29 MAGGIO 2024
 
Mercoledì della VIII Settimana T. O.
 
1Pt 1,18-25; Salmo Responsoriale dal Salmo 147; Mc 10,32-45
 
Colletta
Concedi, o Signore, che il corso degli eventi nel mondo
si svolga secondo la tua volontà di pace
e la Chiesa si dedichi con gioiosa fiducia al tuo servizio.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
  
... il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire - Papa Francesco (Discorso, 8 maggio 2013): ... non dobbiamo mai dimenticare che il vero potere, a qualunque livello, è il servizio, che ha il suo vertice luminoso sulla Croce. Benedetto XVI, con grande sapienza, ha richiamato più volte alla Chiesa che se per l’uomo spesso autorità è sinonimo di possesso, di dominio, di successo, per Dio autorità è sempre sinonimo di servizio, di umiltà, di amore; vuol dire entrare nella logica di Gesù che si china a lavare i piedi agli Apostoli (cfr. Angelus, 29 gennaio 2012), e che dice ai suoi discepoli: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse... Tra voi non sarà così; proprio il motto della vostra assemblea, “tra voi non sarà così” - ma chi vuole essere grande tra voi, sarà il vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo» (Mt 20,25-27).
Pensiamo al danno che arrecano al Popolo di Dio gli uomini e le donne di Chiesa che sono carrieristi, arrampicatori, che “usano” il popolo, la Chiesa, i fratelli e le sorelle – quelli che dovrebbero servire -, come trampolino per i propri interessi e le ambizioni personali. Ma questi fanno un danno grande alla Chiesa. Sappiate sempre esercitare l’autorità accompagnando, comprendendo, aiutando, amando; abbracciando tutti e tutte, specialmente le persone che si sentono sole, escluse, aride, le periferie esistenziali del cuore umano. Teniamo lo sguardo rivolto alla Croce: lì si colloca qualunque autorità nella Chiesa, dove Colui che è il Signore si fa servo fino al dono totale di sé.
 
I Lettura: L’apostolo Pietro espone ai destinatari della sua lettera le esigenze della nuova vita che deve essere contrassegnata dall’amore fraterno: Dopo aver purificato le vostre anime con l’obbedienza alla verità per amarvi sinceramente come fratelli, amatevi intensamente, di vero cuore, gli uni gli altri. Questa nuova vita è voluta da due motivi fondanti: innanzitutto perché i credenti  sono stati liberati dalla loro vuota condotta ereditata dai loro padri  non a prezzo di cose effimere, come l’argento e l’oro, ma con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia, e, infine perché rigenerati non da un seme corruttibile ma incorruttibile, per mezzo della parola di Dio viva ed eterna: “Germe di vita, la parola di Dio è all’origine della nostra rinascita divina e ci dà la possibilità di agire secondo la volontà di Dio [1Pt 1,22-25; Gc 1,18+; Gv 1,12s; 1Gv 3,9; cfr. 1Gv 2,13s; 5,18], perché essa è piena di potenza (1Cor 1,18; 1Ts 2,13; Eb 4,12). Per Giacomo, la Parola è ancora la legge mosaica [Gc 1,25]; per 1Pt è la predicazione evangelica [1Pt 1,25; cfr. Mt 13,18-23p]; per Giovanni, è il Figlio di Dio in persona (Gv 1,1+). Paolo vede nello Spirito il principio che ci costituisce figli di Dio (Rm 6,4+), ma lo Spirito è il dinamismo della Parola” (Bibbia di Gerusalemme).
 
Vangelo
Ecco, noi saliamo e Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato.
 
