverenziale dell’uomo di fronte alla presenza di Dio: la paura in questo modo lascia il posto alla preghiera e alla fede.
 
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 4,35-41

In quel medesimo giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui.
Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?».
Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, càlmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».
E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».

Parola del Signore.
 
Maestro, non t’importa che moriamo? - Lo scenario della tempesta sedata è il lago di Genesaret, che gli Ebrei chiamavano anche mare, a motivo della sua grandezza. La divisione del racconto è assai semplice: a una introduzione segue il racconto del prodigio e a questo la conclusione.
La tempesta sedata, da Marco è posta al termine di una lunga e faticosa giornata nella quale Gesù si era manifestato alla folla e ai suoi discepoli come Maestro. Infatti, si era speso con alacrità e gioia nell’insegnare «molte cose in parabole» alla «folla enorme» che si era riunita attorno a lui (Mc 4,1-2).
Dunque, alla fine di questa giornata sfibrante, verso sera, Gesù palesa l’intenzione di passare dalla riva occidentale alla riva orientale. Salito sulla barca, a motivo della stanchezza, Gesù si abbandona al sonno.
Come succede spesso nei laghi, e sopra tutto nel lago di Genesaret, all’improvviso si solleva una grande tempesta di vento che mette a repentaglio l’incolumità dei marinai. L’evangelista Marco non lesina particolari nel descrivere l’insorgere della improvvisa tempesta (Cf. Mc 4,37). E così non è difficile scoprire tra le righe della descrizione minuziosa la testimonianza di Pietro, testimone oculare del prodigio.
Nella narrazione si possono cogliere le contrastanti reazioni dei personaggi che animano il racconto: mentre la tempesta infuria, Gesù dorme; i discepoli, svegli, hanno gli occhi sbarrati per la paura; e mentre quest’ultimi sono atterriti, Gesù si presenta calmissimo. Altri particolari, che non sono ornamentali, ma essenziali al racconto, suggerisco- no come tutto è spinto all’estremo: una grande tempesta di vento, una grande bonaccia, un grande timore. In questa estrema situazione, ridotti a mal partito, i discepoli svegliano Gesù rimproverandolo di non interessarsi della sorte dei suoi amici.
Questa lamentela provoca l’immediato intervento di Gesù che è autoritario: egli non prega il Padre, ma agisce di persona. La tempesta si seda e il Maestro rimprovera i discepoli: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
Qui si tratta di quella «elementare fiducia che predispone l’uomo ad accettare Gesù, fiducia che Egli richiede come condizione per il compimento dei suoi miracoli: sarà elogiata nell’emorroissa [Mc 5,36], richiesta al capo della sinagoga [Mc 5,36], d’altra parte, la mancanza di tale disposizione negli abitanti di Nazaret sarà il motivo per cui Gesù non vi compirà alcun prodigio [Mc 6,5]» (P. Rosario Scognamiglio o.p.).
Al cessare del vento, la reazione da parte dei discepoli è immediata e Marco, che vuole portare il lettore alla conoscenza sempre più profonda di Gesù, riporta l’interrogativo dei discepoli: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?». Questa domanda, che non esprime altro se non ammirazione, è strumentale in quanto obbliga il lettore a porsi alcune domande: nell’Antico Testamento chi è il creatore del mondo? Chi è il dominatore della creazione? Chi esercita sovrana autorità sugli elementi naturali?
La risposta è immediata e spontanea: è il Signore Dio. Egli è il creatore dei cieli, del sole, della luna, delle stelle, della luce, delle acque... è lui che dispone a suo piacimento dei venti e della pioggia, è lui che ha posto un limite al mare e alla sua potenza... è lui che chiama per nome le stelle ed esse rispondono (Cf. Bar 3,35; Cf. anche I Lettura e Salmo Responsoriale).
Il lettore, dopo aver risposto a queste domande, è  obbligato a porsi altre domande: se l’onnipotenza è prerogativa di Dio, perché i discepoli si rivolgono a Gesù e non a Dio? come mai Gesù non prega il Padre ma agisce con autorità di persona? come mai Gesù si comporta da dominatore assoluto degli elementi della natura? Domande importanti, perché l’identità di Gesù costituisce il nucleo della questione fondamentale di tutto il vangelo marciano. A questo punto, Marco interviene e per aiutare il suo lettore a dare una risposta gli indica l’itinerario che deve percorrere per arrivare alla perfetta conoscenza del Maestro: questo itinerario è la fede in Colui che è morto e risorto ed è presente nella sua Chiesa fino alla fine dei giorni (Cf. Mt 28,20).
 
