17 Aprile 2024
 
Mercoledì della III Settimana di Pasqua
 
At 8,1b-8; Salmo Responsoriale Dal Salmo 65 (66); Gv 6,35-40
 
Colletta
Assisti, o Padre, la tua famiglia,
e a quanti nella tua bontà hai donato la grazia della fede
concedi di aver parte all’eredità eterna
nella risurrezione del tuo Figlio unigenito.
Egli è Dio, e vive e regna con te.

Sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato: Catechismo della Chiesa Cattolica 606: Il Figlio di Dio disceso dal cielo non per fare la sua volontà ma quella di colui che l’ha mandato, «entrando nel mondo dice: [...] Ecco, io vengo [...] per fare, o Dio, la tua volontà. [...] Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre» (Eb 10,5-10). Dal primo istante della sua incarnazione, il Figlio abbraccia nella sua missione redentrice il disegno divino di salvezza: «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera» (Gv 4,34). Il sacrificio di Gesù «per i peccati di tutto il mondo» (1Gv 2,2) è l’espressione della sua comunione d’amore con il Padre: «Il Padre mi ama perché io offro la mia vita» (Gv 10,17). «Bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato» (Gv 14,31).
607 Questo desiderio di abbracciare il disegno di amore redentore del Padre suo anima tutta la vita di Gesù perché la sua passione redentrice è la ragion d’essere della sua incarnazione: «Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora!» (Gv 12,27). «Non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?» (Gv 8,11). E ancora sulla croce, prima che «tutto [sia] compiuto» (Gv 19,30), egli dice: «Ho sete» (Gv 19,28).
Chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna: Catechismo della Chiesa Cattolica 161: Credere in Gesù Cristo e in colui che l’ha mandato per la nostra salvezza, è necessario per essere salvati «Poiché “senza la fede è impossibile essere graditi a Dio” (Eb 11,6) e condividere le condizioni di suoi figli, nessuno può essere mai giustificato senza di essa e nessuno conseguirà la vita eterna se non “persevererà in essa sino alla fine” (Mt 10,22; Mt 24,13 )»
 
I Lettura: I Samaritani, popolo disprezzato dai Giudei, accolgono con gioia il Vangelo, si vengono così a frantumare gli angusti confini dell’asfittico nazionalismo giudaico in cui era stata rinchiusa la fede nell’unico e vero Dio. La Parola di Dio prende il largo e Filippo, novello campione di questa evangelizzazione, nel nome di Gesù compie miracoli, guarigioni, liberazione di indemoniati: è una nuova Pentecoste che semina nei cuori degli uomini semi di gioia, di contentezza, di intelligenza del mistero nascosto per secoli e ora rivelato in Cristo.
 
Vangelo
Questa è la volontà del Padre: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna.

Gesù rivela alla folla di essere il Pane della vita e rivela anche la volontà del Padre: Egli vuole che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna. Gli uomini che crederanno in Gesù si salveranno perché nessuna potenza, in cielo, in terra o sottoterra, potrà strapparli dalle sue mani.

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 6,35-40

In quel tempo, disse Gesù alla folla: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai! Vi ho detto però che voi mi avete visto, eppure non credete.
Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».
 
Parola del Signore.

