17 Giugno 2024
 
Lunedì XI Settimana T. O.
 
1Re 21,1b-16; Salmo Responsoriale Dal Salmo 5; Mt 5,38-42
 
Colletta
O Dio, fortezza di chi spera in te,
ascolta benigno le nostre invocazioni,
e poiché nella nostra debolezza nulla possiamo senza il tuo aiuto,
soccorrici sempre con la tua grazia,
perché fedeli ai tuoi comandamenti
possiamo piacerti nelle intenzioni e nelle opere.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Giovanni Paolo II (Omelia 22 Febbraio 1987) - “Ma io vi dico - afferma Gesù - di non opporvi al malvagio” (Mt 5, 39). Non si tratta qui certamente di acconsentire al male. E neppure ci viene proibita una legittima difesa nei confronti dell’ingiustizia, del sopruso o della violenza. Anzi è a volte soltanto con un’energica difesa che certe violenze possono e debbono essere respinte.
Quello che Gesù ci vuole insegnare innanzitutto con quelle parole, come con le altre che abbiamo letto nel Vangelo, è la netta distinzione che dobbiamo fare tra la giustizia e la vendetta. Ci è consentito di chiedere giustizia; è nostro dovere praticare la giustizia. Ci è invece proibito vendicarci o fomentare in qualunque modo la vendetta, in quanto espressione dell’odio e della violenza.
Ma Gesù ci vuole anche e soprattutto insegnare questa preminenza, che ho detto, dell’amore e della misericordia sulla giustizia.
L’amore cristiano, infatti, promuove tra gli uomini un rapporto più profondo di quello che non possa essere garantito dalla semplice giustizia; e di fatto l’amore, in quanto animato dalla grazia divina, corregge i difetti della giustizia umana e la conduce a una perfezione che da sola non potrebbe raggiungere.
L’amore cristiano, con la sua disponibilità al perdono, con la sua attitudine alla generosità, alla pazienza e alla benevolenza assicura una superiore giustizia nei rapporti umani, garantisce, nelle comunità, una pace e uno spirito di fratellanza, che la giustizia da sola non saprebbe assicurare.
Certamente la disponibilità al perdono, così propria dell’etica cristiana, non cancella l’ordine fondamentale della giustizia: “in ogni caso, la riparazione del male e dello scandalo, il risarcimento del torto, la soddisfazione dell’oltraggio sono condizioni del perdono” (Ioannis Pauli PP. II, Dives in Misericordia, 14).
 
I Lettura: Avidità, autoritarismo sembrano essere le guide del re Acab. Ma la sua prepotenza non ha successo, nessun Israelita avrebbe venduto l’“eredità” degli avi, anzi si era obbligati a riconquistarli se per tanti motivi erano andati perduti. La tristezza colma il cuore e la mente di Acab re d’Israele: Acab se ne andò a casa amareggiato e sdegnato per le parole dettegli da Nabot di Izreèl, che aveva affermato: «Non ti cederò l’eredità dei miei padri!». Si coricò sul letto, voltò la faccia da un lato e non mangiò niente.
Alla pavidità e alla ingordigia del re Acab supplirà Gezabele sua moglie. Con perfidia, malvagità e inganni riuscirà nell’intento:  «Bandite un digiuno e fate sedere Nabot alla testa del popolo. Di fronte a lui fate sedere due uomini perversi, i quali l’accusino: “Hai maledetto Dio e il re!”. Quindi conducetelo fuori e lapidatelo ed egli muoia».
Bandite un digiuno: “Nei tempi di sventura, si proclamavano un digiuno e una preghiera pubblica (Gdc 20,26, Gl 1,14; 2,15, ecc.), per placare Dio e per scoprire la colpa che aveva provocato la sua collera. Una calamità pubblica (siccità, carestia) dovette servire da pretesto all’astuzia di Gezabele” (Bibbia di Gerusalemme).
due uomini perversi: “la legge esigeva due testimoni per un’accusa capitale (Nm 35,30, Dt 17,6; cf. Mt 26,60s) ... Sembra che i beni dei condannati a morte fossero devoluti al re” (Bibbia di Gerusalemme).
Il piano riesce, Nabot viene lapidato e il re Acab si trastullerà con il suo nuovo giocattolo. Tutto legale agli occhi degli uomini, ma non agli occhi di Dio, e a breve termine il profeta Elia pronuncerà la condanna divina (1Re 21,17ss).
 
