18 Giugno 2024
 
Martedì XI Settimana T. O.
 
1Re 21,17-29; Salmo Responsoriale Dal Salmo 50 (51); Mt 5,43-48
 
Colletta
O Dio, fortezza di chi spera in te,
ascolta benigno le nostre invocazioni,
e poiché nella nostra debolezza nulla possiamo senza il tuo aiuto,
soccorrici sempre con la tua grazia,
perché fedeli ai tuoi comandamenti
possiamo piacerti nelle intenzioni e nelle opere.
Per il nostro Signore Gesù Cristo. 
 
Catechismo della Chiesa Cattolica 1970 La Legge evangelica implica la scelta decisiva tra «le due vie» e mettere in pratica le parole del Signore; essa si riassume nella regola d’oro: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti» (Mt 7,12).
Tutta la Legge evangelica è racchiusa nel comandamento nuovo di Gesù, di amarci gli uni gli altri come lui ci ha amati.
1971 Al discorso del Signore sulla montagna è opportuno aggiungere la catechesi morale degli insegnamenti apostolici come Rm 12-15; 1Cor 12-13; Col 3-4; Ef 4-6; ecc. Questa dottrina trasmette l’insegnamento del Signore con l’autorità degli Apostoli, particolarmente attraverso l’esposizione delle virtù che derivano dalla fede in Cristo e che sono animate dalla carità, il principale dono dello Spirito Santo. «La carità non abbia finzioni. [...] Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno. [...] Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera, solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nell’ospitalità» (Rm 12,9-13). Questa catechesi ci insegna anche a considerare i casi di coscienza alla luce del nostro rapporto con Cristo e con la Chiesa.
1972 La Legge nuova è chiamata legge d’amore, perché fa agire in virtù dell’amore che lo Spirito Santo infonde, più che sotto la spinta del timore; legge di grazia, perché, per mezzo della fede e dei sacramenti, conferisce la forza della grazia per agire; legge di libertà, perché ci libera dalle osservanze rituali e giuridiche della Legge antica, ci porta ad agire spontaneamente sotto l’impulso della carità, ed infine ci fa passare dalla condizione di servo « che non sa quello che fa il suo padrone » a quella di amico di Cristo «perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi» (Gv 15,15), o ancora alla condizione di figlio erede.
 
I Lettura: Nabot con inganno era stato lapidato, e il re Acab poteva così soddisfare il suo desiderio, quello di impossessarsi della sua vigna. L’autore di 1Re ha parole molto dure nei confronti del re Acab: idolatra, iniquo, “venduto per fare il male agli occhi del Signore”. Condannata anche la regina Gezabele, che era stato l’autrice del delitto di Nabot. Il castigo di Dio piomberà sul re e sulla regina, il loro destino è la morte, e la loro progenie sarà spazzata via: «“I cani divoreranno Gezabèle nel campo di Izreèl”. Quanti della famiglia di Acab moriranno in città, li divoreranno i cani; quanti moriranno in campagna, li divoreranno gli uccelli del cielo». 
A questa triste profezia, il re Acab si pente del male fatto:  “Quando sentì tali parole, Acab si stracciò le vesti, indossò un sacco sul suo corpo e digiunò; si coricava con il sacco e camminava a testa bassa”.
Avviene qui una svolta, il pentimento del re Acab muove a compassione il cuore di Dio: “La parola del Signore fu rivolta a Elìa, il Tisbìta: «Hai visto come Acab si è umiliato davanti a me? Poiché si è umiliato davanti a me, non farò venire la sciagura durante la sua vita; farò venire la sciagura sulla sua casa durante la vita di suo figlio». Il castigo divino non è annullato, ma soltanto procrastinato.
In questo racconto si noteranno “le somiglianze di situazione con l’intervento di Natan presso Davide [2Sam 12]; stesso intervento di Jahve in favore del piccolo contro il potente, stessa dilazione accordata al peccatore pentito, che è castigato solo in suo figlio; ma anche le differenze: la dinastia davidica conserva la promessa, quella di Acab è «spazzata via»; Natan resta il profeta di Davide e benedirà Salomone. Elia è il «nemico» di Acab” (Bibbia di Gerusalemme).
 
Vangelo
Amate i vostri nemici.
 
Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico: questo precetto non si trova tale e quale, nella Legge, lo si deve addebitare a una lingua povera di sfumature (l’aramaico), e va tradotto Amerai il tuo prossimo e non devi amare il tuo nemico.
Amare chi ci ama è troppo facile, si può ben dire che in questo comandamento si trova tutto l’aspetto positivo del Cristianesimo. Il comandamento di Gesù fa grande e superlativo il messaggio evangelico: Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste (Lv 11,44; 19,2;1Pt 1,16).
Sforzarci di amare chi invece ci odia: questo è vero amore!
 
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5,43-48
 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».
 
