20 Maggio 2024
 
Maria Madre della Chiesa
 
Gen 3,9-15.20 oppure At 1,12-14; Salmo Responsoriale dal Salmo 86 (87); Gv 19,25-34
 
Colletta
Dio, Padre di misericordia,
il tuo Figlio unigenito, morente sulla croce,
ci ha donato la sua stessa Madre,
la beata Vergine Maria, come nostra Madre;
concedi che la tua Chiesa, sorretta dal suo amore,
sia sempre più feconda nello Spirito,
esulti per la santità dei suoi figli
e raccolga nel suo grembo l’intera famiglia degli uomini.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Paolo VI (Allocuzione 21 Novembre 1964): Guardando la Chiesa, dobbiamo dunque contemplare con animo amorevole le meraviglie che Dio ha operato nella sua Santa Madre. E la cognizione della vera dottrina cattolica sulla Beata Vergine Maria sarà sempre un efficace sussidio per capire esattamente il mistero di Cristo e della Chiesa.
Ripensando questi stretti rapporti con cui sono collegati tra loro Maria e la Chiesa, che vengono così lucidamente esposti in questa Costituzione del Concilio, esse Ci inducono a ritenere che questo momento è il più solenne e il più opportuno per adempiere il voto cui abbiamo accennato alla fine dell’ultima Sessione e che moltissimi Padri hanno anche fatto proprio, chiedendoci con insistenza che durante questo Concilio fosse dichiarata in termini espliciti la missione materna che la Beata Vergine Maria adempie nel popolo cristiano. Per questo motivo Ci sembra necessario che in questa pubblica seduta enunciamo ufficialmente un titolo con il quale venga onorata la Beata Vergine Maria, che è stato richiesto da varie parti del mondo cattolico ed è a Noi particolarmente caro e gradito, perché con mirabile sintesi esprime la posizione privilegiata che nella Chiesa questo Concilio ha riconosciuto essere propria della Madre di Dio.
Perciò a gloria della Beata Vergine e a nostra consolazione dichiariamo Maria Santissima Madre della Chiesa, cioè di tutto il popolo cristiano, sia dei fedeli che dei Pastori, che la chiamano Madre amatissima; e stabiliamo che con questo titolo tutto il popolo cristiano d’ora in poi tributi ancor più onore alla Madre di Dio e le rivolga suppliche.
Si tratta di un titolo, Venerabili Fratelli, non certo sconosciuto alla pietà dei cristiani; anzi i fedeli e tutta la Chiesa amano invocare Maria soprattutto con questo appellativo di Madre. Questo nome rientra certamente nel solco della vera devozione a Maria, perché si fonda saldamente sulla dignità di cui Maria è stata insignita in quanto Madre del Verbo di Dio Incarnato.
Come infatti la divina Maternità è la causa per cui Maria ha una relazione assolutamente unica con Cristo ed è presente nell’opera dell’umana salvezza realizzata da Cristo, così pure soprattutto dalla divina Maternità fluiscono i rapporti che intercorrono tra Maria e la Chiesa; giacché Maria è la Madre di Cristo, che non appena assunse la natura umana nel suo grembo verginale unì a sé come Capo il suo Corpo mistico, ossia la Chiesa. Dunque Maria, come Madre di Cristo, è da ritenere anche Madre di tutti i fedeli e i Pastori, vale a dire della Chiesa.
È questo il motivo per cui noi, benché indegni, benché deboli, alziamo tuttavia gli occhi a lei con animo fiducioso ed accesi dell’amore di figli. Lei che ci ha dato un giorno Gesù, fonte della grazia soprannaturale, non può non rivolgere la sua funzione materna alla Chiesa, specialmente in questo tempo in cui la Sposa di Cristo si avvia a compiere con più alacre zelo la sua missione salutifera.
 
I Lettura: Dio maledice il serpente e sarà condannato a strisciare nella polvere. Adamo ed Eva non sono maledetti, ma dovranno portare il peso enorme della loro disobbedienza. Dio per Adamo ed Eva prepara un progetto di salvezza: il versetto 15 è il protovangelo, il primo annuncio di questa salvezza. Si preconizza l’inimicizia permanente del serpente, che è per la tradizione cristiana è figura di satana, e la donna: il seme di questa donna schiaccerà la testa del serpente, che a sua volta insidierà il suo calcagno.
“La traduzione greca, cominciando l’ultima frase con un pronome maschile, attribuisce questa vittoria non alla discendenza della donna in generale, ma a uno dei figli della donna: così è preparata l’interpretazione messianica che molti Padri espliciteranno. Con il Messia, sua madre è implicata, e l’interpretazione mariologica della traduzione latina ipsa conteret è divenuta tradizionale nella chiesa” (Bibbia di Gerusalemme.
 