Vangelo
Io vi dico di non opporvi al malvagio.
 
Il Vangelo mette in evidenza quattro situazioni di sofferenza. La prima è quella di non opporsi al malvagio, praticamente di non resistere al male o al malvagio, se non ci fosse una risposta pacifica alla malvagità, alla violenza seguirebbe la violenza e l’empietà. Nella seconda situazione v’è prospettata una contesa legale: il cristiano non deve rispondere con un’altra azione legale, ma di cedere quanto viene contestato e anche di più di quanto viene contestato. Nella terza situazione v’è suggerita la costrizione fisica alla quale bisogna rispondere con la benevolenza e la docilità. E infine, nella quarta v’è la richiesta di un prestito alla quale bisogna rispondere con generosità, praticamente non bisogna voltare le spalle a chi è in difficoltà. Quanto insegnato da Gesù non è impossibile viverlo, il problema che i cristiani, spesso, sono maldisposti a vivere sine glossa il Vangelo.
 
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5,38-42
 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio” e “dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello.
E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due.
Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle».
Parola del Signore.
 
Vendetta, perdono, amore - Bisogna tenere a mente che la Chiesa di Matteo è sotto attacco, geme nel crogiolo della prova e potenti e forti sono i persecutori. In questo clima di lotta e di odio, le parole di Gesù tendono a dare pace ai cuori smarriti e a suggerire la nuova risposta da dare agli aguzzini che con dura ed efferata violenza perseguitano i cristiani: imitando la misericordia del Padre celeste, un no fermo e deciso alla vendetta, un no alla legge del taglione, un sì magnanimo all’amore e al perdono.
Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente: Gesù si riferisce alla cosiddetta “legge del taglione” (lex talionis). Già codificata nel Codice di Hammurab, istaurando «una proporzione tra la punizione e il torto causato, essa rappresentava una restrizione della vendetta [cfr. Gen 4,23-24]» (Bibbia di Gerusalemme).
Gesù supera questa mentalità giudiziaria dando un indirizzo nuovo: Ma io vi dico di non opporvi al malvagio.
Una legge nuova che non vieta né di opporsi alla violenza ingiusta e gratuita (cfr. Gv 18,22) né, ancor meno, di combattere il male nel mondo. È una resistenza pacifica, non violenta che ha le radici nell’amore e che si irradia a sollevare l’indigenza del prossimo: Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.
Un amore che raggiunge il prossimo e abbraccia anche i nemici.
 
Occhio per occhio… - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): La legge mosaica conteneva la vendetta nei limiti della legge del taglione (occhio per occhio, dente per dente); la soddisfazione per l’ingiuria subita non doveva oltrepassare i confini del danno avuto.
Gesù si rivolge all’individuo, non all’autorità; la quale, usando delle sanzioni, deve tutelare il suddito secondo giustizia. Cristo esorta il proprio seguace ad ispirarsi nell’agire all’amore più che ad un concetto severo di giustizia. Il Maestro illustra il principio con quattro brevi esempi, i quali hanno una tinta iperbolica. Non reagire a chi offende (vers. 39); l’espressione: presentagli anche l’altra (guancia) non va presa alla lettera, come risulta anche dalla condotta di Gesù stesso (cf. Gio., 18, 23). Non negare il pegno della tunica, ma aggiungere anche il mantello (vers. 40), in modo da evitare un conflitto davanti alla corte. La Legge interdiva di prendere come pegno il mantello del povero (cf. Esodo, 22, 26-27; Deuteronomio, 24, 12-13); Gesù consiglia di cedere anche su questo punto. Non resistere a chi obbliga a compiere un trasporto per la lunghezza di un miglio (vers. 41); anzi è bene fare con remissività e con gioia ciò che è stato imposto con forza da altri. Non rifiutarsi di aiutare gratuitamente e di fare dei prestiti (vers. 42). I quattro esempi accentuano in modo sublime l’idea della carità; ogni azione nell’individuo dev’essere animata dall’amore fraterno, il quale modera le nostre reazioni e suscettibilità. Il seguace di Cristo non considera l’offesa e la durezza con cui a volte è trattato, ma attua il principio «fare di necessità virtù»; con l’amore egli infrange e disperde ogni forma d’ingiustizia. Gesù, con queste esortazioni, non intende vietare al cristiano di opporsi all’ingiustizia e di combattere il male del mondo.
 
