18 Aprile 2022
 
GIOVEDÌ DELLA III SETTIMANA DI PASQUA
 
At 8,26-40; Salmo Responsoriale dal Salmo 65 (66); Gv 6,44-51
 
Colletta
Dio onnipotente ed eterno,
che in questi giorni pasquali ci hai rivelato in modo singolare
la grandezza del tuo amore,
fa’ che accogliamo pienamente il tuo dono,
perché, liberati dalle tenebre dell’errore,
aderiamo sempre più agli insegnamenti della tua verità.

… Io risusciterò nell’ultimo giorno - Catechismo della Chiesa Cattolica 1000: Il « modo con cui avviene la risurrezione» supera le possibilità della nostra immaginazione e del nostro intelletto; è accessibile solo nella fede. Ma la nostra partecipazione all’Eucaristia ci fa già pregustare la trasfigurazione del nostro corpo per opera di Cristo: «Come il pane che è frutto della terra, dopo che è stata invocata su di esso la benedizione divina, non è più pane comune, ma Eucaristia, composta di due realtà. una terrena, l’altra celeste. cosi i nostri corpi che ricevono l’Eucaristia non sono più corruttibili, dal momento che portano in sé il germe della risurrezione».
1001: Quando? Definitivamente «nell’ultimo giorno» (Gv 6,39-40.44.54; 11,24); «alla fine del mondo». Infatti, la risurrezione dei morti è intimamente associata alla parusia di Cristo: « Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo» (1Ts 4,16).
… solo colui che viene da Dio ha visto il Padre - Catechismo della Chiesa Cattolica 151: Per il cristiano, credere in Dio è inseparabilmente credere in colui che egli ha mandato, il suo Figlio prediletto nel quale si è compiaciuto; Dio ci ha detto di ascoltarlo. Il Signore stesso dice ai suoi discepoli: «Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me» (Gv 14,1). Possiamo credere in Gesù Cristo perché egli stesso è Dio, il Verbo fatto carne: «Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato» (Gv 1,18). Poiché egli «ha visto il Padre» Gv 6,46), è il solo a conoscerlo e a poterlo rivelare.
 
I Lettura: L’Etíope, funzionario di Candàce, regina di Etiòpia, sta leggendo un brano del profeta Isaia (53,7-8), un brano di difficile interpretazione. Per i Giudei la difficoltà stava nel trovare la persona che avrebbe fatto in favore del suo popolo quello che diceva la profezia indicata nel libro di Isaia. Trovarla significava anche darle un nome. La Chiesa trovò la risposta in Cristo Gesù, ed è da qui che inizia l’evangelizzazione dell’eunuco da parte di Filippo. Alla fine, fatta la professione di fede l’Etiope riceve il battesimo, e con il dono dello Spirito Santo il suo cuore si colma di indicibile gioia.
 
Vangelo
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo.
 
Il brano giovanneo è di una ricchezza non comune, e puntualizza punti cardini per la fede cristiana. Innanzi tutto, non andiamo a Gesù per iniziativa nostra e per mezzo della buona volontà. Ci deve essere la chiamata e il dono del Padre. Gesù è il dono del Padre, e allo stesso tempo Gesù si dona a noi nel mistero del pane. Il verbo mangiare usato da Gesù, Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno..., allude all’eucarestia, ma può essere inteso anche in chiave sapienziale, pane, come cibo spirituale. Colui che va da Gesù si nutre di questo pane e mediante questo cibo spirituale acquisisce la pienezza di vita di Gesù che garantisce e anticipa il dono e il possesso della vita eterna.
... il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo: con questa affermazione Gesù “precisa in che modo egli è pane di vita: per mezzo della sua carne donata per noi. Nel linguaggio biblico la carne è una componente dell’uomo, il segno della sua fragilità, cioè del suo divenire votato alla morte. Il Verbo fatto carne ha preso la condizione umana sino alla fine. Malgrado la sua impotenza, la carne è principio di comunione. Giovanni dice del Verbo fatto carne: «Venne ad abitare in mezzo a noi» (1,14). Il primo uomo dice della donna che Dio gli presenta: «È ossa della mia ossa, carne della mia carne» (Genesi 2,23). È più di una parentela: è un’origine, un destino, una sostanza comune. Assumendo la nostra debolezza umana, unendosi a noi, Gesù diventa nostro pane”.

