19 Maggio 2024
 
Domenica di Pentecoste
 
At 2,1-11; Salmo Responsoriale dal Salmo 103 (104); Gal 5,16-25; Gv15,26-27; 16,12-15
 
Colletta
O Dio, che nel mistero della Pentecoste
santifichi la tua Chiesa
in ogni popolo e nazione,
diffondi sino ai confini della terra i doni dello Spirito Santo,
e rinnova anche oggi nel cuore dei credenti
i prodigi che nella tua bontà
hai operato agli inizi della predicazione del Vangelo.
Per il nostro Signore Gesù Cristo
 
Catechismo degli Adulti - Una perenne Pentecoste [419]A Pentecoste si completa la fondazione della Chiesa e si avvia la sua espansione. L’evento di quel giorno è un mistero perenne. La comunità cristiana vive e si rigenera incessantemente in una comunicazione di fede e di carità, attivata dallo Spirito Santo: «Dove è la Chiesa, là è anche lo Spirito di Dio; e dove è lo Spirito di Dio, là è la Chiesa e ogni grazia». Ogni giorno la Chiesa nasce dall’alto, dallo Spirito del Signore. Solo secondariamente sorge dalla libera decisione dei credenti, «che si sottomettono a lui» (At 5,32) e si lasciano convocare. È l’iniziativa della grazia a suscitare la risposta della fede. Il dono risplende nella povertà di coloro che lo ricevono: «Noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi» (2Cor 4,7); «Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono» (1Cor 1,27-28).
 
I Lettura: Sono innumerevoli i doni con i quali lo Spirito Santo arricchisce la comunità apostolica. Tra questi eccelle il palare in lingue. Di questo fenomeno mistico vi sono due interpretazioni: o gli apostoli hanno ricevuto il dono di parlare in lingue straniere per cui furono compresi dai vari gruppi etnici convenuti a Gerusalemme; oppure essi hanno parlato in lingua, e gli astanti, illuminati interiormente, li hanno compresi. Questa ultima interpretazione sembra essere indicata dal testo lucano, che mostra gli apostoli estatici e per questo derisi da chi non è in grado di comprenderli.
 
II Lettura: L’apostolo Paolo sottolinea inequivocabilmente l’esistenza personale e distinta dello Spirito nell’unica e indivisa natura divina, attribuendogli un’identità non meno precisa di quella del Padre e del Figlio. La fede ci insegna che lo Spirito Santo è una Persona, con una personalità tutta propria distinta da quella del Padre e del Figlio. Credere nello Spirito Santo «significa dunque professare che lo Spirito Santo è una delle Persone della Santa Trinità, consostanziale al Padre e al Figlio, “con il Padre e il Figlio adorato e glorificato”» (Catechismo della Chiesa Cattolica 685).
Lo Spirito Santo viene come dono di salvezza in forza dell’opera redentrice di Gesù: è l’Avvocato (Paràclito) di Cristo, che lo rappresenta e lo glorifica. Dopo l’Ascensione di Gesù, abita nella comunità apostolica come in un tempio, ne crea l’unità ed agisce al suo interno (Cf. 1Cor 3,16; Ef 2,22).
 
Vangelo
Lo Spirito di verità vi guiderà a tutta la verità.
 
Lo Spirito Santo, principio vivificante (Cf. Gv 6,3; 2Cor 3,6), corroborerà gli Apostoli e donerà loro coraggio e franchezza per annunciare la Parola di Dio (Cf. Ef 3,16; At 4,1). Inoltre, sarà la forza dinamica che spingerà i discepoli fino agli estremi confini della terra perché a tutti gli uomini possa giungere il Vangelo di Cristo.
 
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv15,26-27; 16,12-15
 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.
Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
 
Parola del Signore.
 
