12 Aprile 2024
 
Venerdì II Settimana di Pasqua
 
At 5,34-42; Salmo Responsoriale dal Salmo 26 (27); Gv 6,1-15
 
Colletta
 O Dio, speranza e luce di chi ti cerca con cuore sincero,
donaci di innalzare una preghiera a te gradita
e di esaltarti sempre con il servizio della lode.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Prese i pani…: Benedetto XVI Udienza Generale, 24 Maggio 2006): Voi sapete che il popolo aveva ascoltato il Signore per ore. Alla fine Gesù dice: Sono stanchi, hanno fame, dobbiamo dare da mangiare a questa gente. Gli Apostoli domandano: Ma come? E Andrea, il fratello di Pietro, attira l’attenzione di Gesù su di un ragazzo che portava con sé cinque pani e due pesci. Ma che sono per tante persone, si chiedono gli Apostoli. Ma il Signore fa sedere la gente e distribuire questi cinque pani e due pesci. E tutti si saziano. Anzi, il Signore incarica gli Apostoli, e tra loro Pietro, di raccogliere gli abbondanti avanzi: dodici canestri di pane (cfr. Gv 6,12-13). Successivamente la gente, vedendo questo miracolo – che sembra essere il rinnovamento, così atteso, di una nuova “manna”, del dono del pane dal cielo – vuole farne il proprio re. Ma Gesù non accetta e si ritira sulla montagna a pregare tutto solo. Il giorno dopo, Gesù sull’altra riva del lago, nella sinagoga di Cafarnao, interpretò il miracolo – non nel senso di una regalità su Israele con un potere di questo mondo nel modo sperato dalla folla, ma nel senso del dono di sé: “Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6,51). Gesù annuncia la croce e con la croce la vera moltiplicazione dei pani, il pane eucaristico – il suo modo assolutamente nuovo di essere re, un modo totalmente contrario alle aspettative della gente.
 
I Lettura: Tradotti dinanzi al Sinedrio per essere giudicati, gli Apostoli vi trovano un difensore inaspettato, Gamaliele, dottore della Legge, stimato da tutto il popolo. I Sinedriti accolgono le parole di Gamaliele e richiamati gli apostoli, li fecero flagellare e ordinano loro di non parlare nel nome di Gesù. Gli Apostoli sono lieti di subire oltraggi per il nome di Gesù perché a loro è data «la grazia non solo di credere in Cristo; ma anche di soffrire per lui» (Fil 1,29). Solo lo Spirito Santo può donare questa gioia.
 
Vangelo
Gesù distribuì i pani a quelli che erano seduti, quanto ne volevano.
 
Marida Nicolaci (Vangelo secondo Giovanni): La consapevolezza di Gesù è la chiave di tutto il segno dei pani. Egli «sapeva cosa stava per» fare all’inizio (v. 6) e ora «conosce cosa stanno per» fare i beneficiari del segno (v. 15). Cosa stava per fare, in effetti, Gesù? Stava per dare il segno della riscossa e della liberazione a quanti ne attendevano uno, pronti per acclamare in lui il proprio capo e condottiero? La reazione degli «uomini» al segno dei pani va in questa direzione e attesta una certa forma di violenza: quella di chi, intravisto in Gesù il compimento possibile del riscatto promesso, è pronto ad appropriarsene ideologicamente e strumentalmente. Il loro desiderio di «afferrarlo» con forza (lett.: «rapirlo») non esprime il desiderio di ricevere la vita ma quello di possedere lo strumento per i propri fini.
Anche di questo desiderio ossessivo di possedere in lui un «re» di Israele Gesù è consapevole e si sottrae. Ciò che egli stava per fare non era il segnale d’inizio di una guerra di conquista e di possesso per alcuni ma l’annunzio di un dono per tutti; la fame che egli intendeva saziare non era quella di un esercito in cerca del proprio condottiero, ma la fame di vita degli uomini. Per questa fame, «il profeta che viene nel mondo» ha un nutrimento che ancora deve essere rivelato e di cui il segno dei pani non è che una figura parziale. Egli, dunque, si allontana «da solo» sul monte.
 
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 6,1-15
In quel tempo, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli.
Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.
Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».
Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini.
Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.
Parola del Signore.
 