Mario Galizzi (Vangelo secondo Giovanni): Ci sembra di essere di fronte a un meraviglioso riassunto di quanto finora si è detto su Gesù, Figlio di Dio, Inviato del Padre, Sorgente di vita. Ne abbiamo letti altri due dello stesso tipo (3,16-21 e 3,31-35), ma erano alla terza persona.
Qui invece è Gesù che parla in prima persona del Padre come «Mandante», di sé come «l’Inviato» e degli uomini come «destinatari» dell’opera sua.
L’iniziativa è, come sempre, del Padre, il quale vuole che tutti gli uomini abbiano la vita eterna e siano salvi per mezzo del Figlio suo. Subito però avviene una divisione tra gli uomini: ci sono coloro che «vedono il Figlio, ma non credono in lui» (6,36) e ci sarà nel futuro «chi verrà a lui». I primi sono quelli, tra gli immediati uditori, che si oppongono alla volontà del Padre e non accolgono Gesù; i secondi sono coloro che «lo vedono e credono in lui» (6,40), e lo accolgono come dono del Padre (vedi 3,16). In questi Gesù vede il «dono» che il Padre gli fa.
Anche se può sembrare una parentesi, non perdiamo la sfumatura ecclesiale profonda, soggiacente all’idea di dono.
La comunità che sta con Gesù sa che gli uni sono per gli altri «dono di Dio». Questa è l’opera del Padre che, mediante la fede, ha reso i discepoli capaci di appartenere al Figlio.
E ora osserviamo il Figlio, l’inviato, colui che, come apprendista alla scuola del Padre, si è reso soggetto capace della sua missione. Egli accoglie ogni credente come dono del Padre e con tre significative espressioni caratterizza la sua missione: non lo caccerò fuori, farò sì che non si perda, lo risusciterò nell’ultimo giorno.
I verbi indicano tutti il futuro, e presto capiremo il perché.
Il Figlio, infatti, per essere davvero «Pane per gli altri», deve farsi un «pane donato», e ciò implica il passaggio attraverso la morte, perché per essere «Pane di vita» è necessario che sia, come Figlio dell’uomo, risorto.
La rivelazione del Figlio sta raggiungendo uno dei suoi apici più alti. Non ci meraviglieremo, quindi, se la reazione si fa subito sentire. Gli immediati uditori (e forse anche noi) vorrebbero precisare qualcosa sulla vera identità di Gesù. E Gesù accetta e indica il cammino per entrare nel mistero della sua persona: bisogna essere guidati dal Padre.
 
La gioia cristiana: Benedetto XVI (Omelia, 27 Aprile 2008): La prima Lettura, tratta dal capitolo VIII degli Atti degli Apostoli, narra la missione del diacono Filippo in Samaria. Vorrei attirare immediatamente l’attenzione sulla frase che chiude la prima parte del testo: “E vi fu grande gioia in quella città” (At 8,8). Questa espressione non comunica un’idea, un concetto teologico, ma riferisce un avvenimento circostanziato, qualcosa che ha cambiato la vita delle persone: in una determinata città della Samaria, nel periodo che seguì la prima violenta persecuzione contro la Chiesa a Gerusalemme (cfr. At 8,1), venne ad accadere qualcosa che causò “grande gioia”. Che cosa era dunque successo? Narra l’Autore sacro che, per sfuggire alla persecuzione scoppiata a Gerusalemme contro coloro che si erano convertiti al cristianesimo, tutti i discepoli, tranne gli Apostoli, abbandonarono la Città santa e si dispersero all’intorno. Da questo evento doloroso scaturì, in maniera misteriosa e provvidenziale, un rinnovato impulso alla diffusione del Vangelo. Fra coloro che si erano dispersi c’era anche Filippo, uno dei sette diaconi della Comunità [...]. Or avvenne che gli abitanti della località samaritana, di cui si parla in questo capitolo degli Atti degli Apostoli, accolsero unanimi l’annuncio di Filippo e, grazie alla loro adesione al Vangelo, egli poté guarire molti malati. In quella città della Samaria, in mezzo a una popolazione tradizionalmente disprezzata e quasi scomunicata dai Giudei, risuonò l’annuncio di Cristo che aprì alla gioia il cuore di quanti l’accolsero con fiducia. Ecco perché dunque - sottolinea san Luca - in quella città “vi fu grande gioia”. Cari amici, questa è anche la vostra missione: recare il Vangelo a tutti, perché tutti sperimentino la gioia di Cristo e ci sia gioia in ogni città. Che cosa ci può essere di più bello di questo? Che cosa di più grande, di più entusiasmante, che cooperare a diffondere nel mondo la Parola di vita, che comunicare l’acqua viva dello Spirito Santo?
 