Quando verrà lo Spirito di verità che procede dal Padre - I due brani che compongono il Vangelo di questa Domenica fanno parte di quel lungo discorso di addio che Gesù rivolge ai discepoli prima di incamminarsi verso il Getsèmani.
Bisogna ricordare anche che le parole di Gesù proferite durante la celebrazione dell’ultima Pasqua si trovano in un contesto di persecuzione sia per Lui che per gli Apostoli.
Nel primo brano, Gv 15,26-27, Gesù promette agli Apostoli di mandare loro il Paràclito, l’Intercessore. Come ci suggerisce la prima lettura, Atti 2,1-11, questa promessa si compie perfettamente mentre stava compiendosi il giorno di Pentecoste. Il termine Paràclito si incontra solo nei discorsi d’addio di Gesù (Cf. Gv 14,16.26; 15,26; 16,7).  Nella tradizione cristiana, di volta in volta, il termine è stato inteso come Intercessore, Avvocato, Consolatore. In 1Gv 2,1 Gesù Cristo viene chiamato Paràclito, che da molti è tradotto come Avvocato.
Il Paràclito è mandato dal Padre per intercessione di Gesù. L’evangelista Giovanni, in questi versetti, presenta Gesù strettamente unito a Dio e «quasi “dipendente” da lui [v. 14,28b!]. A questo modo si illustra la loro comunione» (C. Buzzetti).
L’espressione lo Spirito di verità che procede dal Padre indica la «“missione” dello Spirito nel mondo, piuttosto che la sua “processione” dal Padre in seno alla Trinità» (Bibbia di Gerusalemme).
Lo Spirito Santo, promesso e donato dal Padre e dal Figlio, sarà la guida della Chiesa e aiuterà i discepoli a dare la loro testimonianza, che nel testo sottintende il martirio; infatti, è implicita l’idea che la testimonianza è contro l’odio e l’incredulità del mondo (Cf. Gv 16,7-11). Giust’appunto, nel capitolo che segue, Gesù preannunzia ai discepoli persecuzioni e martirio: «Vi scacceranno dalle sinagoghe, anzi, viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio» (Gv 16,2).
Il motivo di tanto odio e ferocia è da ricercare nel fatto che gli Apostoli sono stati con Gesù fin dal principio. I discepoli, in vera comunione con Gesù, condivideranno la sua stessa sorte, saranno odiati perché è odiato Lui, il loro Maestro: «Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi [...]. Ma faranno a voi tutto questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato» (Gv 15,20-21). L’intenzione di questa profezia poi appare chiara: Gesù vuole rimuovere dal cuore dei suoi amici lo scandalo che nascerà da queste persecuzioni, mentre essi si sarebbero aspettati il trionfo.
Nel secondo brano, Gv16,12-15, viene sottolineata l’azione dello Spirito di verità presso i discepoli: li guiderà a tutta la verità.
In questa luce, «la missione del Paràclito è parallela a quella di Gesù. Anche Lui è maestro e guida. L’ambito della guida del Paràclito è però la rivelazione di Gesù. Non è un’altra verità che viene a rivelare, ma la stessa rivelazione di Gesù, pienamente interpretata» (Giuseppe Segalla).
In questo senso va compresa anche l’espressione vi annuncerà le cose future: non rivelerà il futuro, ma darà l’intelligenza della Parola, aiuterà i discepoli a comprendere quanto già è avvenuto o è stato detto in relazione al futuro e al futuro ultimo.
Lo Spirito di verità mi glorificherà: come «Gesù glorifica il Padre [Gv 17,4] perché rivela il suo amore e la sua potenza salvifica, così lo Spirito glorifica Gesù, in quanto continua la stessa rivelazione di Gesù» (Giuseppe Segalla).
In merito alla missione dello Spirito Santo, il Catechismo della Chiesa Cattolica così insegna: «La missione di Cristo e dello Spirito Santo si compie nella Chiesa, corpo di Cristo e tempio dello Spirito Santo. Questa missione congiunta associa ormai i seguaci di Cristo alla sua comunione con il Padre nello Spirito Santo: lo Spirito prepara gli uomini, li previene con la sua grazia per attirarli a Cristo. Manifesta loro il Signore risorto, ricorda loro la sua parola, apre il loro spirito all’intelligenza della sua morte e risurrezione. Rende loro presente il mistero di Cristo, soprattutto nell’Eucarestia, al fine di riconciliarli e di metterli in comunione con Dio perché portino “molto frutto”» (737).
 
Dono delle lingue: glossolalia - Maria Grazia Danieli (Lingua in Schede Bibliche Pastorali): Nelle religioni orientali ellenistiche, glossa riveste anche il significato di espressione straniera, oscura, bisognosa di interpretazione per la lingua o per la struttura: così nei testi di Plutarco relativi ai misteri di Iside e Osiride e ai responsi della Pizia delfica: cioè accanto alla lingua parlata c’è una lingua secretior propria della mistica religiosa, che esprime in un cifrario misterioso, comprensibile solo agli iniziati, le parole degli dèi. Il singolare fenomeno del «parlare in lingua» (descritto in 1Cor. 12,14; in Atti 10,46; 19,6), connesso anche con il parlare nuove lingue di Marco 16, 17 e con il parlare altre lingue o lingue diverse di Atti 2, 4 ci è noto soprattutto dalla vivida descrizione che di esso si legge nella prima lettera ai Corinti. La glossolalia costituisce, allo stesso modo del profetare, un carisma, una espressione verbale prodotta dallo Spirito (1Cor. 12; 14).
 
