19 Giugno 2024
 
Mercoledì della XI Settimana del Tempo Ordinario
 
2Re 2,1.6-14; Salmo Responsoriale Dal Salmo 30 (31); Mt 6,1-6.16-18
 
Colletta
O Dio, fortezza di chi spera in te,
ascolta benigno le nostre invocazioni,
e poiché nella nostra debolezza nulla possiamo senza il tuo aiuto,
soccorrici sempre con la tua grazia,
perché fedeli ai tuoi comandamenti
possiamo piacerti nelle intenzioni e nelle opere.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Catechismo della Chiesa Cattolica 1969 La Legge nuova pratica gli atti della religione: l’elemosina, la preghiera e il digiuno, ordinandoli al «Padre che vede nel segreto», in opposizione al desiderio di «essere visti dagli uomini». La sua preghiera è il «Padre nostro».
1430 Come già nei profeti, l’appello di Gesù alla conversione e alla penitenza non riguarda anzitutto opere esteriori, «il sacco e la cenere», i digiuni e le mortificazioni, ma la conversione del cuore, la penitenza interiore. Senza di essa, le opere di penitenza rimangono sterili e menzognere; la conversione interiore spinge invece all’espressione di questo atteggiamento in segni visibili, gesti e opere di penitenza.
1434 La penitenza interiore del cristiano può avere espressioni molto varie. La Scrittura e i Padri insistono soprattutto su tre forme: il digiuno, la preghiera, l’elemosina che esprimono la conversione in rapporto a e stessi, in rapporto a Dio e in rapporto agli altri. Accanto alla purificazione radicale operata dal Battesimo o dal martirio, essi indicano, come mezzo per ottenere il perdono dei peccati, gli forzi compiuti per riconciliarsi con il prossimo, le lacrime di penitenza, la preoccupazione per la salvezza del prossimo, l’intercessione dei santi e la pratica della carità che «copre una moltitudine di peccati» (1Pt 4,8).
 
I Lettura - Antonio González-Lamadrid (Commento della Bibbia Liturgica): Il pellegrinaggio di Eliseo in compagnia del suo maestro fino al Giordano, fino alle porte della terra promessa, scenario di gloriosi interventi salvifici, fa ricordare il pellegrinaggio di Elia attraverso il deserto verso il monte Oreb. Nei due casi abbiamo un viaggio simbolico che significa ritorno alle fonti e, più ancora, un ritorno in cerca della teofania e dell’incontro con Dio. che è sempre all’origine di ogni vocazione profetica. Questo viaggio verso l’incontro con Dio è orchestrato dal ritmo del racconto, che segna un itinerario durante il quale restano indietro, uno dopo l’altro, coloro che li accompagnano, e solo Elia ed Eliseo attraversano il Giordano fino al luogo del mistero.
La richiesta che fa Eliseo di due terzi dello spirito del maestro significava pretese di primogenitura, anzi comportava un concetto ereditario del profetismo, come se si trattasse d’ereditare la corona reale. Non chieder nulla gli risponde Elia. Infatti, l’elemento specifico del profetismo è il suo carattere carismatico.
Lo spirito soffia dove vuole, e Dio sceglie i suoi profeti da tutti gli ambienti e da tutti gli strati sociali, senza tener conto di privilegi di casta o di linee dinastiche. Questo, probabilmente, è il senso dell’espressione: Se mi vedrai quando sarò rapito lontano da te, ciò ti sarà concesso; in caso contrario non ti sarà concesso. Vale a dire: se Dio concede a Eliseo una sensibilità e una chiaroveggenza che gli permettano di
veder quello che resta nascosto alla comune dei mortali, avrà la prova di essere stato eletto per il ministero profetico. Il profeta è l’uomo chiaroveggente che sa leggere i segni dei tempi: leggere il passato per interpretare il presente e proiettarlo verso il futuro.
L’eredità del mantello di Elia, col quale Eliseo attraversa il Giordano per la seconda volta per andare dai suoi discepoli, è la prova e la garanzia che gli fanno capire che ha realmente ereditato lo spirito profetico di Elia.
II rapimento misterioso di Elia su un carro trainato da cavalli di fuoco offrì l’occasione per feconde speculazioni escatologiche, delle quali si fanno eco molti libri apocrifi e persino il libro biblico di Malachia.
Dal punto di vista cristiano, la questione è stata chiarita dalle parole di Cristo stesso: «Elia è già venuto» (Mc 17,12).
Egli interpreta il ritorno di Elia in un senso spirituale: Elia doveva tornare, ma non personalmente, bensì in una forma spirituale, in una persona rivestita di doti e caratteristiche simili a quelle di Elia. E questa persona fu Giovanni Battista.
Di rimbalzo, questa interpretazione spiritualista del ritorno di Elia ci autorizza a intendere nello stesso senso il suo misterioso rapimento. Come nel caso di Enoch (Gn 5.24), si vuole far intendere che Elia era gradito a Dio.
Il domma della risurrezione e dell’immortalità gloriosa nella casa di Dio è abbastanza tardivo nella teologia dell’Antico Testamento. Tuttavia, quelle morti speciali di Enoch e di Elia, come anche alcuni passi dei salmi (16,11; 49,16; 73,24), costituiscono una specie di presagio che annunzia una morte privilegiata per gli amici di Dio.
 
