11 Maggio 2024
 
Sabato della VI Settimana di Pasqua
 
At 18,23-28; Salmo Responsoriale Dal Salmo 46 (47); Gv 16,23b-28
 
Colletta: 
O Signore, disponi sempre al bene i nostri cuori,
perché, nel continuo desiderio di elevarci a te,
possiamo vivere pienamente il mistero pasquale.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Catechismo degli Adulti 980: La preghiera di domanda esprime l’atteggiamento di fede nella concretezza dei nostri bisogni. Non modifica la volontà di Dio, perché egli da sempre la conosce e ne tiene conto. Ci prepara piuttosto a ricevere i doni da lui predisposti. «Egli vuole che nella preghiera si eserciti il nostro desiderio, in modo che diventiamo capaci di ricevere ciò che egli è pronto a darci». Dobbiamo dunque desiderare seriamente, chiedere con insistenza e pazienza, pronti a cooperare con lui e a fare la sua volontà.
«Tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete» (Mt 21,22). Con queste parole il Signore non si è impegnato a esaudire tutti i nostri desideri, ma a compiere tutte le sue promesse. Dobbiamo chiedere innanzitutto il regno di Dio, la presenza dello Spirito Santo in noi. Possiamo anche chiedere con semplicità e fiducia qualunque cosa buona, secondo le nostre necessità; ma senza pretese, subordinando il desiderio alla volontà di Dio, lasciandoci condurre per le vie misteriose della Provvidenza.
Dio spesso non esaudisce la nostra richiesta concreta; ma ci viene incontro in un modo più alto, come fece con Gesù che fu liberato dalla morte in maniera diversa da come umanamente desiderava. Così veniamo trasformati interiormente; ci conformiamo alla divina volontà di salvezza; riceviamo energie e motivazioni più pure. Questa è la prima efficacia della preghiera. In questo senso è sempre efficace e «rende possibile ciò che è impossibile, facile ciò che è difficile».
 
I Lettura: L’attività di Apollo, a Corinto deve essere stata molto intensa, come testimonia il fatto che uno dei partiti formatisi in questa comunità si richiamava al suo nome (cfr. 1 Cor 1,12; 3,4). Così come ci suggerisce il libro degli Atti degli Apostoli, Apollo era un giudeo, nativo di Alessandria, uomo molto colto, esperto nelle Scritture. La prima lettera ai Corinzi (3,5) annovera Apollo tra i missionari che hanno portato i Corinzi alla fede. Paolo scriverà a Tito dicendogli: “Provvedi con cura al viaggio di Zena, il giurista, e di Apollo, perché non manchi loro nulla”. (Tt 3,13). Tante menzioni mettono in evidenza la fecondità dell’apostolato di Apollo e il suo ruolo fondante nella evangelizzazione.
 
Vangelo
Il Padre vi ama, perché voi avete amato me e avete creduto.
 
Gli apostoli non domanderanno più spiegazioni a Cristo, perché saranno illuminati dallo Spirito Santo, e se Gesù ha parlato loro in modo misterioso ora è giunta l’ora in cui parlerà apertamente del Padre. Gesù ascolta le preghiere dei suoi amici, ma anche il Padre è pronto ad esaudire le preghiere dei discepoli del Figlio perché lo hanno amato e hanno creduto che è uscito da Dio.
 
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 16,20-23
 
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «In verità, in verità io vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena.
Queste cose ve le ho dette in modo velato, ma viene l’ora in cui non vi parlerò più in modo velato e apertamente vi parlerò del Padre. In quel giorno chiederete nel mio nome e non vi dico che pregherò il Padre per voi: il Padre stesso infatti vi ama, perché voi avete amato me e avete creduto che io sono uscito da Dio.
Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre».
 
Parola del Signore.
 