Parola del Signore.
 
Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): 43-45: Amerai il tuo prossimo (Levitico, 19, 18) e odierai il tuo nemico. Questo secondo comma del precetto non è contenuto nella legislazione del Vecchio Testamento. Esso può avere un senso meno crudo, come: non amerai il tuo nemico, perché il termine semitico “odiare” esprime anche: non amare, oppure: amare di meno (cf. Lc., 14, 26). Il prossimo per l’israelita è il connazionale; gli stranieri erano considerati come nemici perché costituivano una minaccia per la nazione e per la purezza dell’idea religiosa. Gesù toglie queste restrizioni. Tutti gli uomini senza eccezioni costituiscono il nostro prossimo. Cristo comanda l’amore affettivo ed effettivo, l’amore interno ed esterno degli altri. L’amore del prossimo non è una tolleranza, bensì un’attività positiva e benefica per gli altri (vers. 44).
46 I pubblicani erano i gabellieri o esattori delle imposte; essi per la professione che esercitavano, erano spesso esosi ed avidi di guadagni, per cui venivano cordialmente odiati dal popolo.
47 Che fate mai di straordinario? altri traducono: qual è la vostra generosità (περισσόν)?
Gesù presenta come modello dell’amore Dio stesso (cf. Levitico, 11, 44; Deuteronomio, 18, 13). Egli, con questo, insinua che nell’amore del prossimo non vi è un limite, ma un’intensità sempre crescente, perché la perfezione di Dio è irraggiungibile.
 
Siate perfetti - Giuseppe Barbaglio (Perfezione in Schede Bibliche Pastorali - Vol. VIII): Nel Nuovo Testamento spicca anzitutto il duplice detto di Gesù testimoniato da Matteo. In 5,48 l’evangelista conclude l’esposizione della nuova «giustizia» richiesta da Cristo in vista del regno dei cieli con questo imperativo che ha valore di sintesi dell’insegnamento precedente: «Siate dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (5,48). Anzitutto si noti il termine di paragone della perfezione richiesta da Cristo, nientemeno che la perfezione del Padre, cioè l’integrità del suo agire. Il contesto precisa: Dio è perfetto nel suo amore indiscriminato verso i buoni e i malvagi (5,45). La perfezione «cristiana» sarà dunque imitazione di quest’amore indiscriminato di Dio, consisterà nel comandamento dell’amore del prossimo, anche dei nemici (5,43). C’è poi da rilevare che la versione lucana del detto di Gesù suona diversamente: «Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro» (Lc 6,36). In ogni modo, anche in Le questo detto di Cristo è collocato nel contesto del comandamento dell’amore dei nemici (Lc 6,27). Il secondo passo matteano in cui ricorre l’aggettivo teleios è il racconto della vocazione del ricco alla sequela di Gesù. Nella versione di Me (10,17-22) e di Lc (18,18-23) alla risposta del ricco che ha osservato i comandamenti di Dio fin dalla sua giovinezza — alla domanda iniziale dell’interrogante Gesù aveva risposto che per avere la vita eterna è necessario osservare i comandamenti —, Cristo risponde: Ti manca una sola cosa, vendere quanto possiedi, darlo ai poveri e quindi venire dietro a me (cf. Mc 10,21 e Lc 18,22). In Mt invece, dopo la confessione del ricco, detto giovane in Mt, circa la sua puntuale osservanza dei comandamenti, troviamo una seconda domanda dell’interrogante: «Che mi manca ancora?». E la risposta di Gesù è: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo, poi vieni e seguimi» (Mt 19,21). Non c’è dubbio, la perfezione richiesta qui vuol dire completezza di adesione alla volontà divina, che si manifesta nella parola di Gesù. Al giovane ricco manca la sequela di Gesù e la connessa scelta di povertà. Il disegno di Dio prevede per lui non solo l’osservanza della legge ma anche il discepolato: l’una e l’altro lo rendono completamente aderente al volere divino.