Gesù per la terza volta predice ai Dodici la sua Morte e la sua Risurrezione. Giacomo e Giovanni, forse credendo che la loro avventura stava per finire per sempre, pensano di accaparrarsi un futuro sicuro, e così chiedono a Gesù: Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra. I due fratelli forse avevano pensato alla sequela come a una gita fuori porta, e, alla fine, allegramente, arrivare ai primi posti. Gesù non rimprovera i due Apostoli perché non sanno quello che chiedono, ma fa loro ben comprendere che porsi alla sua sequela ha dei costi altissimi: Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato? E poi gettando uno sguardo nel futuro, Gesù predice il loro martirio per il Vangelo. Per Giacomo il martirio si realizzerà nell’anno 44 per opera d’Erode Agrippa, Giovanni invece avrà la sua parte di sofferenze e di tribolazioni, così come ricorda il libro dell’Apocalisse. Mettersi dietro a Gesù occorre tenacia, fermezza, coraggio, e non dimenticare mai che la sequela è un dono non una scelta umana (Gv 15,16), ecco perché il discepolo ha sulle sue labbra le parole del Siracide: “Ricompensa coloro che perseverano in te, i tuoi profeti siano trovati degni di fede” (Sir 36,18).
 
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 10,32-45
 
 In quel tempo, mentre erano sulla strada per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti ai discepoli ed essi erano sgomenti; coloro che lo seguivano erano impauriti.
Presi di nuovo in disparte i Dodici, si mise a dire loro quello che stava per accadergli: «Ecco, noi saliamo e Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà».
Gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».
Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
Parola del Signore.
 
Cosa volete che io faccia per voi - Il racconto evangelico odierno è posto tra il terzo annuncio della passione (Mc 10,32-34) e la guarigione del mendicante cieco Bartimeo, figlio di Timeo (Mc 10,46-52). Mentre cupe nubi, foriere di morte, si addensano sinistramente sul capo di Gesù, i discepoli fanciullescamente sembrano essere occupati unicamente a guadagnarsi i primi posti. I figli di Zebedeo, appaiono i più risoluti in questa ricerca.
Giacomo e Giovanni, conosciuti come i «figli del tuono» (Mc 3,17), quelli che avrebbero voluto incenerire i samaritani colpevoli di non aver accolto Gesù (Lc 9,54), sembrano bene intenzionati a scavalcare gli altri Apostoli pur di arrivare ai primi posti del comando. La richiesta è perentoria: «Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo». Una rivendicazione che pretende inequivocabilmente un assenso.
In quanto era sentire comune che i giusti, accanto al Figlio dell’uomo, avrebbero preso parte al giudizio finale (cf. Mt 19,28 ), i figli di Zebedeo, chiedono questa dignità regale e giudiziaria, ma evidentemente senza rendersi conto delle conseguenze della loro domanda. Gesù, che «sapeva quello che c’è in ogni uomo» (Gv 2,25), sembra stare al gioco. Vuole che dai loro cuori esca tutto il pus, la rogna nauseabonda del comando che rodeva il loro cervello.
Così invita i due fratelli a bere il suo calice e a ricevere il suo battesimo. In questo modo, chiedendo di associarsi alla sua Passione, ma senza pretendere altro, cerca di correggere la loro mentalità ancora carnale. Nell’invitarli a bere il calice della sua amara passione e a immergersi nel suo battesimo di sangue: esige la «disponibilità al martirio e la costanza nella persecuzione che può essere anche mortale. Il discepolo non ha alternativa per giungere alla gloria; egli deve sapere che il calice e il battesimo offertigli sono la sorte di Gesù [“il calice che io bevo ... il battesimo con cui io sono battezzato”], non un destino privo di senso, voluto da una potenza senza volto» (Luigi Pinto).
Con faccia tosta a dir poco, Giacomo e Giovanni, rispondono che lo possono. La risposta non tarda ad arrivare come una secchiata di acqua gelida: sì, morirete ammazzati per la fede, ma sedere alla destra del Cristo è «per coloro per i quali è stato preparato». Questa affermazione non è determinismo. Nulla è scritto, nel senso di predeterminato (cf. Rom 8,29). La salvezza è un dono di Dio e viene accordata ai discepoli, ma non per la via dei privilegi e della grandezza umana: il verbo preparare al passivo rimanda, come spesso nei testi biblici, alla sovrana volontà di Dio.
I primi a sedersi «uno alla sua destra e uno alla sinistra» (Lc 15,27) saranno i due ladroni, crocifissi con il Cristo. Ancora una volta si scompagina il solito sentire umano.
«Gli altri dieci si sdegnarono». Una nota che mette in luce una realtà fin troppo scomoda: nel gruppo apostolico serpeggiavano divisioni, liti, manie di grandezza ... La risposta di Gesù va in questo senso. La vera grandezza sta nel servire, nell’occupare gli ultimi posti come il Figlio dell’uomo. Una risonanza di questo insegnamento è nel racconto della lavanda dei piedi (Gv 13,1ss). Con questo detto «non si condanna di aspirare ai posti di responsabilità né si insegna paradossalmente che per raggiungere tali posti bisogna farsi servi e schiavi di tutti, ma più semplicemente si vuol dire che nell’ambito della comunità cristiana i chiamati al comando devono adempiere al loro mandato con spirito di servizio, facendosi tutto a tutti e guardando solo al bene degli altri [cf. 1Cor 9,19-23; 2Cor 4,5]» (A. Sisti).
Per Gesù servire vuol dire essere obbediente alla volontà del Padre fino alla morte, senza sconti e ripiegamenti, come il Servo di Iahvè, che si fa solidale con il peccato degli uomini. Affermando che è venuto per «dare la propria vita in riscatto per molti», il Cristo dichiara il carattere soteriologico della sua morte. Donandosi alla morte per la salvezza degli uomini e per la loro liberazione dalla schiavitù del peccato, Gesù offre alla Chiesa un modello di amore supremo, che essa è chiamata a inverare e prolungare nella storia.
 