Il brano evangelico contiene assicurazioni di Gesù sull’esaudimento delle preghiere fatte nel suo nome.
In verità, in verità io vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà: nella concezione semitica il nome non serve solo come denominazione di un uomo, ma si identifica con la sua stessa persona (1Sam 25,25). Il nome è un elemento “essenziale della personalità di chi lo porta; chi infatti non ha un nome non esiste [Qo 6,10]. Vige la convinzione che il nome esprima qualcosa dell’essenza e delle caratteristiche del suo portatore. Vale semplicemente quanto è detto: ..... egli è come il suo nome: stolto si chiama e stoltezza è in lui (1Sam 25,25). Chiedendo il nome si chiede della persona, della sua esistenza e potenza, e conoscendo il nome si ha potere sul suo portatore (cf. Gen 32,30; Gdc 13,17). Pronunciandone il nome, si può acquisire il potere di disporre di una cosa o di una persona. Soltanto col nome che l’uomo dà agli animali essi esistono e diventano disponibili per lui (Gen 2,19s), e l’uomo esercita così la sovranità conferitagli da Dio [Gen1,28]. Una città appartiene a colui che la chiama secondo il suo nome [2Sam 12,28]. Se ci scrive il nome di Dio sulla mano, si professa di appartenere a lui [Is 44,5]” (Klaus Gouders).
Chiedete e otterrete: Come in tutte le religioni, anche in quella israelitica la preghiera costituisce il modo in cui l’uomo si rivolge a Dio. Essa abbraccia tutte le situazioni della vita, p. esempio è domanda, supplice intercessione (Es 32,11-14), preghiera penitenziale (Esd 9,6-37), ringraziamento, lode (Sal 7,18; 136). I Vangeli dicono che Gesù pregava spesso ed insegnò a pregare ai suoi discepoli. In Cristo è stato aperto un nuovo accesso a Dio (Eb 4,16); le domande saranno esaudite. La preghiera cristiana deve provenire da un giusto atteggiamento: vera fede (Mt 6,55), confidenza (Mc 11,24), perseveranza (Lc 11,5-13), umiltà (Lc 18,9-14), riconciliazione con gli altri (Mt 6,14). Il  requisito posto da Gesù suggerisce che “la condizione necessaria per essere ascoltati dal Padre: bisogna amare il Cristo [Gv 16,26s]. Probabilmente tante richieste rivolte a Dio non sono state esaudite, perché l’arante non ama abbastanza il Signore Gesù. Le preghiere ottengono infallibilmente il loro effetto, quando sono accompagnate da una forte d se di carità per il Figlio di Dio” (Salvatore Alberto Panimolle).
 