Il mare: visione teologica della Bibbia - G. Boggio (Mare in Schede Bibliche Pastorali): Com’è naturale gli scrittori biblici condividevano in pieno con i loro contemporanei le nozioni sulla struttura del mondo... La terra nella Bibbia è come un grande disco steso sulle acque (Sal. 136,6) e appoggiato su colonne (Giob. 9,6; 38,4-6). Emerge dalle acque che una volta la ricoprivano e che ora si sono ritirate tutto intorno (Sal. 104,5-9). Il firmamento è come una lastra solida che trattiene le acque superiori (Gen. 1,6-8a; Sal. 148,4). Queste possono scendere sulla terra quando si aprono le cateratte del cielo (Gen. 7,11; 8,2; Is. 24,18). Le acque salgono sulla terra attraverso le sorgenti che sgorgano dall’abisso inferiore (Gen. 7,11; 8,2). Sotto a questo si trova lo Sheol, o luogo dei morti (Giob. 26,5-11; 38,16-17).
Da questi rapidi cenni si può vedere come il mare fosse considerato una realtà minacciosa che avvolge completamente la terra. Imponenti fenomeni naturali (piogge torrenziali, inondazioni, maremoti) devono aver lasciato un’impressione profonda sulle popolazioni primitive che hanno visto nel mare più che altro una forza ostile.
Troviamo un segno evidente di questa concezione nei miti mesopotamici. Tiamat è la divinità marina simbolo del caos che, vinta da Marduk, è uccisa e divisa in due parti. La letteratura di Ugarit ci presenta il dio del mare Yam, in lotta per il predominio della terra. Alla fine però è vinto e sottomesso da Baal. Il primo racconto della creazione (codice sacerdotale) risente nella sua composizione l’influsso di questa concezione del mondo e presenta diverse somiglianze, almeno nella terminologia, con le cosmogonie mesopotamiche. Ma la prospettiva del racconto biblico è totalmente nuova. Le acque dell’abisso non sono più una divinità che combatte con un’altra, ma sono considerate come una semplice «cosa» che Iahvé domina con un atto di volontà e di cui dispone a piacimento. La ripetizione della frase «Dio disse... e così fu» sottolinea molto bene questa fede nell’on­nipotenza assoluta di Dio che non è condizionata da nulla (Gen. 1,2-10). Non solo nel racconto della creazione ma in tutta la Bibbia troviamo espresse le stesse convinzioni. Presente ovunque, Dio domina anche l’abisso e ne dispone a piacimento (Sal. 33,7-9; 139,8; Am. 9,3). Anche nel vangelo, il dominio che Gesù esercita sul mare in burrasca spinge gli apostoli alla fede nella sua potenza sovrumana (Mt. 8,23-27) che manifesta con una semplice parola (Mc. 4, 39).
È Dio che traccia i limiti al mare (Gen. 1,9-10; Sal. 140,6-9; Giob. 38) e nulla avviene contro il suo volere. Se la Bibbia non parla espressa­mente della creazione dell’abisso primitivo (Gen. 1,2) ci dice però che il mare è fatto da Dio (Gen. 1,9; Sal. 95,5) e come tutte le creature deve lodare Iahvé (Sal. 69,35) insieme alle acque dell’oceano superiore (Sal. 148).
 