Vangelo
Ecco tuo figlio! Ecco tua madre!
 
Giuseppe Segalla (Giovanni): versetti 26-27 - L’evangelista non è interessato alle donne ai piedi della croce, ma al binomio: la madre-il discepolo amato. Questi due vv . infatti non hanno alcun parallelo nei sinottici. La formula, che Gesù usa, potrebbe essere una formula di adozione, anche se la formulazione è lievemente diversa: non « ecco », ma « essa è ». In ogni caso, a livello storico, aveva certamente il enso di affidare la madre alle cure del discepolo amato. Ma c’è anche un senso teologico più profondo nell’episodio apparentemente cosi semplice. Già Origene identificava il discepolo amato con ogni cristiano. E la identificazione di Maria con la Chiesa, madre spirituale, data dal IV secolo, anche se sviluppata in forme diverse. Qui si è fondato il senso della maternità spirituale di Maria, assunta anche dal magistero e divenuta dottrina comune nella Chiesa cattolica, condivisa però anche da autori non cattolici (Hoskyns, Max Thurian). Gli argomenti a favore sono: 1) il fatto che Gesù si rivolge prima a Maria quasi sia suo il compito principale; 2) la relazione del fatto con l’episodio di Cana, dove pure Maria interviene (qui invece è Gesù che la fa intervenire); 3) il confronto con 16,21, che ha in comune con 19,26-27 l’uso della parola « donna » ed « ora », il tema della maternità e quello della morte di Gesù.
 
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 19,25-34
 
In quel tempo, stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala.
Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.
Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.
Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato - era infatti un giorno solenne quel sabato -, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via.
Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui.
Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua.
 
La proclamazione di Maria, madre del discepolo amato - Salvatore Alberto Panimolle (Lettura Pastorale del Vangelo di Giovanni): Anche la scena rappresentata in Gv 19,25-27 è carica di simbolismo: l’elemento storico è letto e interpretato a un livello molto profondo, perché l’evangelista vede in esso un significato ecclesiologico di grande importanza: la proclama­zione di Maria, madre della chiesa. La descrizione iniziale concernente la presenza di alcune donne amiche sul calvario non lungi dal luogo dell’esecuzione (Gv 19,25), è una notizia di carattere tradizionale (Me 15,40 e par.). Nella redazione giovannea però si rilevano alcune caratteristiche di non poco conto: solo il quarto evangelista infatti menziona la madre di Gesù e il discepolo amato, informando che essi erano «presso la croce», mentre per i sinottici le pie donne stavano lontano; parimenti esistono divergenze sul numero e sul nome di queste discepole.
Ma l’elemento più significativo e caratteristico della scena in esame è rappresentato dalle parole del Cristo morente alla madre e al discepolo amato. Gesù infatti «vedendo la madre e vicino il discepolo che amava, dice alla madre: Donna, ecco tuo figlio!» (Gv 19,26). Con quest’espressione Maria è costituita madre del discepolo, il quale personificava i seguaci del Cristo, che sono oggetto del suo amore, perché osservano la sua parola (Gv 13,1.34; 14,21). Quindi Maria dal Figlio di Dio è proclamata madre della chiesa. Orienta verso tale interpreta­zione anche l’appellativo donna, rivolto da Gesù alla madre. Tale vocativo lo troviamo sulla bocca del Maestro anche in Gv 2,4.48
Con le parole al discepolo, Gesù chiarisce e ribadisce il suo pensiero: «Ecco tua madre!» (Gv 19,27). Maria è veramente la madre dei seguaci del Cristo ossia è madre della chiesa. La Vergine quindi non è solo madre di Gesù (Gv 2,lss; 19,25s), ma anche dei suoi discepoli.
Nel passo di Gv 19,26s abbiamo uno schema di rivelazione, formato di tre elementi: 1) la visione di un personaggio, 2) il dire una frase rivelatrice, 3) aperta dalla particella ecco. Esempi del genere sono costatabili in Gv l,29.35s.47. Gesù in Gv 19,26s rivela alla Vergine la sua funzione di madre della chiesa e al discepolo la sua filiazione nei confronti di Maria.
La scena in esame si conclude con la seguente osservazione dell’evangelista: «E da quell’ora il discepolo l’accolse nei propri (beni)» (Gv 19,27). Sulla croce si compie l’opera rivelatrice di Gesù, quindi la sua ora giunge alla piena rivelazione. La vergine Maria che aveva mediato la sua anticipazione simbolica a Cana (Gv 2,4ss), sul calvario assiste e partecipa alla sua consumazione. Il discepolo amato, rappresentante di tutti i credenti, è coinvolto quale attore di questa scena dell’«ora», accogliendo la madre del Cristo nel suo cuore e accettandola come sua, quale tesoro preziosissimo. L’interpretazione dell’espressione finale «élaben... eis tà idia» di Gv 19,27 è molto discussa tra gli esegeti. La maggior parte ritiene che significhi «la prese... nella propria (casa)»; invece I. de la Potterie, tra gli altri, mostra che questa locuzione deve essere tradotta così: «l’accolse nei propri (beni)» cioè «l’accolse come sua (madre)». In effetti il verbo «lambà-nein» negli scritti giovannei, quando ha per oggetto una persona, indica l’accoglienza nella linea della fede, mentre l’espressione «tà idia» significa i propri beni cioè le persone o le cose che appartengono a qualcuno (cf. Gv 1,11; 10,4; 13,1). Maria dal discepolo è accolta nel cuore come proprio bene cioè come propria madre.
 