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 6,44-51
 
In quel tempo, disse Gesù alla folla: «Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.
Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
 
Parola del Signore.
 
I Giudei sono ciechi, malintenzionati, e sordi ad ogni appello divino. Gesù dinanzi a tanta cecità e incapacità investigativa («Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse» Gv 14,11) non disarma, ma cerca di dare una mano ai Giudei perché comprendano e così trasporta i contestatori sul piano della fede: «Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno». Cosa vuol dire che il Padre attira? Forse non è libero l’uomo nel suo andare? L’espressione di Gesù va compresa solo alla luce dell’amore e della fede. La fede è un dono di Dio, ma ha come condizione l’apertura da parte dell’uomo, l’ascolto di Dio: l’uomo, pur consapevole della sua debolezza che non gli permette di giungere a Dio con le sue sole forze, desidera e ama Dio; anela, tende a Lui e fiducioso attende quella grazia divina che «previene e soccorre e gli aiuti interiori dello Spirito Santo, il quale muova il cuore e lo rivolga a Dio, apra gli occhi della mente, e dia a tutti dolcezza nel consentire e nel credere alla verità» (DV 5). Solo chi «ha udito il Padre e ha imparato da lui» si può porre alla sequela del Cristo perché la sequela non è una conquista, ma una grazia. Avendo cercato di allargare il cuore dei Giudei entro gli ampi spazi della fede, Gesù ritorna sul tema del pane della vita. E mostra ancora una volta se stesso come «il pane vivo, disceso dal cielo». Solo questo pane preserva l’uomo dalla morte e lo introduce nella vera vita: «Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». E il termine carne (sàrx), che nella Bibbia indica la realtà fragile della persona umana, ora, riferita al corpo di Cristo, vuole rimandare sia al mistero dell’incarnazione, sia alla Passione e alla morte sacrificale «per la vita del mondo», cioè per tutti: «Gesù è vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo» (1Gv 2,1-2). Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, dice un antico adagio, e i Giudei, di ieri e di oggi, a queste parole fanno spallucce, e così molti, come dirà più avanti l’evangelista, andranno via abbandonando il Maestro. Una brutta storia di malafede e di incredulità che come gramigna cresce da sempre nel campo di Dio.
 
Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato - Dignitatis humanae - Libertà dell’atto di fede 10. Un elemento fondamentale della dottrina cattolica, contenuto nella parola di Dio e costantemente predicato dai Padri, è che gli esseri umani sono tenuti a rispondere a Dio credendo volontariamente; nessuno, quindi, può essere costretto ad abbracciare la fede contro la sua volontà. Infatti, l’atto di fede è per sua stessa natura un atto volontario, giacché gli essere umani, redenti da Cristo Salvatore e chiamati in Cristo Gesù ad essere figli adottivi, non possono aderire a Dio che ad essi si rivela, se il Padre non li trae e se non prestano a Dio un ossequio di fede ragionevole e libero. È quindi pienamente rispondente alla natura della fede che in materia religiosa si escluda ogni forma di coercizione da parte degli esseri umani. E perciò un regime di libertà religiosa contribuisce non poco a creare quell’ambiente sociale nel quale gli esseri umani possono essere invitati senza alcuna difficoltà alla fede cristiana, e possono abbracciarla liberamente e professarla con vigore in tutte le manifestazioni della vita.
 
