10 Maggio 2024
 
Venerdì della VI Settimana di Pasqua
 
At 18,9-18; Salmo Responsoriale dal Salmo 46 (47); Gv 16,20-23a
 
Colletta
Esaudisci, o Padre, le nostre preghiere,
perché con l’accoglienza del Vangelo
si compia in ogni luogo la salvezza acquistata dal sacrificio di Cristo,
e la moltitudine dei tuoi figli adottivi
ottenga la vita nuova promessa da lui, Parola di verità.
Egli è Dio, e vive e regna con te.
 
Cristo è la gioia di ogni cuore - Gaudium et spes 45: La Chiesa, nel dare aiuto al mondo come nel ricevere molto da esso, ha di mira un solo fine: che venga il regno di Dio e si realizzi la salvezza dell’intera umanità. Tutto ciò che di bene il popolo di Dio può offrire all’umana famiglia, nel tempo del suo pellegrinaggio terreno, scaturisce dal fatto che la Chiesa è « l’universale sacramento della salvezza » che svela e insieme realizza il mistero dell’amore di Dio verso l’uomo. Infatti il Verbo di Dio, per mezzo del quale tutto è stato creato, si è fatto egli stesso carne, per operare, lui, l’uomo perfetto, la salvezza di tutti e la ricapitolazione universale. Il Signore è il fine della storia umana, « il punto focale dei desideri della storia e della civiltà », il centro del genere umano, la gioia d’ogni cuore, la pienezza delle loro aspirazioni. Egli è colui che il Padre ha risuscitato da morte, ha esaltato e collocato alla sua destra, costituendolo giudice dei vivi e dei morti. Vivificati e radunati nel suo Spirito, come pellegrini andiamo incontro alla finale perfezione della storia umana, che corrisponde in pieno al disegno del suo amore: « Ricapitolare tutte le cose in Cristo, quelle del cielo come quelle della terra » (Ef 1,10). Dice il Signore stesso: « Ecco, io vengo presto, e porto con me il premio, per retribuire ciascuno secondo le opere sue. Io sono l’alfa e l’omega, il primo e l’ultimo, il principio e il fine» (Ap 22,12-13).
 
I Lettura: Il Signore incoraggia Paolo nella sua missione apostolica. I Giudei sono sempre in agguato, e così riescono a trascinare l’Apostolo dinanzi a Gallione, proconsole dell’Acaia. Ma costui non è Ponzio Pilato e caccia via i Giudei i quali sfogano la loro rabbia malmenando Sostene, il capo della sinagoga, che forse è quello che viene poi nominato nell’esordio della prima lettera ai Corinzi: “Paolo, chiamato a essere apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Sòstene, alla Chiesa di Dio che è a Corinto” (cfr. 1Cor 1,1-2). La persecuzione è un tema ricorrente nella vita della Chiesa, come ricorrente è il mettere in evidenza la forza espansiva della predicazione evangelica che non conosce sosta e ormai lambisce i più remoti confini della terra. 
 
Vangelo
Nessuno potrà togliervi la vostra gioia.
 
Il dire di Gesù,  In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia, si riferisce alla sua passione e morte, fonte di gioia per i suoi nemici, dolore incommensurabile per i suoi discepoli. Ma quando la pietra del sepolcro sarà tolta via allora i discepoli gioiranno. Ma la gioia non cancellerà la memoria dei dolori del Cristo, anzi ambiranno parteciparvi: Carissimi, non meravigliatevi della persecuzione che, come un incendio, è scoppiata in mezzo a voi per mettervi alla prova, come se vi accadesse qualcosa di strano. 13Ma, nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare - (1Pt 4,13; cf Fil 1,29). Ciò non sarà motivo di tristezza, ma anzi fondamento di gioia: - Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa - (Col 1,24).  
 
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 16,20-23a
 
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia. La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia. Quel giorno non mi domanderete più nulla».
 
Parola del Signore.
 
Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): versetto 20 In verità... vi dico; il Salvatore non risponde direttamente alla domanda dei discepoli; egli invece li esorta ad aver fiducia perché saranno duramente provati, ma il loro dolore si muterà in gioia, cioè alla prova seguirà la consolazione. Voi piangerete e farete lamenti, ma il mondo si rallegrerà; in termini velati Gesù allude alla sua imminente passione: i discepoli durante la passione e morte del Maestro si troveranno nel dolore; i nemici di Cristo invece (i giudei) saranno nella gioia, perché ormai credono di averlo definitivamente vinto; cf. Apocalisse, 11, 10. Quest’allusione tuttavia non esaurisce l’intero significato delle parole di Gesù, le quali in pari tempo prospettano una situazione che è ricorrente nella storia: da una parte i credenti addolorati e tristi per un’assenza apparente di Cristo, e dall’altra il mondo non credente che si rallegra e gioisce per questa stessa assenza che essi giudicano reale.
Versetto 21 La donna quando partorisce è triste...; per significare il rapido passaggio dal dolore alla gioia Cristo si rifà al fatto della nascita di un bambino. La donna prossima alla maternità è nel dolore, è in doglia, ma ella, appena ha dato alla luce la sua creaturina, risplende di gioia nel contemplare la nuova vita che è sbocciata nel mondo, dimenticando così tutto ciò che ha sofferto. Immagine piena di umanità e di squisita psicologia! I dolori del parto sono sovente ricordati nell’Antico Testamento e sono presi come termine di paragone per indicare l’intensità di una prova (cf. Isaia, 21, 3; 26, 17; 66, 7 ecc.), tuttavia in questi passi non si rileva mai che la gioia di aver messo alla luce un bambino faccia dimenticare la sofferenza della maternità. Si veda anche il testo di Apocalisse, 12, 1-6.
Versetto 22 Anche voi adesso siete tristi, ma io vi vedrò di nuovo e il vostro cuore gioirà; si ha l’applicazione dell’immagine precedentemente ricordata; per i discepoli è imminente l’ora della tristezza, ma dopo qualche tempo essi gioiranno intensamente. I discepoli si troveranno nella costernazione quando vedranno che Gesù si separa da loro con la morte, ma dopo poco si rallegreranno, perché lo rivedranno risorto. Queste parole alludono alle apparizioni di Cristo risorto (cf. 14, 19; 20, 20). E la vostra gioia nessuno ve la potrà rapire; «la potrà rapire»; la lezione critica ha il presente (αἴρει = [la] rapisce); Giovanni usa spesso il presente con una sfumatura di futuro: per questo motivo nella versione accogliamo il futuro («anche voi adesso siete tristi»; altri traducono: «anche voi sarete tristi»). Le apparizioni di Cristo risorto danno ai discepoli la certezza che il Salvatore non è morto, ma vive (cf. 14, 19) ed è glorioso, e che egli, nella nuova condizione di vita, assume una nuova forma di presenza più profonda e più dinamica. Tale certezza infonde ai discepoli una gioia perenne di cui nessuno potrà privarli. Questa gioia è radicata nella loro fede al trionfo di Cristo ed alla sua andata al Padre.
Versetto 23 In quel giorno; formula biblica che qui si riferisce al tempo al quale alludeva il Maestro, cioè al tempo o all’èra che si apre con la risurrezione e la glorificazione di Cristo. Non mi rivolgerete più nessuna domanda; il verbo ἐρωτᾶν ha il senso di domandare, come in 13, 36; 14, 5, 22. I discepoli non domanderanno più a Cristo, come avevano fatto in precedenza (cf. Giov., 13, 36; 14, s, 8, 22; 16, 17-18), delle spiegazioni che manifestano apertamente la loro mancata intelligenza delle verità rivelate loro dal Salvatore. I discepoli non avranno bisogno di rivolgere più nessuna domanda a Cristo, perché lo Spirito Santo, che sarà loro inviato, li condurrà alla piena conoscenza della rivelazione ricevuta dal Maestro. Qualunque cosa chiederete al Padre nel mio nome, egli ve la darà; l’espressione «nel mio nome», nel testo critico, è posta dopo le parole «egli ve la darà»; di conseguenza il testo può essere tradotto in due modi: «Qualunque cosa chiederete al Padre nel mio nome, egli ve la darà», oppure: «Qualunque cosa chiederete al Padre, egli ve la darà nel mio nome». Tuttavia secondo l’uso costante del quarto evangelista l’espressione «nel mio nome» va riferita al verbo «chiedere» (cf. 14, 13, 14; 15, 16; 16, 24, 26). La preghiera è fatta al Padre nel nome di Gesù e il Padre esaudisce tale preghiera. «Nel nome di Gesù» qui significa: preghiera fatta dai discepoli di Gesù in quanto tali, cioè in quanto a lui uniti. Per i discepoli la certezza di essere esauditi è un motivo di vera e immancabile gioia.
 