Finora non avete chiesto nulla nel mio nome - J. Dupont: Risuscitando Gesù e facendolo sedere alla sua destra, Dio gli ha dato il nome al disopra di ogni nome (Fil 2,9; Ef 1,20s), un nome nuovo (Ap 3, 12) che non è distinto da quello di Dio (14,1; 22,3s) e partecipa al suo mistero (19,12). Tuttavia questo nome ineffabile trova la sua traduzione nell’appellativo di Signore, che conviene a Gesù risorto allo stesso titolo che a Dio (Fil 2,10s = Is 45,23; Ap 19,13. 16 = Dt 10,17), e nella designazione di Figlio, che, in questo senso, egli non condivide con nessuna creatura (Eb 1,3 ss; 5, 5; cfr. At 13,33; Rm 1,4, secondo Sal 2,7). I primi Cristiani non esitano a riferire a Gesù uno degli appellativi più caratteristici del giudaismo parlando di Dio: si dice che gli apostoli erano lieti di essere stati «giudicati degni di soffrire per il nome» (At 5,41); si citano missionari che «si sono messi in via per il nome» (3 Gv 7). a) La fede cristiana consiste nel «credere che Dio ha risuscitato Gesù di tra i morti», nel «confessare che Gesù è Signore», nell’«invocare il nome del Signore»: queste tre espressioni sono praticamente equivalenti (Rm 10,9-13). I primi cristiani si designano volentieri come «coloro che invocano il nome del Signore» (At 9,14.21; 1Cor 1,2; 2Tm 2,22; cfr. At 2,21 = Gioe 3,5), significando in tal modo che riconoscono Gesù Come Signore (At 2,36). La professione di fede si impone specialmente al momento del battesimo, che è conferito nel nome del Signore Gesù (At 8,16; 19,5; 1Cor 6,11), od ancora nel nome di Cristo (Gal 3,27), di Cristo Gesù (Rm 6, 3). Il neofito invoca il nome del Signore (At 22, 16), il nome del Signore è invocato su di lui (Gc 2, 7); egli si trova così sotto il potere di colui del quale riconosce la sovranità. In Giovanni, l’oggetto proprio della fede cristiana non è tanto il nome di Signore, quanto quello di Figlio: per avere la vita è necessario credere nel nome del Figlio unico di Dio (Gv 3,17s; cfr. 1,12; 2,23; 20,30 s; 1Gv 3,23; 5,5.10.13), cioè aderire alla persona di Gesù riconoscendo che egli è il Figlio di Dio, che «Figlio di Dio» è il nome che esprime il suo vero essere. b) La predicazione apostolica ha come oggetto di far conoscere il nome di Gesù Cristo (Lc 24,46 s; At 4,17s; 5,28.40; 8,12; 10,43). I predicatori avranno da soffrire per questo nome (Mc 13,13 par.), e ciò deve essere per essi un motivo di gioia (Mt 5,11 par.; Gv 15,21; 1Pt 4,13-16). L’Apocalisse è indirizzata a cristiani che soffrono per questo nome (Ap 2,3), ma vi aderiscono fermamente (2,13) e non lo rinnegano (3,8). Il ministero nel nome di Gesù incombe specialmente a Paolo, il quale lo ha ricevuto come un incarico (At 9,15) ed una causa di sofferenza (9,16), e tuttavia svolge la sua missione con ardire e fierezza (9,20.22-27 s), perché ha consacrato la sua vita al nome del nostro Signore Gesù Cristo (15,26) ed è pronto a morire per lui (21,13). c) La vita cristiana è tutta impregnata di fede: ci si raduna nel nome di Gesù (Mt 18,20), si accolgono coloro che si presentano nel suo nome (Mc 9,37 par.), guardandosi tuttavia dagli impostori (Mc 13,6 par.); si ringrazia Dio nel nome del nostro Signore Gesù Cristo (Ef 5,20; Col 3,17), comportandosi in modo che il nome del nostro Signore Gesù Cristo sia glorificato (2Ts 1,11s). Nella preghiera ci si rivolge al Padre nel nome del Figlio suo (Gv 14,13-16; 15,16; 16,23s.26s).
 
Queste cose ve le ho dette in modo velato - Bibbia di Navarra: Come si può vedere anche in altri passi evangelici, Gesù spiegava la sua dottrina agli apostoli senza trascurare alcunché e ben più chiaramente che alle folle (cfr Mc 4,10- 12 e passi paralleli). In tal maniera li andava preparando per mandarli a predicare in ogni parte del mondo (cfrMt 28,18-20). Tuttavia il Signore promuoveva la formazione degli apostoli pure con parabole e similitudini, di cui fa uso anche nel discorso intimo dell’ultima Cena: la vite, la donna che partorisce, e altre figure consimili. Questo peculiare modo d’insegnamento, suscita il desiderio di sapere degli apostoli, i quali, non riuscendo  a capire, intendono chiedere ulteriori delucidazioni al Maestro (cfr vv. 17-18).
Gesù annunzia che sta per arrivare il momento in cui parlerà in tutta chiarezza, di maniera che gli apostoli possano comprendere pienamente le sue parole. Ciò avverrà all’indomani della Risurrezione (cfr At 1,3). Ma già ora, per il fatto che è a conoscenza dei loro pensieri, egli sta rivelando di essere Dio, poiché solamente Dio può sapere quello che c’è nell’intimo dell’uomo (cfr Gv 2,25). D’altro canto, le parole del v. 28: «Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo  riassumono il «mistero della sua Persona» (cfr Gv l,-14; 20,31).
 
Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena - Evangelii gaudium 6 Ci sono cristiani che sembrano avere uno stile di Quaresima senza Pasqua. Però riconosco che la gioia non si vive allo stesso modo in tutte la tappe e circostanze della vita, a volte molto dure. Si adatta e si trasforma, e sempre rimane almeno come uno spiraglio di luce che nasce dalla certezza personale di essere infinitamente amato, al di là di tutto. Capisco le persone che inclinano alla tristezza per le gravi difficoltà che devono patire, però poco alla volta bisogna permettere che la gioia della fede cominci a destarsi, come una segreta ma ferma fiducia, anche in mezzo alle peggiori angustie: «Sono rimasto lontano dalla pace, ho dimenticato il benessere … Questo intendo richiamare al mio cuore, e per questo voglio riprendere speranza. Le grazie del Signore non sono finite, non sono esaurite le sue misericordie. Si rinnovano ogni mattina, grande è la sua fedeltà … È  bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore» (Lam 3,17.21-23.26).
7. La tentazione appare frequentemente sotto forma di scuse e recriminazioni, come se dovessero esserci innumerevoli condizioni perché sia possibile la gioia. Questo accade perché «la società tecnologica ha potuto moltiplicare le occasioni di piacere, ma essa difficilmente riesce a procurare la gioia». Posso dire che le gioie più belle e spontanee che ho visto nel corso della mia vita sono quelle di persone molto povere che hanno poco a cui aggrapparsi. Ricordo anche la gioia genuina di coloro che, anche in mezzo a grandi impegni professionali, hanno saputo conservare un cuore credente, generoso e semplice. In varie maniere, queste gioie attingono alla fonte dell’amore sempre più grande di Dio che si è manifestato in Gesù Cristo. Non mi stancherò di ripetere quelle parole di Benedetto XVI che ci conducono al centro del Vangelo: «All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva».
8. Solo grazie a quest’incontro - o reincontro - con l’amore di Dio, che si tramuta in felice amicizia, siamo riscattati dalla nostra coscienza isolata e dall’autoreferenzialità. Giungiamo ad essere pienamente umani quando siamo più che umani, quando permettiamo a Dio di condurci al di là di noi stessi perché raggiungiamo il nostro essere più vero. Lì sta la sorgente dell’azione evangelizzatrice. Perché, se qualcuno ha accolto questo amore che gli ridona il senso della vita, come può contenere il desiderio di comunicarlo agli altri?
 
Cipriano (La preghiera del Signore, 1-3): Preghiamo dunque, fratelli carissimi, come ci ha insegnato Dio facendosi nostro maestro. Affettuosa e familiare è la preghiera in cui ci rivolgiamo a Dio con le sue stesse parole, in cui ci facciamo sentire attraverso la preghiera di Cristo. Che il Padre riconosca, quando noi preghiamo, le parole del proprio Figlio. Sia presente anche nella nostra voce colui che abita nel nostro cuore. E poiché l’abbiamo come avvocato presso il Padre per i nostri peccati (cfr. 1Gv 2,1), quando, peccatori, supplichiamo per le nostre colpe, serviamoci delle parole del nostro avvocato. Gesù ha detto infatti: «Se domanderete qualche cosa al Padre mio in mio nome, egli ve la darà» (Gv 15,23). Quanto più facilmente otterremo quello che chiediamo in nome di Cristo, se lo facciamo con la sua stessa preghiera!
 
Il Santo del Giorno - 11 Maggio 2024 - Sant’Ignazio da Làconi, Religioso: Nacque nel 1701 a Làconi in Sardegna; nel 1721 vestì l’abito francescano, entrando tra i Frati Minori Cappuccini. Si dedicò all’ufficio di questuante per quarant’anni, durante i quali diede a tutti uno splendido esempio di umiltà e di carità. Dio lo arricchì di particolari doni sopranaturali, che lo resero venerando presso ogni classe di persona. Nonostante il gravoso impegno della questua fu sempre immerso nell’orazione, facendo memoria di una splendida affermazione di san Bonaventura: “Chi ha scelto Cristo come Sposo della propria anima e desidera progredire sempre pi, tenga costantemente impegnata la sua anima, esercitandola nella preghiera e nel raccoglimento. Un religioso poco devoto o tiepido, che non si dedichi di continuo alla preghiera, non solo è un pesce  fuor d’acqua e inutile, ma sotto gli occhi di Dio trascina nel suo corpo ancora vivo un’anima morta” (Opuscoli mistici). Morì l’11 maggio 1781, a Cagliari, e fu canonizzato da Pio XII il 21 ottobre 1951.
 
Nutriti dall’unico pane,
che sempre rinnova la famiglia umana,
ti preghiamo, Signore:
fa’ che dalla partecipazione
al sacramento dell’unità
attingiamo un amore autentico e puro.
Per Cristo nostro Signore.