Vangelo
Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
 
Gesù esamina tre pilastri della pietà dei farisei: l’elemosina, la preghiera e il digiuno. Gesù non li condanna, saranno pilastri anche per i cristiani, ma condanna l’ostentazione farisaica. L’elemosina, la preghiera e il digiuno saranno autentici solo se compiuti per piacere a Dio.
 
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 6,1-6.16-18
 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli.
Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente, In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».
 
Parola del Signore.
 
Felipe F. Ramos (Commento della Bibbia Liturgica): Era già stato sancito da Gesù il principio: la legge dev’essere osservata dai discepoli con una perfezione superiore a quella degli scribi e dei farisei (5,20). Ora giunge il momento di applicare il principio ad alcune delle pratiche religiose più importanti in quei tempi: l’elemosina, la preghiera e il digiuno. Gesù conserva, di fronte a queste pratiche, l’atteggiamento che aveva assunto di fronte alla legge: non le critica in sé, ma nel modo e con le finalità con le quali sono compiute particolarmente dai farisei, ipocriti, i quali su queste pratiche insistevano maggiormente. Le pratiche religiose sono presentate in base al principio della retribuzione: chi le compie per gli uomini, per essere stimato e lodato per esse, ha già ricevuto la sua ricompensa; chi le compie per Dio, riceverà la ricompensa da lui.
L’elemosina era tenuta in onore fra i giudei come opera di carità. Gesù è d’accordo con questa mentalità. Al suo tempo era divenuto generale l’uso di annunziare nelle riunioni della sinagoga e persino per le strade qualsiasi elemosina importante. Il «suonare la tromba» sarebbe una metafora per indicare la pubblicità fatta alle elemosine. Invece di invanirsi per le proprie opere buone e di farne pubblicità, Gesù comanda di conservarne il segreto. Questo è il significato delle parole: «Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra».
La stessa norma è data per la preghiera. 1 sacrifici nel tempio erano accompagnati da preghiere pubbliche. Le sinagoghe erano considerate come un prolungamento del tempio agli effetti della preghiera; quando giungeva l’ora della preghiera, si usava pregare anche per le strade. Questo si prestava all’ostentazione, specialmente per il fatto che si potevano ammirare coloro che sapevano recitare lunghe formule a memoria. Di fronte a questa usanza Gesù comanda che i suoi discepoli si rivolgano al Padre con preghiere semplici, in segreto, senza ostentazione. Naturalmente, queste affermazioni non privilegiano assolutamente un atteggiamento di Gesù che sarebbe contrario al culto pubblico: egli stesso vi prendeva parte nel tempio di Gerusalemme.
Lo stesso schema è seguito per il tema del digiuno, che era considerato una concretizzazione o manifestazione della penitenza-conversione. Già nell’Antico Testamento vi era stata una distinzione tra il digiuno vero e il falso (Is 58,5-6). Il vero comporta l’autentica conversione a Dio; e questo, per Gesù, è un motivo di gioia, poiché la conversione stessa è una gioia. Il digiuno dev’essere praticato come fa intendere il testo, in modo festivo e gioioso. E poiché la conversione di cui si parla è un rapporto personale fra Dio e il peccatore, dev’essere conservato segreto, con la certezza che Dio ricompenserà quello che nessuno conosce fuori di Dio e dell’interessato.
 