Giob. 38,8-11: Chi chiuse con porte il mare, quando erompeva fuori dal seno materno, quando lo circondavo di nubi, sua veste, e di oscurità, sue fasce? Io gli fissai un limite, gli posi catenacci e porte. Gli dissi: «Fin qui giungerai, non oltre; qui si fermerà l’impeto delle tue onde!».
Sal. 148,4-7: Lodate (Iahvé), cieli dei cieli e voi, acque, che state sopra i cieli. Lodate il nome di Iahvé, perché comandò e furono creati; li ha stabiliti per sempre, in eterno; ha dato loro uno statuto che non trasgrediranno. Lodate Iahvé dalla terra, mostri marini e abissi tutti.
 
Nomi di mostri marini, molto vicini se non identici a quelli di divinità fenicie e mesopotamiche, appaiono qua e là nella Bibbia. Ma, o vengono identificati con animali (Giob. 40,25-41,26; Sal. 104) o diventano puri simboli per indicare la potenza di Dio (Sal. 89; Giob. 26,12-13) ... A volte non sembrano altro che la personificazione di popoli o re nemi­ci (Sal. 74,13-14; 87,4; Is. 30; 51,10; Ez. 29,3; 32,2). La presenza di questi riferimenti unicamente in testi poetici dal tono a volte epico, induce ad intenderli come un artificio letterario voluto per dare solennità al racconto.
 
Sal. 104,25-26: Ecco il mare, grande e immenso; ivi guizzano esseri senza numero, animali piccoli insieme con i grandi. Ivi solcano le navi; ivi è Leviatan che plasmasti per il trastullo.
Sal. 89,10-11: Tu domi l’orgoglio del mare, tu  calmi i suoi flutti quando infuriano. Hai trafitto Rahab come si ferisce un uomo; col tuo braccio potente hai fatto a pezzi i tuoi nemici.
Is. 30,7: Vano e nullo è l’aiuto dell’Egitto; per questo lo chiamo Rahab l’oziosa.
 
Con evidente iperbole viene chiamato «mare di bronzo» il grande recipiente con l’acqua per le abluzioni situato nel tempio salomonico (1Re 7,23). Anche nei templi mesopotamici troviamo vasche di questo tipo chiamate con lo stesso nome di «mare». Il simbolo dell’oceano primitivo attribuito alle conche della Mesopotamia, sembra assente da quella del tempio di Gerusalemme.
 
Giuseppe Pollano: Alla domanda ingenua dei discepoli: «Maestro, non t’importa che moriamo?», Gesù risponderà coi fatti. Avrebbe potuto dire: «Non m’importa? Non sapete che sto preparandomi a dare la vita per voi, per poter essere il vostro Dio di tutti i giorni?».
Che dono stupendo! Se non avessimo un Dio così «quotidiano», saremmo molto spersi, «destinati alla paura», come ha affermato un altro filosofo. Perché siamo tutta gente che si trova in questa condizione: molte cose ci fanno paura, molte paure ce le procuriamo da soli. Abbiamo bisogno di fondamento, di senso, di essere certi che l’altra riva non è là, irraggiungibile, ma che possibile arrivarci.
Ma non ci arrivi con la tue sole forze: le tue doti, le tue capacità, la tua potenza di amare, le tue risorse culturali, finanziarie - la tua barca - sono importanti, però non fidartene troppo, perché potrebbe scoppiare una tempesta più forte di te e delle tue risorse.
Tienti Gesù vicino, amalo, coinvolgilo nella tua vita, perché - come si fa con uno che si ama - lo rendi contento, lo ascolti, ne condividi il pensiero, l’intuizione, il gesto. Vivi con Lui e come Lui: questo è amare. Allora ... la traversata si compie.
È questo il cristianesimo, perciò anche oggi, una volta di più, sotto l’ occhio di Maria che fu tutta familiarità con suo Figlio-Dio, noi dobbiamo solo chiedere: «Signore, insegnaci a essere più familiari con Te. Se ci sono zone della vita, situazioni, scelte in cui è come se Tu non ci fossi, allora, Gesù, entraci, vieni, fa’ che non viviamo nulla che ci stacchi da Te».
Ce lo auguriamo, anche perché la gente attorno è molto spersa, veramente in stato di naufragio; ha bisogno di vedere che anche noi viviamo sulle stesse onde difficili e non naufraghiamo, siamo in pace e siamo perfino capaci di tendere una mano a chi andrebbe a picco, perché Qualcuno ci tiene a galla, perché siamo sostenuti dalla fede e dall’amore.
In questo tempo problematico, complesso e molto inquieto, una forma di missione è proprio questa: «Con il Signore non si va a fondo: fratello, sorella dammi una mano e insieme arriveremo alla sponda che ci attende».
 