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo - Bruno Maggioni (Il Vangelo di Giovanni): Sono io il pane vivente disceso dal cielo (v. 51). Gesù ha moltiplicato i pani e ha sfamato la folla, abbondantemente. Ma il gesto non ha il significato che gli ha attribuito la folla. È invece un «segno», e nel linguaggio di Giovanni questo significa che è capace di svelare la realtà profonda di Gesù, «chi egli è per noi». Ecco il punto: chi è Gesù? Che cosa è per noi? La risposta: Questo è il pane vivente disceso dal cielo e capace di darci la vita. Due aspetti, dunque: l’origine celeste e la dimensione salvifica. La chiara risposta del v. 51 è già stata preparata, ed è quindi carica di tutte le risonanze delle affermazioni precedenti: vv. 27.33.35.48. Noi appiamo che in queste formule lo Io Sono c’è una concentrazione su Gesù. La fede è adesione a lui, prima e più che a una dottrina. Ma c’è anche un comprendere, e precisamente un riconoscere la sua origine (viene dal Padre) e la sua capacità di salvezza (dono per noi). Sappiamo che qui c’è una polemica: il vero pane è Gesù, non le altre offerte di salvezza, che tutt’al più sono avvio e preparazione ma in nessun modo meta e conclusione.
Sappiamo infine che c’è una pretesa, quella di offrire all’uomo quel dono di cui, lo sappia a no, egli ha unicamente bisogno.
Tutto questo ci è noto, ed è ben chiaro nel nostro discorso. Però il v. 51 precisa che il pane non è soltanto parola di Gesù, ma la sua «carne» in dono. Certo è un’allusione al sacramento, ma ancora prima una rivelazione del significato profondo del Cristo (e perciò dell’uomo): una esistenza in dono. È di questo che abbiamo bisogno, e sotto due aspetti. Noi siamo alla ricerca del dono di Dio per noi, ma siamo anche alla ricerca di qualcuno che ci faccia divenire dono, perché questo è il progetto per cui siamo fatti. Abbiamo bisogno del dono di Dio (di un Dio che si dona a noi), ma abbiamo anche bisogno di qualcuno che ci aiuti a donarci.
 
Solo colui che viene da Dio ha visto il Padre - Cirillo di Gerusalemme, Le catechesi 6, 6 - Solo le membra della divinità vedono Dio nella sua pienezza: Gli angeli quindi lo vedono secondo il loro grado di comprensione, gli arcangeli secondo la potenza che è loro propria, i troni e le dominazioni più degli ordini precedenti ma in misura sempre inferiore a quanto richiederebbe la visione esaustiva che ha assieme al Figlio lo Spirito Santo.
Questi infatti scruta tutto e conosce le profondità di Dio (1Cor 2,10). Sicché, come disse Gesù, conoscono il Padre, adeguatamente e alla stessa maniera, il Figlio unigenito e lo Spirito Santo: Nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo ha rivelato (Mt 11,27; cf. Lc 10,22). Il Figlio unigenito che vede esaustivamente il Padre lo rivela a tutti secondo le capacità di ciascuno assieme allo Spirito e per mezzo dello Spirito, perché solo lui assieme allo Spirito Santo partecipa della divinità del Padre: generato senza passione prima dei secoli eterni, conosce chi lo genera come il genitore conosce il generato.
Dunque, poiché gli angeli non conoscono il Padre nella misura in cui l’unico generato lo conosce, ce lo rivelerà l’Unigenito che assieme allo Spirito Santo - come già detto - rivela Dio a ciascuno secondo le sue capacità per mezzo del medesimo Spirito: nessun uomo si potrebbe vergognare della propria ignoranza.
 
Il Santo del Giorno - 18 Aprile 2024 - Beato Andrea da Montereale (Mascioni [L’Aquila], 1402/04 - Montereale, 18 aprile 1479): Nato a Mascioni (L’Aquila) da una modesta famiglia intorno al 1403, a quattordici anni entrò nel vicino monastero degli agostiniani di Montereale. Nel 1431 fu studente di teologia a Rimini, e negli anni successivi a Padova e Ferrara, ottenendo prima i gradi scolastici di lettore e baccelliere e poi quello di maestro in sacra teologia. Nel 1453 e nel 1471 fu eletto provinciale dell’Umbria. In più occasioni il generale dell’Ordine lo nominò suo vicario per ristabilire l’osservanza nei conventi di Norcia, di Amatrice e di Cerreto di Spoleto. Superate alcune incomprensioni e ingiuste accuse che lo spinsero a lasciare gli incarichi il beato Andrea nel 1471 fu eletto di nuovo provinciale. Trascorse gli ultimi anni della sua vita nel convento di Montereale, dove morì nell’aprile del 1479 e dove, nella chiesa che fu dell’Ordine, si venerano le sue spoglie mortali. Il suo culto fu approvato da Clemente XIII l’11 maggio 1764. (Avvenire)
 
Dio onnipotente,
fa’ che, sostenuti dalla forza di questo sacramento,
impariamo a cercare sempre te sopra ogni cosa
e a portare in questa vita
l’immagine dell’uomo nuovo.
Per Cristo nostro Signore.