La Vergine Maria nostra Madre nell’ordine della grazia - Catechismo della Chiesa Cattolica 967 Per la sua piena adesione alla volontà del Padre, all’opera redentrice del suo Figlio, ad ogni mozione dello Spirito Santo, la Vergine Maria è il modello della fede della carità per la Chiesa. « Per questo è riconosciuta quale sovreminente e del tutto singolare membro della Chiesa », « ed è la figura (typus) della Chiesa ».
968 Ma il suo ruolo in rapporto alla Chiesa e a tutta l’umanità va ancora più lontano. « Ella ha cooperato in modo tutto speciale all’opera del Salvatore, con l’obbedienza, la fede, la speranza e l’ardente carità, per restaurare la vita soprannaturale delle anime. Per questo è stata per noi la Madre nell’ordine della grazia ».
969 « Questa maternità di Maria nell’economia della grazia perdura senza soste dal momento del consenso prestato nella fede al tempo dell’annunciazione, e mantenuto senza esitazioni sotto la croce, fino al perpetuo coronamento di tutti gli eletti. Difatti, assunta in cielo ella non ha deposto questa missione di salvezza, ma con la sua molteplice intercessione continua ad ottenerci i doni della salvezza eterna. Per questo la beata Vergine è invocata nella Chiesa con i titoli di Avvocata, Ausiliatrice, Soccorritrice, Mediatrice ».
970 « La funzione materna di Maria verso gli uomini in nessun modo oscura o diminuisce [ ... ] l’unica mediazione di Cristo, ma ne mostra l’efficacia. Infatti ogni salutare influsso della beata Vergine [ ... ] sgorga dalla sovrabbondanza dei meriti di Cristo, si fonda sulla mediazione di lui, da essa assolutamente dipende e attinge tutta la sua efficacia ». « Nessuna creatura infatti può mai essere paragonata col Verbo incarnato e redentore; ma come il sacerdozio di Cristo è in vari modi partecipato dai sacri ministri e dal popolo fedele, e come l’unica
bontà di Dio è realmente diffusa in vari modi nelle creatura, così anch l’unica mediazione del Redentore non e elude, ma uscita nelle creature una varia cooperazione partecipata dall’unica fonte ».
 