Se si colloca la narrazione della moltiplicazione dei pani in un contesto salvifico, allora sarà spontaneo leggere il miracolo dei pani e dei pesci, alla luce dell’Eucarestia: il cibo «apprestato da Gesù, attraverso il miracolo dei pani, è immagine e segno della Cena Eucaristica, in cui il Corpo e il Sangue del Figlio di Dio vengono dati agli uomini nel mistero della sua Pasqua salvifica. Intorno al Corpo Eucaristico si costruisce la Chiesa, Corpo Mistico di Cristo. Attraverso l’Eucaristia, Gesù diventa cibo e aduna organicamente tutta l’umanità in un Corpo di cui diventa Capo» (P. Massimo Biocco).  Anche se alcuni contestano questa lettura, i verbi prendere (prese i pani), rese grazie (recitò la benedizione), dare (li diede a quelli che stavano seduti) ci suggeriscono palesemente il senso eucaristico del racconto evangelico.
Ma nella narrazione di Giovanni il lettore può trovarvi altri suggerimenti. Per esempio, la sollecitudine di Gesù nello sfamare i cinquemila, fa pensare a qualcos’altro che può essere svelato da alcune sue parole fedelmente registrate ancora nel Vangelo secondo Giovanni: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame, e chi crede in me non avrà sete, mai» (Gv 6,35). Quindi è un invito a non andare a cercare cibi o bevande che danno la morte (cfr. Gv 6,49); solo Lui, il Pane vivo e vero, disceso dal cielo, può sfamare veramente la fame dell’uomo e donargli la vita eterna. Gesù nel racconto delle tentazioni lo aveva ricordato a Satana, e lo ricorda ad ogni credente: «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4). Il Cristo, con queste parole, scardina ogni tentazione di appagarsi dei semplici nutrimenti umani. Il pane che Dio ci dona si contrappone a tutti gli alimenti di questo mondo che non possono saziare l’intimo dell’uomo: è il Verbo eterno del Padre, Lui stesso, Parola fatta carne (cfr. Gv 1,1.14), a farsi alimento dell’intera umanità. In altre parole, solo il Figlio di Dio può soddisfare appieno tutti i bisogni dell’uomo, anche i più profondi e vitali. Lui solo sazia la fame del mondo. Gesù, vero Uomo e Dio benedetto nei secoli (cfr. Rom 9,5), non solo può procurare agli uomini il pane, l’acqua, la casa, il lavoro, la salute, ma soprattutto solo lui può donare loro la serenità, la pace, la gioia, il benessere e quella vera felicità che supera tutte le felicità umane: la comunione con la Trinità che si compie col mangiare il pane eucaristico: un manducare che è inizio e preludio di quella vita beata che è la vita eterna.
 
Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): «Questi è davvero il Profeta ... ». Questa annotazione di Gv rappresenta la prima interpretazione del miracolo, che non poteva non evocare alla folla presente le promesse del tempo messianico. I presenti riconoscono in Gesù il profeta escatologico predetto da Mosè (Dt 18,15s), perciò cercano di «rapirlo per farlo re», benché il suo umile servizio di distribuire personalmente il cibo escludesse ogni atteggiamento regale. Ma l’entusiasmo della folla per il segno compiuto da Gesù scaturiva da una falsa concezione del Messia venturo, d’impronta politica e nazionalistica, che era inaccettabile, perché la sua regalità doveva passare attraverso la croce.
«La salita di Gesù al monte è in relazione con la croce. È lì e in tale modo che Gesù sarà re» (Mateos-Barreto, p. 298).
La folla non aveva colto il vero significato simbolico del segno e Gesù è costretto a ritirarsi «di nuovo sul monte lui solo». Si avverte in questa espressione redazionale una certa tensione con il v. 3, perché il miracolo era avvenuto sul monte. All’evangelista interessa soltanto rilevare l’incomprensione e la fede inadeguata della gente, ancora fondata sui segni spettacolari (cf. 2,23-25; 4,48).
 