Salviano di Marsiglia (De gubernatione): Cristo ci proibisce di litigare. Ma chi obbedisce a questo comando? E non è un semplice comando, giungendo al punto di imporci di abbandonare ciò che è lo stesso argomento della lite pur di rinunciare alla lite stessa: “Se qualcuno” - dice infatti - “vorrà citarti in giudizio per toglierti la tunica, lasciagli anche il mantello” [Mt 5,40]. Ma io mi chiedo chi siano coloro che cedano agli avversari che li spogliano, anzi, chi siano coloro che non si oppongano agli avversari che li spogliano? Siamo tanto lontani dal lasciare loro la tunica e il resto, che se appena lo possiamo, cerchiamo noi di togliere la tunica e il mantello all’avversario. E obbediamo con tanta devozione ai comandi del Signore, che non ci basta di non cedere ai nostri avversari neppure il minimo dei nostri indumenti, che anzi, se appena ci è possibile e le cose lo permettono, strappiamo loro tutto! A questo comando ne va unito un altro in tutto simile: disse infatti il Signore: “Se qualcuno ti percuoterà la guancia destra, tu offrigli anche l’altra” [Mt 5,39]. Quanti pensiamo che siano coloro che porgano almeno un poco le orecchie a questo precetto o che, se pur mostrano di eseguirlo, lo facciano di cuore? E chi vi è mai che se ha ricevuto una percossa non ne voglia rendere molte? È tanto lontano dall’offrire a chi lo percuote l’altra mascella, che crede di vincere non solo percuotendo l’avversario, ma addirittura uccidendolo.
 
Il Santo del Giorno - 17 Giugno 2024 - San Marciano Martire: La persecuzione ordinata dell’imperatore Diocleziano arrivò nel 304 anche a Venafro, cittadina dell’attuale Molise. Tra l’anfiteatro romano e il tempio pagano della dea Bona sulle cui fondamenta sorge oggi la Cattedrale di Santa Maria Assunta in cielo, vivevano due ufficiali dell’esercito romano: Nicandro e Marciano. Le antiche fonti storiche si pronunciano sulla loro provenienza (forse nativi della Grecia), ma non come i due aderirono alla fede cristiana e rifiutano di compiere rituali alle divinità pagane. Nel consumarsi del loro martirio si intreccia una significativa vicenda familiare: Daria, moglie di Nicandro, convertita anch’essa al cristianesimo, spronò lo sposo a non abiurare la fede. Questo costò anche a lei il martirio. I loro corpi furono seppelliti nei pressi di Venafro, dove già nel 313 fu eretta la Basilica cimiteriale a loro dedicati. Nel 1930 furono rinvenuti i loro sepolcri. La tradizione plurisecolare li acclama patroni delle città e delle diocesi (ora unificate) di Isernia-Venafro. (Avvenire)
 
La partecipazione ai tuoi santi misteri, o Signore,
come prefigura la nostra unione in te,
così realizzi l’unità nella tua Chiesa.
Per Cristo nostro Signore.