Il calice che io bevo, anche voi lo berrete: Paolo VI (Omelia, 10 giugno 1971): L’ESEMPIO DI GESÙ - Perciò ascoltate ancora questo linguaggio, proprio dell’Eucaristia. Vi dicevamo: Gesù sarà presente. Ma come sarà presente? Sarà presente, sia pure in modo incruento, come «l’uomo dei dolori» (Cfr. Is. 53, 3); come vittima, come «agnello di Dio» (Io. 1, 29); sarà presente come era nell’ora della sua passione, del suo sacrificio, come crocifisso. Questo significa la duplice specie del pane e del vino, figure del Corpo e del Sangue del medesimo Cristo. Gesù si offre per noi e a noi com’era sulla croce, immolato, straziato, consumato nel dolore portato al suo più alto grado di sensibilità fisica e di desolazione spirituale; ricordate i suoi spasimi umanissimi: «Ho sete!» (Io. 19, 28); e i suoi ineffabili tormenti: «Dio! Dio! perché mi hai abbandonato?» (Matth. 27, 46); ricordate? Chi ha sofferto quanto Gesù? La sofferenza è proporzionale a due misure: alla sensibilità (e quale più fine sensibilità di quella di Cristo, Uomo-Dio?), e all’amore: la capacità di amare è misurata dalla capacità di soffrire. Comprendete come Gesù è vostro esempio, è vostro collega, uomini e donne, che qua portate le vostre vite doloranti? Comprendete perché proprio con voi abbiamo voluto celebrare la solennità del Corpo e del Sangue di Cristo?
OFFRIRE IL DOLORE PER LA CHIESA - E vi diremo di più: comprendete ora che cosa è la comunione, e ciò che l’assunzione dell’Eucaristia compie in voi? È la fusione della vostra sofferenza con quella di Cristo. Ciascuno di voi può ripetere, a maggiore ragione d’ogni altro fedele che si comunica, le parole di San Paolo: «... io mi rallegro nelle sofferenze ... e compio nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo» (Col. 1, 24). Soffrire con Gesù! quale sorte, quale mistero! Ecco, ecco una grandissima novità: il dolore non è più inutile! Se unito a quello di Cristo, il nostro dolore acquista qualche cosa della sua virtù espiatrice, redentrice, salvatrice! Capite ora perché la Chiesa onora ed ama tanto i suoi malati, i suoi figli infelici? Perché essi sono Cristo sofferente, il Quale, proprio in virtù della sua passione, ha salvato il mondo. Voi, carissimi ammalati, potete cooperare alla salvezza dell’umanità, se sapete unire i vostri dolori, le vostre prove a quelle di Gesù, che ora verrà a voi nella santa comunione.
 