Voi piangerete e gemerete - Salvatore Alberto Panimolle (Lettura Pastorale del Vangelo di Giovanni)La passione e morte del Cristo provocherà pianto, dolore e afflizione nel cuore dei suoi amici, mentre i suoi avversari si rallegreranno per la vittoria riportata (Gv 16,20). In realtà la persona che ama Gesù, piange sulla sua tomba (Gv 20,l1ss), mentre i sommi sacerdoti si rallegrarono, quando finalmente poterono dare inizio al loro disegno criminoso di uccidere il Maestro, con la complicità di Giuda (cf. Mc 14,10s e par.). La tristezza dei discepoli però durerà poco, essa si trasformerà in gioia (Gv 16,20), allorché il Signore, il giorno della sua risurrezione, apparirà ai «dodici» nel cenacolo (Gv 20,20).
La situazione degli amici di Gesù durante gli eventi finali della sua esistenza terrena, sarà simile a quella della partoriente, la quale dopo le doglie sperimenta una gioia tanto profonda, da dimenticare il travaglio del parto (Gv 16,21). Il ricorso all’esempio della donna che partorisce - per illustrare il dolore profondo del popolo di Dio - non è raro nella letteratura profetica (cf. Os 13,13; Is 26,17s; Ger 6,24).
Il Maestro però utilizza quest’immagine così eloquente per illustrare in modo personale il repentino cambiamento della tristezza in gioia: come la felicità della maternità fa dimenticare le doglie del parto, così il ritorno del Signore risorto dai suoi sarà fonte di profonda gioia (Gv 16,22). In questo passo il quarto evangelista sembra ispirarsi all’oracolo di Is 66,13 che contiene espressioni molto simili a quelle di Gesù, come mostreremo nel messaggio teologico. Il cuore dei discepoli, il giorno di pasqua, sarà inondato di gioia profonda (Gv 16,22), al vedere il Signore (Gv 20,20). Quei cuori che furono presi da grande tristezza all’annunzio dell’imminente dipartita del Maestro (Gv 16,6), saranno ricolmi di una gioia che non potrà essere tolta da nessuno (Gv 16,22): il Cristo risorto sarà fonte di gioia perfetta.
 