1Cor. 12,10.28.30: ... a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il discernimento degli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue... poi vengono i miracoli, poi i doni di guarigione, quelli che hanno il dono dell’assistenza, del governo, delle lingue... Tutti possiedono doni di guarigione? Tutti parlano in lingue? Tutti fanno da interpreti?
1Cor. 14,2: Chi parla in lingue non parla agli uomini, ma a Dio; infatti nessuno capisce, dicendosi cose misteriose nello Spirito.
 
Come afferma l’ultima frase citata, la glossolalia è una espressione non rivolta agli uomini, ma a Dio: «Che se non vi è chi interpreta, scrive Paolo, questi tali tacciano nell’assemblea, e parlino a se stessi e a Dio» (1Cor. 14,28). Questo «parlare» consiste in una preghiera, o forse anche in un canto di ringraziamento e di lode (Atti 10,46), e ha come effetto l’edificazione del carismatico, non della comunità: «Chi  parla  in  lingue  edifica  se  stesso,  chi  profetizza  edifica la chiesa... Che se tu benedici soltanto con lo spirito, colui che assiste come semplice uditore come potrebbe dire l’amen al tuo ringraziamento, dal momento che non capisce quello che dici?» (1Cor 14,4.16). Il noùs è completamente assente da questo esprimersi pneumatico (1Cor. 14,4).
Il glossolalo infatti dice a se stesso e ad altri cose oscure e misteriose (Cf. 1Cor. 14,2.9.11.15ss.), emette suoni inarticolati come uno strumento suonato senza distinzione di toni (1Cor. 14,7.21), dando l’impressione di parlare in lingue straniere incomprensibili. Le effusioni incontrollate e contemporanee di molti glossolali possono dare alla comunità riunita l’aspetto di una accolta di esaltati (1Cor. 14,23.27). Le glossai costituiscono però anche un segno prodigioso della presenza di una forza soprannaturale irresistibile.
In conclusione, la glossolalia presente nella comunità di Corinto e così minuziosamente esaminata da Paolo era un esprimersi estatico ed incomprensibile, attraverso un balbettio di parole e suoni senza nesso e signi­ficato, che ha un indubbio termine di confronto nella mistica estatica dell’ellenismo. Tuttavia Paolo coglie il significato distintivo di tali manifestazioni della chiesa nascente: la glossolalia è un carisma dello Spirito santo, di cui egli stesso è gratificato:  «Grazie a Dio, io parlo in lingue molto più di tutti voi» (1Cor. 14,18; Cf. 2Cor. 12,3-4).
Peraltro l’apostolo esige che l’esercizio pubblico della glossolalia venga rigorosamente disciplinato, vagliato e rivolto all’edificazione collettiva (1Cor. 14; 1Tess. 5,19-21).
 
1Cor. 14,27: Quando si parla in lingue, siano in due o al massimo in tre a parlare, e per ordine, e uno faccia da interprete.
 
Così, se i Corinti, ancora tributari al loro passato pagano, sono inclini a ritenere la glossolalia come il fenomeno «pneumatico» per eccellenza (Cf. 1Cor. 14,37), devono ben riconoscere la superiorità del dono della profezia (1Cor. 14,1-5) e, al di sopra dei carismi transitori, devono ten­dere a riconoscere il dono supremo della agape (1Cor. 13).
 
Paolo VI (Regina Caeli, 17 Maggio 1970): Possiamo considerare la Pentecoste come il giorno della nascita della Chiesa, perché la prima comunità dei seguaci di Cristo ha ricevuto in quel giorno l’animazione dello Spirito Santo, diventando così suo vivo Corpo mistico … E per quanto possa sembrare strano, la Pentecoste è altresì un avvenimento che interessa anche il mondo profano. Scaturisce da essa se non altro una nuova sociologia, quella penetrata dai valori dello spirito, quella che descrive la gerarchia dei valori, e si polarizza verso i veri e più alti destini umani, quella che ha il senso della dignità della persona umana e del costume civile, quella specialmente che tende risolutamente a superare le divisioni ed i conflitti fra gli uomini, e a fare dell’umanità una sola famiglia di figli di Dio, liberi e fratelli. Ricordiamo come simbolo ed inizio di questa difficile storia il miracolo delle lingue diverse, rese dallo Spirito a tutti comprensibili. È la civiltà dell’amore e della pace, che la Pentecoste ha inaugurato; e tutti sappiamo se ancor oggi di amore e di pace abbia bisogno il mondo! 