Pseudo Macario, Omelie spirituali, 12,4-5: Tutti i giusti hanno percorso una strada angusta e aspra, sopportando persecuzioni, angustiati e maltrattati... costretti a rifugiarsi nelle spelonche e nelle caverne scavate nella terra [Eb 11,37-38]. Anche gli apostoli, non diversamente, dicono: Sino a questo momento noi soffriamo la fame, la sete, la nudità; siamo schiaffeggiati e non abbiamo ove poterci stabilire [1Cor 4,11]. Alcuni di loro furono decapitati, altri crocifissi, altri ancora sottoposti alle più diverse torture. E il Signore stesso dei profeti e degli apostoli, dimentico, per così dire, della sua divina gloria, che testimonianza ci ha lasciato? Mostrando a noi il modello da imitare, sopportò l’onta gravissima di recare sul capo la corona di spine, subendo gli sputi, le percosse e la croce. Se Dio, su questa terra, si è comportato a quel modo, a noi toccherà di imitarlo; se gli apostoli e i profeti, poi, non sono stati da meno, anche noi, se abbiamo in animo di costruire sulle fondamenta che il Signore e gli apostoli ci hanno lasciato, dobbiamo seguirli lungo la stessa strada. Raccomanda, infatti, l’Apostolo, dietro suggerimento dello Spirito Santo: Siate miei imitatori, come io stesso lo sono di Cristo [1Cor 11,1]. Se, al contrario, aspiri alla gloria umana e desideri ricevere onori ed essere rispettato e vai cercando una vita comoda, significa che hai già smarrito la strada che dovevi seguire. Occorre infatti che tu sia crocifisso assieme a colui che è stato crocifisso e soffra con chi ha sofferto, per esser glorificato in unione a colui che è stato glorificato [cfr. Rm 8,17]... Non è concesso, insomma, se non a prezzo di sofferenze e procedendo lungo un sentiero aspro, angusto e impervio, di entrare nella città dei santi, per riposare e regnare insieme con il re, nell’infinità dei secoli.
 
Il Santo del Giorno - San Paolo VI: Il Papa del Concilio e della Chiesa aperta: Una Chiesa che è casa di Dio in mezzo agli uomini, con la porta sempre aperta, pronta ad accogliere, e le finestre spalancate per far entrare la luce del Vangelo. Potrebbe essere descritto così il progetto di san Giovanni Battista Montini, papa Paolo VI, pastore nel mondo e per il mondo. Nato a Concesio (Brescia) nel 1897, fu ordinato sacerdote il 29 maggio 1920 e venne destinato alla carriera diplomatica, assumendo diversi incarichi di rilievo nella Curia Romana. Fu assistente ecclesiastico degli universitari cattolici. Entrò a Milano da arcivescovo il 6 gennaio 1955 e venne creato cardinale da Giovanni XXIII nel 1958. Il 21 giugno 1963 venne eletto Papa, annunciando da subito che avrebbe portato avanti il Concilio ecumenico Vaticano II. Si adoperò per applicarne poi le decisioni e dare forma alla Chiesa del post-concilio. Pubblicò il rinnovato Messale Romano; fu attivo nell’impegno ecumenico; compì nove viaggi apostolici fuori dall’Italia; affrontò le contestazioni con carità e fermezza. Morì nella residenza pontificia di Castel Gandolfo il 6 agosto 1978. È santo del 2018. (Matteo Liut)
 
Saziati dal dono di salvezza,
invochiamo la tua misericordia, o Signore:
questo sacramento, che ci nutre nel tempo,
ci renda partecipi della vita eterna.
Per Cristo nostro Signore.