23 Maggio 2024
 
Giovedì della VII Settimana T. O.
 
Gc 5,1-6; Salmo Responsoriale 48 [49]; Mc 9,41-50
 
Colletta
Il tuo aiuto, Dio onnipotente,
ci renda sempre attenti alla voce dello Spirito,
perché possiamo conoscere ciò che è conforme alla tua volontà
e attuarlo nelle parole e nelle opere.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
La Geènna: Catechismo della Chiesa Cattolica 1034: Gesù parla ripetutamente della «geenna», del «fuoco inestinguibile», che è riservato a chi sino alla fine della vita rifiuta di credere e di convertirsi, e dove possono perire sia l’anima che il corpo. Gesù annunzia con parole severe: «Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno [...] tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente» (Mt 13,41-42), ed egli pronunzierà la condanna: «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno!» (Mt 25,41).
1035 La Chiesa nel suo insegnamento afferma l’esistenza dell’inferno e la sua eternità. Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell’inferno, «il fuoco eterno». La pena principale dell’inferno consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale soltanto l’uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e alle quali aspira.
1036 Le affermazioni della Sacra Scrittura e gli insegnamenti della Chiesa riguardanti l’inferno sono un appello alla responsabilità con la quale l’uomo deve usare la propria libertà in vista del proprio destino eterno.
Costituiscono nello stesso tempo un pressante appello alla conversione: «Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!» (Mt 7,13-17).
 
I Lettura: L’impietosa denuncia di Giacomo mette in risalto quanto fossero odiati i ricchi, ma in modo particolare coloro la cui ricchezza trasudava del sangue dei poveri. La condanna dei ricchi malvagi era già presente nella predicazione dei profeti. Abacuc con estrema schiettezza dirà a Israele: «La ricchezza rende malvagi ... Guai a chi accumula ciò che non è suo» (Ab 2,5-6). Di queste parole troviamo una risonanza nei «guai ai ricchi» registrati nel vangelo di Luca (cfr. 6,24). Anche Paolo ha parole molto dure in questo senso. Comunque, non è una condanna delle ricchezze in sé, ma dell’uso cattivo che tende a calpestare i diritti altrui. Per cui va bene il monito di Paolo suggerito a Timoteo: «Ai ricchi in questo mondo raccomanda di non essere orgogliosi, di non riporre la speranza sull’incertezza delle ricchezze, ma in Dio, che tutto ci dà con abbondanza perché ne possiamo godere; di fare del bene, di arricchirsi di opere buone, di essere pronti a dare, di essere generosi, mettendosi così da parte un buon capitale per il futuro, per acquistarsi la vita vera» (1Tm 6,17). Un consiglio che conserva sempre il suo grande valore morale e ascetico.
 
Vangelo
È meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna.
 
Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me: I piccoli non sono tanto i bambini, ma i credenti dalla fede vacillante, i cristiani deboli esposti allo scandalo. I credenti, al dire di sant’Alberto Magno, qui sono «detti piccoli per la loro fede limitata e perché possono essere facilmente scandalizzati, sono cioè deboli nella fede e pronti al peccato, provocati anche dai cattivi esempi dei sacerdoti». E Gesù su questo punto non ammette deroghe. Il giudizio è severissimo, un giudizio espresso con parole di fuoco. Qui viene sfumata l’immagine edulcorata del Gesù buono a tutti i costi, pronto a perdonare tutto a tutti.
 
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 9,38-40
 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.
Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare.
Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue.
Ognuno infatti sarà salato con il fuoco. Buona cosa è il sale; ma se il sale diventa insipido, con che cosa gli darete sapore? Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri».
 
Parola del Signore.
 
Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala … - Jacques Hervieux (Vangelo di Marco): Sono parole assai dure, addirittura brutali! Vi si rammenta il destino dei peccatori con immagini di morti eterne, accompagnate da orribili tormenti (verme e fuoco): esaminiamole meglio. Anzitutto evitiamo un’interpretazione letterale delle immagini utilizzate: la Chiesa non ha mai visto in questa pagina di vangelo un richiamo alla mutilazione fisica; essa vi vede, per ogni cristiano, il pressante invito al distacco da ciò che è cattivo dentro di lui per garantire la propria salvezza; ne va, in pratica, dell’esito positivo a negativo dell’ esistenza umana. Da un lato, «da vita eterna»: una vita senza fine col Cristo risorto; dall’altro: «da Geenna». Che cosa significa? L’immagine è all’origine della visione dantesca dell’inferno»: una situazione di angoscioso tormento dei peccatori induriti! La Geenna è una valle incassata, a sud del colle su cui sorge Gerusalemme: da molti anni, all’epoca di Gesù, questo luogo selvaggio serve da pubblica discarica della città. Vi si possono vedere cumuli di detriti, animali a vegetali, ogni sorta di immondezze e, durante le epidemie, anche dei cadaveri umani. Insomma, per i contemporanei di Gesù, la Geenna ricorda la meritata sorte di coloro che saranno rimasti sordi ai richiami di Dio. Questa visione raccapricciante si incontra già nel profeta Isaia: «Uscendo [dalla città] vedranno i cadaveri degli uomini che si sono ribellati contro di me [dice Dio]; poiché il loro verme non morirà, il loro fuoco non si estinguerà e saranno un orrore per tutti» (Is 66,24).
Questa visione di orrore ha potentemente stimolato le fantasie. Soprattutto a partire dai tempi di Dante Alighieri (1265-1321) l’inferno e il suo terribile fuoco sono passati, presso molta gente, dal semplice simbolo a una realtà insopportabile. E quindi necessario ristabilire la verità. Pur nella loro esasperazione, le immagini bibliche intendono esporre un concetto elementare: la giustizia di Dio punirà coloro che si saranno ostinatamente chiusi al suo amore; essi si ritroveranno privati della comunione divina, separati dal Cristo e dai santi. Benché se ne parli nella Scrittura, l’inferno rimane per noi una realtà misteriosa.
Il passo in questione si chiude con due affermazioni difficili, collegate dalle «parole aggancio»: «sale» e «fuo­co». «Poiché i dovrà essere tutti salati con il fuoco» (v. 49) non è facile da comprendere: significa, probabilmente ma non con certezza, che nessuno sfuggirà a una certa purificazione; il fuoco brucia e purifica; il sale conserva e protegge, e per il suo sapore «forte» richiama il fuoco che brucia e scotta. L’ultima frase, tuttavia, è più facile da interpretare (v. 50): in questo caso, il sale è inteso come elemento utile che serve a conservare gli alimenti. Il cristiano è invitato a eliminare ogni insipienza nella sua esistenza e, superando le difficoltà della vita comunitaria, a cercare la pace con i suoi fratelli.
 