Dunque, quando fai l’elemosina … - Claude Wiéner (Dizionario di Teologia Biblica): Con la venuta di Cristo l’elemosina conserva il suo valore, ma è collocata in una nuova economia che le conferisce un nuovo senso.
1. La pratica dell’elemosina. - Essa è ammirata dai fedeli, soprattutto quando è praticata da stranieri, da «persone che temono Dio», che manifestano in tal modo la loro simpatia per la fede (Lc 7,5; Atti 9,36; 10,2).
Del resto Gesù l’aveva annoverata, assieme con il digiuno e con la preghiera, come uno dei tre pilastri della vita religiosa (Mt 6,1-18).
Ma, raccomandandola, Gesù esige che sia fatta con un perfetto disinteresse, senza alcuna ostentazione (Mt 6,1-4), «senza nulla aspettare in cambio » (Lc 6,35; 14,14), e persino senza misura (Lc 6,30). Di fatto non ci si potrebbe accontentare di raggiungere una «tariffa» codificata per quanto elevata: alla decima tradizionale Giovanni Battista sembra sostituire una divisione a metà (Lc 3, 11), che di fatto Zaccheo realizza (Lc 19, 8), ma quel che Cristo si aspetta dai suoi è che non restino sordi a nessun appello (Mt 5,42 par.),. perché i poveri sono
sempre in mezzo a noi (Mt 26,11 par.); infine, se non si ha più niente di proprio (cfr. Atti 2, 44), rimane il dovere di comunicare almeno i doni di Cristo (Atti 3,6) e di lavorare per sovvenire a coloro che sono nel bisogno (Ef 4.28).
2. L’elemosina e Cristo. - L’elemosina è un dovere così radicale perché trova il suo significato nella fede in Cristo, questo in misura più a meno profonda.
a) Se Gesù, con la tradizione giudaica, insegna che l’elemosina è fonte di retribuzione celeste (Mt 6,2 ss), costituisce un tesoro in cielo (Lc 12,21.33 s), grazie agli amici che uno vi si fa (Le 16,9), non è a motivo di un calcolo interessato, ma perché attraverso i nostri fratelli disgraziati noi raggiungiamo Gesù in persona: «Ciò che avete fatto ad uno di questi piccoli ...» (Mt 25,31-46).
b) Se il discepolo deve dare tutto in elemosina (Lc 11,41; 12,33; 18,22), è anzitutto per poter seguire Gesù senza rimpiangere i suoi beni (Mt 19,21 s par.); e poi per essere liberale come Gesù stesso, che «da ricco qual era si è fatto povero per voi, per arricchirvi mediante la sua povertà» (2 Cor 8,9).
c) Infine, per dimostrare che l’elemosina cristiana soggiace ad altre leggi oltre a quelle della semplice filantropia, Gesù non si è peritato di difendere contro Giuda il gesto gratuito della donna che aveva «sprecato» il valore di trecento giornate di lavoro, versando il suo prezioso profumo: «I poveri li avrete sempre con voi, ma non avrete sempre me» (Mt 26,11 par.). I poveri appartengono all’economia ordinaria (Deut 15,11), naturale in una umanità peccatrice; Gesù, invece, significa l’economia messianica soprannaturale; e la prima non trova il suo vero senso se non per mezzo della seconda: i poveri non sono cristianamente soccorsi se non in riferimento all’amore di Dio manifestato nella passione e morte di Gesù Cristo.
3. L’elemosina nella Chiesa. - Anche se taluni atti gratuiti rimangono necessari per evitare di confondere il vangelo del regno e l’estinzione del pauperismo, rimane vero che per raggiungere lo «sposo che ci è stato tolto» (cfr. Mt 9,15) bisogna soccorrere il nostro prossimo: «In che modo l’amore di Dio potrà dimorare in colui che rifiuta ogni pietà dinanzi al fratello nel bisogno?) (1Gv 3,17; cfr. Giac 2,15). Come celebrare il sacramento della ·comunione eucaristica senza dividere fraternamente i propri beni (1Cor 11,20ss)?
Ora l’elemosina può avere una portata ancora più ampia, e significare l’unione delle Chiese. È quel che Paolo vuol dire quando dà un nome sacro alla questua, alla colletta, che fa in favore della Chiesa-madre di Gerusalemme: è un «ministero» (2Cor 8,4; 9,1. 12 s), «una liturgia» (9,12). Di fatto, per colmare il fosso che incominciava a scavarsi tra la Chiesa d’origine pagana e la Chiesa d’origine giudaica, Paolo si preoccupa di manifestare mediante elemosine materiali l’unione di queste due categorie di membra dello stesso corpo di Cristo (cfr. Atti 11,29; Gal 2,l0; Rom 15,26s; 1Cor 16,1-4); con quale ardore egli pronunzia un vero «sermone di carità» all’indirizzo dei Corinti (2Cor 8 - 9)! Bisogna mirare a stabilire l’uguaglianza tra i fratelli (8,13), imitando la liberalità di Cristo (8,9); affinché Dio sia glorificato (9,11-14), bisogna «seminare con larghezza», perché «Dio ama chi dà con gioia» (9,6s).