La gioia della, salvezza annunziata agli umili - André Riduard e Marc-François Lacan (Dizionario di Teologia Biblica): La venuta del salvatore crea un clima di gioia che Luca, più degli altri evangelisti ha reso sensibile. Ancor prima che ci si rallegri della sua nascita (Lc 1,14), quando viene Maria, Giovanni Battista sussulta di gioia nel seno della madre (1,41. 44); e la Vergine, che il saluto dell’angelo aveva invitato alla gioia (1,28: gr. chàire = rallégrati), canta con gioia pari all’umiltà il Signore che è divenuto suo figlio per salvare gli umili (1,42.46-55). La nascita di Gesù è una grande gioia per gli angeli che l’annunziano e per il popolo che egli viene a salvare (2,10.13 s: cfr. Mt 1,21); essa pone termine all’attesa dei giusti (Mt 13, 17 par.) che, come Abramo, esultavano già pensandovi (Gv 8,56).
In Gesù Cristo il regno di Dio è già presente (Mc 1,45 par.; Lc 17,21); egli è lo sposo la cui voce colma di gioia il Battista (Gv 3,29) e la cui presenza non permette ai suoi discepoli di digiunare (Lc 5,34 par.). Questi hanno la gioia di sapere che i loro nomi sono scritti in cielo (10,20), perché rientrano nel numero dei poveri ai quali appartiene il regno (6,20 par.), tesoro per il quale si sacrifica tutto con gioia (Mt 13,44); e Gesù ha insegnato loro che la persecuzione, confermando la loro certezza, doveva intensificare la loro letizia (Mt 5,10 ss par.).
I discepoli hanno ragione di rallegrarsi dei miracoli di Gesù che attestano la sua missione ( Lc 19, 37 ss); ma non devono porre la loro gioia nel potere miracoloso che Cristo comunica loro (10,17-20); esso non è che un mezzo destinato non a procurare una vana gioia a uomini come Erode, amanti del meraviglioso (23,8), ma a far lodare Dio dalle anime rette (13,17) e ad attirare i peccatori al salvatore, disponendoli ad accoglierlo con gioia ed a convertirsi (19,6.9). Di questa conversione i discepoli si rallegreranno da veri fratelli (15, 32), come se ne rallegrano in cielo il Padre e gli angeli (15,7.10.24), come se ne rallegra il buon pastore, il cui amore ha salvato le pecore smarrite (15,6; Mt 18,13). Ma per condividere la sua gioia, bisogna amare com’egli ha amato.
 
Tommaso d’Aquino (In Jo. ev. exp VI) … chi viene a Me ... : con i passi della fede e delle opere buone, non sarà da Me respinto fuori; frase da cui si capisce che chi va a Lui, è anche dentro di Lui, nella Sua interiorità ... E vi sono due tipi di interiorità. La prima è profondissima, e consiste nella gioia della Vita eterna ... Di essa è detto nel Vangelo (Mt. 25,21): Entra nella gioia del tuo Signore ... La seconda interiorità è la rettitudine deUa coscienza, che forma la gioia spirituale. Di questa è stato scritto (Sap. 8,16): Rientrato nella mia casa, mi riposerò. E ancora (Ct. 1,3): Mi ha introdotta nelle segrete sue stanze. E da questa intimità alcuni vengono respinti fuori. Perciò le parole del Signore: non sarà da Me respinto fuori, si possono intendere in due modi. Primo, riferendole a coloro che vanno a Lui (i quali non saranno respinti) ... Secondo, nel senso che quanti invece vanno fuori non escono perché scacciati da Cristo, ma tale separazione è dovuta a loro stessi, perché si allontanano dall’intimità della retta coscienza, con l’incredulità e con i peccati. E allora è come se dicesse: Non sono Io a respingerli fuori, ma sono essi che si allontanano da sé.
 
Il Santo del Giorno -  Santo del giorno - 17 Aprile 2024 - Beata Chiara Gambacorti, Religiosa: Originaria del potente casato mercantile dei Gambacorti o Gambacorta, che nel Trecento sono diventati per due volte signori in Pisa; nasce nel 1362 forse a Firenze. È conosciuta con il nome di Tora. Già da bambina viene inclusa nei progetti politici e finanziari del padre, che nel 1374 la dà in sposa a un giovane di famiglia importante, Simone Massa. Ma resta vedova tre anni dopo. Dopo aver incontrato a Pisa nel 1375 Caterina da Siena decide di ritirarsi presso le monache Clarisse. Ma non diventerà una di loro, ostacolata dalla famiglia. Entrerà più tardi nel monastero domenicano di Santa Croce, dove prenderà il nome di suor Chiara. Sarà poi madre abbadessa, e farà della sua comunità domenicana un centro di diffusione del movimento riformatore nell’Ordine. I beni dei Gambacorti le servono per farne anche un centro di accoglienza per ogni sorta di poveri. Un giorno battono alla sua porta la moglie e le figlie dell’uomo che ha ucciso suo padre e i suoi fratelli. Troveranno piena accoglienza. Morirà, acclamata santa, nel 1420. Nel 1830, Pio VIII ne ha confermato il culto come beata. (Avvenire) 
 
O Padre, che in questi sacramenti
ci comunichi la forza del tuo Spirito,
fa’ che impariamo a cercare te sopra ogni cosa,
per portare in noi
l’immagine del Cristo crocifisso e risorto.
Egli vive e regna nei secoli dei secoli.