La Bibbia di Navarra: 34-39. Gamaliele era stato maestro di san Paolo (cfr 22, 3). Rappresentava una corrente moderata entro la setta dei farisei. Era uomo prudente, imparziale e dotato di chiaro senso religioso. I Padri della Chiesa lo propongono come esempio di uomo retto che attende il Regno di Dio e osa difendere gli apostoli.
«Gamaliele non si sofferma sull’origine divina o umana dell’attività apostolica, ma lascia al tempo il compito di decidere e convincere [...]. Parlando in assenza degli apostoli aveva più possibilità di guadagnare a sé i giudici. La soavità della parola e i ragionamenti basati sulla giustizia li persuadono. Predicava quasi il Vangelo. Di più: il suo linguaggio così retto sembrava dir loro: siate ben persuasi che non potrete distruggere quest’opera. Perché non avete creduto? L’annuncio cristiano è di tale grandiosità che viene testimoniato persino dai suoi avversari» (Giovanni Crisostomo Omelia sugli Atti, 14).
Il commento sembra tener presenti le parole del Signore: «Chi non è contro di noi, è per noi» (Mc 9,40). L’intervento di Gamaliele fa vedere che un uomo di retti intendimenti è capace di riconoscere l’azione di Dio negli avvenimenti, o almeno di ricercarla onestamente.
Le insurrezioni di Tèuda e di Giuda sono narrate da Giuseppe Flavio (cfr Antichità giudaiche, 18, 4-10; 20, 169-172), ma le date che questi assegna alle due insurrezioni sono vaghe; sembra che siano da collocare intorno alla nascita di Gesù. I due, Tèuda e Giuda, radunarono un gran numero di seguaci che lottarono perché gli Ebrei, il popolo eletto da Dio, non fossero sottomessi a un dominio pagano e versassero tributi a gente straniera, come Erode o gli imperatori romani.
40-41. I membri del sinedrio, in maggioranza, non sono convinti dall’argomentazione di Gamaliele, ma si limitano a procedere con astuzia. Non osano decretare la morte dei discepoli, ma - ostinatamente contrari al messaggio evangelico - li fanno fustigare, sperando che così smetteranno di predicare: ma ottengono proprio l’effetto contrario.
«È vero che anche Geremia fu fustigato a causa della Parola di Dio e che Elia e altri profeti si videro minacciati, ma qui gli apostoli, come prima con i miracoli, manifestarono la potenza di Dio. Non si dice che non soffrirono, ma che la sofferenza procurò loro gioia. Lo possiamo notare dalla libertà che subito misero a profitto: immediatamente dopo la flagellazione si dedicarono alla predicazione con ammirevole ardore» (Giovanni Crisostomo Omelia sugli Atti, 14).
Gli apostoli avranno certamente ricordato le parole del Signore riferite da san Matteo: «Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi» (5,11-12).
42. Gli apostoli e i primi discepoli di Gesù non cessavano di predicare, così che in breve tempo riempirono tutta Gerusalemme della dottrina cristiana (cfr v. 28). Il vigore e lo spirito di proselitismo dei nostri primi fratelli nella fede è un esempio per i cristiani di tutti i tempi. Il proselitismo e la vibrazione apostolica sono una caratteristica dei seguaci di Gesù e una conseguenza dell’amore verso Dio e verso gli altri: «Piccolo amore è il tuo se non senti lo zelo per la salvezza di tutte le anime. - Povero amore è il tuo se non sei ansioso di contagiare la tua pazzia ad altri apostoli» (Josemaria Escrivá Cammino, n. 796).
 
Tutti mangiarono e furono saziati: «Con soli cinque pani Tu hai avuto // il superfluo per cinquemila persone; // e di nuovo con quattro (pani) // Tu li hai nutriti in pieno deserto. // Io che sono affamato del tuo Pane, //del tuo Pane divino, celeste, // con questo degnati di saziarmi l’anima // che è disceso dal cielo ed è immortale» (Nerses Snorhali, Jesus).
 
Il Santo del giorno - 12 Aprile 2024 - Santa Juana Fernández Solar - Juana Fernández Solar nacque il 13 luglio 1900 a Santiago del Cile, da genitori benestanti e piissimi cristiani. Due giorni dopo fu battezzata.
L’esempio e gli insegnamenti dei genitori furono la sua prima educazione cristiana. Ricevette il sacramento della Confermazione il 22 ottobre 1909 e la Prima Comunione l’11 settembre 1910. Il 7 maggio 1919 entrò, con l’approvazione dei genitori, tra le Carmelitane Scalze della cittadina di Los Andes, prendendo il nome di Teresa di Gesù. Prese l’abito religioso il 14 ottobre successivo e iniziò il noviziato. Ma il venerdì santo del 2 aprile 1920 fu colta da tifo. Il giorno 5 ricevette gli ultimi sacramenti e il 6 emise la professione religiosa in articulo mortis. Spirò santamente il 12 aprile 1920, dopo aver trascorso al Carmelo, come postulante e come novizia, soltanto undici mesi. Canonizzata da Giovanni Paolo II il 21 marzo 1993, è proposta come modello per i giovani della Chiesa d’oggi.
 
O Dio, che sempre nutri e fortifichi la Chiesa
con i tuoi sacramenti,
concedi a noi, saziati al convito del cielo,
di seguire gli insegnamenti del tuo amore,
per essere nel mondo
lievito di vita e strumento di salvezza.
Per Cristo nostro Signore.