I tre tipi di azione dello Spirito Santo in noi - Bernardo di Chiarav (Sermo I, in Sp. Sanct., 1 s): Celebriamo oggi, carissimi, la solennità dello Spirito Santo, solennità che merita di essere celebrata in pienezza di gioia e con ogni devozione. Poiché lo Spirito Santo è la suprema dolcezza di Dio, è la benevolenza di Dio, è Dio stesso. Perciò, se celebriamo le feste dei Santi quanto più dovremo celebrare colui dal quale ebbero il dono di essere santi tutti coloro che tali sono stati? Se veneriamo coloro che sono stati santificati, quanto più dovremo onorare il santificatore? Oggi è la celebrazione dello Spirito Santo, o di quella discesa per cui l’invisibile apparve visibile; come il Figlio, che, pur essendo invisibile in se stesso, si degnò di mostrarsi visibile nella carne umana. Oggi lo Spirito Santo ci rivela qualche cosa di se stesso, come prima conoscevamo qualche cosa del Padre e del Figlio: la perfetta conoscenza della Trinità è la vita eterna. Ora conosciamo solo in parte; ciò che non riusciamo a comprendere, lo accettiamo per fede...
Prima lo Spirito invisibile manifestava il suo arrivo con segni visibili: quanto più poi i segni sono spirituali, tanto più sono convenienti allo Spirito Santo. Discese allora sopra i discepoli in lingue di fuoco, perch’ dicessero parole di fuoco nelle lingue di tutte le genti e predicassero una legge di fuoco con lingua di fuoco. Nessuno si lamenti che tale manifestazione dello Spirito non venga fatta a noi: la manifestazione dello Spirito è fatta a ciascuno a seconda dell’utilità (1Cor 12,7). Ma veramente questa manifestazione è stata fatta più a noi che agli apostoli. A che servirono infatti a loro le lingue, se non per la conversione delle genti? Ci fu in loro una ben altra manifestazione più propriamente loro: e questa ancor oggi si rivela a noi. È evidente, infatti, che dovettero essere rivestiti di potenza dall’alto quei tali che, da una così grande pusillanimità di spirito, pervennero poi a così meravigliosa costanza. Non fuggono più, non si nascondono più per paura dei Giudei; è più forte il loro coraggio nel predicare, che non sia stata la loro paura nel nascondersi. E che quel mutamento sia dovuto alla destra dell’Altissimo lo dice chiaramente la paura del principe degli Apostoli, che trema alle parole d’una serva, ma poi diventa forte sotto i flagelli del sinedrio: “Se ne andavano via dal sinedrio pieni di gioia, perché erano stati ritenuti degni di subir ignominia per il nome di Gesù” (At 5,11). Eppure, mentre Gesù era condotto innanzi al sinedrio, eran tutti fuggiti e l’avevan lasciato solo. Chi può mettere in dubbio la discesa dello Spirito veemente, che fortificò le loro menti con invisibile potenza? Così anche oggi le cose che lo Spirito opera in noi danno testimonianza della sua presenza.
 
Santo del giorno - 19 Maggio 2024 - Beata Pina Suriano: Nasce a Partinico, centro agricolo della provincia di Palermo il 18 febbraio 1915. Nel 1922 fa il suo ingresso nelle file dell’Azione Cattolica Femminile come beniamina, poi aspirante e quindi giovane. Nel 1938 viene nominata delegata delle sezioni minori femminili e per nove anni, dal 1939 al 1948 è segretaria della Sezione di Azione Cattolica, nel contempo dal 1945 al 1948 è presidente delle Giovani. Istituisce in parrocchia l’associazione delle «Figlie di Maria», diventandone la presidente dal 1948. Il 29 aprile 1932 nella chiesetta delle «Figlie della Misericordia e della Croce», che era la sede sociale della Gioventù Femminile di Ac di Partinico, emette il voto di castità. Seguendo il desiderio, mai realizzato, di vivere da religiosa, il 30 marzo 1948, insieme ad altre tre compagne, si offre come vittima per la santificazione dei sacerdoti. In quello stesso anno si presentano i disturbi di una violenta forma di artrite reumatica, che le portò come conseguenza un difetto cardiaco. Muore improvvisamente per un infarto il 19 maggio 1950. È beata dal 2004. (Avvenire)   
 
O Dio, che doni alla tua Chiesa
la comunione ai beni del cielo,
custodisci in noi la tua grazia,
perché resti sempre vivo
il dono dello Spirito Santo che abbiamo ricevuto
e questo cibo spirituale giovi alla nostra salvezza.
Per Cristo nostro Signore.