Agostino (De Sermone Domini in Monte, II, 12-4): Tu invece, quando digiuni, profumati il capo e lavati il viso ...: sebbene abitualmente ogni giorno ci laviamo, non si potrebbe ragionevolmente comandare che dobbiamo stare col capo profumato quando digiuniamo. E se tutti ammettono che la faccenda è molto sconveniente, si deve intendere che l’ingiunzione di profumarsi il capo e di lavarsi il viso è relativa all’uomo interiore. Quindi il profumarsi il capo è relativo alla gioia e il lavarsi il viso alla pulizia e perciò si profuma chi gioisce nell’interiorità con un atto del pensiero ... Colui dunque che secondo questo comando desidera avere il capo profumato, goda nell’interiorità durante il suo digiuno, per il fatto stesso che così digiunando si distoglie dai piaceri del mondo per essere sottomesso a Cristo. Così laverà anche il viso, cioè renderà pulito il cuore, con cui vedrà Dio, poiché non si verificherà l’offuscamento per la precarietà proveniente dalle sozzure, ma egli sarà sicuro e stabile, perché pulito e schietto»
 
 Santo del giorno - 19 Giugno 2023 - Beata Elena Aiello, Fondatrice: Fondatrice delle Suore Minime della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo. Nacque a Montalto Uffugo nel 1895 e fin da piccolissima mostrò un’attenzione particolare per il messaggio evangelico. Rimasta orfana di madre si diede da fare per aiutare la famiglia, ma la sua chiamata sembrava essere quella alla vita religiosa nelle Suore del Preziosissimo Sangue.
Entratavi come novizia, però, si ammalò gravemente tanto che la congregazione non la ritenne più idonea e la rimandò a casa pensandola prossima alla morte. Invece Elena ebbe un’apparizione di Gesù: le disse che sarebbe stata risanata, ma il Venerdì Santo di ogni anno avrebbe portato sul suo corpo i segni della Passione. E così avvenne: per il resto della vita nel giorno della morte di Gesù avrebbe sudato sangue e sperimentato le stigmate; segni che poi puntualmente scomparivano ogni Sabato Santo. Questa esperienza la spinse a dare vita a Cosenza a una nuova congregazione religiosa, l’Istituto delle Suore Minime della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo. Nelle regole indicò la Passione di Gesù come riferimento spirituale e la carità testimoniata nella sua terra da san Francesco da Paola come orizzonte quotidiano. Aprì alcuni istituti per gli orfani, ma anche un istituto magistrale per garantire un futuro alle ragazze uscite dall’orfanotrofio. Morì nel 1961 a Roma dove si era recata per aprire una nuova casa.
 
La partecipazione ai tuoi santi misteri, o Signore,
come prefigura la nostra unione in te,
così realizzi l’unità nella tua Chiesa.
Per Cristo nostro Signore.