Felipe F. Ramos: Una credenza molto diffusa al tempo di Cristo era che l’ultimo tempo sarebbe stato preceduto da grandi tribolazioni e violenze. Il gaudio e la gioia dell’età futura sarebbero venuti dopo un periodo di sofferenze tali che non avrebbero avuto precedenti. Per descrivere questo tempo, si ricorse all’immagine della partoriente: dolori intensi poco durevoli e compensati dalla gioia che li avrebbe seguiti.
Questa breve sezione stabilisce un contrasto assai forte tra «voi», la Chiesa e il «mondo». Gli uni soffrono e gli altri godono. Perche? La causa della tristezza è la solitudine. Solitudine in mezzo al mondo di coloro che, non essendo del mondo, devono vivere nel mondo. Solitudine che nasce anche dall’odio del mondo. Il mondo non può amare coloro che non sono suoi, che non pensano come il mondo che contraddicono la sua sicurezza e autosufficienza. Odio che divampa nel cuore del mondo, anche se dovuto al semplice fatto di trovarsi di fronte una comunità o Chiesa che contraddice il suo modo di considerare la vita.
Di fronte alla tristezza della Chiesa abbiamo la gioia del mondo. Il mondo si rallegra per la partenza di Gesù, perché la sua predicazione e la sua presenza costituivano un attacco alla sua sicurezza e alla sua autoafermazione. Si rallegra per il dolore, la tribolazione e la persecuzione della Chiesa e dei credenti semplicemente perché sono la continuazione di quello che era Cristo.
Ma la tristezza si trasformerà in gioia; non solo perché dopo la tempesta torna il sereno, ma la gioia nasce dalla stessa causa da cui nasce la tristezza. L’allontanamento  «interno» dal mondo produce la tristezza e, allo stesso tempo, e causa di gioia. Questa gioia ha le sue radici nel fatto che, in questo allontanamento «interno » dal mondo, si ottiene la vera libertà (8,32), libertà che, a sua volta, è prodotta dall’incontro con Cristo. E poiché questo incontro e «spirituale» e non avviene solo col Gesù di Nazaret, tangibile, abbordabile e condannabile, ma col Cristo risuscitato, nessuno potrà togliere loro la gioia.
D’altra parte questa gioia riposa sulla base della riconciliazione fra l’uomo e Dio, riconciliazione ottenuta dall’opera di Cristo ed espressa in modo particolare nella preghiera comunitaria, espressione di gioia.
La tristezza trasformata in gioia si vedrà illustrata nei capitoli 20-21: la Maddalena e i discepoli si rallegrarono vedendo il Signore. È, quindi, una gioia che dipende dalla presenza di Gesù e dalla sua vittoria. «In quel giorno non mi domanderete più nulla», semplicemente perché lo Spirito li avrà portati alla verità completa. Sarà cessata l’incomprensione. Gesù cesserà di essere per essi sconcertante, come era stato fino a quel momento.
 
Leone Magno (Sermoni, 70,4-5): «Tutti coloro che vogliono vivere piamente in Gesù Cristo soffriranno persecuzioni (2Tm 3,12). Questa asserzione dimostra che è troppo tiepido, troppo pigro colui che non è battuto dalla persecuzione. In pace con questo mondo non può stare se non chi ama questo mondo, e non vi è mai società tra giustizia e iniquità, concordia tra verità e menzogna, accordo tra luce e tenebre. E anche se i buoni cercano piamente di correggere i cattivi, e spesso per grazia misericordiosa di Dio ottengono belle conversioni, tuttavia mai non cessano contro i santi le insidie degli spiriti maligni che turbano il retto proposito di tutti i fedeli, sia con frode occulta, sia con guerra aperta»
 
Il Santo del Giorno - 10 Maggio 2024 - San Cataldo, Vescovo: Nato al principio del secolo in Irlanda. Allievo e poi maestro nel celebre monastero di Lismore, fondato da San Cartago, egli sarebbe poi giunto all’episcopato in modo insolito, cioè con la morte del Duca dei Desii, il quale lo aveva accusato di stregoneria, a causa dei suoi miracoli. Dopo aver retto santamente il vescovado, Cataldo si sarebbe imbarcato, verso il 666, per un viaggio in Terrasanta. All’andata o al ritorno, approdato o naufragato sulla costa salentina, si sarebbe recato a Taranto, dove i cittadini lo vollero porre sulla cattedra vescovile vacante. Morto nel 685, venne sepolto sotto l’impiantito della cattedrale dove il suo corpo fu rinvenuto e chiaramente identificato nel 1094. 
 
O Signore, che ci hai fatto partecipi della tua mensa,
concedi ai tuoi servi di esserti sempre fedeli
e di annunciare il tuo nome ai fratelli.
Per Cristo nostro Signore.