Ecco tua madre - Redemptoris Mater 23: Se il passo del Vangelo di Giovanni sull’evento di Cana presenta la maternità premurosa di Maria all’inizio dell’attività messianica di Cristo, un altro passo dello stesso Vangelo conferma questa maternità nell’economia salvifica della grazia nel suo momento culminante, cioè quando si compie il sacrificio della croce di Cristo, il suo mistero pasquale. La descrizione di Giovanni è concisa: “Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala. Gesù allora, vedendo la madre e li accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: - Donna, ecco il tuo figlio!-. Poi disse al discepolo: - Ecco la tua madre! -. E da quel momento il discepolo la prese con sé” (Gv 19,25-27).
Senza dubbio, in questo fatto si ravvisa un’espressione della singolare premura del figlio per la madre, che egli lasciava in così grande dolore.
Tuttavia, sul senso di questa premura il “testamento della croce” di Cristo dice di più. Gesù mette in rilievo un nuovo legame tra madre e figlio, del quale conferma solennemente tutta la verità e realtà. Si può dire che, se già in precedenza la maternità di Maria nei riguardi degli uomini era stata delineata, ora viene chiaramente precisata e stabilita: essa emerge dalla definitiva maturazione del mistero pasquale del Redentore. La madre di Cristo, trovandosi nel raggio diretto di questo mistero che comprende l’uomo - ciascuno e tutti - viene data all’uomo - a ciascuno e a tutti - come madre. Quest’uomo ai piedi della croce è Giovanni, “il discepolo che egli amava”. Tuttavia, non è lui solo. Seguendo la tradizione, il concilio non esita a chiamare Maria “Madre di Cristo e madre degli uomini”: infatti, ella è “congiunta nella stirpe di Adamo con tutti gli uomini..., anzi è veramente madre delle membra (di Cristo)..., perché coopero con la carità alla nascita dei fedeli nella chiesa”.
Dunque, questa “nuova maternità di Maria”, generata dalla fede, è frutto del “nuovo” amore, che maturò in lei definitivamente ai piedi della croce, mediante la sua partecipazione all’amore redentivo del Figlio.
 
Noi vogliamo consacrare a te, Maria, il corpo e l’anima - Giovanni Damasceno, Omelia sul transito di Maria, 1,14: Anche noi, oggi, ci rivolgiamo a te, Signora, vergine e madre di Dio, legando le nostre anime alla tua speranza, come a un’ancora quanto mai solida e sicura. Ti consacriamo la mente, l’anima, il corpo, tutti noi stessi, insomma, onorandoti con salmi, inni e cantici spirituali, secondo le nostre possibilità, giacché non saremo mai in grado di assolvere a un simile compito nella maniera più conveniente. Se infatti, come la sacra dottrina ci ha insegnato, l’onore riservato ai servi è attestazione dell’amore verso il comune Signore, chi mai potrebbe trascurare di rendere onore a te, che hai generato il Signore? Chi, anzi, non vi si adopererebbe con tutto il suo zelo?...
Ma tu, buona Signora, madre del buon Signore, assistici e governa i nostri destini ove tu vuoi; reprimi la violenza delle nostre passioni abiette onde condurci, una volta placata la tempesta, nel porto tranquillo della volontà divina, stimandoci degni della futura beatitudine, di quella dolce luce, cioè, che si irradia alla visione del Verbo di Dio da te fatto carne. A lui, insieme con il Padre e il santissimo e buono e vivificante Spirito, sia gloria, onore, impero, maestà e magnificenza, ora e sempre, nei secoli dei secoli! Amen.
 
Santo del giorno  - 20 Maggio 2024 - Santa Lidia di Tiatira: Vissuta nel primo secolo, non si ha la certezza se Lidia fosse il suo nome o indicasse piuttosto le sue origini. Nacque infatti a Tiatira, città della Lidia, regione dell’Asia minore. Abitò a Filippi, in Macedonia, e non si sa se fosse nubile o maritata. Commerciava la costosa porpora e aveva quindi una posizione sociale ed economica importante. Gli affari terreni non le avevano impedito di dedicarsi anche allo spirito. Apparteneva ai «timorati di Dio», quei pagani che si erano convertiti alla fede dei Giudei. Fino a quando incontrò Paolo di Tarso, nella sua prima missione in Europa. L’episodio è narrato negli Atti degli Apostoli: san Paolo giunse a Filippi con Timoteo, Sila e Luca. Fu allora che Lidia si convertì e sul suo esempio tutti i familiari chiesero di essere battezzati. Prima discepola di Paolo, Lidia ospitò a casa sua il santo e i suoi compagni per tutto il tempo della missione. In quei giorni di predicazione ci furono conversioni, e si formò una comunità di cristiani. Nella casa di Lidia nacque così la prima Chiesa fondata in Europa da Paolo di Tarso. (Avvenire)
 
O Signore,
che in questo sacramento
ci hai dato il pegno di redenzione e di vita, fa’ che la tua Chiesa,
con l’aiuto materno della Vergine Maria,
porti a tutti i popoli l’annuncio del Vangelo
e attiri sul mondo l’effusione del tuo Spirito.
Per Cristo nostro Signore.