Il Creatore di tutte le cose visibili - Prudenzio, Apoteosi 650-669: La stessa potenza delle sue azioni e dei suoi miracoli proclamano che Gesù è Dio. Vedo calmarsi improvvisamente gli agitati venti quando Cristo lo comanda; vedo le acque, mosse in increspate onde, tornare calme al comando di Cristo; vedo come il mare consenta il cammino di Cristo, rendendo solide le acque sotto il suo piede. Egli procede sulle fluide acque con passo veloce e sull’acqua immobile le sue orme. Egli sgrida i venti e impone all’aria il silenzio. Chi può imporre ai porci violenti: Andate in silenzio nelle vostre carceri e gettatevi nell’ampio mare, se non lo stesso Creatore onnipotente dei venti? ... Chi poteva calcare le acque del mare, chi, procedendo per i mari azzurri e lasciando su di essi le impronte dei propri piedi, poteva calcare senza sommergersi l’umido cammino, alzato sulle proprie piante e con il passo veloce, se non il Creatore delle acque marine, lo Spirito che, salendo dalla bocca del Padre, volava sopra le acque, non separate tuttavia e non chiuse nel sicuro litorale?
 
Il Santo del Giorno - 23 Giugno 2024 - San Lanfranco Beccaro, vescovo di Pavia: Nato a Gropello (Pavia) da nobile famiglia nei primi decenni del sec. XII (forse 1124), fu consacrato vescovo della sua città da Alessandro III (1159-1181). Amabile con i buoni, ma energico con i cattivi, pio, caritatevole e di vita esemplare, dovette lottare soprattutto contro le autorità civili locali che volevano appropriarsi di alcuni beni ecclesiastici.
Per questo motivo fu costretto a lasciare Pavia e a recarsi a Roma, ove trovò conforto e sostegno nel papa.
Ritornato a Pavia, stanco di lottare, si ritirò nel monastero vallombrosano di S. Sepolcro (nei pressi della città), ove morì il 23 giugno forse del 1198. Così appare dalla lettera di Innocenzo III dell’8 agosto 1198 a Bernardo, vescovo di Faenza, con la quale gli era concesso di passare dalla sede episcopale di Faenza a quella di Pavia, come successore di Lanfranco, di buona memoria.
La prima biografia del santo, è stata scritta dal suo immediato successore, Bernardo. La festa ricorre il 23 giugno. Il santo vescovo è genericamente raffigurato in abiti pontificali e in atto benedicente. Così appare nel dipinto di Cima da Conegliano (1459-1517), nel Fitzwilliam Museum di Cambridge. (Autore: Antonio Rimoldi)
 
O Padre, che ci hai rinnovati
con il santo Corpo e il prezioso Sangue del tuo Figlio,
fa’ che l’assidua celebrazione dei divini misteri
ci ottenga la pienezza della redenzione.
Per Cristo nostro Signore.