Ma io vi dico... - La nuova Legge promulgata sul monte non va considerata come una legge assoluta, se così fosse sconvolgerebbe, e in alcuni casi scardinerebbe, qualunque vivere o relazione sociali.
Gesù ha voluto tracciare una pista perché il cuore del discepolo si allargasse con magnanimità alla carità, in alcuni casi, anche fino all’eccesso.
Amare i nemici e pregare per i persecutori, porgere l’altra guancia, sono delle postazioni di osservazione dalle quali il credente osserva ogni situazione, anche la più drammatica, con gli occhi di Dio e la interpreta con misericordia, imitando la misericordia di Dio: Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro celeste (Lc 6,36). Una cabina di regia per leggere fatti, avvenimenti con il cuore in mano, un cuore che si fa carne pietosa rifiutando di aprirsi alla vendetta o dimenticando di chiedere gli interessi o slanciandosi in soccorso caritatevole verso i più bisognosi, i più indigenti, i più poveri. Una scelta di campo che spezza la spirale della violenza, che annichilisce ogni interpretazione farisaica della Legge di Dio, che stempera lo zelo divenuto eccessivo, che soffoca quell’estremismo religioso che ama brandire la spada.
San Paolo esprime benissimo tutto ciò: «La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene... Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile. Non stimatevi sapienti da voi stessi. Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti. Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all’ira divina. Sta scritto infatti: Spetta a me fare giustizia, io darò a ciascuno il suo, dice il Signore. Al contrario, se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere: facendo questo, infatti, accumulerai carboni ardenti sopra il suo capo. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene» (Rom 12,9-21).
Il modello di queste norme etiche si trova in Gesù, autore e perfezionatore della fede (Eb 12,2), soprattutto nei diversi episodi della sua terrificante passione: quando reagisce con imperturbabilità e fermezza alle percosse durante il processo ebraico (Gv 18,23), quando non fugge dinanzi alla marmaglia che era venuta per arrestarlo e impedisce a Pietro di usare la spada per difenderlo (Gv 18,4-10), quando perdona i carnefici (Lc 23,34) e accoglie nel suo Regno il buon ladrone (Lc 23,40). E sappiamo che a tenerlo confitto in Croce fu l’amore per gli uomini (Gv 13,1; 15,13).
San Tommaso d’Aquino ci dice appunto che la passione di Cristo è sufficiente per orientare tutta la nostra vita. Infatti, chiunque «vuol vivere in perfezione non faccia altro che disprezzare quello che Cristo disprezzò sulla croce, e desiderare quello che egli desiderò. Nessun esempio di virtù è assente dalla croce». Dunque, la via da battere per vivere la Legge nuova è quella del Calvario, difatti se «cerchi un esempio di carità... Se cerchi un esempio di pazienza, ne trovi uno quanto mai eccellente sulla croce... Se cerchi un esempio di umiltà, guarda il crocifisso... Se cerchi un esempio di disprezzo delle cose terrene... Egli è nudo sulla croce, schernito, sputacchiato, percosso, coronato di spine, abbeverato con aceto e fiele...» (San Tommaso d’Aquino). Solo chi si fa inchiodare sulla Croce del Cristo può vivere la sua Parola, altrimenti tutto è pura follia.
 
Amate i vostri nemici ... affinché possiate divenire figli del Padre vostro ... Crisostomo (Exp . in Matth., XVIII, 4): Cristo non ci ordina solo di amare i nemici, ma pure di pregare per loro. Considerate attraverso quanti gradi ci fa passare per giungere sino alla vetta della virtù, alla sommità della perfezione. Vi invito a contarli. Il primo gradino consiste nel non essere mai i primi a fare del male; il secondo consiste nel non restituire alla pari il male che ci vien fatto; il terzo, nel non rispondere con l’ingiuria all’ingiuria, ma a restar calmi e pazienti dinanzi a chi ci offende; il quarto, nell’offrire volontariamente se stessi a chi ci vuoi fare del male; il quinto, nel mostrarci disposti a tollerare anche più di quanto ci vien fatto subire; il sesto, nel non odiare chi così ci maltratta; il settimo, nell’amare chi ci fa offesa; l’ottavo, nel far del bene a chi ci fa del male; e il nono, infine, nel pregare Dio per chi ci perseguita. Vedete la sublimità della virtù cristiana? Per questo Cristo annette a promette la ricompensa più stupefacente di tutte: questi uomini diverranno simili a Dio
 
Il Santo del Giorno - 18 Giugno 2024 - Sant’Alena da Forest Vergine e martire (Dielbeek (Bruxelles) 620 ca. – Forest (Belgio), 17 giugno 640): Alena (Elena) nacque da genitori pagani a Dielbeek, nelle vicinanze di Bruxelles attorno al 620 e si sarebbe fatta battezzare di nascosto della famiglia nella chiesa di Forest.
Questo fatto scatenò le ire del padre, che sembra fosse un re del paese, il quale ordinò ai suoi soldati di prenderla quando tornava dalla chiesa e di portarla dinanzi a lui. Si racconta che nella fase della cattura e mentre veniva trascinata con la forza, uno dei soldati le abbia spezzato un braccio e che Alena, in conseguenza a questa ferita, sia morta il 17 giugno 640. Venne sepolta nella stessa Forest, nel punto dove nel 1105 sorse un monastero di monache benedettine. Il suo corpo fu esumato nel 1193 dall’abate di Afflighem, Godescalco e poi nel 1582 fu chiuso in una teca d’argento e sistemato in un nuovo altare costruito nel coro delle monache.
 
La partecipazione ai tuoi santi misteri, o Signore,
come prefigura la nostra unione in te,
così realizzi l’unità nella tua Chiesa.
Per Cristo nostro Signore.