Chi scandalizza... - Il Catechismo della Chiesa Cattolica può aiutarci a comprendere le parole di Gesù. Innanzi tutto, dà una definizione: «Lo scandalo è l’atteggiamento o il comportamento che induce altri a compiere il male. Chi scandalizza si fa tentatore del suo prossimo. Attenta alla virtù e alla rettitudine, può trascinare il proprio fratello alla morte spirituale. Lo scandalo costituisce una colpa grave se chi lo provoca con azione e omissione induce deliberatamente altri in grave mancanza» (2284). E ancora, lo scandalo «assume una gravità particolare a motivo dell’autorità di coloro che lo causano o della debolezza di coloro che lo subiscono [...]. Lo scandalo è grave quando a provocarlo sono coloro che, per natura o per funzione, sono tenuti ad insegnare e ad educare gli altri. Gesù lo rimprovera agli scribi e ai farisei: li paragona ai lupi rapaci in veste di pecore» (ibidem 2285). La gravità sta nel fatto che è in giuoco la fede dei piccoli, sta nel fatto che possono essere uccisi spiritualmente. L’uomo, oggi, ha trovato dei sotterfugi per trarsi d’impaccio e per non farsi sbranare dal verme che non muore. I suoi trucchi sono quelli di trasformare tutto in arte o di propagare vergognose licenziosità come conquiste di civiltà; così la pornografia è arte e i matrimoni gay, l’aborto, il divorzio spacciati come conquiste ...  È grottesco, come fa notare Vincenzo Raffa, «sbandierare gli ideali di libertà, di arte, di cultura, di civiltà, di liberazione umana, di progresso e così via, quando altro non c’è che profonda depravazione, sollecitudine alla violazione delle leggi più fondamentali, offesa alla religione, sovvertimento della legittima autorità» (Liturgia festiva). Il tutto diventa ancora più disgustoso e più ripugnante quando «il movente reale è l’impinguamento del proprio portafoglio, l’eliminazione disonesta dell’avversario, la destabilizzazione di una dirigenza scomoda, magari pienamente legittima e fattivamente impegnata al bene comune» (ibidem). Ormai siamo abituati a tutto, ma, come affermava, Erasmo da Rotterdam, «i mali che non si avvertono sono i più pericolosi».
 
Temere solo per il castigo è riprovevole: «“Laggiù non morrà il loro verme né si spegnerà il fuoco che li divora” [Mc 9,43]. Ascoltando queste minacce, che toccheranno certamente agli empi, alcuni, presi da timore, si astengono dal peccato. Hanno paura e per questa paura non commettono peccati. Son persone che temono [il castigo] ma non ancora amano la giustizia. Tuttavia quel timore che li spinge ad astenersi dal peccato crea in loro un’inclinazione costante per la giustizia, e ciò che prima era difficile comincia a piacere e si assapora la dolcezza di Dio. A tal punto l’uomo inizia a vivere nella giustizia non per timore delle pene ma per amore dell’eternità» (Agostino, Enarrat. in Ps., 127, 7).
 
Santo del giorno - 23 Maggio 2024 - San Giovanni Battista de’ Rossi, sacerdote: Nacque nel 1698 a Voltaggio, in provincia di Genova ma a 13 anni, per motivi di studio, si trasferì a Roma nella casa di uno zio sacerdote, canonico a Santa Maria in Cosmedin. A Roma frequentò il liceo presso i gesuiti del Collegio Romano avviandosi agli ordini sacri. In quel periodo fu colto dai primi attacchi di epilessia, malattia che lo avrebbe fatto soffrire per tutta la vita. Venne ordinato sacerdote l’8 marzo 1721 e da allora diede ancora più slancio al suo apostolato, avviato in precedenza, tra gli studenti, i poveri e gli emarginati. Sulla scia di quell’impegno nacque la Pia Unione dei sacerdoti secolari di Santa Galla dal nome di un ospizio maschile da lui diretto. Giovanni ne volle uno anche per donne e lo dedicò a Luigi Gonzaga santo cui era devotissimo. Eletto canonico di Santa Maria in Cosmedin, venne dispensato dall’obbligo del coro per potersi dedicare con maggiore libertà ai suoi impegni apostolici. Negli ultimi mesi di vita l’epilessia si aggravò costringendolo a un vero e proprio calvario.
Morì il 23 maggio 1764. Fu canonizzato da Leone XIII l’8 dicembre 1881. (Avvenire)
 
Dio onnipotente,
il pegno di salvezza ricevuto in questi misteri
ci conduca alla vita eterna.
Per Cristo nostro Signore.